Bruxelles – “Un nuovo inizio per vecchi amici”. Così l’ha definito la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Otto anni dopo l’ultima volta, si sono riuniti i leader dei 60 Paesi dell’Unione europea, dell’America Latina e dei Caraibi. E alla fine, dopo un secondo pomeriggio di empasse sul tema più delicato, quello della responsabilità russa della guerra in Ucraina, è arrivato l’accordo su una dichiarazione congiunta siglata da tutti. Meno uno.
La soluzione trovata per raggiungere il risultato politico più ambizioso è stata inserire a margine del documento la seguente nota: “Questa dichiarazione è stata approvata da tutti i Paesi tranne uno, a causa del suo disaccordo con un paragrafo”. Il paragrafo è quello dedicato all’Ucraina, il Paese in questione è Nicaragua, che nel luglio 2022 aveva autorizzato l’ingresso nel Paese a truppe, aerei e navi russe per scopi di addestramento e pubblica sicurezza, rafforzando così la storica vicinanza politica, che esiste dai tempi del supporto dell’Unione Sovietica alla rivoluzione sandinista del 1979.
Il rischio di inciampare sul sostegno all’Ucraina era noto a tutti: nell’ultima risoluzione Onu di condanna al Cremlino, adottata in occasione del primo anniversario dell’invasione russa, oltre al voto contrario del Nicaragua si erano astenute Cuba, El Salvador e Bolivia. E già ieri il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, aveva usato parole forti contro il sostegno militare a oltranza fornito dall’Ue a Kiev. Alla fine però, solo la repubblica centro-americana ha rifiutato un testo comunque rimaneggiato, dove a “condanniamo” è stato preferito “esprimiamo profonda preoccupazione per la guerra in corso contro l’Ucraina”.
I due padroni di casa, Charles Michel e Ursula von der Leyen, in conferenza stampa hanno posto l’accento sul bicchiere mezzo pieno, cioè la “forte determinazione” condivisa da tutti “per difendere il multilateralismo e l’importanza della Carta delle Nazioni Unite“. Incassando la però la puntuale frecciata di Ralph Gonsalves, primo ministro di Saint Vincent e Grenadine e presidente attuale del Celac: il piccolo arcipelago caraibico fa parte di quel “cortile di casa” in cui gli Stati Uniti hanno messo le mani troppe volte. “Quando si parla di principio di non interferenza negli affari interni e del divieto dell’uso della forza, alcuni dei Paesi che sollevano questi principi in Ucraina sono gli stessi che storicamente li hanno violati nei Caraibi e in America Latina”. Palese il riferimento a Washington, ma la critica è anche per l’alleato europeo: “Bisogna porre fine a questa ipocrisia e applicare i principi della Carta delle Nazioni Unite in maniera chiara e obiettiva ovunque”, ha avvertito Gonsalves.
Mercosur, approvvigionamento energetico e di materie prime, clima. Gli altri punti dell’Ue-Celac
Qualche attrito viene a galla anche sull’accordo commerciale con il blocco dei Paesi del Mercosur, nonostante l’ottimismo di Bruxelles, con von der Leyen che si è detta convinta di “finalizzare l’intesa entro la fine dell’anno”. Più cauto il presidente argentino, Alberto Fernandez, che ha sì riconosciuto che “l’Europa ha colto molte preoccupazioni” sollevate dai governi dell’America latina, ma ha ricordato ai leader Ue che “un accordo necessita che vincano entrambe le parti”. Sembrano più vicine le firme degli accordi di associazione aggiornati con Cile e Messico, che nella dichiarazione congiunta sono previsti “nei prossimi mesi”.
È su queste partnership commerciali, e dai memorandum d’intesa firmati durante il summit con Cile, Uruguay e Argentina sull’approvvigionamento di energia e materie prime critiche, che possono riprendere slancio le relazioni Ue-Celac. E sul forte impegno, ribadito in questa due giorni a Bruxelles, ad “affrontare con ambizione il cambiamento climatico”. Ma senza dimenticare gli impegni finanziari presi dai Paesi più sviluppati, che dovranno “adempiere all’impegno di mobilitare tempestivamente 100 miliardi di dollari all’anno per i finanziamenti per il clima a sostegno dei paesi in via di sviluppo e di raddoppiare i finanziamenti per l’adattamento entro il 2025″. Nele azioni di contrasto e mitigazione del cambiamento climatico, i 60 leader hanno anche affermato la necessità di “esplorare criteri al di là del Pil, come la vulnerabilità climatica, per determinare l’idoneità dei paesi ad accedere a finanziamenti agevolati e cercare di fornire uno stimolo finanziario in modo che nessun paese debba scegliere tra combattere la povertà e proteggere il pianeta”.