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    In Abruzzo la riapertura delle scuole slitta al 10 gennaio

    Slitta al 10 gennaio la riapertura delle scuole in Abruzzo. A stabilirlo è l’ordinanza regionale che dispone la sospensione delle attività didattiche il 7 e 8 gennaio, con regolare ripresa delle stesse lunedì 10. Al tempo stesso, viene prevista l’attivazione di una campagna di screening in tutte le scuole, dal 7 al 9 gennaio, mediante testing antigenici rapidi di ultima generazione demandandone alle Asl le modalità organizzative.
    In Campania invece si sta prendendo in considerazione l’ipotesi si tenere chiuse in presenza un mese le scuole elementari – e quindi con lezioni in Dad – per procedere con le vaccinazioni e consentirne la riapertura in sicurezza. ‘In questo momento – questo il ragionamento del governatore Vincenzo De Luca – il grosso del contagio del Covid riguarda le età di 5-11 anni e 0-16 anni. Ci sono allora le condizioni per riaprire senza problemi il prossimo 10 gennaio, come calendario regionale?. A me – aggiunge De Luca – sembrerebbe giusto usare un mese per ampliare la vaccinazione per i bimbi piccoli e riaprire le scuole in sicurezza. Oggi l’apertura è prevista il 10 gennaio, credo valga la pena di riflettere, sapendo che la tutela della salute è un tema prioritario dei bimbi’.
    Prioritario tutelare la scuola in presenza. E’ la posizione ribadita stamattina dal Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi nel corso della riunione che si è svolta con gli assessori regionali alla Salute. “Per il Governo è fondamentale tutelare la didattica in presenza”, avrebbe detto Bianchi nel corso del suo intervento. La riunione è stata chiesta dalle Regioni con i ministri della Pubblica Istruzione Bianchi e della Salute Speranza, alla quale partecipa il governatore del Friuli Venezia Giulia e Presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga. Al centro le misure di contrasto al Covid in vista della riapertura delle scuole.
    Le Regioni hanno proposto nuove norme sulle quarantene degli studenti. Visto l’avvio della campagna vaccinale 5-11 anche per le scuole elementari e la prima media – così come già succede per quelle successive – la proposta è di prevedere, nel caso di due studenti risultati positivi in una classe, solo l’autosorveglianza (5gg) per i ragazzi vaccinati e la quarantena di 10 giorni con Dad (quest’ultimo caso laddove previsto) e test al termine dell’isolamento per i non vaccinati. Nelle scuole dell’infanzia resterebbe la quarantena di dieci giorni per tutti con tampone con un solo caso positivo. La proposta avrebbe trovato diversi punti di condivisione da parte del Governo.
    “E’ prioritario ridurre l’area dei non vaccinati e allargare ancora quella dei vaccinati per non sovraccaricare gli ospedali”. E’ quanto avrebbe detto il Ministro della Salute Roberto Speranza nel corso della riunione chiesta dalle Regioni alla presenza del Governatore Fedriga e del Ministro Bianchi. La riunione – secondo quanto si apprende – avvrebbe esaminato la situazione generale legata alla pandemia e successivamente gli aspetti relativi alla scuola. Speranza avrebbe sottolineato la necessità di considerare “molto seriamente sia l’estensione dell’obbligo a tutti che l’estensione del green pass rafforzato al mondo del lavoro”.
    “È stato un incontro positivo e costruttivo in cui abbiamo prospettato al Governo alcune ipotesi di intervento che, sulla falsariga di quanto è stato fatto con l’ultimo decreto, alleggeriscano anche il mondo della scuola sul fronte dei protocolli, delle quarantene e dei tamponi attualmente previsti. Si tratta di proposte tecniche che vogliamo approfondire e condividere con l’esecutivo per proteggere gli ospedali gravati sempre più da ricoveri e permettere una ripresa dell’anno scolastico in presenza, considerando l’andamento della curva epidemica che appare trainato proprio da una progressione importante nella fascia che va da 6 a 13 anni”. Così il Presidente della Conferenza delle Regioni , Massimiliano Fedriga, e l’assessore dell’Emilia-Romagna, Raffaele Donini, coordinatore della Commissione Salute, dopo l’incontri con il governo.

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    Papa: grazie a Dio per la solidarietà nata in pandemia

    Papa Francesco, nell’omelia dei Vespri, richiama al valore della solidarietà, ancora più necessaria in questo tempo segnato dal Covid. “Questo tempo di pandemia – dice – ha accresciuto in tutto il mondo il senso di smarrimento. Dopo una prima fase di reazione, in cui ci siamo sentiti solidali sulla stessa barca, si è diffusa la tentazione del ‘si salvi chi può’. Ma grazie a Dio – sottolinea il Pontefice – abbiamo reagito di nuovo, con il senso di responsabilità. Veramente possiamo e dobbiamo dire ‘grazie a Dio’, perché la scelta della responsabilità solidale non viene dal mondo: viene da Dio; anzi, viene da Gesù Cristo, che ha impresso una volta per sempre nella nostra storia la ‘rotta’ della sua vocazione originaria: essere tutti sorelle e fratelli, figli dell’unico Padre”. 

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    Covid, nuove regole su quarantena e Super Green pass in vigore da oggi

    E’ stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale di oggi il decreto legge adottato dal Consiglio dei ministri che contiene le nuove regole per la quarantena e il Super Green pass. Le norme sono dunque in vigore da oggi.
    Sempre oggi è stata emanata la circolare del ministero della Salute con gli aggiornamenti sulle misure di quarantena e isolamento in seguito alla diffusione della nuova variante Omicron. Niente quarantena per i soggetti asintomatici che abbiano ricevuto la dose booster, o abbiano completato il ciclo vaccinale primario nei 120 giorni precedenti, o siano guariti da infezione da SARS-CoV-2 nei 120 giorni precedenti, con obbligo di indossare mascherine tipo FFP2 per almeno 10 giorni. Il periodo di auto-sorveglianza termina al giorno 5. In caso di contatti a alto rischio, i sanitari devono inoltre eseguire tamponi giornalieri fino al 5/o giorno.
    I primi dati sull’efficacia dei vaccini nei confronti della variante Omicron “suggeriscono che la stessa sarebbe in grado di ridurre l’efficacia dei vaccini – sottolinea il ministero della Salute nella circolare – nei confronti dell’infezione, della trasmissione, e della malattia sintomatica, soprattutto in chi ha completato il ciclo di due dosi da più di 120 giorni. La terza dose riporterebbe tuttavia l’efficacia dei vaccini a livelli comparabili a quelli contro la variante Delta conferendo una buona protezione nei confronti della malattia grave”.
    Dovrebbe arrivare all’inizio dell’anno, con un Cdm il 5 gennaio, l’estensione del Super Green pass per lavorare. La nuova legge, su cui si ragiona nonostante le ‘fumate nere’ negli ultimi due Cdm, sarebbe nuovamente discussa in un Consiglio dei ministri che potrebbe essere convocato il 5 gennaio. E già il 10 dello stesso mese entrerà in vigore il ‘quasi lockdown’ per i non vaccinati (ovvero il certificato verde rafforzato obbligatorio ovunque, tranne che nei negozi e per i servizi essenziali).
    “Credo che sia ragionevole ipotizzare che nei prossimi giorni ci possa essere un’estensione dell’utilizzo del super green pass in alcuni luoghi di lavoro”. Lo ha affermato a Rainews24 il sottosegretario alla Salute Andrea Costa. D’altronde, ha sottolineato, “non possiamo permetterci di vanificare i sacrifici che gli italiani stanno facendo da oltre 2 anni. Siamo in una fase delicata e dobbiamo continuare con grande prudenza, senso di responsabilità e rispetto delle regole”.
    IL DECRETO IN PILLOLE – Il testo rivede le regole per la quarantena ed estende l’obbligo del Super green pass a diverse attività compresi i mezzi pubblici. Si prevede che il commissario Figluolo “d’intesa con il Ministro della salute” sigli un “protocollo d’intesa” con farmacie e rivenditori autorizzati per calmierare il prezzo delle mascherine Ffp2 “fino al 31 marzo 2022”. Il governo monitorerà l’andamento dei prezzi. La quarantena non si applica a coloro che, nei 120 giorni dal completamento del ciclo vaccinale primario o dalla guarigione o dal booster, hanno avuto contatti stretti con soggetti positivi al Covid. E’ però obbligatorio indossare mascherina Ffp2 per 10 giorni. In caso di sintomi, occorre fare subito un test rapido o molecolare e, se i sintomi persistono, bisogna ripeterlo al quinto giorno successivo all’ultimo contatto. E’ quanto emerge dalla bozza del decreto Covid, secondo cui la cessazione della quarantena o dell’auto-sorveglianza consegue all’esito negativo di un test rapido o molecolare, anche presso centri privati abilitati. Le multe da 400 a 1000 euro già previste per chi non rispetta le norme anti-Covid vengono estese anche alle nuove regole su quarantene e obbligo di Super green pass. E’ quanto si legge nella bozza del decreto Covid approvato ieri dal Consiglio dei ministri. Si prevede anche che i gestori dei nuovi servizi e attività coinvolte siano “tenuti a verificare che l’accesso” avvenga rispettando le nuove regole e il possesso del Super pass. Scatta la chiusura o la sospensione dell’attività da 1 a 10 giorni anche per alberghi, sagre, fiere e congressi, feste dopo le cerimonie – dove servirà il Super pass; se non viene rispettato l’obbligo di Ffp2 per cinema, teatri e spettacoli, e le regole per le consumazioni al banco. 
       

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    Toti, Berlusconi rischia di fare la fine di Prodi

    “Se non verifica bene i numeri, Berlusconi rischia di fare la fine di Prodi”. Ribadisce stima e affetto verso il Cavaliere, ma Giovanni Toti, suo ex consigliere politico, governatore della Liguria e cofondatore di Coraggio Italia, lo invita a una riflessione in vista dell’elezione del presidente della Repubblica. “Ci aspetta un voto balcanizzato e tribale”, dice Toti in una intervista al Secolo XIX.
    “Per affetto e storia Berlusconi può contare sul mio appoggio. Ma deve verificare bene prima di andare in Parlamento con il rischio di scivolare come successe a Prodi”, aggiunge Toti che guarda al voto per il Quirinale come spartiacque della politica italiana. “Stato della pandemia, misure del governo, necessità di proseguire la legislatura, continuità sul Pnrr: tutti temi che si incrociano sull’elezione del presidente della Repubblica», dice. Il governatore è chiaro sul ruolo di Draghi. “Ha tutte le qualità per essere il presidente della Repubblica, e ho trovato fuori luogo alcune reazioni indispettite quando ha ricordato alla politica e ai partiti alcuni loro doveri. C’è chi l’ha interpretata come la messa a disposizione di se stesso per il Colle. Non so se intendeva questo, ma non ci troverei nulla di strano. E’ una possibile scelta di grande qualità, dopodiché non basta la qualità ma ci dev’essere la convergenza di tanti partiti e la messa in sicurezza di altre istituzioni, come Palazzo Chigi. Questo governo è una sorta di commissariamento della politica. Ora mi aspetto una prova di maturità dai partiti: si elegga un presidente condiviso come arbitro o si utilizzi una risorsa come Draghi, individuando un nuovo assetto di governo”. 

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    Quirinale: Altolà di Letta per Berlusconi al Colle, ma Fi non molla

    Accantonare prima possibile la candidatura di Silvio Berlusconi in modo da lavorare seriamente a un nome condiviso, appoggiato dalla maggioranza più ampia possibile, anche più larga di quella di governo. In caso contrario l’esecutivo cadrebbe. Il Pd mette in chiaro con il centrodestra i paletti attorno ai quali si potrà avviare il confronto sul Colle alla vigilia dell’ultimo messaggio di fine anno di Sergio Mattarella, almeno di questo settennato. Con due interviste in perfetta concordia, del segretario Enrico Letta e del suo numero due Giuseppe Provenzano, i dem ribadiscono la loro linea, in vista della riunione del Pd, convocata il 13 gennaio, che segnerà anche l’inizio ufficiale della partita per il Quirinale, il cui primo voto potrebbe tenersi undici giorni dopo, il 24 pomeriggio, si ragiona in ambienti parlamentari.
    Forza Italia, però, tiene il punto. L’ azzurro Giorgio Mulè, molto ascoltato ad Arcore, esorta il segretario dem a togliere dal tavolo ogni pregiudizio. “Chiede un presidente “eletto a larghissima maggioranza” ma la storia recente si incarica di smentirlo: Sergio Mattarella – ricorda Mulè – è stato eletto con il 65 per cento che non è esattamente una cifra plebiscitaria”. Ma le parole di Enrico Letta contengono diversi messaggi, non solo l’altolà al Cavaliere. Fermare la sua candidatura implica essere contrario ad ogni altra ipotesi, frutto dell’intesa tra il centrodestra e i centristi capitanati da Matteo Renzi. Inoltre, quando il segretario dem dice che senza l’elezione di un candidato condiviso cadrebbe il governo, da un lato puntella l’esecutivo, dall’altro rivolge un appello molto pressante a Lega e Fi a fare lo stesso, evitando pericolose fughe in avanti. Ma è anche un modo per preservare Mario Draghi dal tritarcarne del toto-Quirinale. Anche contro questo passaggio si schiera Giorgio Mulè: “Faccio mie le sue parole: ci vuole buon senso e, aggiungo, si faccia sparire anche la “pistola” politica di un eventuale crisi di governo”. Intanto cresce la preoccupazione che si possa raggiungere il picco della pandemia proprio nei giorni in cui si comincerà a votare.
    Si sono registrate tante le assenze in Aula alla Camera al momento del voto sulla manovra. “400 deputati su 630 presenti per il voto sulla legge di Bilancio anche a causa della variante Omicron. Qualcuno – si chiede il dem Stefano Ceccanti- che può decidere sta pensando a come eleggere il Presidente in modo regolare e razionale?”. Gli uffici di Montecitorio stanno esaminando ogni ipotesi pur di assicurare il diritto di voto in modo sicuro a tutti i 1009 grandi elettori. Ma delle possibili soluzioni si comincerà a parlarne nel concreto solo nelle prossime settimane. Per ora resta la preoccupazione del mondo politico che alla fine l’emergenza Covid possa giocare un ruolo decisivo in un passaggio istituzionale come questo. E continua a crescere il partito trasversale di chi punta al mantenimento dello status quo, ovvero Draghi a Palazzo Chigi fino a fine legislatura e Sergio Mattarella rieletto al Colle. E forti pressioni in tal senso verso il Colle stanno venendo dal mondo politico.   

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    >>ANSA/Elton John ai funerali di Diana,così convinsero la regina

    E’ considerata una delle più struggenti esecuzioni nella storia della musica recente: ‘Candle in the Wind’ riadattata e cantata da Elton John al pianoforte nell’abbazia di Westminster durante i funerali di Diana il 6 settembre 1997 dopo la morte della principessa del popolo avvenuta in un incidente automobilistico a Parigi. Grazie ai documenti pubblicati dai National Archives di Londra si vengono a sapere dettagli fondamentali su come fu convinta la regina Elisabetta, allora piuttosto restia di fronte alle richieste di violare il protocollo reale per le esequie della (ex) nuora ma poi costretta dalle circostanze e la volontà popolare a rivedere la sua posizione.    Nel caso della canzone pop eseguita nell’abbazia, sede delle incoronazioni dei sovrani d’Inghilterra e luogo di sepoltura per molti di loro, oltre a primi ministri, illustri poeti e artisti, fu lo stesso decano di Westminster a svolgere un ruolo cruciale di mediazione rivolgendosi direttamente a Buckingham Palace e superando le resistenze iniziali. Secondo infatti il reverendo Wesley Carr (scomparso nel 2017), invitare Elton John, grande amico della principessa, sarebbe stato un atto “creativo e generoso” nei confronti di milioni di persone che si sentivano “personalmente in lutto” per la morte di Lady D. Il suo ruolo fu fondamentale anche perché l’edificio di culto anglicano non è soggetto all’autorità diocesana ma dipende direttamente dalla monarchia britannica. Tuttavia i documenti indicano che era stato preparato anche un piano di riserva. La “seconda scelta”, come l’aveva definita Carr, era un assolo commovente suonato da un sassofonista.

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    Mattarella lavora al discorso di congedo, tante le pressioni sul bis

    Sono sempre giornate complesse per il Quirinale quelle che precedono il tradizionale discorso di fine anno del presidente della Repubblica, ma quest’anno lo sono ancor di più. Sono ore di alacre lavoro per limare il testo dell’ultimo appuntamento televisivo con gli italiani accompagnate però dalla preoccupazione per l’emergenza pandemica che si aggrava senza soluzione di continuità. Ma soprattutto momenti forzosamente orientati al mese di gennaio, al prossimo futuro della Repubblica, all’elezione del successore e alla tenuta del sistema. Si respira un clima inevitabilmente grave che Sergio Mattarella percepisce – forse subisce, preciserebbero al Colle – alimentato dalle continue pressioni della politica che attraverso riservatissime telefonate e discreti contatti vorrebbe acquisire alcune certezze ove tutto andasse male nel grande gioco del Quirinale. Buona parte dei partiti ancora non si è rassegnata a lasciare del tutto fuori dal puzzle dell’elezione l’attuale capo dello Stato, quasi a voler tenere nella cassetta degli attrezzi l’unico cacciavite in grado di riparare la macchina fumante all’ultimo secondo.
    Ma Sergio Mattarella è sempre più determinato nella sua convinzione che un suo bis non sarebbe più un’eccezione e diventerebbe la norma. E poi, cosa dovrebbe accadere? Che tutto l’arco parlamentare, Giorgia Meloni compresa, si convinca che un Mattarella bis sia il meglio per la Repubblica solo perché Mario Draghi non deve lasciare palazzo Chigi? Interrogativi che circolano fuori dal Quirinale ma che perdurano infastidendo il presidente e quindi rafforzando la sua convinzione. Resta il fatto che in questi giorni c’è poco e il dibattito sembra orientato più che all’elezione del nuovo capo dello Stato a come impedire che il governo collassi portando il Paese a rischiosissime elezioni anticipate. Chi meglio di Mario Draghi, osservano in molti, potrebbe dare garanzie dal Quirinale che no, una crisi non si può proprio aprire, richiamando i partiti ad una responsabilità collettiva che è poi alla base del suo esecutivo? Senza dimenticare che fu proprio Mattarella a convincere Draghi a bere l’agrodolce calice della guida di palazzo Chigi con un governo di ampia coalizione e quindi inevitabilmente di forte compromesso istituzionale.
    Comprensibile quindi il silenzio del Quirinale sui contenuti dell’ultimo discorso del presidente. Ecco allora che le uniche certezze si dispiegano su tre concetti: responsabilità, bilancio ed incoraggiamento. Responsabilità individuale nell’affrontare questa infinita crisi sanitaria e responsabilità della politica nel saperne leggere l’impatto devastante sui cittadini e l’economia; bilancio di un settennato durissimo dal quale Mattarella si congeda con onore e la stima degli italiani; incoraggiamento che è un po’ il fil rouge della sua parte finale di presidenza, perché Mattarella chiude il suo impegno orgoglioso della risposta del Paese, del suo essere in marcia nonostante tutto. Un cammino che non si deve interrompere per interessi di parte o, tantomeno, per prematuri calcoli elettorali dei partiti. Sergio Mattarella non ha mai fatto invasioni nei campi altrui, rispettosissimo della divisione dei poteri costituzionali. E non lo farà certo nel suo congedo agli italiani. Ma basta rileggere tutti i suoi ultimi interventi per sapere come la vede il presidente. E certo a nessuno si può impedire di pensare cosa sia meglio per la Repubblica, tantomeno a chi l’ha servita in tanti ruoli per una vita intera.   

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    Lettera Burzi, “io innocente, questa mia protesta più forte”

    (ANSA) – TORINO, 30 DIC – Angelo Burzi era “certo di essere
    totalmente innocente”. Lo scrive ad alcuni amici poco prima di
    suicidarsi, la notte di Natale. “La fine della storia” è
    l’oggetto della mail di cui ANSA ha preso visione, in cui
    ripercorre la vicenda Rimborsopoli e la condanna in appello per
    peculato a tre anni. “Non sono più in grado di tollerare
    ulteriormente la sofferenza, l’ansia, l’angoscia che in questi
    anni ho generato oltre che a me stesso anche nelle persone che
    mi sono più care”, scrive l’ex consigliere e assessore
    regionale. “Esprimo la mia protesta più forte interrompendo il
    gioco, abbandonando il campo in modo definitivo”.   
    “Serve fare un non esaustivo elenco dei personaggi che
    maggiormente hanno contraddistinto in maniera negativa questo
    mia vicenda in quasi dieci anni – è un passaggio della lunga
    mail -. Dapprima i giudici del primo processo d’appello, i
    quali, con una sentenza che definire iniqua e politicamente
    violenta è molto poco, azzerarono la sentenza di primo grado che
    mi vide assolto per insussistenza del fatto dopo due anni di
    dibattimento in aula. Poi l’uomo nero, il vero cattivo della
    storia, il sostituto procuratore che dall’inizio perseguì la sua
    logica colpevolista, direi politicamente colpevolista”. (ANSA).