Sono passati più di 60 anni da quando l’Italia ha chiuso le case di tolleranza: la “legge Merlin”, su cui oggi è arrivata la motivazione della Corte Costituzionale, è infatti, entrata in vigore il 20 settembre 1958. Un decennio prima, il 16 agosto 1948, la senatrice socialista Angelina Merlin aveva presentato il primo disegno di legge. Quel primo progetto viene approvato dal Senato nel 1952, ma la fine della legislatura non gli permetterà di diventare legge. Viene così ripresentato l’anno dopo, ma subirà un lunghissimo iter parlamentare.
Per tutto il dibattito gli oppositori al ddl fanno leva in primo luogo sui pericoli igienici-sanitari. L’Italia, però, aspira ad entrare nell’Onu e per farlo deve abolire la prostituzione di Stato come l’organizzazione ha stabilito per i suoi Paesi membri. Il progetto diventa legge dello Stato il 20 febbraio 1958, con il parere contrario dei missini e dei monarchici. E anche in Italia, come nel resto d’Europa, lo Stato non ha più il controllo della prostituzione. In quel momento le “case chiuse” sono 560 e ospitano circa 2.700 prostitute. La legge abroga le disposizioni emanate dal governo Crispi nel dicembre 1883 e punisce il reato di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione.
Non configura, però, la prostituzione come reato e di conseguenza chi la esercita non può essere schedato, facendo venir meno così anche la schedatura sanitaria. Nel corso degli ultimi anni più volte sono state avanzate proposte per risolvere il problema della prostituzione, con numerose pdl in chiave anti legge Merlin o per l’apertura degli “eros center”. Non sono mancate anche recenti iniziative bipartisan con proposte di istituzione nelle città di zone dedicate alla prostituzione, individuate dai Comuni, con relativo pagamento delle tasse da parte delle prostitute.
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