More stories

  • in

    Berlusconi, il necrologio della prima moglie

     “Carissimo Silvio, sei stato un grande uomo e uno straordinario padre per i nostri figli.    Ricorderò per sempre la bellezza degli anni trascorsi insieme”: con questo necrologio sul Corriere della Sera Carla Elvira dall’Oglio, prima moglie di Silvio Berlusconi, ricorda l’ex presidente del Consiglio deceduto ieri.    “Un abbraccio infinito” conclude la madre di Marina e Pier Silvio che ha sempre mantenuto un estremo riserbo e non ha mai rilasciato dichiarazioni sull’ex marito.    

  • in

    Santoro: ‘Berlusconi mi disse che i politici di oggi sono inadeguati’

    “Berlusconi mi ha chiamato prima dell’ultimo ricovero, che gli è stato fatale, e ha cominciato a parlarmi a telefono. Ho tenuto finora questa telefonata per me, sono stati 40 minuti interessanti. Ha parlato dell’orrore della guerra e dell’inadeguatezza complessiva dei politici italiani di destra e di sinistra con una lucidità incredibile”. Lo ha rivelato Michele Santoro a Otto e mezzo su La7. “Per questo non so se il lascito di Berlusconi sia Meloni – ha detto ancora -. La durata di Berlusconi corrisponde alla debolezza della sinistra, che se oggi non c’è più dovrebbe farsi qualche domanda”.  Santoro ha quindi rivelato un particolare sull’offerta di lavoro ricevuta di cui aveva parlato Vittorio Sgarbi. “Poi mi ha anche chiesto di andare a lavorare da lui e io gli ho risposto: pensiamo alla salute”, ha detto il giornalista.
    “Ho continuato a vedere e rivedere quello spezzone, ma sarebbe corretto rivedere tutta la trasmissione per intero. Ora proverò a parlarne e a descriverne l’atmosfera”. Lo ha detto Michele Santoro, parlando a Otto e mezzo della celebre puntata di Annozero nella quale Silvio Berlusconi pulì la sedia su cui era seduto Marco Travaglio. “Tra un avversario leale e quello con cui stabilisci un duello si crea un legame – ha detto ancora -. In questo momento la tristezza non è solo un sentimento del popolo dei berlusconiani, la sento anche io. Quando cominciò quella trasmissione, che era come un Italia-Germania, fece il 33% su La7, lui era molto teso e preoccupato. Io, che sono uomo di spettacolo come lo era lui, ero preoccupato per l’andamento della serata e per questo feci un inizio allegro per tirarlo su. Poi lui si prese la scena, anche se alla fine perse tutti i voti che perse. Durante uno stacco pubblicitario mi fermò, mi tirò per la giacca e mi disse: ‘Michele, ma come ci stiamo divertendo!’. L’empatia è questa”. “Una volta lo vidi dopo che era morto mio padre – ha detto ancora -. Appena glielo dissi, si appoggiò sulla mia spalla e cominciò a piangere a dirotto. Entrava in un rapporto di grandissima empatia. Fece tante cose che non gli perdonerò mai, ma avremo tempo per parlare di una figura complessa”.
    Travaglio, dopo la puntata di Annozero perse 6 milioni di voti  – “Io la famosa scena della pulizia della sedia non l’ho vissuta in diretta, l’ho scoperto dopo che aveva fatto quella sceneggiata. Era un colpo di teatro di un uomo che ha portato il teatro in televisione. Avevo fatto due interventi in cui avevo detto tutte le cose che nessuno in tv aveva mai osato dirgli. Gli avevo ricordato il curriculum e lui mi rispose dicendo che avevo le cause per diffamazione. Era chiaro che non poteva far altro e se l’è cavata con un colpo di teatro”. Lo ha detto Marco Travaglio parlando a Otto e mezzo della celebre puntata di Annozero in cui Berlusconi pulì la sedia su cui era seduto. “Quando finì la trasmissione ho chiamato Celentano – ha aggiunto Michele Santoro – e mi disse che con quel gesto si era giocato la credibilità a livello nazionale, perché aveva irriso un avversario. Se gli italiani lo vivono come un colpo di teatro sarà un problema del perdonismo degli italiani”. “Nessuno ricorda il seguito di quella trasmissione – ha proseguito Travaglio -. Ha perso 6 milioni e mezzo di voti nelle elezioni del mese successivo. E non è vero che la vittoria di Meloni è la sua vittoria, è la sua più grande sconfitta. Berlusconi disprezzava Meloni, che gli ha risposto ‘io non sono ricattabile’. Lei non c’entra niente con Berlusconi, che era ormai residuale. Eravamo convinti che fosse immortale ma avevamo smesso di occuparci di lui”.   

  • in

    Berlusconi, dall’amore per il Milan alla favola Monza

    Una squadra-azienda, campagne acquisti faraoniche, il “bel giuoco” per costruire successi e vendere spettacolo: è la filosofia con cui Silvio Berlusconi dal 1986 ha intrecciato le sue vicende imprenditoriali e politiche con quelle calcistiche, prima per 31 anni alla guida del Milan, portato a vincere in Italia, in Europa e nel mondo, poi dal 2018 da proprietario del Monza, protagonista della scalata dalla Serie C alla A.
    Sempre con al fianco dell’amico fidato e braccio destro Adriano Galliani, anche nella sua ultima volta allo stadio, il 26 agosto 2022, all’inizio dell’avventura dei brianzoli nella massima categoria. L’acquisto del Monza arriva poco più di un anno dopo la cessione del club rossonero, la sua creatura calcistica, al misterioso cinese Li Yonghong, epilogo dell’era del ‘presidente più vincente della storia del calcio’, come amava definirsi lo stesso Berlusconi.

    Una conclusione controversa, a otto mesi dal contratto preliminare, dopo due rinvii perché il cinese non aveva tutti i fondi necessari. Non proprio in linea con i fasti della storia rossonera dell’imprenditore a cui si riconosce di aver rivoluzionato il mondo del pallone, da quando il 20 febbraio 1986 rilevò da Giussy Farina la società sull’orlo dal fallimento. All’epoca si parlò di ingerenze politiche, di scippo all’immobiliarista Giuseppe Cabassi o al petroliere Dino Armani che avrebbe offerto più dei 15 miliardi di lire di Berlusconi. Un salvataggio, “una questione di cuore” ha sempre detto il Cavaliere (negando un interesse precedente per l’Inter) che in 30 anni ha speso per il Milan oltre un miliardo di euro e vinto 29 trofei, segnando un ‘pre’ e un ‘post’ nel calcio italiano, come aveva fatto con la tv e come avrebbe fatto con la politica. Berlusconi introduce l’idea del calcio come spettacolo. Al primo raduno atterra con la squadra in elicottero all’Arena con la Cavalcata delle Valchirie, chiede maglie rinforzate come nel football per intimorire gli avversari, e si accontenta di quelle acriliche, con colori più televisivi. Sul palco del teatro Manzoni diventa presidente il 24 marzo ’86, accantona l’icona rossonera Gianni Rivera e organizza il club come le sue aziende pubblicitarie e tv, con una divisione marketing, novità per la Serie A. Vincere divertendo è la missione. “Dobbiamo diventare il club più titolato al mondo” annuncia nell’estate ’87 in una convention al castello di Pomerio. Gli scettici si ricrederanno. Non mancheranno momenti drammatici, la notte di Marsiglia, la finale di Istanbul, fino a Calciopoli.

    ‘Grazie di tutto, Presidente’, l’omaggio del Monza a Berlusconi

    Fra quelli gloriosi, il primo scudetto in rimonta sul Napoli nell’88, nel 1989 la Coppa Intercontinentale a Tokyo, la coppa dei Campioni vinta nel ’94 sul Barcellona mentre il primo Governo Berlusconi ottiene la fiducia o la finale di Champions con la Juventus nel 2003. Per il Cavaliere, l’allenatore è anzitutto un motivatore. Pensa subito al coach della Milano del basket, Dan Peterson. Sceglie Arrigo Sacchi (1987-91), che aveva eliminato il Milan dalla coppa Italia con una squadra di B, il Parma. Anche grazie agli olandesi Gullit, Rijkaard e Van Basten, l’intuizione paga, come la promozione dalla Polisportiva Mediolanum (progetto archiviato dopo 5 anni) alla panchina di un altro homo novus, Fabio Capello, fra il ’91 e il ’96. Mentre il calcio sbarca sulle reti Mediaset e il patron scende in politica affidando il club a Ramaccioni, Braida e soprattutto all’ad Galliani. Fra tv, potere e calcio i confini si sfumano. Da Palazzo Chigi ‘silura’ il ct azzurro Zoff nel 2000 e nel 2001 licenzia dal Milan Zaccheroni che nel ’98 ottiene lo scudetto al primo anno ma sfida il dogma della difesa a tre: diventa il terzo dei 4 esonerati nei primi 15 anni dell’era berlusconiana (dopo Liedholm e Tabarez, prima di Terim).
    Quattro difensori, una mezza punta e due punte, ordina il presidente. Ancelotti (2001-09) vince tutto col 4-3-2-1 e se ne va quando Berlusconi gli dà le colpe del campionato perso. Dopo un anno lascia anche Leonardo, per “incompatibilità” col n.1 rossonero, che rivendica i “17 passaggi consecutivi” della sua Edilnord, suggerisce formazioni e rifila battute al vetriolo. Allegri (scudetto 2011 e Supercoppa italiana 2012) è il primo dei tre esonerati dal 2014, oltre agli esordienti Seedorf e Inzaghi. Il feeling è scarso con Mihajlovic e Montella, l’ultimo a vincere un titolo, la Supercoppa italiana contro la Juventus. Non è più il Milan delle spese folli (i 64 miliardi di lire per Lentini nel ’92 o i 31 milioni di euro per Nesta nel 2002), dei capitani storici Baresi e Maldini, e dei palloni d’oro, da Van Basten a Weah, da Papin a Baggio, da Shevchenko a Ronaldinho, acquisto sbandierato dal leader di FI prima delle elezioni del 2008.

    Berlusconi, il ricordo del Milan: ‘Grazie presidente’

    L’ultimo pallone d’oro rossonero è Kakà, la sua cessione nel 2009 segna la svolta: fin lì Berlusconi ripiana sempre, poi diventa impossibile resistere alle tentazioni. Partono Ibrahimovic e Thiago Silva, mentre in società iniziano frizioni fra Barbara Berlusconi e Galliani. Il presidente nel 2013 nomina anche la figlia ad e vicepresidente, nasce il Milan a due teste, che non può più dipendere da Fininvest. Barbara realizza Casa Milan e punta sullo stadio di proprietà ma il progetto si arena (il Cavaliere è sempre stato contro l’abbattimento di San Siro), mentre si cercano soci, soprattutto a Oriente. La trattativa con Bee Taechaubol non decolla, quella con i cinesi è contorta, fra cordate che si sfaldano e caparre dalle Isole Vergini, per rinviare due volte il closing aggirando i limiti all’esportazione di capitali imposti da Pechino. L’avvocato di Berlusconi, Ghedini, va anche in Procura per dimostrare ai magistrati la provenienza lecita dei fondi. Alla fine a Li serve un prestito ponte da 303 milioni di euro dal Elliott, che nel giro di qualche mese subentrerà all’inadempiente cinese. Non è più il Milan dei sogni, ma nel 2022 vince lo scudetto mentre il Monza approda in A, dove finalmente Berlusconi può vedere (ma solo in tv) il derby fra i suoi “due amori”.

  • in

    In Forza Italia monta lo smarrimento, si teme diaspora

    La parola d’ordine dentro Forza italia è “stop panic”: bisogna assolutamente fermare il clima di smarrimento che rischia di travolgere tutto il partito, poche ore dopo la morte del suo padre fondatore. Anzi, proprio mentre da tutto il mondo arrivano riconoscimenti alla figura del Cavaliere, è il momento di reagire uniti, con forza, per andare avanti.
    Antonio Tajani, da Washington, è netto: “Forza Italia andrà avanti perché Berlusconi ha sempre guardato al futuro e il nostro dovere è fare ciò che lui sognava fino all altro giorno.Non esiste l’ipotesi che Forza Italia scompaia perchè non scompare Berlusconi. Era un uomo che guarda al futuro e noi vogliamo costruire il futuro che lui aveva indicato”.
    Stesso concetto ribadito da Maurizio Gasparri, “chi ama la politica, chi ha vissuto con Silvio Berlusconi un percorso lungo 29 anni, sa che deve proseguire nel solco delle sue indicazioni, delle sue idee. Di Berlusconi ce n’è uno e non ce ne sono altri all’orizzonte, ma questo – sintetizza l’ex ministro – non fa venir meno la bontà di quelle idee e la necessità di attuarle”.
    Insomma, nei prossimi giorni e nei prossimi mesi la sfida comune sarà quella di dimostrare con i fatti che il presunto dogma, quello che secondo cui senza Berlusconi non esiste Forza Italia, è appunto tutto da dimostrare. Poi, dopo le europee, si faranno i conti. Anche se Matteo Renzi sintetizza il suo punto di vista: “Berlusfconi non può avere delfini o successori”.
    Ma al di là dei buoni propositi, l’umore resta pesantissimo. E guardando al futuro, c’è chi teme che il partito azzurro possa subire una diaspora. C’è chi evoca un clima da Titanic, da “chi si salvi chi può”, prevedendo che tanti non vedono l’ora di mettersi in salvo saltando nelle scialuppe messe a disposizione da Fratelli d’Italia, magari creando quel partito unico del centodestra, quel partito repubblicano, che lo stesso Cavaliere aveva immaginato negli ultimi anni della sua vita. Qualcun altro potrebbe pensare di ingrossare le fila della Lega.
    Anche Matteo Renzi oggettivamente si candida a raccogliere un pezzo dell’elettorato azzurro, quello più moderato, più liberale, meno incline a essere subordinato a un asse sovranista.
    Ma sono solo ipotesi. Per ora, nessuno intende parlare. A poche ore dalla scomparsa del Presidente: almeno sino al funerale di stato di mercoledì, nessuno intende nemmeno lontanamente proporre scenari, avanzare ipotesi sul futuro della creatura politica immaginato e creato da Silvio Berlusconi. Ma lontano dai taccuini, emergono i dubbi e le incognite che già da mesi dominano le menti e i cuori di tanti azzurri.
    C’è il nodo dei finanziamenti: al riguardo la famiglia da tempo ha dato ampie garanzie ma il futuro resta una incognita. E chissà se Mediaset avrà a cuore i destini del partito azzurro o se raggiungerà un accordo direttamente con Giorgia Meloni. Stesso discorso vale ovviamente per il simbolo.
    Unaltra grande incognità è anche nella gestione del partito: certamente il coordinatore nazionale Antonio Tajani avrà il compito di interpretare al meglio la sua leadership. Ma anche qui resta l’incognita di una gestione senza la supervisione di Berlusconi. Detto questo, pare che al momento a nessuno interessi arrivare a un redde rationem, che finirebbe per indebolire il potere contrattuale del partito in Parlamento come nel governo. Semmai una “tregua armata”, una gestione più collegiale possibile sino alle europee, potrebbe essere l’unica strada per sopravvivere e rafforzare il pilastro popolare e moderato, in una forza autonoma, nel centrodestra italiano.   

  • in

    Berlusconi, ad Arcore il mausoleo dello scultore Pietro Cascella

    Silvio Berlusconi con ogni probabilità non potrà essere sepolto nel mausoleo che lo stesso leader di Forza Italia si fece costruire dallo scultore Pietro Cascella ad Arcore, all’interno del parco della sua Villa San Martino.
    Al momento al sindaco di Arcore, Maurizio Bono, non sono giunte richieste.
    Come già raccontato proprio dall’ANSA nel 2008, in occasione della morte dell’artista Cascella, il mausoleo rappresenta idealmente la volta celeste. Una scultura astratta all’esterno, di marmo bianco delle Alpi Apuane, fa da cornice alla scala in travertino che porta all’interno della struttura con un vestibolo e una porta scorrevole in pietra da cui si accede al corridoio che porta alle tombe. Al centro c’è il sarcofago bianco realizzato per Berlusconi, intorno sulle pareti c’è invece un fregio che rappresenta delle catene, simbolo della famiglia, perché gli anelli sono legati uno all’altro.
    Ancora nessuno riposa nel mausoleo perché la legge al momento non lo permette. Anche la mamma adorata del premier, Rosa Berlusconi, è sepolta al cimitero Monumentale di Milano, vicino al marito Luigi, e non ad Arcore. Proprio la morte del padre, nel 1989, diede al fondatore di Forza Italia l’idea del mausoleo, del quale parlò subito con Pietro Cascella, suo amico e soprattutto artista di fama mondiale.
    “Mi disse: ‘non farmi una cosa mortuaria con le falci, i teschi’ – raccontò lo stesso Cascella in un’intervista – e allora ho pensato all’alto, al cielo e ho fatto questa cosa che si chiama volta celeste”. I lavori del mausoleo terminarono nel 1993.

  • in

    Berlusconi, Mfe chiude in deciso rialzo, si specula sulla vendita

    Seduta in deciso rialzo per i titoli di Mfe, la holding di diritto olandese quotata a Piazza Affari cui fa capo il gruppo televisivo Mediaset. Nel giorno della scomparsa di Silvio Berlusconi il titolo in chiusura ha guadagnato nella categoria A il 5,86% a 0,5 euro riducendo la distanza rispetto all’azione di categoria B (+2,32% a 0,70) alla quale sono assegnati 10 diritti di voto. Il mercato scommette sull’ipotesi possa essere venduta dagli eredi anche se la volata vista in Borsa in mattinata (entrambe le categorie erano arrivate a un +10%) si è ridotta nel finale. Le stesse speculazioni non hanno riguardato Mondadori (+1,54%), né tanto meno la partecipata Mediolanum (+0,39%).
    “Non è difficile immaginare che se arrivassero le offerte giuste la famiglia Berlusconi si potrebbe disimpegnare da Mfe ed è questo il motivo per cui sale il titolo”, dicono gli analisti sulla reazione di Borsa alla morte di Silvio Berlusconi. La lunga malattia, i recenti ricoveri fanno immaginare che le aziende fossero preparate alla sua scomparsa e quindi non sono attesi scossoni e in generale il mercato si aspetta che tutto prosegua “in un’ottica di continuità”. Tuttavia anche se “oggi è prematuro immaginare un orizzonte temporale”, la Borsa specula sulle difficoltà di gestire una famiglia allargata come quella del Cavaliere. La sua morte può quindi “aprire scenari tutti da scrivere” nei quali il mercato “vede la possibilità di uno sviluppo che generi valore”. E qualche considerazione su un possibile compratore porta a Vivendi (-0,64% alla Borsa di Parigi) che di Mfe è il secondo azionista. Il primo banco di prova per valutare la compattezza, dei cinque figli di Silvio Berlusconi verso le scelte aziendali sarà l’operazione di integrazione a livello europeo di Mediaset che rimane sul tavolo.Secondo altri analisti finanziari, invece, è la stabilità della governance di Mfe-Mediaset a stare alla base dell’andamento positivo.
    Le scommesse su Mfe, che detiene oltre alle attività italiane di Mediaset anche quelle spagnole, spingono a Francoforte pure Prosieben (+4,9%) di cui la holding olandese detiene il 29,9%. Secondo gli analisti la scomparsa del leader di Forza Italia può aumentare l’appeal speculativo sul titolo perché si riduce per i familiari, non più esposti all’arena politica, l’esigenza di mantenere il controllo di Mfe. E’ quindi centrale il tema della successione in Fininvest, la società che controlla Mfe.L’idea che si raccoglie sul mercato è che se il controllo passasse ai tre figli avuti da Berlusconi con Veronica Lario sarebbe maggiore la probabilità di cessione del controllo perché Barbara, Eleonora e Luigi non sono coinvolti nella gestione delle società del gruppo. Diverso il discorso per Piersilvio che è impegnato in prima persona come ceo di Mfe e per Marina Berlusconi, presidente di Mondadori.Silvio Berlusconi detiene il 61,2% di Fininvest, i figli di primo letto, Marina e Pier Silvio, il 7,65% ciascuno, mentre Barbara, Eleonora e Luigi il 21,42% congiuntamente. In attesa di conoscere le ultime volontà del fondatore, il ragionamento che si fa in Borsa è il seguente: se la quota di Silvio Berlusconi venisse assegnata in parti uguali ai cinque figli la maggioranza di Fininvest passerebbe a Barbara, Eleonora e Luigi. Se invece nel suo testamento Berlusconi avesse disposto diversamente sul terzo dell’eredità nella sua disponibilità Barbara, Eleonora e Luigi potrebbero fermarsi al 45% circa e quindi non avere il controllo.Nelle scommesse sui possibili compratori del gruppo televisivo il primo nome che circola è, come accennato sopra, quello di Vivendi. Il gruppo di Vincent Bolloré detiene il 23,8% di Mfe, rastrellato in occasione della fallita scalata di qualche anno fa e non ha ancora ceduto le azioni nonostante l’accordo di progressiva riduzione siglato con Fininvest. In caso di cambio di controllo, sempre che il governo non possa valutare la golden power per le attività italiane del gruppo di Cologno Monzese, chi vorrà l’ex Mediaset dovrebbe lanciare un’opa. Ed è questo aspetto su cui il mercato prova a scommettere.
    L’approdo sulle Borse spagnoleLe azioni ordinarie Mfe A, del valore nominale di 0,06 euro ciascuna che conferiscono 1 diritto di voto per azione, sono state ammesse alla quotazione sul mercato azionario spagnolo. La quotazione presso le Borse valori di Barcellona, Bilbao, Madrid e Valencia è atteso che sia per il 14 giugno.

  • in

    Comunali: a Siracusa Francesco Italia riconfermato sindaco, ad Acireale vince Barbagallo

    Francesco Italia, di Azione, è stato riconfermato sindaco di Siracusa. E’ il dato che emerge dallo scrutinio ufficiale di 120 sezioni su 123. L’altro candidato nel ballottaggio, Ferdinando Messina, è al 44,57%. Italia era sostenuto da cinque liste civiche, le tre del primo turno più le due di Edy Bandiera, ex candidato sindaco che al ballottaggio ha scelto di sostenerlo. Bandiera, che per correre alla carica di primo cittadino si è autosospeso da Forza Italia, è stato designato vicesindaco. Ferdinando Messina, espressione della coalizione di centro destra, era sostenuto invece da undici liste: alle sette della coalizione si sono aggiunte la lista civica di Michele Mangiafico e le tre liste civiche che al primo turno hanno sostenuto l’ex sindaco Giancarlo Garozzo.
    Le prime parole di Italia”E’ stato un risultato netto, sono state importante tante cose per raggiungerlo. Il desiderio della città è dare continuità all’amministrazione che con tutte le difficoltà ha portato a termine cose storiche per la città, a portare la citta ad un livello di notorietà e su questa base noi continuiamo”. Sono le prime parole del neo sindaco Francesco Italia, giunto in piazza della Repubblica, dove – accolto da un boato – sta festeggiando la sua rielezione. “Io ci ho sempre creduto. Ho visto crescere attorno a me l’affetto della gente. E’ stata una candidatura delle persone che ci hanno riconosciuto coerenza e determinati valori. Le sfide sono tante e tali che dobbiamo rivolgerci a tutto il consiglio per trovare il giusto equilibrio per bene città. Un grazie a tutti coloro i quali hanno permesso questo risultato. Con il Pd le affinità ci sono e ringrazio gli esponenti che ci hanno scelto”. Il sindaco prima di andare in piazza ha salutato i suoi genitori. “E’ stata una settimana complicata anche sotto il profilo dei nervi”. Qualche parola anche per il suo avversario: “Desiderio confrontarmi: sarò il sindaco di tutti anche di coloro che non mi hanno votato e parto dalle cose che non hanno funzionato in questi anni”.
    I complimenti del leader nazionaleA congratularsi col neo-sindaco c’è Carlo Calenda, leader del partito di cui fa parte Italia: ‘Complimenti a Francesco Italia – ha detto Calenda – rieletto sindaco di Siracusa. Francesco ha fatto un grandissimo lavoro sul territorio, con competenza e tanta energia. Incarna perfettamente quello che Azione rappresenta e noi siamo orgogliosi di lui. Buona continuazione del lavoro”. 
    Gli altri comuniAd Acireale, invece, è stato eletto sindaco Roberto Barbagallo. Sostenuto da Forza Italia, che non ha presentato una propria lista, ha ottenuto 8.964 voti, equivalenti al 51,57%. Nel ballottaggio ha avuto la meglio su Antonino ‘Nino’ Garozzo, che con 8.417 preferenze si è fermato al 48,43%, appoggiato da tutto il centrodestra, a eccezione di Fi, e da Sud chiama Nord di Cateno De Luca. I due candidati hanno rivesito in passato l’incarico di sindaco di Acireale. E in quel ruolo Roberto Barbagallo è stato condannato in primo grado a un anno e quattro mesi di reclusione, pena sospesa, per presunte richieste illecite a un vigile urbano, nel 2018, mentre era il primo cittadino in carica.A Piazza Armerina Nino Cammarata vince con il 58,67% il derby nel centrodestra: a sostenerlo le liste di FdI, Udc e una civica. Massimo Di Seri, appoggiato da Forza Italia, Dc e Sud chiama Nord, ottiene il 41,33%Ad Aci Sant’Antonio il nuovo sindaco con il 51,66% è Quintino Rocca, volto storico del Pd, appoggiato da quattro liste civiche. Lo sfidante del centrodestra Giuseppe Santamaria, spinto da nove liste di cui tre con i simboli di partito, ottiene il 48,34%..
    L’affluenza bassaAffluenza in calo nei quattro comuni della Sicilia dove ieri e oggi si è votato per i ballottaggi delle elezioni amministrative (Siracusa, Piazza Armerina, Acireale e Aci Sant’Antonio). Alla chiusura definitiva dei seggi, alle ore 15, ha votato il 40,84% degli aventi diritto, con una flessione del 18,76% rispetto alle precedenti consultazioni in cui si era registrata un’affluenza del 58,61%.In particolare a Siracusa, l’unico capoluogo interessato dal turno di ballottaggio, ha votato il 38,74% degli elettori, con un calo del 16,10% rispetto alle amministrative precedenti che avevano visto il 54,84% degli elettori recarsi alle urne.