I numeri non gli danno il potere di imporre, ma Roberto Speranza non vuol far la parte di quello che sta lì ad aspettare che il Pd porti con sé Articolo Uno come viene viene. La frattura che nel 2017 portò alla scissione “è superata”, quindi “unirsi” con i dem “sì, anche subito e senza paura, ma per cambiare”, chiarisce il ministro della Salute chiudendo il congresso del suo partito, che lo ha confermato segretario con voto unanime (tranne uno). E poi spiega: l’alleanza progressista di cui potranno far parte Pd e Articolo Uno col M5s “dovrà porre al centro di tutto la questione sociale, che chiede risposte subito”. Se il partito di Enrico Letta resta l’interlocutore privilegiato, c’è sintonia anche con i Cinque stelle. Complice un intervento che ha toccato tutti i temi più “progressisti” fra quelli cari al Movimento, al congresso di Articolo Uno Giuseppe Conte è stato salutato con calorosi applausi e lunghi abbracci.
Il cammino da fare col Pd lo spiega Pier Luigi Bersani: “Letta ha espresso la volontà di fare un passo avanti, ma abbiamo da lavorarci. Noi proponiamo un progetto sociale nuovo. Questo significa mettersi a sinistra sul serio e non rincorrere ubbie centriste. Se le condizioni che chiediamo non maturano entro la fine dell’anno, vedremo nel campo progressista le intese elettorali. Se invece si apre lo spazio di una novità politica, noi siamo desiderosi di valutarle, prenderemo una strada nuova”.
Le ubbie centriste che Bersani non vuol rincorrere sono però quelle con cui Letta ritiene di dover fare i conti – quelle di Italia viva, Azione, Più Europa – per un’alleanza di centrosinistra più larga possibile. Insomma, fra i componenti non c’è ancora intesa sui confini della coalizione. E qua torna in ballo la questione della legge elettorale. Se Enrico Letta non si è sbilanciato, lo ha fatto il suo vice, Peppe Provenzano, che – come anche Articolo Uno – ha auspicato una legge proporzionale e pure un ritorno a una forma di finanziamento pubblico dei partiti. Anche Massimo D’Alema, che il Pd non ama particolarmente, ha detto di condividere “l’idea di portare l’esperienza di Articolo Uno dentro al processo di ricostruzione di una sinistra democratica forte”.
L’ultimo arrivato in quella parte del campo è stato accolto con calore. Conte ha parlato scegliendo bene le parole: “C’è una strada per fare questo percorso insieme, per essere progressisti insieme, lo abbiamo già sperimentato nel Conte 2”. Davanti agli alleati più di sinistra ha poi chiarito la posizione sul voto in Francia: “Trovo vergognoso il tentativo di attribuire al M5s una simpatia lepenista”, un partito di “ispirazione xeneofoba”. Poi ha parlato di salario minimo, Ius Scholae, reddito di cittadinanza. Con due puntualizzazioni che potrebbero non essere piaciute troppo a Palazzo Chigi: “Nessuno mette in dubbio l’europeismo del Movimento, ma è un europeismo critico, non fideistico”. E in Ucraina “non possiamo impegnarci in una forsennata corsa al riarmo o nella via di fornire armamenti sempre più pesanti e offensivi”. Un passaggio, quest’ultimo, che non ha stonato al congresso di Articolo Uno. “Aiutare l’Ucraina per fare la pace – ha detto Speranza – non per fare più guerra”.
L’assiste si è chiusa guardando al 25 aprile – “la festa di tutti gli italiani” – al voto del 2023 e anche al passato. Con le note prima di Bella Ciao, nella versione dei Modena City Ramblers, e poi dell’Internazionale, con i delegati in piedi a cantare. Qualcuno col pugno chiuso.
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