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    Renzi, 'il centro? Prematuro parlarne. Di Maio leader? Difficile

    Che forma prenderà il polo del centro? “E’ troppo presto per dirlo, perché da qui alle prossime elezioni cambierà tutto e io stavolta non sono ottimista. In ogni caso se si vota nel maggio del 2023, se ne potrà parlare a gennaio-febbraio del ’23, non prima. Chi ne parla ora, fa una discussione da ombrellone. E’ come il calcio mercato perché tra 6 mesi sarà tutto diverso”. A dirlo è il leader di Italia viva, Matteo Renzim ospite di “Mezz’ora in più” su Rai 3.
    Sulla possibilità che Luigi Di Maio sia il nuovo leader del centro,  “Mah, credo sia difficile riciclarsi su posizioni complicate, ad esempio che pensa Di Maio sul garantismo?”, osserva Renzi. “E’ una persona in cerca di autore. Se potessi dirgli una cosa, noi ci aspettiamo le scuse su vicende nostre dal caso Etruria al giustizialismo, ma soprattutto in questa fase la discussione vorremmo che fosse sui temi veri dell’atlantismo e non sul doppio mandato, perché trovo avvilente che loro discutano di questo”.
    Per Renzi “l’area Draghi non è un partito, sennò trasformiamo subito Draghi in un Monti bis”. Quanto al predecessore del presidente del Consiglio a Palazzo Chigi, Giuseppe Conte, “se fosse stato su quel treno  – in viaggio per Kiev come Draghi e i leader di Francia e Germania –  non l’avrebbero messo nemmeno in una cuccetta”. “Il mio non è un insulto – aggiunge Renzi – Dico che Conte è contradditorio perché ha detto no a nuove armi ed è quello che ha messo più armi di tutti”.

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    Di Maio e il MoVimento, c'eravamo tanto amati

     Inciampa sulla guerra in Ucraina – ma è solo la punta dell’iceberg – e poi rischia di sfasciarsi in un Consiglio nazionale notturno, l’amore politico tra Movimento Cinque Stelle e Luigi Di Maio. Un’avventura lunga quasi 15 anni, ma per il giovane parlamentare campano, pur sempre al secondo mandato, sembrano tanti di più: tra campagne elettorali vincenti, feroci sconfitte, una scalata ministeriale di tutto rispetto e faide interne.    A segnarla sono stati anche i rapporti con Beppe Grillo spesso sull’ottovolante. E la sintonia a metà con Giuseppe Conte: prima benedetto come l’avvocato del popolo che conquista Palazzo Chigi e ora acerrimo rivale, bastonato apertamente dopo l’ultimo ko elettorale (‘Alle elezioni amministrative non siamo andati mai così male’) e contestato per l’atteggiamento ribelle (‘Non si può attaccare il governo un giorno sì e uno no’). Fino alla resa dei conti che odora di espulsione per il ministro degli Esteri classe 1986. E che rischia di lasciare sul campo solo Roberto Fico, in memoria dei ‘tre moschettieri’ della prima ora grillina come erano chiamati Di Maio, Alessandro Di Battista e appunto il presidente della Camera.    Un epilogo che per Di Maio arriva a due anni dalle dimissioni come capo politico del M5s. Era il 22 gennaio 2020. Allora chiuse la porta in faccia ai tanti detrattori, quelli che dalle retrovie lo avevano ‘pugnalato alle spalle’. Così disse. ‘I peggiori nemici sono quelli che lavorano al nostro interno, ma per la loro visibilità’, aggiunse.    Cronaca di una storia personale e politica nata in Campania.    Di Maio nel 2007 è all’apertura del primo meetup M5s nella sua città, Pomigliano D’Arco. Ma i primi passi non sono fortunati.    Quando si candida come consigliere comunale nel 2010, incassa 59 voti. L’ostinazione però non gli manca, da semisconosciuto vince le parlamentarie che, nell’anno magico del Movimento, lo portano a Montecitorio. Di Maio parte in sordina, ma la sua elezione a vicepresidente della Camera – il più giovane della storia, a 26 anni – gli vale un passaggio in ascensore verso nell’Olimpo del M5s. È il 21 marzo 2013, l’inizio dell’ascesa. È lui, come lo definisce Grillo, il ‘politico’ del Movimento.    La faccia pulita di Di Maio, di fronte al barricadero Di Battista e al più francescano Fico, funziona e insieme i tre catturano preferenze a destra e a sinistra. Fino alle vittorie a Torino e Roma delle due pentastellate che saranno sindache.    Proprio la Capitale, e le vicende di Virginia Raggi, fanno piombare Di Maio al centro di aspre critiche interne. È la fine del 2016 e c’è la prima vera spaccatura. Ma lui ne esce indenne e dopo un anno viene promosso a capo politico, con voto bulgaro sulla piattaforma Rousseau.    Di lì in poi arrivano i trionfi: l’elezione del 4 marzo 2018, il governo con la Lega e il passo indietro dalla premiership che ne permette la formazione. Giura da vicepremier e ministro dello Sviluppo e del Lavoro. Ma l’abbraccio con Matteo Salvini è mortale. Dopo la caduta del governo Conte 1, inizia a saldarsi l’intesa con il Pd. Segue il fuoco amico, il gelo di Grillo e il passo indietro dalla leadership del Movimento. Ma la rinascita istituzionale è dietro l’angolo e coincide con l’approdo alla Farnesina nel 2019 sotto il Conte bis e con poi la conferma due anni dopo quando a palazzo Chigi arriva Mario Draghi.    Al ministero degli Esteri è uno che studia, si circonda di collaboratori capaci e si conquista il rispetto dei diplomatici.    Ma nel Movimento le cose non migliorano, tanto meno quando arriva Conte. Anzi. Fino alla resa dei conti che sembra inevitabile.    

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    Camera: Vito, lascio Fi e rassegno dimissioni da deputato

    “Signor Presidente della Camera dei deputati, a seguito della mia decisione di lasciare Forza Italia, il partito nelle cui liste sono stato eletto, rassegno le mie dimissioni dal mandato parlamentare. Mi auguro che questa decisione possa contribuire ad aiutare le giovani ed i giovani del nostro Paese a ritrovare il senso della fiducia nelle Istituzioni, nel Parlamento e più in generale nella politica”. E’ quanto si legge in una lettera che Elio Vito ha inviato al presidente della Camera Roberto Fico.

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    Ucraina: Parlamento Kiev vieta libri e musica russi

    (ANSA) – ROMA, 19 GIU – L’Ucraina vieta libri e musica russi.   
    Il Parlamento di Kiev, la Verkhovna Rada, ha approvato un
    disegno di legge che prevede il divieto di importazione e
    distribuzione di volumi e prodotti editoriali da Russia,
    Bielorussia e “territori temporaneamente occupati” e di quelli
    in russo anche da altri Paesi. Secondo quanto riporta Ukrinform,
    il testo, presentato dal primo ministro Denis Shmygal lo scorso
    11 maggio, prevede la risoluzione dell’accordo tra il governo
    dell’Ucraina e il governo della Federazione russa sulla
    cooperazione scientifica e tecnica.   
    Un atro disegno di legge è stato approvato per imporre “un
    divieto assoluto e indefinito di esibizione pubblica, proiezione
    pubblica, manifestazione pubblica” di “cantanti che dopo il 1991
    erano cittadini dello stato aggressore”. Dal divieto, si
    precisa, verranno esclusi i musicisti che hanno condannato
    l’invasione di Mosca, che saranno inclusi in un’apposita “lista
    bianca”. (ANSA).   

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    Alt del M5s a Draghi, no ad ulteriori invii di armi

     Altolà del M5s al premier, Mario Draghi, sull’invio di nuove armi a Kiev. “Si impegna il governo a non procedere, stante l’attuale quadro bellico in atto, a ulteriori invii di armamenti che metterebbero a serio rischio una de-escalation del conflitto pregiudicandone una soluzione diplomatica”, si legge nella bozza di una risoluzione che  i senatori del Movimento stanno preparando in vista del voto di martedì dopo la comunicazioni del presidente del Consiglio sul Consiglio europeo del 23-24 giugno sull’Ucraina.
    Altri impegni sollecitati al governo riguardano il cessate il fuoco e il sostegno al popolo ucraino. In particolare, nella bozza del documento si legge: “Si impegna il governo a promuovere, alla luce dell’attuale situazione politico-militare, nelle opportune sedi europee, il consolidamento di un’azione diplomatica europea coordinata, volta a fornire nuovo impulso alle trattative di pace tra Ucraina e Russia al fine di giungere a un immediato cessate il fuoco; promuovere per l’Unione europea il ruolo di principale attore diplomatico e di garante del supporto economico, umanitario e sanitario al popolo ucraino”.
    Il testo parte dalla premessa che il conflitto “dura ormai da oltre 100 giorni e sta assumendo sempre più le caratteristiche di una guerra di logoramento segnata dal mancato rispetto del diritto internazionale umanitario” e che gli ucraini stanno “combattendo per il proprio diritto all’autodeterminazione”.
    Si ricorda poi che dall’inizio della guerra “l’Unione europea ha inviato forniture militari all’Ucraina per almeno 2 miliardi di euro; Stati Uniti e Regno Unito hanno inviato armi a Kiev rispettivamente per 4,6 miliardi e un miliardo di dollari e hanno già deciso ulteriori e ancor più consistenti forniture (anche di armi a lunga gittata); l’Italia, in base a quanto disposto dall’articolo 2-bis del decreto legge 25 febbraio 2022 numero 14 convertito con modificazioni dalla legge 5 aprile 2022 numero 28 recante Disposizioni urgenti sulla crisi in Ucraina, ha già emanato 3 decreti ministeriali (decreto 2 marzo 2022, decreto 22 aprile 2022 e decreto 10 maggio 2022) che hanno previsto l’invio di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari”.

    Agenzia ANSA

    Commenta il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio: “Ho letto che in questo ore c’è una parte del Movimento che ha proposto una bozza di risoluzione che ci disallinea dall’alleanza della Nato e dell’Ue, la Nato è un’alleanza difensiva, se ci disallineamo dalla Nato mettiamo a repentaglio la sicurezza dell’Italia”.
    I partiti che sostengono il governo Draghi, dunque, stanno lavorando alla risoluzione. Sei punti di cui uno ancora mancante. Quello, delicatissimo, appunto, sul sostegno anche militare all’Ucraina. 
    La maggioranza ha concordato per ora su 5 dei 6 contenuti da inserire nel testo rimandando l’ultimo a una riunione prevista per lunedì. Tutti d’accordo sull’adesione di Kiev all’Ue, la revisione del Patto di Stabilità, gli interventi per famiglie e imprese in difficoltà per gli effetti della guerra, il RepowerEu per l’energia e il rafforzamento delle proposte sul futuro dell’Unione.   

    Agenzia ANSA

    Lo dice l’ambasciatore russo a Roma Razov: ‘Il fatto è che le armi italiane saranno utilizzate per uccidere militari russi. Questo introduce nelle nostre relazioni bilaterali un altro elemento negativo che non possiamo ignorare’ (ANSA)

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    Il Papa contro le fake news, la disinformazione è quotidiana

    L’informazione deve essere pulita, onesta, completa. E’ quanto auspica Papa Francesco, che è tornato a stigmatizzare il mondo delle fake news.
    Lo ha fatto in un incontro con i Paolini, religiosi che hanno come carisma quello appunto della comunicazione. “Se noi prendiamo i mezzi di comunicazione di oggi – ha detto Bergoglio – manca pulizia, manca onestà, manca completezza. La dis-informazione è all’ordine del giorno: si dice una cosa ma se ne nascondono tante altre”.
    Il Pontefice auspica invece una comunicazione “nitida, chiara” e nel caso dei religiosi editori di tanti periodici, tra i quali anche Famiglia Cristiana, “testimoniata con la propria vita”.
    Francesco, che pure in varie occasioni ha dimostrato stima e rispetto per il mondo del giornalismo, ha sottolineato la necessità di “redimere la comunicazione dallo stato in cui è oggi, nelle mani di tutto un mondo di comunicazione che o dice la metà, o una parte calunnia l’altra, o una parte diffama l’altra, o una parte sul vassoio offre degli scandali perché alla gente piace mangiare scandali, cioè mangiare sporcizia. Non è vero? È così”.
    Se segue questi schemi la comunicazione “diventa un pasto indigesto, sporco, non pulito. La vostra vocazione – ha detto ai religiosi – è che la comunicazione sia fatta pulita, chiara, semplice”.
    “Sempre ci sono difficoltà nel comunicare bene, e nella comunicazione c’è sempre anche qualche pericolo di trasformare la realtà. Uno racconta, comunica all’altro questo, questo lo comunica a questo, a quell’altro e quell’altro e a giro, quando torna, è come Cappuccetto rosso, che incomincia con il lupo che vuole mangiare Cappuccetto rosso e finisce con Cappuccetto rosso e la nonna che mangiano il lupo. No, non va la cosa! Una brutta comunicazione deforma la realtà”, ha detto ancora il Pontefice sottolineando tuttavia l’importanza della comunicazione, anche all’interno della stessa Chiesa. “Grazie per la vocazione a comunicare nella Chiesa. Andate avanti su questo: la Chiesa ha bisogno di questo”, ha detto infatti ai Paolini.
    Nel testo consegnato il Pontefice ha invece fatto una riflessione sui social e sul mondo iper-connesso: “Dopo i primi tempi di euforia per le novità tecnologiche, siamo consapevoli che non basta vivere ‘in rete’ o ‘connessi’, bisogna vedere fino a che punto la nostra comunicazione, arricchita dall’ambiente digitale, effettivamente crea ponti e contribuisce alla costruzione della cultura dell’incontro”.   

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    Ucraina: alt del M5s a Draghi, no ad ulteriori invii di armi

    Altolà del M5s al premier, Mario Draghi, sull’invio di nuove armi a Kiev. “Si impegna il governo a non procedere, stante l’attuale quadro bellico in atto, a ulteriori invii di armamenti che metterebbero a serio rischio una de-escalation del conflitto pregiudicandone una soluzione diplomatica”, si legge nella bozza di una risoluzione che  i senatori del Movimento stanno preparando in vista del voto di martedì dopo la comunicazioni del presidente del Consiglio sul Consiglio europeo del 23-24 giugno sull’Ucraina.
     Altri impegni sollecitati al governo riguardano il cessate il fuoco e il sostegno al popolo ucraino. In particolare, nella bozza del documento si legge: “Si impegna il governo a promuovere, alla luce dell’attuale situazione politico-militare, nelle opportune sedi europee, il consolidamento di un’azione diplomatica europea coordinata, volta a fornire nuovo impulso alle trattative di pace tra Ucraina e Russia al fine di giungere a un immediato cessate il fuoco; promuovere per l’Unione europea il ruolo di principale attore diplomatico e di garante del supporto economico, umanitario e sanitario al popolo ucraino”.
    Il testo parte dalla premessa che il conflitto “dura ormai da oltre 100 giorni e sta assumendo sempre più le caratteristiche di una guerra di logoramento segnata dal mancato rispetto del diritto internazionale umanitario” e che gli ucraini stanno “combattendo per il proprio diritto all’autodeterminazione”.
    Si ricorda poi che dall’inizio della guerra “l’Unione europea ha inviato forniture militari all’Ucraina per almeno 2 miliardi di euro; Stati Uniti e Regno Unito hanno inviato armi a Kiev rispettivamente per 4,6 miliardi e un miliardo di dollari e hanno già deciso ulteriori e ancor più consistenti forniture (anche di armi a lunga gittata); l’Italia, in base a quanto disposto dall’articolo 2-bis del decreto legge 25 febbraio 2022 numero 14 convertito con modificazioni dalla legge 5 aprile 2022 numero 28 recante Disposizioni urgenti sulla crisi in Ucraina, ha già emanato 3 decreti ministeriali (decreto 2 marzo 2022, decreto 22 aprile 2022 e decreto 10 maggio 2022) che hanno previsto l’invio di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari”.

    Agenzia ANSA

    Commenta il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio: “Ho letto che in questo ore c’è una parte del Movimento che ha proposto una bozza di risoluzione che ci disallinea dall’alleanza della Nato e dell’Ue, la Nato è un’alleanza difensiva, se ci disallineamo dalla Nato mettiamo a repentaglio la sicurezza dell’Italia”.
    I partiti che sostengono il governo Draghi, dunque, stanno lavorando alla risoluzione. Sei punti di cui uno ancora mancante. Quello, delicatissimo, appunto, sul sostegno anche militare all’Ucraina. 
    La maggioranza ha concordato per ora su 5 dei 6 contenuti da inserire nel testo rimandando l’ultimo a una riunione prevista per lunedì. Tutti d’accordo sull’adesione di Kiev all’Ue, la revisione del Patto di Stabilità, gli interventi per famiglie e imprese in difficoltà per gli effetti della guerra, il RepowerEu per l’energia e il rafforzamento delle proposte sul futuro dell’Unione.   

    Agenzia ANSA

    Lo dice l’ambasciatore russo a Roma Razov: ‘Il fatto è che le armi italiane saranno utilizzate per uccidere militari russi. Questo introduce nelle nostre relazioni bilaterali un altro elemento negativo che non possiamo ignorare’ (ANSA)

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    Centrodestra nel caos a Verona, no di Sboarina a Tosi

    Botta e risposta tra Flavio Tosi e Giorgia Meloni per il mancato apparentamento a Verona.  “Federico Sboarina a Verona e Valerio Donato a Catanzaro potranno contare sul sostegno dell’intero centrodestra, al di là delle formule tecniche di una condivisione che rimane sostanziale”, ha detto Meloni nel pomeriggio.
    “In particolare a Verona, seppur in assenza di un apparentamento tecnico, Fratelli d’Italia si fa garante da subito della piena condivisione del progetto con Flavio Tosi, per dare al capoluogo scaligero un programma e una squadra di centrodestra vincenti”, ha sottolineato la presidente di Fratelli d’Italia in una nota.
    Parole che hanno stupito Tosi. “Leggo con meraviglia la nota di Giorgia Meloni, la quale interpreta a suo modo una mia dichiarazione, alludendo a un accordo raggiunto con Fdi a Verona in vista del ballottaggio, accordo che non c’è proprio a causa delle scelte di Federico Sboarina, il quale dimostra finora di non avere a cuore l’unità, né tantomeno la vittoria del centrodestra”, ha detto in serata l’ex leghista. “A Lucca per esempio, dove il candidato tiene all’affermazione dell’intera coalizione, c’è stato l’apparentamento, unico strumento trasparente di fronte agli elettori, previsto dalla legge”.
    Tosi in giornata aveva ribadito la propria posizione in un post su Facebook. “Accetteremo solo l’apparentamento ufficiale, l’unico previsto dalla normativa sui ballottaggi, alla luce del sole. Apparentamento che farebbe eleggere in Consiglio Comunale i nostri uomini e le nostre donne di centrodestra più votati e più votate, quindi scelti e scelte dal popolo”, aveva evidenziato. “Accordicchi di palazzo e careghe non ci interessano. Come non ci interessa essere trattati come alleati di serie B, Una logica anti-democratica!”. “E irrispettosa: un po’ come se ti invitassero a cena e mentre gli amici mangiano in salotto, tu sei seduto nel guardaroba”, aveva concluso Tosi.
    La posizione di Sboarina”Con Giorgia Meloni ci eravamo già sentiti. È chiaro che c’è stato un confronto rispetto al tema dell’apparentamento, dopodiché, ve l’ho già detto, c’è stata la scelta che ho fatto e che stiamo portando avanti”, ha detto a Verona Federico Sboarina, a proposito della decisione di non apparentarsi con Flavio Tosi per il secondo turno delle comunali. “Ho letto da qualche parte che io ‘avrei chiuso’. Io non ho non ho chiuso a nessuno. Io ho parlato dei tecnicismi e dell’apparentamento e in parallelo è che io ho aperto. Cioè io ho aperto ad un accordo che sia un accordo programmatico perché i tecnicismi non vengono e non verrebbero capiti dai cittadini veronesi”. “Quindi il messaggio, dal mio punto di vista, è un messaggio positivo: con Forza Italia, sulla base di un accordo programmatico è un’apertura che io ho già dichiarato all’inizio”.
    La reazione di SalviniLa decisione di Federico Sboarina di dire no all’apparentamento con Forza Italia e con Flavio Tosi al ballottaggio a Verona “è un errore madornale” secondo il segretario della Lega Matteo Salvini che ai giornalisti ha detto di avere sentito entrambi. “Spero che gli amici di Fratelli d’Italia ci ripensino. Il voto di domenica- ha aggiunto – dice che il centrodestra unito vince” e a Verona ha oltre il 60%.