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    Unione europea e Cina potrebbero tenere a ottobre un “dialogo strategico”

    Bruxelles – Secondo il South China Morning Post, diplomatici di alto rango dell’Unione europea e della Cina terranno un meeting martedì 5 ottobre. Per il giornale di Hong Kong a presiedere la riunione saranno l’alto rappresentante per gli Affari esteri Josep Borrell e il ministro degli Esteri cinese Wang Yi. Anche il vicepresidente della Commissione Frans Timmermans e il vicepremier cinese Han Zheng dovrebbero essere presenti all’evento.
    È probabile che il focus del discorso verterà sui recenti sviluppi nella regione dell’Indo Pacifico. Dunque lo “strappo” diplomatico tra Stati Uniti e alleati Europei (Francia in primis) dovuto all’esclusione dal partenariato strategico AUKUS e la nuova Strategia sull’area pubblicata il 15 settembre. Sullo sfondo, la questione dell’Afghanistan.
    La Cina tenterà di sfruttare gli attriti tra Stati Uniti e partner europei per evitare che l’Ue (e gli Stati membri) si attesti su posizioni definitivamente anticinesi. Mossa che Pechino giudica necessaria alla luce delle recenti aperture del Parlamento europeo per un accordo sugli investimenti bilaterali con Taiwan e delle condanne per il trattamento degli Uiguri. In particolare le violazioni dei diritti minoranza turcofona erano state alla base di alcune sanzioni contro la Cina nel marzo del 2021.
    I dialoghi tra Unione europea e Cina
    L’evento è parte di una serie di meeting che Unione europea e Cina tengono su base regolare, i cosiddetti “dialoghi strategici”. Se questa edizione venisse confermata, si tratterebbe dell’undicesimo incontro di questo genere – l’ultimo si era tenuto nel giugno del 2020 e aveva prodotto l’intesa per l’accordo bilaterale sugli investimenti (CAI).
    Sul piano economico la Cina tenterà di fare pressioni per ottenere una soluzione di compromesso per gli investimenti dopo il congelamento dell’accordo raggiunto a novembre 2020. È probabile che si parlerà anche delle condizioni delle imprese europee nella Repubblica popolare, dopo la pubblicazione di un report che esprimeva preoccupazione per il controllo sempre maggiore che la politica esercita sul settore privato.

    Unione europea e Cina potrebbero tenere un meeting a breve: la strategia UE per l’Indo Pacifico, le tensioni tra Europa e America, la gestione dell’Afghanistan e gli investimenti bilaterali

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    Telefonata Biden Macron: nessuna scusa, ma volontà di ricucire

    Bruxelles – Joe Biden e Emmanuel Macron tornano a parlarsi. Dopo la crisi diplomatica dovuta all’annuncio dell’accordo a tre tra USA, UK e Australia sulla difesa chiamato AUKUS, che ha tagliato fuori un’importante fornitura di sottomarini francesi a Camberra, i due presidenti hanno avuto una conversazione al telefono per ricucire lo strappo. Nel comunicato congiunto viene specificato che a richiedere l’incontro è stato Joe Biden, che ha ritenuto necessario “discutere le implicazioni di quanto annunciato il 15 settembre”. I due leader si incontreranno a fine ottobre a Bruxelles. Anche i rispettivi ministri degli Esteri, Jean-Yves Le-Drian e Antony Blinken, hanno avuto modo di confrontarsi al margine della riunione del consiglio di Sicurezza dell’ONU.
    Biden ha confermato “l’importanza strategica del coinvolgimento della Francia e dell’Europa nell’Indo Pacifico, nel quadro operativo della Strategia recentemente pubblicata dall’Unione europea”, riconoscendo anche l’importanza di “una difesa europea più forte e capace”, a patto che sia complementare e non alternativa alla NATO.
    Le ultime righe del comunicato parlano direttamente al cuore della Francia. Gli Stati Uniti si impegnano a supportare le operazioni anti-terrorismo degli Stati europei nel Sahel, dove le truppe di Parigi sono presenti con l’operazione Barkhane (ora in via di ridimensionamento) dal 2014.
    Cosa emerge dalla telefonata tra Biden e Macron
    Dopo la telefonata, Emmanuel Macron ha acconsentito al ritorno dell’ambasciatore francese a Washington. Le sorti della rappresentanza transalpina in Australia non vengono nominate. Scott Morrison, Primo Ministro del Paese oceanico, ha dichiarato di aver più volte tentato di contattare l’Eliseo, senza ricevere risposta. Sebbene non lo possa dare a vedere, i malumori di Parigi resteranno e con l’Australia si può permettere di portare avanti per un altro po’ il gelo diplomatico.
    Durante il briefing per i giornalisti alla Casa Bianca, la segretaria per la Stampa Jen Psaki ha affermato che “il tono della conversazione è stato amichevole”, ma ha eluso la domanda di un giornalista che chiedeva se da parte del presidente americano ci fossero state delle scuse formali. Quanto emerge dalla telefonata tra Biden e Macron è che le concessioni fatte alla Francia bastano a far rientrare la crisi e che i due sono d’accordo su una maggiore collaborazione, ma gli Stati Uniti non sono affatto pentiti dell’accordo con Londra e Canberra.
    Le concessioni a Francia e Unione europea
    La Francia accetta i pegni di pace, che riguardano i principali dossier sul tavolo dell’Eliseo. Supporto alla missione nel Sub-sahara, che in questo momento stenta a proseguire nonostante l’uccisione del capo di Al Quaeda in Mali da una parte. Dall’altra c’è il placet di Biden allo sviluppo di una difesa europea che dovrebbe necessariamente vedere la Francia come capofila.
    A mettere di buon umore l’Eliseo c’è anche la telefonata del 22 settembre tra Emmanuel Macron e Narendra Modi. Il premier indiano ha parlato di approfondire la collaborazione tra India e Francia per “un Indo Pacifico aperto e inclusivo” – nell’ambito delle iniziative europee nell’area.

    Spoke with my friend President @EmmanuelMacron on the situation in Afghanistan. We also discussed closer collaboration between India and France in the Indo-Pacific. We place great value on our Strategic Partnership with France, including in the UNSC.
    — Narendra Modi (@narendramodi) September 21, 2021

    Secondo la stampa francese, la telefonata potrebbe essere il primo passo per sostituire l’Australia con l’India come potenziale acquirente di una nuova commessa di sottomarini francesi –  per Le Figaro questa volta potrebbe trattarsi di sottomarini nucleari. Un accordo che si andrebbe a sommare a quello già in vigore tra Dehli e Parigi, che prevede l’acquisto di sei sottomarini diesel classe Scorpene, per un totale di 5 miliardi di dollari.

    La telefonata tra Joe Biden ed Emmanuel Macron riporta l’ambasciatore francese negli USA dopo alcune concessioni a Francia ed Europa sul dossier della difesa comune e dell’impegno americano nel Sahel

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    Aukus: siglato patto di sicurezza trilaterale. L’Europa resta ai margini

    Dopo che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al vertice di Arraiolos ha invocato una politica estera, di sicurezza e di difesa comune per fare sentire la voce europea nel mondo e dopo che Silvio Berlusconi ha chiosato lo stesso concetto al vertice di Roma del PPE chiedendo la fine del voto all’unanimità in politica estera l’Unione Europea rimane ancora a guardare. Che cosa? L’attivismo degli (alleati) americani. 
    Dopo il ritiro delle truppe dall’Afghanistan Joe Biden, l’attuale Presidente degli USA, si lancia a capofitto in una nuova strategia per limitare l’espansionismo cinese ed insieme a Boris Johnson, il Primo Ministro britannico, e Scott Morrison, il Primo Ministro dell’Australia, sigla un patto di sicurezza trilaterale denominato Aukus che esclude ancora una volta l’Unione Europea dallo scenario internazionale dell’indo-pacifico. 
    L’Aukus – acronimo dei tre paesi firmatari Australia, Regno Unito e Stati Uniti d’America – permetterà agli anglo-americani di fornire tecnologie militari a Canberra per la costruzione di sottomarini nucleari. I nuovi armamenti, secondo diversi analisti, serviranno per difendere gli interessi commerciali australiani nonché per difendere Taiwan dalla minaccia cinese. Nel complesso l’accordo di difesa ha un valore simbolico perchè mira a bloccare tempestivamente la volontà di potenza della Repubblica Popolare Cinese e permette agli Stati Uniti di rinnovare la propria presenza nell’area pacifica. 
    In questo clima di tensione che ricorda la guerra fredda, rimane esclusa, come detto, l’Unione Europea. O meglio, i ventisette paesi che ne fanno parte, dato che è difficile parlare di una politica estera comune e univoca europea. Ogni paese europeo ha suoi interessi strategici da perseguire, a partire dalla Francia che ha perso, nei confronti dell’Australia, una commessa da cinquanta miliardi di euro per la costruzione di dodici sottomarini nucleari. Siamo ancora lontani dalla tanto agognata sovranità europea.
    Per altro, citando l’ambasciatore francese a Roma Christian Masset, nella vicenda non si è visto l’America is back ma la continuazione dell’America first. In un momento in cui le relazioni inter-statali continuano ad essere dominate da un certo tasso di anarchia internazionale, l’Unione Europea è in totale confusione e sta ancora aspettando spiegazioni da Washington. Potenzialmente arriveranno presto, auspicabilmente al G20 di Roma.

    Questo contributo è stato pubblicato nell’ambito di “Parliamo di Europa”, un progetto lanciato da
    Eunews per dare spazio, senza pregiudizi, a tutti i suoi lettori e non necessariamente riflette la
    linea editoriale della testata.

    E’ difficile parlare di una politica estera comune e univoca europea

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    Il Consiglio commercio e tecnologia UE-Stati Uniti rischia di saltare per la disputa sui sottomarini francesi

    Bruxelles – Rischia di slittare o addirittura di saltare la data dell’inaugurazione del Consiglio per il commercio e la tecnologia UE-Stati Uniti (TCC), l’organismo progettato per coordinare e rafforzare la cooperazione tra le due sponde dell’Atlantico nell’ambito tecnologico e digitale. La causa dei tentennamenti da parte dell’Unione Europea è la disputa sui sottomarini francesi, meglio nota come AUKUS, il nuovo sodalizio strategico tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti.
    Secondo quanto riferito ieri (martedì 21 settembre) dal portavoce della Commissione UE, Eric Mamer, durante il punto quotidiano con la stampa a Bruxelles, l’esecutivo UE sta analizzando “le conseguenze di AUKUS e il possibile impatto sulla data prevista” per la riunione inaugurale. Nonostante il portavoce non abbia fornito indicazioni precise su quando sarà resa nota la decisione, una comunicazione è attesa verosimilmente entro la fine di questa settimana: mercoledì prossimo, 29 settembre, i vicepresidenti esecutivi della Commissione UE Margrethe Vestager (per il Digitale) e Valdis Dombrovskis (per l’Economia) sono attesi a Pittsburgh (Pennsylvania) per co-presiedere al Consiglio.
    “Cerchiamo informazioni, che analizzeremo sul piano del significato per l’Unione Europea, visto che non riguarda solo la Francia”, ha specificato Mamer: “Solo quando avremo preso una decisione a riguardo, torneremo sulla questione della data” della prima riunione del TCC. Parole che hanno avuto un’eco nei palazzi delle istituzioni europee, come conferma l’appello di questa mattina del gruppo del Partito Popolare Europeo: “Il Consiglio UE-Stati Uniti per il commercio e la tecnologia deve dare risultati la prossima settimana a Pittsburgh”, si legge sul profilo Twitter. “Le aziende su entrambe le sponde dell’Atlantico si aspettano un forte partenariato”, che dovrebbe “aiutare le imprese dell’UE ad avere successo”.

    The EU-US Trade Technology Council must deliver results next week in Pittsburgh🇺🇸.
    Businesses on both sides of the Atlantic expect a strong TTC partnership.
    We must help EU🇪🇺 businesses to succeed!
    Only by working together can we succeed and solve global challenges. pic.twitter.com/zaLKB3TBH9
    — EPP Group (@EPPGroup) September 22, 2021

    La Commissione Europea ha fatto sapere che dovrà valutare il significato di AUKUS prima di confermare la data inaugurale del Consiglio commercio e tecnologia a Pittsburgh prevista per il prossimo 29 settembre

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    Lituania: “Buttate i telefoni cinesi, rubano dati e sono censurati”

    Bruxelles – L’annuncio del ministero della Difesa della Lituania è di quelli senza precedenti: “Buttate via i vostri telefoni cinesi e non compratene di nuovi”. Secondo un’analisi dell’istituto statale di cybersicurezza di Vilnius, i dispositivi Xiaomi hanno installato al loro interno dei software in grado di censurare messaggi come “Tibet libero”, “lunga vita all’indipendenza di Taiwan” o “movimento democratico”. I termini censurati sarebbero 449 e in continuo aggiornamento. Il software è disattivato per il mercato dell’Unione europea, ma “può essere attivato da remoto in qualsiasi momento”. Inoltre, è stato rilevato che i modelli Xiaomi e il P40 5G di Huawei inviano dati crittografati sull’utilizzo del telefono a un server a Singapore.
    L’annuncio di Vilnius aumenta ulteriormente la tensione con Pechino dopo la crisi diplomatica dello scorso agosto. La Lituania aveva autorizzato Taiwan ad aprire un’ambasciata di fatto (ufficialmente il Paese baltico non riconosce l’isola, così come non lo fanno quasi tutti i Paesi del mondo: farlo significherebbe una crisi con la Cina) utilizzando il proprio nome e non “Taipei”, che è quello della sua capitale usato normalmente in questo tipo di rappresentanze. Il governo cinese, che considera Taiwan una provincia ribelle da riconquistare, aveva ritirato il proprio ambasciatore a Vilnius, espulso quello lituano a Pechino e ridotto i commerci tra i due Paesi, che peraltro non erano particolarmente consistenti. Si è trattato del primo caso in cui la Cina ha ritirato il proprio ambasciatore in uno Stato membro dell’Unione europea.
    Nonostante le pressioni del Dragone, Vilnius non ha arretrato e ha rincarato la dose. Forte anche del sostegno statunitense (il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ha chiamato la prima ministra Ingrida Šimonytė per esprimerle il supporto dell’amministrazione Biden), la Lituania ha inaugurato una politica di relativo attivismo nell’area indo-pacifica, con l’apertura di un’ambasciata in Australia nel 2020 e le prossime inaugurazioni in Corea del Sud e Singapore. In Cina non l’hanno presa bene: i media statali hanno definito “buffonesco” il governo lituano e minacciano di tagliare definitivamente i rapporti commerciali.

    Vilnius chiede ai propri cittadini di abbandonare i modelli Xiaomi e Huawei: avrebbero un software di censura e invierebbero dati riservati a Singapore. Sostegno dagli USA, l’ira di Pechino che minaccia ritorsioni

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    “AUKUS affair felt by France as a betrayal, but it can be a problem for all European defence industry”: interview with Frédéric Grare (ECFR)

    Brussels – The publication of the EU Strategy for cooperation in the Indo Pacific and the birth of AUKUS, the military pact between Australia, US and the United Kingdom, mark a siwtch in relations between United States, China and European countries. The military partnership of the Anglo-Saxon countries could exclude EU countries from the area (as well as from cooperation in the industrial field), precisely in the same days in which the first programmatic document for a shared approach on the Indo Pacific is launched. In the interview released to Eunews, Frédéric Grare, of the European Council on Foreign Relations, explains how to read the events of the last week.

    Dr. Frédéric Grare is a Senior Policy Fellow with the Asia Programme at the European Council on Foreign Relations. He previously worked at the Center for Analysis, Planning and Strategy (CAPS) of the French Ministry for Europe and External Affairs (MEAE), Paris, where he focused on Indo-Pacific dynamics and Indian Ocean security issues. Prior to joining the French MEAE, he served as the South Asia programme director at the Carnegie Endowment for International Peace in Washington DC. (ecfr.eu)

    Eunews: The European Commission yesterday presented its Strategy for cooperation in the Indo Pacific. Many analysts in Italy have attacked the document saying it has a little of a strategic approach and too much of an economic one. Do you think this document really represents a change of pace or is it a set of statements of circumstance?
    Frédéric Grare, Senior Policy Fellow with the Asia Programme at the European Council on Foreign Relations
    Grare: This is definitely a compromise between the countries who want a more strategical approach to the region and the ones who sees an opportunity. This is something in between. If you look at the conclusions of the European Council of April and compare them with this document, it is a little more strategical: it mentions China as a problem and it can work as a framework for European objectives in the area. You can take issue by issue and decide if you want to have or not a strategical approach. The document sees the area as a very competitive space between China and the US in terms of economic influence: if China gets it, it will also get political influence. Everything depends on the way the document will actually be implemented. It’s a document of compromise. The strategy is not very ambitious: it reflects the typical approach of EU Member States, it doesn’t mean the document doesn’t have any potential. We have to take into account the reality and therefore we cannot commit to something we won’t be able to realize.
    Eunews: How deep are the interests of the EU in the Indo Pacific? Does the new focus for this region concern to European interests or it depends on our special relationship with the United States?
    Grare: Definitely both. We have to start from the reality that the document is a compromise and that interests are different for every member State: for example, if you take France, which is resident of the Indo Pacific because it has territories and population both in Indian and Pacific Ocean and therefore it has to be present, even if it doesn’t want to. Clearly it is a very deep interest. Other countries, such as the Baltic States, have other priorities (mainly Russia). Although almost every EU member State (with perhaps the exception of Hungary) sees China as an increasing issue, being present in the Indo Pacific means gaining the goodwill of the United States in order to have their security guaranteed.
    Eunews: Why do you think the Americans have not informed Europe about AUKUS? Even going so far as to annoy France and pushing Australia to cancel a previous military supply agreement with France.
    Grare: Would France have remained inactive? No, of course not. The treaty had to remain secret, so the French would have known it with the fait accompli. But this has consequences for Europe as well, because France is a large part of the European defense industry. I can understand the logic behind remaining secret. It has devastating effects on the existing and perhaps no-longer existing deal between France and Australia. Of course now the French feel betrayed by Australians.
    Eunews: The EU has published a strategy, but many European countries (France, Germany, Netherlands) already have one at national level and it is possible that other countries will soon have one. Is it possible to merge these strategies into the European one?
    Grare: No, I think they will remain separated. As I said, this document reflects compromise, that is to say the interests of each country and on some issues (such as security) it is difficult to have a common approach. Furthermore, for how the EU system works, normally the interventions are on a voluntary basis. Governments will continue occasionally to have independent initiatives in foreign policy in the Indo Pacific and they will be at the same time part of the European approach to the area. It could be very complementary.
    Eunews: How do you think the European strategy is perceived by China? Should China be happy because it is not explicitly named as a rival or unhappy because it is likely that the Indo Pacific will soon be more crowded?
    Grare: I don’t think they should be happy. China has already been named in the China strategy of the EU as a systemic rival. The rival term is very much there. If you look at the document, it talks about economic corrosion and militarization of the area with China as one of the responsibles. The objective remains to push China to behave in a way which is more acceptable internationally. China has no reason to be particularly happy about this document, but neither to be so anxious about it. The outcomes of this first step is not fixed yet. This is a framework, it gives a direction but in the end is up to member States when will we get to the next step.

    The EU Strategy for cooperation in the Indo Pacific is the first step to define member’s States interests and possibilities in the area. We talked about it with Frédéric Grare (ECFR)

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    Quattro migranti sono morti assiderati sul confine tra Polonia e Bielorussia

    Bruxelles – Sono i primi decessi ufficiali lungo la rotta bielorussa. Con la stagione fredda che è ancora alle porte, quattro migranti sono morti assiderati sul confine tra Polonia e Bielorussia negli ultimi tre giorni. La notizia è stata confermata dalle autorità di Varsavia, le uniche ad avere accesso alla frontiera da quando è stato introdotto lo stato di emergenza lo scorso 2 settembre. Da allora, giornalisti e attivisti per i diritti umani non possono soggiornare, registrare e ottenere informazioni sulle attività svolte in una striscia di terra larga tre chilometri lungo il confine orientale del Paese.
    In una conferenza stampa tenuta dal primo ministro, Mateusz Morawiecki, e dal ministro degli Interni, Mariusz Kamiński, il governo polacco ha reso noto di aver trovato tre persone prive di vita in luoghi diversi sul lato polacco del confine, mentre altre due sono in cura in un ospedale nei pressi del villaggio di Dworczysko, affette da ipotermia. Il quarto corpo è stato invece ritrovato sul lato bielorusso: si tratta di una donna irachena, precedentemente respinta dalle autorità polacche in Bielorussia mentre cercava di attraversare la frontiera con la sua famiglia.
    In particolare la morte della donna solleva sempre più preoccupazioni sui pushback operati dalle guardie di frontiera polacche (respingimenti illegali di persone con diritto alla protezione internazionale ai confini dell’Unione Europea). Da episodi sporadici potrebbero essere diventate azioni sistematiche, nel quadro di una politica di contrasto alla “guerra ibrida” del presidente bielorusso, Alexander Lukashenko. Il 17 settembre, il Sejm (la camera bassa del Parlamento polacco) ha adottato un disegno di legge che autorizza i respingimenti: nonostante il progetto legislativo debba ancora essere adottato dal Senato e firmato dal presidente della Repubblica, Andrzej Duda, si tratte di una palese violazione del diritto internazionale.
    Ma il governo di Varsavia sembra essere interessato esclusivamente a dare una risposta forte a Minsk. Il premier polacco ha accusato il regime bielorusso di aver agevolato quasi 4 mila tentativi di attraversamento illegale del confine solo nei primi 20 giorni di settembre – che salgono a 7 mila considerando anche il mese di agosto – come ritorsione alle sanzioni economiche imposte da Bruxelles.
    Dopo la notizia dei quattro migranti morti ritrovati sul confine tra Polonia e Bielorussia, a rincarare la dose contro Lukashenko è stato il portavoce del ministero degli Esteri, Stanisław Żaryn. In una dichiarazione scritta ha denunciato il “tentativo di usare una rotta migratoria artificiale per destabilizzare prima il confine bielorusso-lituano e ora quello bielorusso-polacco”. Da Varsavia arriva l’allarme di una crisi per i mesi che arriveranno: “Sono almeno 10 mila i migranti portati in Bielorussia da Lukashenko, che sta cercando nuove direzioni per inviarli nell’Unione Europea”, ha aggiunto Żaryn.

    Si tratta dei primi decessi lungo la rotta bielorussa confermati dalle autorità di un Paese membro UE. Varsavia punta il dito contro Minsk, ma preoccupano i respingimenti illegali che potrebbero essere autorizzati da un disegno di legge polacco

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    Frédéric Grare (ECFR): “Affare AUKUS un tradimento per la Francia, ma un problema per tutta l’Europa”

    Bruxelles – La pubblicazione della Strategia dell’UE per la cooperazione nell’Indo Pacifico e la nascita di AUKUS, il patto militare tra Australia, USA e Regno Unito, segnalano un cambio di passo nei rapporti tra Stati Uniti, Cina e paesi membri dell’Unione europea. Il sodalizio militare dei paesi anglosassoni minaccia di escludere le nazioni europee dalla regione (oltre che dalla cooperazione nel settore industriale), proprio negli stessi giorni in cui viene varato il primo documento programmatico per un approccio condiviso sull’Indo Pacifico. Nell’intervista rilasciata ad Eunews, Frédéric Grare, esponente dell’European Council on Foreign Relations, spiega come leggere gli avvenimenti dell’ultima settimana, a partire dai reali interessi dei 27 e dalla tensione tra alleati.
    Eunews: Molti analisti in Italia hanno attaccato la Strategia dell’UE per la cooperazione nell’Indo Pacifico, perché ritengono che abbia un approccio poco strategico e troppo economico. Secondo lei questo documento rappresenta davvero un cambio di passo oppure si tratta di un insieme di dichiarazioni di circostanza?
    Grare: “Il documento è frutto di un compromesso tra i paesi che vogliono un approccio più strategico alla regione e quelli che vedono un’opportunità. Questa è una via di mezzo. Se si guarda alle conclusioni del Consiglio europeo di aprile e le si confronta con questo documento, forse l’aspetto strategico è maggiore: menziona la Cina come un problema e può fungere da quadro per gli obiettivi europei nell’area. In generale, se si considerano le singole questioni della strategia, si può decidere quale approccio adottare. Il documento vede l’area come uno spazio di compteizione tra Cina e Stati Uniti in termini di influenza economica: se la Cina lo ottiene, avrà anche influenza politica. Tutto dipende dal modo in cui il documento verrà effettivamente implementato. È un documento di compromesso. La strategia non è molto ambiziosa: riflette l’approccio tipico degli Stati membri dell’UE, ma non significa che il documento non abbia alcun potenziale. Dobbiamo tenere conto della realtà e quindi non possiamo impegnarci in qualcosa che non saremo in grado di realizzare”.
    E: Quanto sono profondi gli interessi dell’Unione Europea nell’Indopacifico? La nuova attenzione per questa regione riguarda gli interessi europei oppure la relazione speciale dell’Europa con gli Stati Uniti?
    Frédéric Grare, Senior Policy Fellow with the Asia Programme at the European Council on Foreign Relations
    G: “Entrambe le cose. Dobbiamo partire dalla realtà che il documento è un compromesso e che gli interessi di politica estera sono diversi per ogni Stato membro: ad esempio, se si prende la Francia, che è potenza residente nell’Indo Pacifico perché ha territori e popolazione sia nell’Oceano Indiano che nell’Oceano Pacifico, appare ovvio che deve essere presente in loco sia che lo voglia o no. Chiaramente è un interesse molto profondo. Altri paesi, come gli Stati baltici, hanno altre priorità (principalmente la Russia). Sebbene quasi tutti gli Stati membri dell’UE (con l’eccezione forse dell’Ungheria) vedano sempre di più la Cina come un qualcosa con cui fare i conti, per molti paesi essere presenti nell’Indo Pacifico significa guadagnarsi la buona volontà degli Stati Uniti a garantire la loro sicurezza (in Europa)”.
    E: Perché crede che gli Americani non abbiano informato nessun altro partner delle trattative per AUKUS? Addirittura arrivando a indispettire platealmente la Francia per la questione della commessa dei sottomarini?
    G: “Se la Francia avesse saputo sarebbe rimasta con le mani in mano? Ovviamente no. Il trattato doveva rimanere segreto, per presentare ai Francesi il fatto compiuto. Ma questo ha conseguenze in tutta Europa, anche perché la Francia è una parte importante dell’industria europea della difesa. In generale però, riesco a capire la logica che ha spinto a concludere la trattativa in segreto. L’accordo francese è stato stracciato, dal loro punto di vista è naturale che si sentano traditi dall’Australia e dagli Stati Uniti”.
    E: L’Unione adesso ha una strategia, ma molti paesi europei (Francia, Germania, Olanda) ne hanno già una a livello nazionale ed è possibile che altri paesi se ne dotino a breve. Saranno complementari a quella della UE? Magari verranno coniugate direttamente in un approccio europeo?
    G: “No, penso che gli approcci nazionali rimarranno. Come ho detto, questo documento riflette il compromesso, cioè gli interessi di ogni paese e su alcune questioni (come la sicurezza) è difficile avere un approccio comune. Inoltre, per come funziona il sistema UE, gli interventi che vedremo saranno su base volontaria. I governi continueranno ad avere iniziative indipendenti in politica estera nell’Indo Pacifico e saranno allo stesso tempo parte dell’approccio europeo all’area. Non è detto che queste iniziative (europee e nazionali) non possano essere complementari tra di loro”.
    E: Come pensa che la strategia europea sarà percepita dalla Cina? Secondo lei la RPC deve essere contenta perchè non è esplicitamente nominata come un avversario oppure no, dato che è probabile che da qui a poco l’Indo Pacifico sarà più affollato?
    G: “In generale non credo che i Cinesi abbiano qualche motivo per essere felici. La Cina è già stata nominata nella EU China Strategy come un rivale sistemico. Il termine rivale è già presente ed utilizzato. Se si guarda il documento, si parla comunque di corrosione economica e militarizzazione dell’area con la Cina come uno dei responsabili. L’obiettivo resta comunque quello di spingere Pechino a comportarsi in modo più accettabile a livello internazionale. In definitiva, la Cina non ha motivo di essere particolarmente felice di questo documento, ma nemmeno di esserne così preoccupata. I risultati di questo primo passo non sono ancora chiari. Diciamo che si tratta di un primo passo, una direzione, ma alla fine dipenderà dagli Stati membri se e come si arriverà al passo successivo”.

    Per il Senior Policy Fellow del think-tank pan-europeo a questo punto diventa fondamentale la strategia UE per la cooperazione nell’Indo Pacifico. Ma “tutto dipende dal modo in cui verrà attuata”, dice a Eunews