Bruxelles – La denuncia delle atrocità dell’occupazione israeliana in Palestina e delle violenze dei coloni trova spazio al Parlamento europeo. Il regista palestinese Basel Adra è nella capitale Ue per promuovere la diffusione di No other land, il documentario recentemente premiato agli Oscar che getta luce sui soprusi subiti dalla comunità palestinese di Masafer Yatta.
Durante una conferenza stampa tenuta oggi (7 aprile) all’Eurocamera di Bruxelles, il giornalista e attivista palestinese Basel Adra ha parlato del lavoro portato avanti per cinque anni (tra il 2019 e il 2023) con gli altri tre co-registi – Hamdan Ballal, palestinese, e due israeliani: Yuval Abraham e Rachel Szor – per documentare “la brutale occupazione della mia comunità a Masafer Yatta“, e che verrà proiettato proprio al Parlamento dopodomani (9 aprile) in presenza dell’autore.
La pellicola, spiega Adra, ritrae le demolizioni di case e di scuole, la distruzione delle tubature per l’acqua, la violenza contro gli abitanti e tutti i soprusi che le comunità palestinesi autoctone subiscono continuamente da parte dei coloni israeliani, spalleggiati direttamente dall’Idf, l’esercito di Tel Aviv. E testimonia l’espansione incontrollata (anzi incentivata dal governo) degli insediamenti, illegali sotto il profilo del diritto internazionale.
Le riprese del film – premiato come miglior documentario agli Academy awards di quest’anno – sono terminate nel 2023, “ma ora la situazione sul terreno è almeno il doppio più grave di quella che si vede sullo schermo”: dallo scorso gennaio, ha dichiarato il regista, “sono stati condotti oltre un centinaio di attacchi contro i nostri villaggi e almeno una ventina di case sono state demolite”.
Masafer Yatta è un centro abitato composto da una ventina di piccoli villaggi al confine meridionale della Cisgiordania, nella cosiddetta area C: una delle zone in cui gli accordi di Oslo degli anni Novanta avevano diviso l’enclave palestinese, dove Israele detiene sia il controllo politico-amministrativo sia il monopolio della sicurezza e che costituisce circa il 61 per cento della Cisgiordania.
Il 28enne palestinese ha quindi parlato degli attacchi di cui lui stesso e i suoi colleghi sono rimasti vittime. Adra è stato aggredito a febbraio da dei coloni in Cisgiordania, mentre il 24 marzo è toccato al co-regista Hamdan Balla. “Dei coloni mascherati insieme alla polizia israeliana hanno fatto irruzione nel suo villaggio”, ha raccontato, e “l’hanno picchiato coi calci dei fucili e a mani nude“. Dopo l’aggressione l’hanno prelevato e mantenuto per una ventina di ore in custodia, bendato e ammanettato, per poi tradurlo in una stazione di polizia dove è stato accusato “di aver attaccato i coloni che avevano invaso il suo villaggio”.
Il regista ha raccontato di un’altra incursione lo scorso 28 marzo, quando una ventina di coloni hanno attaccato Masafer Yatta e “rapito tutti e 26 gli uomini presenti”, prima che un centinaio di soldati ritornassero nella notte “facendo irruzione in una scuola costruita coi fondi europei“, dove hanno danneggiato la struttura e l’arredamento.
Non si tratta di casi isolati, assicura Adra. I palestinesi vengono attaccati sistematicamente in tutta la Cisgiordania come parte di una “politica dello Stato ebraico volta a prendere la nostra terra ed espandere gli insediamenti per impedire la formazione di un futuro Stato palestinese”. “Ma siccome non tutti i palestinesi hanno vinto dei premi Oscar, allora non ricevono attenzione mediatica“, ha osservato riferendosi al clamore provocato dall’aggressione al collega Balla. In effetti, la stessa Academy di Hollywood ci ha messo un po’ a esprimere pubblicamente il proprio supporto al co-regista assalito dai coloni, innescando un’ulteriore spirale di polemiche internazionali.
Il problema, sottolinea Adra, è che tutti i soprusi, le violazioni, i crimini di guerra e contro l’umanità commessi da parte israeliana vengono di fatto coperti da una coltre di impunità mentre “le relazioni diplomatiche rimangono solide, con gli europei che continuano a comprare prodotti dai coloni estremisti e gli Stati Uniti che continuano a consegnare armi e finanziamenti”.
“Non è un gioco”, ammonisce, “c’è un regime che sta violando il diritto internazionale e che discute pubblicamente di pulizia etnica“. Il diritto internazionale viene violato in continuazione, ma il premier israeliano Benjamin Netanyahu “è libero di circolare in Ungheria e potenzialmente in altri Paesi europei” nonostante sulla sua testa penda un mandato di cattura spiccato dalla Corte penale internazionale (Cpi).
Il regista 28enne parla di “doppi standard” tra il trattamento riservato ai criminali di guerra in Ucraina e in Palestina. Nella guerra nell’ex repubblica sovietica, dice, “tutto è detto chiaro e tondo, nessuno si nasconde, si boicotta la Russia e si impongono sanzioni, mentre c’è sempre qualche scusa quando si tratta di Israele“. “La Corte di giustizia internazionale ha già riconosciuto che l’occupazione è illegale“, incalza Adra, ma “sono gli Stati che fanno parte della Corte che devono applicarne le sentenze“. Per farlo, serve una volontà politica che non si scorge all’orizzonte.
Quello che si sente dall’Europa, continua il regista, “sono solo parole” ma l’annessione dei territori occupati è un processo che “sta già accadendo” e che “dev’essere fermato applicando il diritto internazionale”. Come minimo, aggiunge, “gli Stati europei, soprattutto i più grandi come Germania, Francia e Italia, dovrebbero riconoscere lo Stato di Palestina“. E poi Bruxelles dovrebbe “proteggere quantomeno i progetti umanitari che finanzia“, facendo capire a Tel Aviv che “non può distruggere le strutture costruite dall’Ue altrimenti ci sarà una reazione”.
Dopodiché, ribadisce Adra, andrebbero comminate sanzioni contro i responsabili delle violazioni e andrebbe bloccato il commercio con gli insediamenti illegali. “Sono i giorni più bui per la causa palestinese”, confessa il regista. “Ci sentiamo impotenti e chiediamo al mondo di agire”, soprattutto i Paesi occidentali poiché “se qualcosa potrà cambiare dovrà iniziare da qui o dagli Stati Uniti”.
Negli scorsi giorni sono emerse prove audiovisive dell’uccisione, da parte dei militari di Tel Aviv, di 15 operatori di soccorso della Mezzaluna rossa, avvenuta verso fine marzo e per la quale lo Stato ebraico aveva precedentemente negato ogni responsabilità parlando di un’azione legittima contro dei “terroristi”. Solo nelle prime ore di oggi, i bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza hanno ucciso oltre una trentina di persone.
A Khan Yunis, una tenda che ospitava gli operatori dei media è stata colpita dalle bombe dell’Idf. Adra ha ricordato i giornalisti palestinesi attivi a Gaza, gli unici occhi attraverso cui il mondo può seguire la tragedia in corso. “Oggi contare i giornalisti ancora in vita è più facile che contare quelli uccisi“, ha detto, citando un collega. Secondo le cifre fornite dal Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj), dall’ottobre 2023 ad oggi sono stati uccisi nella Striscia oltre 170 giornalisti, il numero più alto mai registrato in qualunque conflitto armato.