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    Doppia fiducia sulla riforma della giustizia, M5s si ricompatta

    Passa per ben due volte consecutive alla Camera la fiducia (una per ognuno dei due articoli di cui è composta la legge) posta dal governo Draghi sulla riforma del processo penale firmato da Marta Cartabia, con 462 e 458 voti favorevoli e una cinquantina di contrari. La seduta fiume, terminata a notte fonda, ha visto ricompattarsi il Movimento 5 stelle in cui solo 24 ore prima si erano fatte notare un quarto delle defezioni e un voto in dissonanza dal gruppo. 
    La percentuale dei 5 stelle partecipanti al voto è salita dal 66,04% di domenica sera sulla pregiudiziale di costituzionalità all’87,42% di stanotte sulla prima fiducia. ‘Solo’ in tredici su 159 non hanno preso parte al voto: l’ex sottosegretario alla Giustizia, Vittorio Ferraresi, insieme ai colleghi D’Arrando, Iorio, Mammì, Parentela, Segneri, Buompane, Federico, Frusone, Lorenzoni Gabriele, Misiti, Pignatone e Vianello. Tra gli altri gruppi quello che ha fatto registrare la percentuale più alta di votanti è stato il Pd, con l’89,5%. Tra poche ore si ricomincia: dalle 9 e per tutta la giornata è previsto l’esame e i voti sugli ordini del giorno e, quindi, il voto finale in serata. 

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    Semestre bianco, gli ultimi sei mesi del presidente

     Conto alla rovescia per il semestre bianco. Dal 3 agosto scattano gli ultimi sei mesi del mandato del presidente della Repubblica: come prevede l’articolo 88 della Costituzione Sergio Mattarella non potrà più sciogliere le Camere e indire nuove elezioni. L’attenzione si sposta sui partiti: il timore è che senza più il rischio delle urne, i veti incrociati possano moltiplicarsi e portare addirittura al tentativo di dare vita a un nuovo governo. Non tutti sono d’accordo però: messa al riparo la riforma della Giustizia, tema profondamente divisivo per l’attuale maggioranza, il largo sostegno di cui gode Mario Draghi e la missione del Recovery plan dovrebbero essere sufficienti a garantire la navigazione, almeno fino al momento in cui le Camere si riuniranno per scegliere il nuovo inquilino al Quirinale. La finestra delle elezioni potrebbe riaprirsi dopo l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, a febbraio del 2022, anche perché non è un mistero che lo stesso Draghi sia un candidato forte per la successione a Mattarella ma c’è chi scommette che le ragioni che lo hanno portato a Palazzo Chigi saranno anche quelle che ne consiglieranno la permanenza alla guida del governo fino alla scadenza della legislatura nel 2023, con l’elezione di un altro inquilino al Quirinale. C’è anche chi già ipotizza che i partiti possano chiedere a Mattarella di dare la disponibilità a farsi rieleggere per un secondo mandato. Ma è tutto ancora prematuro.La finestra del semestre bianco fu introdotta durante i lavori dell’Assemblea Costituente con l’obiettivo di evitare che il Capo dello Stato usasse il potere di scioglimento del Parlamento per garantirsi la rielezione. E nonostante alcuni tentativi di modificare la Carta introducendo il divieto di “bis”, la norma ha resistito nel tempo. Si tratta però di una limitazione che non chiude tutti i margini di manovra a disposizione del presidente della Repubblica: qualora le tensioni nella maggioranza si esacerbassero, Mattarella avrebbe infatti sempre a disposizione l’arma “finale” delle dimissioni anticipate, osserva il deputato Pd e costituzionalista Stefano Ceccanti in un’intervista a Radio radicale. 

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    Landini: 'Non siamo contro il Green pass, ma garantire il lavoro'

     Nessuna contrarietà del sindacato al green pass nelle aziende, ma niente sanzioni per chi dice no e a muovere sia il governo con un atto di legge. Lo spiega il leader Cgil Maurizio Landini in un’intervista al Corriere della Sera, in cui spiega che il sindacato è a favore del fatto che le persone si vaccinino e sta raccomandando ai lavoratori di farlo.    “Ma c’è un discrimine: non è possibile pensare a licenziamenti o demansionamenti”. E sull’ eventuale obbligatorietà: “Se il governo valuta sia necessario, può varare una norma. È già successo nella sanità. La responsabilità non può essere scaricata su un accordo fra le parti sociali”.    

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    Gentiloni: 'Per Italia occasione unica, politica guardi avanti'

    L’Italia è davanti ad un’occasione unica, e sta muovendosi nella direzione delle riforme che ha indicato: è stato un bene fare quella della Giustizia, sarà meglio se si avanza rapidamente sul civile. Lo sottolinea il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, in un’intervista alla Stampa, in cui invita a guardare avanti, lasciandosi alle spalle le schermaglie politiche. Quanto al green pass, osserva che l’economia europea è ripartita grazie alla campagna vaccinale. E aggiunge che si dovrà lavorare su una ripresa duratura e sostenibile, attuando in modo serio i piani nazionali e ripensando le regole sui bilanci.    

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    Giustizia, timori sull'ultimo miglio. Conte convoca il M5s

    Il M5s di Giuseppe Conte è il “sorvegliato speciale” in vista delle prossime ore che dovrebbero dare il via libera alla riforma della Giustizia.    L’accordo sul provvedimento che approda in Aula alla Camera dovrebbe essere ormai “blindato” ma nel governo l’attenzione rimane altissima soprattutto nei confronti di possibili strappi dentro il M5s. “Adesso tutti rispettino i patti”, invoca la Guardasigilli, Marta Cartabia, nel corso di un forum con la Repubblica. Il timore è che ci possa essere qualcuno o qualche partito che possa mettere nuovi paletti e aprire nuove questioni. Non è infatti passato inosservato il via libera all’emendamento dell’azzurro Pierantonio Zanettin in cui si chiedono “criteri più stringenti” per la riapertura delle indagini: la previsione potrebbe rischiare di sollevare ulteriori dubbi tra i 5 Stelle che hanno anche dovuto rinunciare ad un’esplicito riferimento ad un allungamento dei tempi di prescrizione per i reati contro la Pa e che intanto, ad esempio, si uniscono a Leu per chiedere di dare più tempo ai processi per le catastrofi ambientali. Fonti di governo ritengono “improbabile” che ci possano essere modifiche dell’ultimo minuto ma intanto Giuseppe Conte raduna i 5 Stelle. L’ex premier ha infatti indetto per il pomeriggio una riunione con i deputati e senatori proprio per fare il punto sulla riforma Cartabia. L’assemblea, ci tengono a chiarire i 5 Stelle, era stata richiesta da tempo soprattutto per condividere con i gruppi le decisioni e le trattative che erano state portate avanti da un gruppo ristretto di esponenti. Nonostante arrivino appelli dagli ex “grillini” a non votare la riforma, i 5 Stelle assicurano di essere compatti, che i dubbiosi sarebbero pochissimi, ma siccome a metterci la faccia è Giuseppe Conte, l’ex premier chiederà alla sua pattuglia di sostenerlo. Per lui sono infatti giorni caldissimi.    Lunedì e martedì il nuovo M5s di Conte con il suo nuovo Statuto sarà sottoposto al voto della base: passerà solo se avrà raggiunto la maggioranza assoluta degli iscritti, altrimenti si dovrà andare in seconda convocazione, il 5 e 6 agosto, dove il quorum sarà la maggioranza dei votanti. Per Conte la sfida non sarà tanto quella di ottenere una larga maggioranza, quanto quella di portare alle “urne” un numero consistente di iscritti.    E questo sarà il vero nodo della votazione. Perché molti degli iscritti al M5s rimasti “in sonno” sulla vecchia piattaforma Rousseau non avranno ricevuto l’invito a votare ma anche perché altri deliberatamente non voteranno. O voteranno No.    Un meet-up di Catania lo ha scritto nero su bianco: “Noi voteremo NO al nuovo Statuto che pone un uomo solo al comando, in spregio ai valori fondanti del nostro Movimento”. E’ un granellino di sabbia nella prateria 5 Stelle ma è la spia di un sentimento che si va diffondendo nella base pentastellata e che nei prossimi giorni potrebbe concretizzarsi in azioni di aperto contrasto con la linea del futuro leader Giuseppe Conte. L’ex candidato sindaco M5s di Napoli, Matteo Brambilla, annuncia: “Io non voterò proprio. Non legittimerò questa votazione con il mio voto. E non aderirò neppure al nuovo Movimento 2050” . Anzi, lui si metterà alla testa di una lista alternativa al M5s, composta da ex “grillini”, che correrà a Napoli. E mentre il M5s avvia la selezione dei candidati da inserire nelle liste M5s da “certificare”, iniziative analoghe a quella di Napoli spunteranno un po’ in tutta Italia, in Emilia Romagna, Veneto, Lombardia e Puglia, passando per Bologna ed anche per Roma e il Lazio. Ci saranno tra le 50 e le 100 liste locali alternative al M5s, disposte, si spiega, ad interloquire con Alessandro Di Battista, Nicola Morra (“Io moderato e liberale non ci voglio morire”, dice quest’ultimo) e Barbara Lezzi e a fare “rete” tramite una piattaforma. Quella di Davide Casaleggio potrebbe essere a disposizione.     

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    Berlusconi loda Salvini: 'Uniti sul centrodestra, divisi sui vaccini'

    Silvio Berlusconi e Matteo Salvini uniti sul futuro del centrodestra. Il Cavaliere in diretta telefonica alla festa della Lega a Milano Marittima loda il segretario leghista, dice che è un leader più forte da quando rappresenta tutta la coalizione e conferma: avanti tutta sulla federazione. I due però restano distanti sul tema dell’obbligo vaccinale: il fondatore di Forza Italia è uno strenuo sostenitore del fatto che i medici e i professori si debbano vaccinare per forza. E lo ribadisce: “Sono assolutamente favorevole all’obbligo vaccinale per queste due categorie. Rispetto le opinioni altrui, del resto – aggiunge – se fossimo sempre d’accordo saremmo nello stesso partito”.
    Sulla linea opposta il segretario leghista, molto dialogante con i manifestanti “No Green Pass” che hanno sfilato in molte città italiane. “Se ci sono 10mila persone in piazza il 31 luglio, vanno capite. Non penso che siano no vax, fascisti. Chiedono diritti e il dovere della politica è ascoltarli”, osserva intervistato da Bruno Vespa. Molto freddo, com’è noto, anche sul Green Pass: “Ho detto a Draghi – confida il leader della Lega – guardiamo i numeri, non massacriamo la stagione turistica. Se i numeri ci diranno di intervenire interveniamo ma non entriamo a gamba tesa oggi. Dio non voglia, ma se la situazione peggiora tra 20 giorni interveniamo”. Qualche scintilla, nell’intervento di Silvio Berlusconi, con Fratelli d’Italia. Probabilmente, per lodare il padrone di casa, l’ex premier “trascura” il partito di Giorgia Meloni. “Torneremo al governo insieme, come centrodestra unitario, di cui Fi e Lega saranno il cuore pulsante.”. A quel punto, Bruno Vespa fa notare il passaggio. E chiede se Fratelli d’Italia avesse ragione o meno a rivendicare la presidenza della Vigilanza Rai.
    “Sulla Presidenza della Vigilanza Rai – replica a caldo Berlusconi – la signora Meloni ha ragione: è stato uno sgarbo a cui dovremo rimediare”. Più tardi la precisazione: il partito, spiega un deputato azzurro, non lascerà la guida della commissione di Vigilanza Rai (presieduta oggi da Alberto Barachini), ma una sorta di compensazione per il partito di Giorgia Meloni dovrebbe arrivare nella prossima tornata di nomine alla guida delle reti e dei tg della tv di stato, con l’indicazione di un profilo d’area per una rete e un telegiornale. Infine, Salvini ribadisce le bordate già lanciate ieri contro il Movimento Cinque Stelle, annunciando per settembre la battaglia per rivedere il reddito di cittadinanza. Sin dall’inizio dell’intervista “battezza” un microfono non funzionante come uno del “Movimento”. “Se escono dal governo – attacca a fine serata – ce ne faremo una ragione, non sarebbe un grave danno per il Paese, ma, tranquilli, la poltrona non la mollano. Hanno già minacciato la crisi 10 volte… “. Il leader della Lega si dice “rassegnato” a votare nel 2023, indicando per Mario Draghi l’orizzonte di fine legislatura (nonostante lui stesso si sia detto a più riprese pronto a sostenerlo per la presidenza della Repubblica). Ma dal Pd osservano con qualche preoccupazione le uscite di Salvini, contro gli altri partiti della maggioranza e contro scelte del governo come il Green pass: “E’ la solita Lega di lotta e di governo a cui siamo abituati, ma questa volta Salvini ha passato il segno”.

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    Letta a Salvini: 'Io palo? Parole da leghisti pistoleri'

    “Salvini: ‘…e Letta fa da palo’. Sì, il linguaggio col quale probabilmente sei abituato a parlare con i tuoi consiglieri facili di pistola, Adriatici a Voghera o Aronica a Licata”. Lo scrive su Twitter il segretario del Pd Enrico Letta, commentando le frasi pronunciate ieri a Milano Marittima dal leader della Lega che ha definito il leader Dem il “palo” di Giuseppe Conte nel “sabotare” il governo.
    “Letta palo di Conte sabotatore? Il leader della Lega usi questo linguaggio coi suoi amici facili di pistola e con le piazze no Vax. Il Papeete evidentemente continua a dargli alla testa”. Lo dicono fonti del Nazareno, interpellate dall’ANSA sugli attacchi del leader della Lega al segretario Dem. “Salvini più volte ha sabotato Draghi e il governo. Noi tutti abbiamo dato un contributo a migliorare la riforma della giustizia”, aggiungono le stesse fonti.
       

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    Giustizia, ok in commissione alla riforma Cartabia, domenica in Aula

    Dopo l’accordo politico in Consiglio dei ministri giovedì, la riforma del processo penale compie il primo passo parlamentare verso la sua approvazione. La Commisisone Giustizia della Camera ha votato e approvato gli emendamenti che recepivano le intese tra i partiti di maggioranza, con la prospettiva di riuscire a giungere al sì della Camera già martedì prossimo, visto che il testo domenica sarà in Aula.
    Il giorno dopo l’accordo, tutti i partiti di maggioranza rivendicano il successo mentre, per le opposizioni,Fdi critica la riforma come una “mediazione al ribasso che non risolve i problemi”. E gli ex M5s attaccano il Movimento. La riforma Cartabia consiste in una serie di emendamenti, 26 in tutto, al ddl Bonafede, ma tra essi l’attenzione è caduta solo su quello sulla prescrizione.
    In realtà l’architettura complessiva mira a “sdrammatizzare” questo tema: le norme prevedono una serie di misure deflattive dei processi, ad esempio con l’incentivzione dei riti alternativi, la messa alla prova, la semplificazione e la digitalizzazione delle procedure, così da favorire la celere celebrazione. Dopo la sentenza di primo grado viene mantenuto il principio del ddl Bonafede e cioè che la prescrizione si blocca, ma con l’obbligo di chiudere i processi in due anni in Appello e in un anno in Cassazione, pena l’improcedibilità (la cosiddetta prescrizione del processo e non del reato). Nell’accordo, approvato in Commissione, i processi più complessi possono durare in Appello tre anni e 18 mesi in Cassazione e per i reati più gravi (mafia, terrorismo, spaccio, stupro), il giudice potrà chiedere di prolungarli per complessivi altri tre anni in Appello e altri 18 mesi in Cassazione. In più il nuovo processo entrerà a regime nel 2025, e nel frattempo sono previste assunzioni e digitalizzazione dei Tribunali. In commissione Giustizia la maggioranza ha votato compattamente, senza sbavature, mentre le opposizioni con Fdi e gli ex M5s di L’Alternativa c’è hanno fatto ostruzionismo per impedire l’approvazione, che comunque è avvenuta nel tardo pomeriggio.
    Sono stati approvati anche una decina di emendamenti dei gruppi, tra cui uno di Lucia Annibali (Iv) che prevede l’arresto in flagranza per il marito o ex marito violento che viola i provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa”.
    L’obiettivo della riforma della giustizia è “ottenere tempi certi” per i processi. Lo afferma la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, al Tg3. Cartabia ha anche spiegato di non temere sorprese per il voto in aula: “Direi di no, abbiamo preso un impegno tutte le forze politiche della maggioranza”.