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    Bielorussia, l’UE impone sanzioni economiche: colpiti petrolio, ed export tecnologico. Sospesi gli investimenti

    Bruxelles – Come promesso solo tre giorni fa dall’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, l’Unione Europea ha deciso di imporre sanzioni economiche contro la Bielorussia. Il Consiglio dell’UE ha introdotto oggi (giovedì 24 giugno) nuove misure restrittive nei confronti del regime del presidente, Alexander Lukashenko, per rispondere all’escalation di “gravi violazioni dei diritti umani” e alla “repressione violenta” della società civile, dell’opposizione democratica e della libera informazione, si legge in una nota. Ultimo caso, in ordine cronologico, il dirottamento del volo Ryanair Atene-Vilnius su Minsk e l’arresto del giornalista Roman Protasevich e della compagna Sofia Sapega.
    Dopo quattro pacchetti di misure restrittive contro 166 persone e 15 entità legate al regime (che comprendono il congelamento dei beni e il divieto di viaggio nell’UE), le nuove sanzioni economiche prendono di mira il settore dei prodotti petroliferi, del cloruro di potassio, del tabacco e delle tecnologie civili e militari. Vietata la vendita, la fornitura e l’esportazione “direttamente o indirettamente a chiunque in Bielorussia” di apparecchiature, tecnologie o software destinati al monitoraggio o all’intercettazione delle attività online e delle comunicazioni telefoniche.
    Limitato anche l’accesso ai mercati dei capitali dell’Unione e vietata la fornitura di assicurazioni al governo, agenzie ed enti pubblici bielorussi. Infine, la Banca Europea per gli Investimenti sospenderà ogni erogazione o pagamento nell’ambito di “eventuali accordi esistenti” e gli Stati membri UE saranno tenuti a intraprendere azioni “per limitare il coinvolgimento in Bielorussia delle banche multilaterali di sviluppo di cui sono membri”, conclude la nota.

    Via libera dal Consiglio dell’UE alle nuove misure restrittive mirate, che si aggiungono ai quattro pacchetti contro persone ed entità legate al regime di Lukashenko

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    L’allarme dei baltici: “Bielorussia pronta a inondare l’UE di migranti”

    Bruxelles – C’è un nuovo fronte migratorio che minaccia l’Europa, quello bielorusso. Alexander Lukashenko e il suo governo starebbero lavorando per inviare nell’UE richiedenti asilo, con il preciso scopo di far ripiombare i 27 in nuova crisi politica, prima ancora che umanitaria. E’ il presidente della Lituania, Gitanas Nauseda, a rivelare le intenzioni di Minsk. “Secondo le informazioni in mio possesso da Minsk ci sono almeno 1.500 iracheni pronti a varcare i confini dell’Unione europea”, dice il leader della repubblica baltica arrivando a Bruxelles per il vertice del Consiglio europeo, dove i capi di Stato e di governo dovranno discutere proprio di Bielorussia e immigrazione.
    Anche alla luce degli ultimi avvenimento “l’immigrazione è diventato un problema per tutti, con la Bielorussia disposta ad avere un ruolo in questo“, denuncia ancora Nauseda, che non è il solo ad affrontare il dossier bielorusso con rinnovate tensioni. “Ho parlato con il presidente lituano, e sono preoccupato”, ammette il primo ministro lettone, Krisjanis Karins.

    I baltici temono che Minsk stia diventando il centro di smistamento di fuoriusciti iracheni e iraniani, e che si stiano adoperando per aprire un nuovo corridoio migratorio, quello di nord-est. La Bielorussia confina proprio con Lituania e Lettonia, oltre che con la Polonia. Un problema da gestire a livello nazionale, ma sopratutto a livello europeo. Il fronte di quanti rifiutano l’idea di meccanismi di redistribuzione obbligatori di richiedenti asilo nei Paesi UE di primo arrivo continua a essere forte. Uno degli strenui oppositori è il primo ministro ungherese, Viktor Orban, che al momento è in conflitto con tutti gli Stati membri per le leggi in materia di omosessualità.
    La Bielorussia rischia di tenere in scacco l’Unione su un tema che ha già spaccato l’Unione stessa. I leader dovranno trovare il modo di tenere il punto, e non sarà facile.

    I leader di Lettonia e Lituania a Bruxelles per il summit dei capi di Stato e di governo avvertono i partner. Ora si complica il negoziato sui due dossier, che si intrecciano pericolosamente.

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    Allargamento UE, al via prime conferenze intergovernative con Serbia e Montenegro. Ma è ancora stallo in Consiglio su Albania e Macedonia

    Bruxelles – Prende sempre più slancio la prospettiva europea di Serbia e Montenegro. Dopo l’adozione della nuova metodologia per i negoziati di adesione dei due Paesi dei Balcani occidentali, ieri sera (martedì 22 giugno) sono state avviate le prime conferenze intergovernative con i rappresentanti politici di Belgrado e Podgorica. A presiederle, il commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, e la segretaria di Stato portoghese e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Ana Paula Zacarias.
    “Sono lieto che il Montenegro e la Serbia abbiano accettato la metodologia rivista, aprendo la porta alle prime conferenze intergovernative politiche”, ha sottolineato il commissario Várhelyi, dopo aver accolto prima il team montenegrino guidato dal primo ministro, Zdravko Krivokapić, e successivamente quello serbo della premier, Ana Brnabić. “Come abbiamo visto stasera, su questa base rilanceremo il processo di adesione rendendolo più prevedibile, più credibile, più dinamico e soggetto a un orientamento politico più forte”.
    Sul fronte di Podgorica, “questo incontro invia un forte segnale politico dell’impegno dell’Unione Europea“, aprendo la porta a un confronto politico “aperto” sulle riforme chiave. Il Montenegro ha già aperto tutti i capitoli negoziali, ma Várhelyi ha precisato che ora sono necessarie “discussioni sullo Stato di diritto, che determineranno il ritmo dei nostri negoziati“. La priorità “assoluta” su cui è stato trovato un accordo è “soddisfare i parametri intermedi stabiliti nei capitoli sullo Stato di diritto”, vale a dire il 23 (potere giudiziario e diritti fondamentali) e il 24 (giustizia e affari interni). “Mi ha fatto piacere sentire l’impegno e il piano molto dettagliato del primo ministro per affrontare le questioni in sospeso”, ha sottolineato il commissario, che ha assicurato anche il sostegno di Bruxelles per la ricostruzione dell’economia montenegrina dopo la crisi COVID-19.

    At 1st political Intergovernmental Conference w #Montenegro under revised methodology tonight: Strong political signal & political dialogue on key reforms. 🇲🇪 already opened all chapters & needs to focus on rule of law to fulfil opening benchmarks in chapters 23&24. pic.twitter.com/dSkPbHMfG0
    — Oliver Varhelyi (@OliverVarhelyi) June 22, 2021

    A stretto giro, si è tenuta anche la prima conferenza intergovernativa con i rappresentanti serbi. “Abbiamo avuto una discussione sostanziale su ciò che dovrà essere fatto e abbiamo anche fatto il punto sui progressi”, è stato il commento del commissario Várhelyi. Per quanto riguarda i progressi, è stato aperto il primo cluster (gruppo tematico di capitoli negoziali) sullo Stato di diritto. Di conseguenza, “possiamo passare a dinamizzare il processo di adesione per la Serbia durante la presidenza slovena”, a partire dal primo luglio e per tutto il prossimo semestre.
    I passi in avanti anche sul terzo cluster (competitività e crescita inclusiva) e il quarto (Agenda verde e connettività sostenibile) danno la speranza che si crei un “nuovo slancio per tutti noi”, ha aggiunto Várhelyi. Ma “serve che la Serbia sia all’altezza“: un messaggio politico che la premier Brnabić “ha sentito da tutti noi”. Anche in relazione alle questioni in sospeso a livello regionale, dialogo Belgrado-Pristina su tutte.

    At 1st political Intergovernmental Conference w #Serbia under revised methodology tonight. We had a substantial discussion on what needs to be done&took stock of progress. 🇷🇸 has done significant work in last months&accelerated reforms, be it on the rule of law or clusters 3&4. pic.twitter.com/YqhAm6sOGC
    — Oliver Varhelyi (@OliverVarhelyi) June 22, 2021

    Ma il commissario europeo si è trovato costretto a commentare anche i (non) risultati del Consiglio Affari Generali di ieri sul tema dell’allargamento dell’UE nei Balcani occidentali. Perché se “la presidenza portoghese ha compiuto enormi sforzi in tutti i fascicoli-chiave” – dall’accordo politico con il Parlamento UE sullo strumento IPA III di finanziamento del Piano economico e degli investimenti, alla nuova metodologia negoziale per Serbia e Montenegro – è anche vero che il quadro negoziale per l’avvio del processo di adesione di Albania e Macedonia del Nord è ancora in stallo.
    “Negli ultimi mesi abbiamo percorso molto terreno”, ma “non siamo stati in grado di concludere questo lavoro durante il semestre portoghese”. Durante la presidenza slovena, “che è pronta a portarlo avanti”, è necessario un “vero impegno per aprire le prime conferenze intergovernative con entrambi i Paesi“, ha concluso Várhelyi. “Nonostante l’impegno profuso, non è stato possibile arrivare a un’intesa tra i ministri”, ha confermato in conferenza stampa la segretaria di Stato portoghese Zacarias. “Abbiamo preso nota degli ultimi sviluppi e sottolineato l’importanza strategica del processo di allargamento dell’Unione”.
    A bloccare l’avvio delle conferenze intergovernative con Tirana e Skopje, come sei mesi fa, è stato il veto della Bulgaria sul quadro negoziale per l’adesione della Macedonia del Nord. La conferma è arrivata dallo stesso viceministro degli Esteri bulgaro, Rumen Alexandrov, a margine del vertice dei ministri UE di ieri: “Il nostro approccio è costruttivo e in buona fede, ma ci aspettiamo che Skopje inizi a mettere in pratica gli impegni assunti ad alto livello“, compresa “l’esplicita rinuncia alle rivendicazioni territoriali, etniche e storiche nei confronti della Bulgaria e all’istigazione all’odio verso i bulgari”. Tutte motivazioni, più o meno di facciata, che da mesi giustificano la posizione assunta dal governo di Sofia in seno al Consiglio.

    Rilanciato il processo di adesione dei due Paesi dei Balcani occidentali con “forti segnali politici da parte dell’Unione”, ha rivendicato il commissario Várhelyi. Il veto della Bulgaria su Skopje blocca ancora l’avvio degli altri due negoziati

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    ONU, Guterres a Bruxelles: “L’UE difenda i valori di tolleranza e razionalità”

    Bruxelles – Nazionalismi, populismi, razzismo, antisemitismo, odio generalizzato. Secondo Antonio Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, la civiltà globale si muove in una “sorta di era post-illuminista, di cui vediamo i rischi del moltiplicarsi di diverse forme di irrazionalità”. Lo sottolinea in un breve punto stampa alle telecamere di Bruxelles, al fianco della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Prenderà parte oggi (23 giugno) al collegio dei commissari, poi domani alla plenaria del Parlamento europeo e alla prima giornata di vertice dei capi di Stato e governo.
    L’obiettivo è lavorare congiuntamente all’ONU per uscire fuori dalla crisi sanitaria ed economica connessa e ripartire con un futuro più sostenibile, sotto diversi punti di vista. Costruire “una nuova agenda comune e globale in cui ci offriamo sempre volontari per assumere un ruolo di primo piano”, ha detto von der Leyen a nome dell’UE. Ma all’Europa Guterres riconosce il più importante contributo alla civiltà globale il fatto di aver diffuso i valori dell’Illuminismo, il primato della ragione e della tolleranza sull’irrazionalità e sull’odio generalizzato. E “questo è particolarmente importante quando vediamo i rischi di muoversi in una sorta di era post-illuminista e dove vediamo il moltiplicarsi di diverse forme di irrazionalità”, ha aggiunto. Contiamo sull’Unione europea per “essere in prima linea nella battaglia a sostegno di valori dell’illuminismo che sono stati, come ho detto, il contributo più importante dell’Europa alla civiltà globale”.
    Il tempismo delle parole di Guterres non passa inosservato. Poco prima che venissero pronunciate, la presidente della Commissione si è sentita in dovere di intervenire per esprimere il suo disappunto contro una contestata legge approvata in Ungheria che vieta di affrontare temi legati all’omosessualità e all’orientamento sessuale in contesti frequentati dai minori. Ieri, al Consiglio Affari Generali, 14 paesi membri dell’Unione Europea, tra cui anche l’Italia in extremis, hanno firmato una dichiarazione di condanna della nuova legge ungherese, definendola una “forma di discriminazione”. Oggi è il turno di von der Leyen, che usa toni duri nel definire il disegno di legge una violazione della “dignità umana, uguaglianza e rispetto dei diritti umani”.

    Il Segretario Generale delle Nazioni Unite nella capitale europea prenderà parte domani alla plenaria del Parlamento europeo e al vertice dei capi di Stato e governo. L’obiettivo: rinsaldare i legami e costruire una nuova agenda globale per la ripresa

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    Bielorussia, adottato il quarto pacchetto di sanzioni UE in coordinamento con Stati Uniti, Canada e Regno Unito

    Bruxelles – E sono quattro. Il Consiglio Affari Esteri ha adottato oggi (lunedì 21 giugno) un nuovo pacchetto di sanzioni dell’Unione Europea contro il regime del presidente bielorusso, Alexander Lukashenko. Repressione delle proteste pacifiche, dirottamento di un volo di linea internazionale, violenze contro gli oppositori politici e violazioni dei diritti umani: è lunga la lista delle motivazioni che hanno spinto i ministri degli Esteri europei ad aggiornare la lista nera di individui e aziende da colpire con misure restrittive.
    “Oggi abbiamo lavorato sodo e abbiamo deciso di imporre un ampio pacchetto di sanzioni nei confronti di 78 persone e 8 entità bielorusse“, ha spiegato l’alto rappresentante UE per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Un’azione attuata per “influenzare il comportamento dei responsabili”, soprattutto della vicenda del dirottamento del volo Ryanair Atene-Vilnius e il successivo arresto del giornalista Roman Protasevich e la compagna Sofia Sapega. L’alto rappresentante UE ha avvertito che “non è esclusa una quinta tornata di sanzioni“, dal momento in cui “non abbiamo la bacchetta magica, ma questo è uno strumento pesante che può contribuire a sfiancare persone, istituzioni e aziende vicine al regime”. Una visione confermata anche dalla leader dell’opposizione democratica e presidente legittima riconosciuta dall’UE, Sviatlana Tsikhanouskaya, che durante il suo intervento alla riunione dei ministri “ha fornito molti consigli utili a questo riguardo”.
    Il fattore di novità del quarto ciclo di sanzioni è il coordinamento dell’Unione Europea con Stati Uniti, Canada e Regno Unito. “Ci impegniamo a sostenere le aspirazioni democratiche a lungo represse del popolo bielorusso e siamo uniti per imporre costi al regime per il suo palese disprezzo degli impegni internazionali”, si legge nella nota congiunta. Le richieste sono sempre le stesse – “cooperare con le indagini internazionali sugli eventi del 23 maggio, rilasciare i prigionieri politici, avviare un dialogo politico con i rappresentanti dell’opposizione democratica” – ma l’azione armonica del blocco delle potenze occidentali, guidata da Bruxelles, potrebbe essere una vera svolta nella risposta internazionale al regime di Lukashenko.
    L’alto rappresentante UE per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
    Per quanto riguarda l’aggiornamento della lista nera, sono ora 166 le persone e 15 le entità destinatarie di sanzioni che “inviano un ulteriore forte segnale ai sostenitori del regime”. Congelamento dei beni, divieto di viaggio nell’UE e impossibilità per i cittadini e le imprese europee di mettere fondi a loro disposizione: “Appoggiare il regime di Lukashenko ha un costo sostanziale”. Tra i nomi compaiono anche quello di uno dei tre figli di Lukashenko, Dimitry, e la nuora Liliya (già dal 6 novembre è incluso il primogenito Viktor, consigliere per la Sicurezza nazionale), ma anche importanti uomini d’affari della cerchia ristretta del presidente: Siarhei Tsiatseryn, nel settore dei prodotti alimentari, Mikhail Gutseriev, imprenditore russo dell’energia e del potassio e Aliaksey Aleksin, con interessi che vanno dal petrolio al tabacco.
    Nel mirino di Bruxelles sono finiti anche uomini della propaganda di regime, come Andrei Mukavozchyk, giornalista di Belarus Today (quotidiano dell’amministrazione presidenziale) e Siarhei Gusachenka, vicepresidente della televisione di Stato, Belteleradio. Compaiono inoltre professori e rettori universitari, come il vicerettore dell’Università statale di economia, Siarhei Skryba, il rettore dell’Università statale di medicina, Siarhei Rubnikovich, e quello dell’Accademia statale delle arti, Mikhail Barazna, tutti ritenuti responsabili per la decisione di espellere gli studenti che hanno partecipato alle manifestazioni pacifiche contro il regime. Da non dimenticare anche il vicecapo per le strutture detentive del ministero degli Affari interni, Ivan Myslitski, a causa dei trattamenti disumani e degradanti inflitti ai manifestanti, e l’impresa di proprietà dello Stato Belaeronavigatsia, responsabile del controllo del traffico aereo bielorusso: decisivo il suo ruolo in tutta la vicenda del dirottamento del volo Ryanair su Minsk il 23 maggio.
    Dopo il quarto pacchetto di sanzioni contro persone ed entità bielorusse e la decisione del Consiglio di vietare l’ingresso nello spazio aereo UE e l’accesso agli aeroporti dei Paesi membri a tutti i vettori battenti bandiera rosso-verde, sono attese a breve sanzioni economiche contro Minsk. L’alto rappresentante UE ha confermato che “le approveremo secondo le indicazioni che ci arriveranno dal prossimo vertice dei leader europei“, in programma questa settimana (24-25 giugno). “Finora non le abbiamo messe in atto perché creano danni indiscriminatamente all’economia di tutto Paese e colpiscono tutti i cittadini”, ha concluso Borrell, “ma ormai è arrivato il momento di adottare anche questo strumento”.

    L’alto rappresentante Borrell ha annunciato le nuove misure restrittive contro 86 individui e aziende al termine del vertice con i ministri degli Esteri dei Ventisette. Sanzioni economiche settoriali al vaglio del prossimo Consiglio Europeo

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    Sanchéz annuncia la grazia per i separatisti catalani

    Roma – Il governo spagnolo concederà l’indulto a nove separatisti catalani. L’annuncio è stato fatto dallo stesso Pedro Sanchéz a Barcellona durante un evento pubblico. L’approvazione da parte del Consiglio dei ministri giungerà domani, martedì.
    A nove leader separatisti sono state imposte lunghe condanne detentive, tra i 9 e i 13 anni di carcere, con l’accusa di sedizione e altri crimini legati al referendum vietato per la secessione del 2017 e per la successiva dichiarazione di indipendenza. L’indulto è rivolto a nove indipendentisti come Oriol Junqueras, ma non a quanti sono fuggiti all’estero come l’ex capo del governo catalano Carles Puigdemont.
    Una decisione “di chiara utilità pubblica che va oltre” i beneficiari, ha detto il premier spagnolo. “Sono convinto che permettere a queste nove persone, che rappresentano migliaia di catalani, di uscire dal carcere, sia un messaggio pieno sulla volontà di concordia e di convivenza della democrazia spagnola”. Nel motivare la scelta della grazia, Sanchéz ha aggiunto di non aspettarsi che “coloro che aspirano all’indipendenza possano cambiare i loro ideali”, ma la comprensione che “non esiste cammino al di fuori della legge”.

    L’annuncio fatto a sorpresa a Barcellona che questi giorni lo aveva accolto con freddezza: “In nove fuori dal carcere per la convivenza di milioni di persone e la concordia della democrazia spagnola”. Ma tra i beneficiari non ci sarà Puigdemont fuggito all’estero

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    COVID: l’UE riapre ai viaggi non essenziali dagli Stati Uniti, anche ai turisti non vaccinati

    Bruxelles – Gli Stati Uniti entrano nella lista dei Paesi extra UE per i quali le restrizioni ai viaggi in Unione Europea dovrebbero essere revocate. Oggi (18 giugno) il Consiglio dell’UE ha aggiornato l’elenco – che viene rivisto ogni 14 giorni – sulla base dell’accordo degli ambasciatori dei 27, trovato durante la riunione del Coreper di mercoledì 16 giugno.
    I viaggi non essenziali sono stati vietati nell’UE dopo lo scoppio della pandemia di Coronavirus per evitare ulteriori contagi. Tuttavia, la situazione migliora e i viaggiatori provenienti dagli Stati Uniti possono essere ammessi nell’UE, anche per ragioni non essenziali e se non vaccinati grazie alla migliorata situazione epidemiologica interna. Per essere nella lista un paese deve registrare meno di 75 casi di Covid-19 al giorno ogni 100 mila abitanti registrati negli ultimi 14 giorni.
    Insieme agli USA, nella lista sono stati aggiunti anche Albania, Libano, Nord Macedonia, Serbia, Taiwan, Hong Kong e Macao, che si vanno ad aggiungere a quelli già inclusi (Giappone, Australia, Israele, Nuova Zelanda, Ruanda, Singapore, Corea del sud e Thailandia e Cina, che è l’unico Paesi extra UE con asterisco perché è richiesta una condizione di reciprocità). Gli Stati Ue devono consentire l’accesso dentro i confini europei, ma possono continuare ad applicare e richiedere a chi entra in UE ulteriori restrizioni per entrare come tamponi, quarantene o isolamento.

    Le condizioni epidemiologiche migliorano e il Consiglio aggiorna lista Paesi terzi per i quali togliere gradualmente le restrizioni a viaggi, anche per viaggi non essenziali e per chi non è ancora vaccinato. Insieme agli USA aggiunti anche Albania, Libano, Nord Macedonia, Serbia, Taiwan, Hong Kong e Macao

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    Bielorussia, l’UE denuncia pratiche “disumane” di segretezza del sistema penale e di condanne a morte

    Bruxelles – Si continua a parlare di Bielorussia a Bruxelles, dopo settimane in cui la questione del dirottamento del volo Ryanair Atene-Vilnius su Minsk è stata al centro della scena internazionale. Nonostante le variazioni sul tema, il nodo cruciale rimane sempre lo stesso: le violazioni dei diritti umani da parte del regime del presidente Alexander Lukashenko.
    Con una nota del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), sono state denunciate oggi (giovedì 17 giugno) le pratiche di segretezza del sistema penale bielorusso e soprattutto il persistere della pena di morte. La Bielorussia è l’unico Paese europeo in cui vige tuttora la pena capitale. “L’Unione Europea ricorda la sua irrevocabile opposizione all’uso della pena di morte in qualsiasi circostanza”, si legge nella nota: “È una punizione crudele e disumana, che non agisce da deterrente contro il crimine e rappresenta un’inaccettabile negazione della dignità e dell’integrità umana”.
    L’accusa delle istituzioni europee è stata sollevata dal caso di Viktar Paulau, detenuto nel braccio della morte della prigione pre-processuale n. 1 di Minsk. Il 31 luglio dello scorso anno l’uomo 50enne è stato riconosciuto colpevole di un duplice omicidio commesso il 30 dicembre 2018 nel villaggio di Prysushyna, nella regione di Vitsebsk (nel Nord-Est del Paese).
    Nonostante l’effettiva esecuzione non sia stata ancora confermata ufficialmente, come riporta l’organizzazione per i diritti umani Viasna, la sorella del condannato a morte non riceve notizie da Paulau da più di sei settimane e da qualche giorno le viene negato l’accesso alla struttura. Inoltre, il personale della prigione ha comunicato in maniera generica all’avvocato difensore che il detenuto non si trova più nella struttura. “La negazione di informazioni tempestive ai parenti è stata un’indicazione in precedenti occasioni di un’esecuzione segreta eseguita dal regime autoritario in Bielorussia”, ha commentato il Servizio europeo per l’azione esterna, facendo riferimento proprio alle informazioni fornite dalla da Viasna.
    Nel frattempo, l’Unione Europea è pronta ad adottare il quarto pacchetto di sanzioni contro il regime di Lukashenko che, come anticipato dall’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, in plenaria al Parlamento Europeo lo scorso 8 giugno, “peseranno sui settori economici-chiave, oltre a coinvolgere i responsabili del dirottamento del volo” su cui viaggiavano il giornalista e oppositore politico Roman Protasevich, e la compagna Sofia Sapega (poi arrestati).
    Secondo quanto confermano fonti di Bruxelles a Reuters, il Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) degli Stati membri UE ha deciso ieri (mercoledì 16 giugno) di imporre nuove sanzioni per la duplice violazione del diritto internazionale e dei diritti umani lo scorso 23 maggio. Dovrebbe essere compreso il congelamento dei beni e il divieto di viaggio nell’UE contro circa 70 persone, oltre alle 88 già inserite nella lista nera dai precedenti pacchetti di misure restrittive, tra cui compaiono Lukashenko e suo figlio Viktor, consigliere per la Sicurezza.
    Le sanzioni approvate dagli ambasciatori dell’UE dovrebbero essere adottate nel corso della riunione dei ministri degli Esteri UE lunedì prossimo (21 giugno). Già dal 4 giugno il Consiglio dell’UE ha rafforzato le misure restrittive nei confronti di Minsk, introducendo il divieto di sorvolo dello spazio aereo dell’Unione e di accesso agli aeroporti europei per tutti i vettori e le compagnie aeree bielorusse.

    La nuova accusa al regime di Lukashenko è arrivata a seguito della negazione di “informazioni tempestive” alla famiglia e all’avvocato di un condannato a Minsk. Intanto i Ventisette sono pronti ad adottare il quarto pacchetto di sanzioni