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    Ribaltone a Lucca, c'è Pardini col centrodestra

    Vince in volata in piena notte a Lucca – e provoca il ribaltone a favore del centrodestra -, l’imprenditore Mario Pardini, 49 anni, che in ore di polemiche sui moderati divisi e perdenti in Italia, qui dà l’eccezione che conferma la regola. Pardini ha saputo riunire con sé voti di centro, di destra e pure spregiudicatamente di estrema destra come Casapound. Erano consensi sparsi al primo turno in altre candidature. Pardini (51,03%) ha dato due punti di scarto sull’uomo Pd-Sinistra- Verdi Francesco Raspini (48,97%), che pure ha ricevuto energiche investiture sul campo dal suo leader di partito Enrico Letta e anche da Carlo Calenda, venuti a Lucca a sostenerlo di persona, oltreché da un appello di intellettuali di spessore che sotto la giunta Tambellini hanno animato ruoli chiave in città. I rinforzi non sono bastati. Stanotte a tre quinti dello spoglio (86 sezioni in tutto), Pardini ha superato e staccato Raspini andando a portare in Comune una maggioranza di centrodestra molto connotata: oltre a Fdi, Lega, Fi, Udc, alla sua civica, il già presidente di Lucca Crea (l’ente che organizza Lucca Comics), dovrà tenere di conto del sostegno arrivato per il ballottaggio dai candidati che si erano presentati con liste civiche di destra (anche estrema come Cp) e con Italexit, e da movimentismi trasversali della galassia No vax e No pass (pesano il 3% in città, ma va oltre il 4% il candidato sindaco Colombini).
    Nelle settimane verso il ballottaggio si sono accentuate le campane per Pardini e anti Pd. Contro i Dem si è levata la voce del direttore di orchestra Alberto Veronesi, candidato con Rinascimento Sgarbi, Iv +Europa e Azione al primo turno, il quale ha motivato l’opzione Pardini con l’ingessatura inflitta da 10 anni di conduzione Dem alla città. Sospetti sulla vittoria di Pardini gravano inoltre su un altro lucchese, l’eretico del Pd Giorgio Del Ghingaro, in certi tempi dato per vicino a Renzi, attuale sindaco in esilio a Viareggio (per il centrosinistra) e in precedenza sindaco della popolosa Capannori (40.000 abitanti e forte centro industriale). Ora Lucca, ex capitale pre-unitaria, unica provincia bianca (fu assoluto feudo Dc) nella Prima Repubblica, terra di grande volontariato, con una manifattura ancora viva e protagonista e una residua capacità autonoma di esercitare credito, sede di eccellenti e mirate iniziative culturali di successo internazionale, fa salire a 7 su 10 i capoluoghi di provincia della Toscana ‘rossa’ controllati dal centrodestra (gli altri sono Arezzo, Siena, Grosseto, Pisa, Massa, Pistoia appena riconfermata con un sindaco Fdi). Sono giunte comunali dove le maggioranze vengono animate da esponenti di Lega, Fdi, Fi-Udc. Restano sotto il controllo del Pd Firenze, Prato e Livorno, le tre città con più residenti, e la Regione. Un voto che marca bene il consolidarsi di linguaggi politici e socioeconomici diversi in Toscana: quelli di città sempre meno satelliti della ‘dominante’ Firenze e impegnate a cercare strade autonome di sviluppo dal capoluogo regionale.

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    A Catanzaro festa Fiorita sino a tarda notte

    E’ andata avanti sino a tarda notte, tra cori ed il canto di “Bella ciao”, la festa per le strade del centro di Catanzaro dei sostenitori di Nicola Fiorita, espressione di liste civiche e del campo largo auspicato da Enrico Letta anche a livello nazionale con Pd e Movimento 5 Stelle alleati, eletto sindaco della città con il 58,24% dei consensi. Una vittoria in rimonta che gli ha consentito di superare lo sfidante, il civico ex Pd Valerio Donato, sostenuto anche da Lega e Forza Italia, ma senza simboli, da forze di centrosinistra e, al turno di ballottaggio, anche da Fratelli d’Italia ma senza l’apparentamento formale. Una vittoria in rimonta che ha fatto sì che Fiorita, docente di Diritto canonico e Diritto ecclesiastico all’Università della Calabria, ottenesse ancora più voti rispetto al primo turno, 17.823 contro 14.966, in una tornata caratterizzata da una scarsissima affluenza, appena il 42,22% rispetto al 65,91% di 15 giorni fa. Una flessione che sicuramente ha favorito il neo-sindaco – insieme alla voglia di cambiamento dell’elettorato dopo 10 anni a guida centrodestra con l’uscente Sergio Abramo e alla frammentazione con cui si è presentato il centrodestra, schierato su tre candidati diversi – ma che forse non spiega totalmente il dato di ieri. Donato, docente di Diritto privato all’università Magna Graecia di Catanzaro, infatti, subisce un vero crollo di consensi, passando da 20.768 a 12.778.
    Un dato sul quale il candidato uscito sconfitto dal ballottaggio dovrà riflettere insieme alla compagine che lo ha sostenuto. “Non bisogna ricercare dietrologie – il suo primo commento a caldo – c’è una sconfitta e bisogna che se ne prenda atto, non mi pare ci siano altri dati da commentare. Poi ci sarà una valutazione più approfondita e si vedrà se per caso ci sono flussi anomali ma onestamente è un po’ di dietrologia che vorrei eliminare dalla mia mente in questo momento”. “Il centrodestra – la lettura di Fiorita del dato – ha fatto un disastro anche in questa campagna elettorale, costruendo un progetto non credibile a cui si è aggiunto all’ultimo momento anche Fratelli d’Italia e questo forse ci ha aiutato. La verità vera è che questa città voleva cambiare. Voleva sperare e fidarsi di qualcuno”. Dopo il turno di ballottaggio, secondo i dati riportati dal sito del Viminale, alla coalizione di Donato spetta comunque la maggioranza in Consiglio comunale ottenuta già al primo turno: 17 seggi; 9 vanno alla coalizione di Fiorita e 3 a quella dell’altro candidato di centrodestra, il presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati Antonello Talerico, che per il ballottaggio, pur senza apparentamenti, aveva dato indicazione di voto per Fiorita. Il Consiglio è poi completato da Fiorita, Donato, lo stesso Talerico e la deputata di Fratelli d’Italia Wanda Ferro.

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    A Viterbo festa in piazza per la sindaca Frontini

    Festa grande nella notte a piazza del Plebiscito a Viterbo per la netta vittoria di Chiara Frontini, che da stanotte è la nuova sindaca di Viterbo. La candidata della lista civica ha espugnato il capoluogo laziale in una sfida tutta al femminile il cui risultato era tutt’altro che scontato. Frontini, con un inequivocabile 64,92% delle preferenze, ha battuto la candidata dem Alessandra Troncarelli. Al terzo tentativo nella sua corsa a prima cittadina, la consigliera uscente ex di Alleanza Nazionale – sostenuta da sei liste tra cui IoApro assieme a ‘Rinascimento’ di Vittorio Sgarbi – ha raggiunto il suo obiettivo. “Da oggi subito al lavoro per ridare il decoro alla città”, ha detto Frontini subito dopo la chiusura della partita elettorale lanciando il suo nuovo appello ai viterbesi. E tra i primi auguri arriva quello dell’on. Mauro Rotelli (FdI): “Complimenti per la vittoria a Chiara Frontini con un grosso in bocca al lupo.
    Piena collaborazione istituzionale per tutto quello di cui ha bisogno la nostra Viterbo. Buon lavoro”. Si è invece fermata al 35,08% l’altra sfidante, Alessandra Troncarelli: “Le auguro buon lavoro – ha detto, come riporta il sito Tuscinews – essere arrivati al ballottaggio per noi è un grande risultato. Sono orgogliosa e fiera d’avere combattuto fino all’ultimo”. Troncarelli, assessora della giunta del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, era sostenuta da 8 liste tra cui il Pd, il Movimento 5 Stelle, candidati di Azione nella civica “Viterbo, sul serio” e i ‘fuoriusciti’ di Forza Italia con la lista ‘Viterbo Cresce’, capitanata dal sindaco uscente sfiduciato Giovanni Arena. Sull’esito delle elezioni ha pesato la scelta di FdI – che aveva sostenuto la vice sindaca uscente Laura Allegrini, arrivata terza al primo turno – di indicare chiaramente che non non avrebbe appoggiato Troncarelli. Il centrosinistra sperava forse anche in un appoggio dei moderati schierati inizialmente per l’altro candidato, Claudio Ubertini, anche lui fuori al primo turno. Il coordinatore regionale della Lega, Claudio Durigon, aveva però allontanato questa ipotesi.

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    Tommasi: 'Abbiamo proposto una nuova idea di Verona'

    Al ballottaggio di Verona Damiano Tommasi per il centrosinistra ha piazzato il punto decisivo del ko nella rete dell’avversario di centrodestra Federico Sboarina. Ad aiutarlo è stata sicuramente una maggiore affluenza alle urne che ha premiato proprio lo sfidante: se nel primo turno i consensi a Tommasi erano stati 43.106 a fronte dei 35.404 dell’avversario, nella seconda chiamata ai seggi l’ex giocatore ha totalizzato 50.118 consensi, contro i 43.730 di Sboarina. Ne consegue, almeno a livello teorico, che almeno una parte del 7.012 voti che hanno fatto da differenza tra i due nel secondo round siano stati portati in dote dagli elettori dell’ex sindaco Flavio Tosi che nel primo turno aveva totalizzato, da solo, 25.843 consensi. Ma anche da una sensibilità maggiore dei votanti di centrosinistra a recarsi nuovamente alle urne. “La voglia di partecipazione credo sia stata la vera chiave della campagna elettorale – conferma Tommasi – Verona aveva voglia di girare pagina e lo ha dimostrato”.
    Dal capoluogo veneto, per il vincitore del centrosinistra, “è arrivato un doppio segnale: che si vince parlando di progetti , parlando delle proprie proposte senza denigrare l’avversario, senza insultare o provocare. Il secondo messaggio è che Verona è tato altro rispetto a quello che era pervenuto e di quanto superficialmente è stato giudicato”. Una delle carte vincenti per Tommasi è “l’aver proposto un’idea sola, nuova, di Verona. E’ stato fondamentale”. A chi gli chiedeva, calcisticamente parlando, se la vittoria di stanotte vale più di uno scudetto, il neo sindaco risponde: “è una tappa della mia vita, credo che per Verona possa significare molto”. E conclude, sempre parlando di sport, rinnovando la promessa fatta: “la bici è pronta per andare sullo Stelvio, adesso prepareremo anche le gambe”.

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    Monza ancora 'maledetta', mai un sindaco due volte

    “La maledizione del sindaco uscente ha colpito ancora”: Dario Allevi ci scherza un po’ sopra, ma non troppo. A Monza è proprio così: nessun sindaco è stato eletto per due mandati alla guida del capoluogo brianzolo. E, nonostante, le previsioni, la stessa sorte è toccata a lui che nel 2017 aveva strappato al centrosinistra la città che tanto a cuore sta a Silvio Berlusconi. Non è bastata la presenza del leader di Forza Italia in campagna elettorale, così come non è bastato il traino della prima storica promozione del Monza calcio in serie A.
    Un’affluenza bassissima (36,8%) e appunto la tradizionale voglia di cambiare dei monzesi ha ribaltato il risultato del primo turno che aveva visto Allevi sfiorare la rielezione per portare un veterano della politica locale come Paolo Pilotto alla guida del Comune: “Ci abbiamo creduto da sempre, grazie soprattutto a due parole chiave: le proposte, tante, e un approccio sorridente con la città e con la Brianza”, le parole del neo sindaco, insegnante di religione di 60 anni, che ha ricoperto vari ruolo in consiglio comunale e ha messo insieme un’ampia coalizione per sconfiggere il centrodestra. “E’ stato il mio sindaco per 5 anni, io sarò il suo sindaco per 5 anni e su questa base potremmo costruire un buon rapporto”, ha detto Pilotto rivolto ad Allevi, con i due contendenti uniti da un rapporto di “stima e rispetto personale”. Poco più di 800 i voti che hanno dato la vittoria a Pilotto e due monzesi su tre che hanno disertato le urne, un dato che non può far riflettere entrambi: “Quando 65% dei monzesi delegano a un terzo la scelta del sindaco, per chi fa politica, per chi si impegna, cadono un po’ le braccia”, ammette Allevi. “Potevamo vincere al primo turno – spiega – se ci fosse stata un’affluenza di poco superiore al 50%. Con questi numeri così bassi, sono state rimescolate le carte e sapevamo che poteva succedere di tutto, che poteva essere completamente una nuova partita”. Così è stato, anche se in realtà è stata la solita partita dell’alternanza a Monza

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    Abonante: 'Ad Alessandria vince il centrosinistra inclusivo'

    Passaggio di consegne ad Alessandria, dove il centrosinistra si è ripreso la città. Il successo del dem Giorgio Abonante sul sindaco uscente, il leghista Gianfranco Cuttica di Revigliasco, tra l’altro riporta in parità in Piemonte, 4 a 4, il confronto tra i capoluoghi di provincia guidati dal centrosinistra, Torino, Cuneo Verbania e, appunto Alessandria, e quelli a maggioranza di centrodestra, Asti, Vercelli, Biella e Novara. Abonante, 46 anni, è stato assessore nella giunta della sindaca Rita Rossa (2012-2017), è impiegato amministrativo al Servizio Rapporti Internazionali della Provincia, dal primo gennaio 2016 dipendente della Regione Piemonte in distacco a Palazzo Ghilini. L’ha sostenuto la coalizione formata dal Pd (20,29% i voti di lista al primo turno),
    Moderati (4,53%), M5s (3,95%), Europa Verde (0,84%) e due liste civiche. In vantaggio 42,04-40,24% dopo il voto del 12 giugno, al ballottaggio ha prevalso con il 54,41%. “Molti mesi fa addirittura, nessuno ci dava al ballottaggio. – dice – Invece abbiamo avuto la forza di lavorare e far maturare il progetto che è nato in 5 anni di opposizione, non abbiamo sbagliato un colpo. Adesso si inizia a lavorare. Abbiamo scritto un programma con la partecipazione di tutti i cittadini e di chi ha avuto voglia di dare valore a questo progetto. Sicurezza, mobilità e sobborghi saranno le direttrici da cui ripartire. Più volte abbiamo detto che la questione ambientale raccoglie tutti questi temi.
    Significa costruire un sistema di mobilità che sia più inclusivo, ma soprattutto le condizioni per una città più vivibile e attrattiva”. Nell’analisi del voto Abonante vede la “linea di demarcazione creata dai ballottaggi” e la constatazione che “il campo progressista, quando sa essere inclusivo, ampliarsi, arriva a dei risultati”, Sull’astensionismo, “speriamo tra 5 anni di riuscire a convincere più alessandrini ad andare a votare, superando l’attuale fase di stanchezza della democrazia. – è la considerazione del neo sindaco – Su questo deve lavorare la politica a tutti i livelli e con tutti gli schieramenti dei partiti” Nella notte Abonante ha ricevuto la chiamata del segretario dem Enrico Letta: “mi ha sorpreso e inorgoglito”. Con il sindaco uscente “ci siamo confrontati in modo assolutamente garbato. – prosegue Abonante – Gli attacchi durissimi, anche volgari, sono arrivati da altre parti del centrodestra”. Da Cuttica di Revigliasco, che lascia la guida della città dopo 5 anni, per ora poche parole: “Bisogna saper perdere”.

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    A Parma vince il campo largo, ma il M5s non c'è

    Il centrosinistra torna al governo di Parma dopo 24 anni: Michele Guerra, esponente del movimento civico ‘Effetto Parma’ creato dal suo predecessore Federico Pizzarotti, ha vinto il ballottaggio con il 66% sull’ex sindaco Pietro Vignali. Dall’ultimo primo cittadino di centrosinistra c’è stata l’esperienza civica di Elvio Ubaldi, sostenuta dal centrodestra, un commissariamento e la vittoria del Movimento 5 Stelle, con ciò che ne è poi seguito. La differenza con i due mandati di Pizzarotti è che, stavolta, il Pd fa parte della maggioranza. Non solo, ma con 12 consiglieri eletti sui 20 della coalizione vincitrice, sarà la forza più rappresentata in consiglio comunale e, con ogni probabilità, esprimerà il vicesindaco. Ha vinto il campo largo: al fianco del Pd c’erano infatti rappresentanti di Articolo 1,
    Sinistra italiana, Italia viva, forze civiche ed ecologiste. Non c’era, invece, il Movimento 5 Stelle che a Parma non si è proprio presentato alle elezioni, dopo che dieci anni fa ne aveva fatto la città apripista della propria ascesa. Guerra ha 40 anni ed è professore ordinario di Storia del cinema all’Università di Parma. Da assessore alla cultura è stato protagonista del titolo di Capitale italiana della cultura che Parma ha avuto nel 2020, quando la pandemia ha di fatto annullato tutto il programma, poi prorogato nel 2021, in un contesto comunque complicato. Il centrodestra ha pagato anche la spaccatura iniziale: Vignali al primo turno era sostenuto da Lega e Forza Italia ma non da Fratelli d’Italia, che ha preso il 7,5% con un candidato autonomo. Salvini e Meloni hanno polemizzato, in campagna elettorale, su questa scelta: al ballottaggio FdI ha dato indicazioni di voto per Vignali, pur senza formalizzare un apparentamento. Il 33% raccolto al ballottaggio resta però un risultato molto al di sotto delle aspettative.

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    M5s: capogruppo Abruzzo Sara Marcozzi passa con Di Maio

    (ANSA) – PESCARA, 27 GIU – Sara Marcozzi, due volte candidata
    alla Presidenza della Regione Abruzzo con il M5S e capogruppo in
    questa legislatura, lascia ufficialmente il Movimento e aderisce
    al nuovo gruppo costituito da Luigi Di Maio.   
    L’annuncio, ampiamente previsto, è arrivato oggi al termine
    di quello che per la Marcozzi è stato un “travaglio interiore e
    sofferente, è una scelta inevitabile, soprattutto dopo gli
    eventi degli ultimi giorni”.   
    Marcozzi, storicamente legata a Di Maio, ha spiegato anche
    che l’uscita di oltre 60 parlamentari, di ex ministri,
    viceministri e sottosegretari, avrebbe dovuto indurre alla
    riflessione e all’autocritica. “Invece, purtroppo, si è persa
    l’ennesima occasione per mostrare maturità politica”.   
    In Abruzzo al momento sembrano pochi gli esponenti % Stelle
    disposti a seguire Luigi Di Maio, specialmente sul territorio,
    mentre a livello parlamentare le adesioni non sono mancate:
    insieme a Sara Marcozzi, infatti, con lei nella conferenza
    stampa di addio al M5s erano presenti il senatore Primo Di
    Nicola e e il deputato Gianluca Vacca, passati anche loro con
    Ipf. (ANSA).