Un successo personale ma anche una garanzia per l’Italia: l’indicazione di Paolo Gentiloni alla Commissione Ue è il suggello del governo Conte-due al riposizionamento europeo di Roma. Un politico di lungo corso, Gentiloni, con una capacità di mediazione e un’attitudine all’understatement che nell’esecutivo comunitario guidato dalla von der Leyen saranno utili a proteggere gli interessi italiani evitando al contempo pericolose collisioni.
Dalle iniziali simpatie maoiste e dai primi passi nella sinistra extraparlamentare al liceo Tasso di Roma, Gentiloni ne ha fatta di strada. Ma la vera palestra politica è stata la militanza nel movimento ecologista che lo ha portato al grande salto: prima a livello locale e poi ai massimi livelli nazionali.
Nato 64 anni fa a Roma, sposato con l’architetta Emanuela Mauro, discendente della famiglia dei conti Gentiloni Silveri, dall’84 al ’93 dirige La Nuova Ecologia, mensile di Legambiente, e si lega a Francesco Rutelli, di cui diventa portavoce quando Rutelli viene eletto sindaco di Roma nel ’93. E gestisce la difficile sfida del Giubileo, come anello di collegamento tra Vaticano e Comune. Entra in Parlamento nel 2001 con la Margherita, di cui è tra i fondatori, e nel 2006, lui che è anche giornalista, diventa ministro delle Comunicazioni nel secondo governo Prodi.
Quando il Partito Democratico muove i primi passi, Gentiloni è tra i soci fondatori. Il 31 ottobre 2014 viene nominato da Matteo Renzi ministro degli Esteri. Alla Farnesina Gentiloni affronta i numerosi – e spinosi – dossier di politica internazionale, tessendo una tela di dialogo che trova l’apprezzamento dei partner stranieri, anche da sponde opposte. Costruisce un rapporto stretto con il capo della diplomazia americana John Kerry, ma allo stesso tempo tiene aperto il canale con il collega russo Serghiei Lavrov.
La moderazione che lo contraddistingue non gli impedisce tuttavia di assumere anche toni duri, ad esempio contro l’Egitto, per i ritardi nella soluzione del caso Regeni. A Bruxelles, si batte soprattutto per difendere la posizione italiana sulla crisi migratoria, rivendicando la necessità che l’Europa non lasci sola i partner della sponda sud nel gestire l’accoglienza dei profughi. E quando, nel dicembre 2016, la disfatta referendaria seppellisce il governo Renzi, Gentiloni è chiamato da Mattarella a formare il nuovo governo.
Da premier raggiunge un controverso accordo con la Libia per controllare l’immigrazione e, sul fronte interno, gestisce la nuova legge elettorale mentre, in Europa, sostiene l’avanzamento dell’integrazione. Ma le sfide non sono finite. Per lui ora è pronto uno dei portafogli economici di punta, tra Affari economici, Commercio o Concorrenza: ‘ministeri’ per i quali l’ex premier, che non ha una formazione economica, ha un’esperienza tutta da costruire. Navigare nella tecnocrazia di Bruxelles sarà dura, ma Gentiloni non è uno da crisi di panico.
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