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    La Lituania dichiara lo stato di emergenza sul confine bielorusso. Esercito in stato di allerta per la crisi migratoria

    Bruxelles – Dopo la Polonia, anche la Lituania ha dichiarato lo stato di emergenza in risposta alla crisi migratoria scatenata dal presidente bielorusso, Alexander Lukashenko. A partire dalla mezzanotte di oggi (mercoledì 10 novembre) e per i prossimi 30 giorni sarà limitato l’accesso ai non-residenti e il movimento di veicoli non autorizzati in un’area larga cinque chilometri lungo il confine sud-orientale con la Bielorussia.
    La misura promossa dalla ministra dell’Interno, Agnė Bilotaitė, è stata approvata nel tardo pomeriggio di ieri (9 novembre) dal Seimas, il Parlamento nazionale, con 122 voti a favore su 141. È la prima volta che in Lituania entra in vigore lo stato di emergenza, da quando il Paese ha dichiarato l’indipendenza dall’Unione Sovietica l’11 marzo del 1990. Oltre al divieto di ingresso nella zona di frontiera per i civili non autorizzati e la possibilità della guardia di frontiera di fare perquisizioni indiscriminatamente, il pacchetto di misure include l’uso di fondi di riserva del governo per rispondere alla crisi e limitazioni dei diritti dei richiedenti asilo già alloggiati nel Paese: per esempio, restrizioni nella comunicazione per iscritto o telefoniche verso l’estero e ilm divieto di assemblea nelle strutture di accoglienza dei migranti a Kybartai, Medininkai, Pabradė, Rukla e Vilnius.
    La ministra dell’Interno, Agnė Bilotaitė, e la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, in vista sul confine tra Lituania e Bielorussia
    “La situazione alla nostra frontiera è stabile e sotto controllo, ma osservando ciò che sta accadendo al confine bielorusso-polacco, dobbiamo essere preparati a diversi scenari“, è stato il commento della ministra dell’Interno. Spiegando la decisione di imporre lo stato di emergenza, Bilotaitė l’ha definita “proporzionata” rispetto alla “minaccia alla sicurezza nazionale e all’ordine pubblico” di un arrivo massiccio di richiedenti asilo dalla Bielorussia. Così come sta accadendo dallo scorso 2 settembre in Polonia, questa misura “ci permetterà di chiudere completamente il confine con la Bielorussia”, ha aggiunto la ministra. L’esercito è stato messo in stato si allerta.
    La scelta della Lituania di dichiarare lo stato di emergenza è arrivata dopo il precipitare della situazione alla frontiera polacca, con l’arrivo di centinaia di migranti (Varsavia parla di oltre 4mila) agevolato dal regime Lukashenko. Da mesi il presidente bielorusso sta utilizzando il flusso irregolare di migranti come “strumento di guerra ibrida” – parole delle istituzioni europee – in risposta alle sanzioni economiche imposte da Bruxelles. Ma nelle ultime settimane la situazione sembra essere sul punto di sfuggire dal controllo delle autorità di frontiera della Polonia. Questa mattina due gruppi di migranti, incalzati dalle forze dell’ordine bielorusse, hanno sfondato la barriera innalzata dall’esercito polacco nei pressi dei villaggi di Krynki e Bialowieza. In risposta, circa 50 persone sono state arrestate per attraversamento illegale del confine.

    A section of the barbed wire fence has been removed. Polish servicemen formed a human shield to cover the hole and are trying to scare migrants off with a helicopter. The crowd is chanting “Germany!” pic.twitter.com/P99Yd9SRdO
    — Tadeusz Giczan (@TadeuszGiczan) November 8, 2021

    È da lunedì (8 novembre) che oltre 12mila militari in assetto antisommossa si stanno opponendo all’ingresso dei richiedenti asilo in arrivo dalla Bielorussia, con scontri in cui sono rimasti feriti anche alcuni bambini. Nei fatti si tratta di pushback, respingimenti di persone con diritto alla protezione internazionale ai confini dell’Unione Europea: secondo le regole comunitarie, sono pratiche illegali. Nonostante ciò, l’attenzione dell’UE è tutta focalizzata sul sostegno a Varsavia nel proteggere le frontiere (nazionali ed esterne dell’Unione) e sul denunciare “l’aggressione di un regime illegittimo e disperato”, come ha commentato la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson. Bruxelles vuole “evitare una nuova crisi umanitaria alle frontiere” e la priorità più urgente è “porre fine agli arrivi di migranti all’aeroporto di Minsk“, ha aggiunto la commissaria in audizione alla commissione per le Libertà civili (LIBE) del Parlamento UE. A questo scopo “stiamo intensificando i contatti con i Paesi partner” da dove il regime di Lukashenko organizza voli per richiedenti asilo (Iraq, Iran, Siria e Paesi africani della Costa d’Oro).
    Parallelamente, l’UE sta preparando un nuovo pacchetto di sanzioni (il quinto) contro la Bielorussia, per estenderle a individui e organizzazioni che contribuiscono alla strumentalizzazione della migrazione. La discussione è prevista per oggi al Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri (Coreper), mentre alla mini-sessione plenaria del Parlamento UE che si aprirà questo pomeriggio è stata aggiunta in extremis una discussione sulla crisi migratoria al confine tra Polonia e Lituania. Ieri mattina il Consiglio dell’UE ha invece deciso di sospendere parzialmente l’accordo di facilitazioni per l’ottenimento dei visti sul territorio comunitario per chi proviene dalla Bielorussia.

    Con il precipitare della situazione in Polonia, Vilnius ha deciso di introdurre la misura che vieta l’accesso a un’area di 5 chilometri lungo la frontiera e limita i diritti dei migranti già presenti sul territorio nazionale

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    Di Maio illustra alla Segretaria Generale del Consiglio d’Europa il programma della presidenza italiana

    Roma – L’Italia assumerà il prossimo 17 novembre la presidenza di turno del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, l’organizzazione intergovernativa che si propone di promuovere democrazia, stato di diritto e diritti umani in Europa e di realizzare una graduale armonizzazione dei relativi standard. In vista di questo appuntamento, il ministro degli  Esteri, Luigi Di Maio, ha incontrato oggi alla Farnesina la segretaria generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejčinović Burić. Lo racconta una nota della Farnesina.
    Luigi Di Maio
    L’ambizioso programma della presidenza italiana, “in linea con le tradizionali tematiche chiave della nostra azione internazionale per la tutela e la promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali”, spiega la nota, si concentrerà su priorità quali i diritti delle donne e dei bambini, le politiche giovanili e la lotta contro la violenza di genere. Inoltre, la Presidenza italiana dedicherà particolare attenzione al rilancio e al rafforzamento dei principi e valori fondanti del Consiglio d’Europa, all’impatto dell’Intelligenza Artificiale su diritti umani, democrazia e stato di diritto e alla protezione del patrimonio culturale.
    Nel corso dell’incontro, Di Maio e Pejčinović Burić hanno discusso dei principali dossier che sono al momento al centro dell’attività del Consiglio d’Europa e, precisa la Farnesina, in particolare, dell’importanza di dare piena applicazione alle sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

    Dal prossimo 17 novembre spetta a Roma la guida di turno del Comitato dei Ministri dell’oragnismo che raggruppa 47 Stati europei

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    Brexit: le pressioni britanniche per rivisitare il protocollo sull’Irlanda del Nord spaventano Dublino

    Bruxelles – L’Irlanda inizia a pensare a delle “misure di riequilibrio” in caso l’accordo di cooperazione e commercio tra Unione europea e Regno Unito dovesse essere sospeso. Lo ha spiegato Leo Varadkar, ex taoiseach (capo di governo) della Repubblica irlandese, ed attuale ministro del Commercio. Secondo Varadkar “nessuno vuole che l’UE sospenda l’accordo”, ma i recenti dissapori in ambito commerciale tra Londra e Bruxelles potrebbero comunque metterlo a rischio.
    A minacciare l’accordo è soprattutto la possibilità che il Regno unito invochi l’articolo 16 del Protocollo sull’Irlanda del Nord, che fa parte dell’accordo con cui è stata portata a termine la Brexit. Al momento il territorio nordirlandese, pur rimanendo sotto la sovranità di Londra, è equiparato de facto a un Paese membro dell’UE per quel che riguarda il commercio. Lo scopo dell’accordo è quello di fare in modo di garantire un passaggio delle merci il più rapido possibile rapido tra Regno Unito, Irlanda del Nord e resto dell’UE ed evitare l’imposizione di dazi.
    L’articolo in questione, tuttavia, ammette che uno dei contraenti possa introdurre delle “misure di riequilibrio” in caso di “serie difficoltà economiche, sociali o ambientali”. Nè le misure, nè le difficoltà vengono definite all’interno del documento, ma è probabile che attivare l’articolo porterebbe alla sospensione di tutti gli accordi commerciali attualmente in vigore – con la possibilità di generare una “guerra dei dazi” tra un lato e l’altro della Manica.
    L’articolo era stato invocato nel gennaio 2021 dalla Commissione europea per limitare l’export dei vaccini in un momento in cui scarseggiavano per coprire la domanda europea, ma non era stato fatto nessun passo per l’attivazione.
    Adesso sia Boris Johnson sia David Frost, ministro per la Brexit, nel corso degli ultimi negoziati tornano a evocare la possibilità di attivare questa “opzione nucleare”. Per Frost “l’Articolo 16 è una delle opzioni sul tavolo”. Lo scopo dei negoziatori inglesi è ora quello di ottenere concessioni per procedure commerciali semplificate (in entrata e in uscita) con l’Unione, specie in vista dei problemi logistici che affliggono il Paese.
    Secondo l’Irlanda, però, se l’esecutivo di Johnson decidesse di tirare troppo la corda i negoziati potrebbero saltare comunque, anche se l’ipotesi non è quella preferita da nessuno dei contraenti. Eventualità remota, ma a cui Dublino non vuole arrivare impreparata.

    Leo Varadkar, primo ministro irlandese, afferma che il suo paese prepara delle “misure per controbilanciare” in caso l’accordo commerciale tra UE e Regno Unito dovesse saltare come risultato della trattativa sul Protocollo per l’Irlanda del Nord

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    Risoluzione bipartisan al Senato USA: “Sosteniamo l’avvicinamento tra Lituania e Taiwan”

    Bruxelles – “Questa risoluzione vuole dare il messaggio che quando i nostri amici si oppongono alle influenze nocive della Cina, gli Stati Uniti li aiuteranno”. James Risch, senatore repubblicano dell’Idaho, descrive così la risoluzione proposta insieme alla collega democratica Jeanne Shaheen, senatrice del New Hampshire, sulle relazioni tra la Lituania e Taiwan.
    La risoluzione è un testo bipartisan che vuole esprimere il supporto degli Stati Uniti per il nuovo corso delle relazioni tra Vilnius e Taipei, condannando le rappresaglie economiche che la Cina ha messo in atto contro la piccola Repubblica baltica. Si tratta di un testo non vincolante, teso ad esprimere solidarietà ed appoggio internazionale piuttosto che a definire un quadro operativo.

    China is attempting to spread its malign influence across democracies in Eastern Europe, & Lithuania is leading the way in standing up to China’s abuse. I’m proud to lead this bipartisan resolution w/ @SenatorRisch to strengthen U.S. support for Lithuania & Taiwan against China. pic.twitter.com/3rUJONJ0TW
    — Sen. Jeanne Shaheen (@SenatorShaheen) November 7, 2021

    La senatrice ha elogiato le azioni della Lituania, che oggi “indica la via” agli altri Paesi europei sul contrasto alle interferenze della Repubblica popolare in Europa. Insieme all’approfondimento delle relazioni con l’Isola, la risoluzione prende atto (e giudica positivamente) la condanna del parlamento lituano per il trattamento che la Cina sta riservando alla minoranza uigura.
    La Lituania a Taiwan (e viceversa)
    Il 20 luglio scorso il governo lituano aveva reso note le sue intenzioni aprire un “Ufficio di rappresentanza a Taiwan“, con funzioni analoghe (de facto) a quelle di un’ambasciata. La decisione, confermata a settembre dal parlamento, era stata salutata positivamente dall’esecutivo di Taipei, che aveva annunciato l’apertura di un ufficio analogo nel Paese baltico.
    La Cina, che rivendica l’isola come parte del proprio territorio nazionale, aveva reagito duramente, ritirando il proprio ambasciatore da Vilnius e espellendo il rappresentante lituano a Pechino. A questo si era aggiunto lo stop all’esportazione di alcune merci cinesi dirette in Lituania. Anche in quell’occasione non era mancato il supporto americano, segnalato dalla solidarietà del consigliere per la sicurezza nazionale dell’amministrazione Biden, Jake Sullivan.
    L’esecutivo lituano, formato da un tandem tra centrodestra e liberali, è tra quelli che nell’UE supporta più da vicino la causa di Taiwan. Il programma del Partito della libertà, che governa in coalizione con i cristianodemocratici di Tėvynės sąjunga, include un punto relativo al pieno riconoscimento della sovranità della Repubblica di Cina – un unicum in Europa.
    Lo scontro diplomatico con la Cina si è aggravato nel corso del tempo: poco dopo la reazione di Pechino, la Lituania aveva rincarato la dose, spingendo i propri cittadini a fare a meno di alcuni telefoni cinesi di marca Xiaomi e Huawei, i cui software sarebbero stati in grado di censurare i messaggi legati riguardanti l’indipendentismo taiwanese e tibetano.

    A proporre la risoluzione un senatore repubblicano, James Risch, e una senatrice democratica, Jeanne Shaheen, a dimostrazione che Taiwan resta un dossier condiviso tra i rappresentanti politici americani

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    Crisi dei migranti: Il Consiglio sospende le facilitazioni sui nuovi visti dalla Bielorussia

    Bruxelles – Il Consiglio ha deciso di sospendere parzialmente l’accordo di facilitazioni per l’ottenimento dei visti in UE per chi proviene dalla Bielorussia. Si tratta di una misura presa in risposta alle azioni ostili del governo bielorusso, in particolare “l’aver incoraggiato l’immigrazione irregolare per scopi politici” e la “brutale repressione contro tutti i segmenti della società”.
    La decisione non si applicherà a tutti i cittadini bielorussi, ma solo ai funzionari pubblici. Nel pratico saranno sospese le pratiche facilitate per l’ottenimento del visto, tra cui le riduzioni delle tasse per la domanda.
    Il Consiglio si è pronunciato dopo che nella giornata di ieri migliaia di migranti si sono ammassati presso il confine tra Polonia e Bielorussia, cercando di superare le barriere. Secondo il ministero della Difesa di Varsavia, i migranti sono controllati dalle forze bielorusse, che li stanno utilizzando come “arma asimmetrica” per colpire la Repubblica di Polonia.
    Aleš Hojs, ministro degli Interni della Slovenia e attuale Presidente del consiglio Affari interni, ha attaccato duramente il governo di Lukashenko, ribadendo che “è inaccettabile che la Bielorussia giochi con la vita delle persone per scopi politici” e che l’UE continuerà a “contrastare questo attacco ibrido in corso”.

    La decisione del Consiglio di sospendere le facilitazioni sui visti per chi viene dalla Bielorussia si applicherà solo ai funzionari pubblici del Paese ed è una risposta alla crisi migratoria che il governo di Minsk sta utilizzando come “arma asimmetrica”.

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    Ribaltone al governo in Macedonia del Nord, ma l’agenda europea del Paese non cambierà

    Bruxelles – Si entra nella settimana decisiva in Macedonia del Nord per capire in quale direzione andrà la risoluzione della crisi di governo che si è aperta otto giorni fa, dopo il crollo del partito del premier Zoran Zaev alle elezioni amministrative. L’opposizione di destra del Partito democratico per l’unità nazionale macedone (VMRO DPMNE) è pronta a guidare una nuova coalizione, ma il voto anticipato rimane un’opzione realistica.
    “Rimarremo impegnati nell’agenda europea del Paese“, ha assicurato il leader nazionalista Hristijan Mickoski. Lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, crescita economica e sviluppo di un sistema giuridico efficiente: “Queste sono le nostre priorità”, ha aggiunto il presidente di VMRO DPMNE per accreditarsi agli occhi degli osservatori internazionali. Il maggiore partito di opposizione ha annunciato di essere in grado di mettere insieme una nuova maggioranza parlamentare, con l’Alleanza per gli Albanesi, l’estrema sinistra di Levica e il partito di etnia albanese BESA. Con questa coalizione risicata (61 deputati su 120 all’Assemblea Nazionale) Mickoski proverà ad assumere la guida di un nuovo governo. Se dovesse fallire, ha già annunciato che “si andrà quanto prima a elezioni anticipate”.
    In realtà, per il momento il passo indietro del premier Zaev è solo informale. Il presidente della Repubblica di Macedonia, Stevo Pendarovski, non ha ancora ricevuto la lettera di dimissioni e la crisi di governo è rimasta congelata al Parlamento: Mickoski ha annunciato che aspetterà fino alle 14.30 di oggi (lunedì 8 novembre), dopodiché VMRO-DPMNE presenterà una mozione di sfiducia al governo. Non ci si aspetta comunque nessun ripensamento dal premier socialdemocratico, dopo l’annuncio dello scorso 31 ottobre in tarda serata: “Mi prendo la responsabilità dei risultati di queste elezioni, mi dimetto da primo ministro”. Il voto locale ha consegnato l’amministrazione di 42 città su 80 al partito di opposizione di destra, compresa la capitale Skopje, mentre all’Unione socialdemocratica di Macedonia (SDSM) ne sono rimaste solo 16.
    Zaev è al governo dal 2017, confermato anche alle elezioni anticipate del 30 agosto 2020. Tre anni fa era riuscito a raggiungere un accordo con la Grecia per il cambio di nome del Paese, precondizione imposta da Atene per l’adesione alla NATO e all’UE: con gli Accordi di Prespa firmati il 12 giugno 2018, la Repubblica di Macedonia è diventata Repubblica della Macedonia del Nord. Il 27 marzo 2020 Skopje ha fatto ingresso nell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (diventandone il 30esimo Paese membro), mentre si è rivelata più complicata la strada per l’accesso all’Unione Europea.
    Dopo lo stallo che si è protratto fino al marzo 2020 in Consiglio per l’opposizione di Francia, Danimarca e Paesi Bassi all’avvio dei negoziati con Macedonia del Nord e Albania, è stata la Bulgaria a porre il veto all’apertura dei quadri negoziali con Skopje per questioni di natura puramente nazionalistica. Da quasi un anno il processo di adesione UE si è bloccato di nuovo e nemmeno il vertice UE-Balcani Occidentali dello scorso 6 ottobre in Slovenia ha portato sostanziali novità per risolvere la crisi tra Macedonia del Nord e Bulgaria.

    La destra nazionalista di VMRO DPMNE proverà a guidare una nuova maggioranza (risicata) all’Assemblea Nazionale, ribadendo le priorità per l’adesione all’UE. Non è da escludere l’opzione delle elezioni anticipate

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    Bruxelles si avvicina a Taiwan: “Non siete soli”

    Bruxelles – “L’Unione europea è qui per imparare”. Raphaël Glucksmann, a capo della delegazione del parlamento europeo in visita ufficiale a Taiwan, ha ringraziato le autorità di Taipei durante la conferenza stampa finale per l’accoglienza e ha ribadito che “la visita è stata un successo”.
    I sette membri dell’Eurocamera, tra i quali un’italiano, il leghista Marco Dreosto, erano parte di un Comitato speciale sulle interferenze estere e la disinformazione. Nel corso di tre giorni hanno avuto modo di incontrare rappresentati di spicco del mondo politico e imprenditoriale taiwanese, per culminare con un meeting con la Presidente dell’isola Tsai Ing-wen.
    La delegazione ha rassicurato, sia in conferenza stampa che nell’incontro con la Presidente, che oggi “Taiwan occupa un ruolo fondamentale nell’agenda di Bruxelles e in quella di tutti i Paesi membri”. Un viaggio per approfondire la cooperazione con quello che secondo gli ultimi pronunciamenti di Commissione e Parlamento è un “partner insostituibile”.
    Le parole di Glucksmann suonano anche come una precisa scelta di campo: “L’Europa è con Taiwan per la difesa della libertà, dello stato diritto e della dignità umana. Non siete soli”. Una sorta di “riconoscimento implicito” della sovranità e dell’indipendenza dell’isola. Inclinazione confermata anche dalle dichiarazioni che definiscono quelle della Cina nella politica taiwanese come “interferenze esterne”.
    Cambi di passo
    L’avvicinamento tra Bruxelles e Taiwan è condannato dalla Cina. In occasione della risoluzione dell’Eurocamera sul potenziamento della cooperazione con Taipei il governo cinese aveva “condannato qualsiasi tipo di approfondimento delle relazioni tra l’Europa e la regione di Taiwan”, intimando all’UE di non immischiarsi in quella che per Pechino è una questione nazionale.
    Il governo cinese era stato anche più duro nel commentare il nuovo corso dei rapporti tra Taiwan e alcuni Paesi membri UE. A fine agosto lo speaker del Senato della Repubblica Ceca, Milos Vystrcil, si era recato in visita ufficiale presso Taipei e Wang Yi, ministro degli Esteri di Pechino, aveva promesso che “avrebbe pagato un prezzo caro” per l’affronto.
    Il viaggio della delegazione UE segue altri due passi altrettanto storici nelle relazioni con l’isola ribelle. Il 28 ottobre il ministro degli Esteri di Taiwan Joseph Wu si è recato per una visita segreta a Bruxelles per discutere gli sviluppi della regione. Negli stessi giorni veniva annunciata una visita diplomatica di alto livello di una delegazione taiwanese in tre Paesi europei: Repubblica Ceca, Lituania e Slovacchia. Questi viaggi diplomatici sono in genere molto rari, considerato che nessuno degli Stati in questione riconosce oggi Taiwan come Paese sovrano e tutti adottano la “One-China policy” – tradotto: le relazioni diplomatiche ufficiali sono solo con Pechino, ma con Taiwan abbiamo comunque buoni rapporti (se non ottimi, come nel caso degli USA).
    Dove vanno le relazioni tra Taiwan e l’UE
    Sono due gli elementi che contribuiscono a spiegare questa nuova fase delle relazioni UE-Taiwan. Il primo, “segreto”, sono le pressioni informali degli USA per ridurre al minimo i rapporti con la Cina. Il secondo, esplicitato in più occasioni, sono i semiconduttori. Stringendo con Taiwan l’UE intende accedere a un canale privilegiato per assicurarsi i preziosi microchip – passaggio evidenziato anche nella Strategia della Commissione per l’Indo Pacifico.
    Kung Ming-hsin, capo della delegazione taiwanese in Europa orientale, ha confermato che “tutti i Paesi che ho visitato hanno espresso il loro interesse nei semiconduttori e hanno chiesto di cooperare con Taiwan”. Interesse che anche i “grandi” europei come Francia e Germania avevano già confermato in altre occasioni – e giustificato dal fatto che sul territorio di Taipei si trova il 70 per cento delle fonderie globali di microchip.
    In cambio delle concessioni in questo campo così delicato, l’isola vuole qualcosa, come ha fatto intendere ancora Kung Ming-hsin: ” Il Parlamento europeo parla di un accordo bilaterale sugli investimenti tra Taiwan e l’UE da molto, molto tempo. La proposta è stata lanciata molte, molte volte”.
    Un accordo simile, insieme ai benefici economici, rappresenterebbe un gesto molto forte dal punto di vista della narrativa e del riconoscimento internazionale , specie se si considera che l’accordo analogo con la Cina (CAI) è stato di fatto stracciato. Di fatto, Taiwan avanza la carta della cooperazione economica per ottenere legittimazione sulla scena globale.
    Un tema che potrebbe addirittura mettere d’accordo le ali opposte dell’Eurocamera. Per Dreosto (ID), ad esempio, l’Europa deve scegliere senza indugio di “schierarsi da lato degli alleati degli Americani (i Taiwanesi) in difesa della libertà”. Dichiarazioni che non stridono (per una volta) con quelle della collega Markéta Gregorová (Verdi), anche lei presente in questi giorni a Taiwan: “Dico apertamente che è tempo di iniziare a parlare di una One-Taiwan policy (rispetto all’attuale One-China policy) e spero che questo sia il primo incontro di tanti”.

    Secondo una delegazione del Parlamento UE a Taipei c’è forse la “più viva democrazia dell’Asia”. Ma è anche vero che nell’Isola c’è il 70 per cento delle fonderie globali dei microchip di cui l’Unione ha disparatamente bisogno

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    UE e USA rinsaldano il dialogo con una piattaforma transatlantica sull’agricoltura sostenibile

    Bruxelles – Rinsaldare la cooperazione transatlantica sui temi dell’agricoltura sostenibile. A questo fine, UE e Stati Uniti hanno lanciato oggi una piattaforma congiunta per scambiarsi “conoscenze e informazioni e promuovere la comprensione e la fiducia reciproche” per affrontare insieme sfide globali che riguardano la filiera agroalimentare. In altre parole, l’obiettivo è quello di superare le ormai note distanze ideologiche tra i due partner commerciali ritrovati, anche sul piano dell’agroalimentare.

    Today I joined @EUAgri @jwojc to announce the transatlantic ag cooperation platform. This is the first real opportunity in almost a decade for our respective ministries to work in partnership to ensure a sustainable, climate-smart future for agriculture. https://t.co/XClJH2DTuF pic.twitter.com/PHOOOcFtY9
    — Secretary Tom Vilsack (@SecVilsack) November 3, 2021

    “Stiamo riaffermando il nostro impegno reciproco per una produzione agricola sostenibile e rispettosa del clima, riconoscendo che siamo entrambi impegnati in molteplici modi efficaci per raggiungere i risultati desiderati reciprocamente”, scrivono in una dichiarazione congiunta Janusz Wojciechowski e Tom Vilsack annunciando la nascita della piattaforma con cui dare vita a “un nuovo capitolo nella collaborazione UE-USA”. Il commissario europeo all’Agricoltura e il segretario per l’agricoltura degli Stati Uniti hanno spiegato l’iniziativa in occasione di un evento organizzato dal think tank Farm Europe che si è tenuto questa mattina a Bruxelles.
    Nonostante i passi avanti fatti sul piano commerciale dopo i quattro anni di rottura con Donald Trump, Washington e Bruxelles viaggiano ancora su strade diverse quando si parla di sostenibilità e di produttività della filiera della filiera agroalimentare. Solo di recente il segretario Vilsack si è detto contrario alla strategia europea Farm to Fork, perché accusata di portare danni alla produttività della filiera in nome di una maggiore sostenibilità dal punto di vista ambientale. Nonostante questo, è condiviso tra i due lati dell’oceano il pensiero di dover affrontare insieme queste divisioni per avere un rapporto commerciale di successo. “Sarà necessario concentrarsi su queste difficoltà per superarle”, aveva detto Vilsack di fronte all’Europarlamento solo qualche mese fa.
    “Abbiamo più cose in comune di quanto si possa immaginare”, ha voluto precisare invece il commissario europeo, parlando in termini sia di caratteristiche comuni della filiera agricola che di opportunità. Mentre il segretario statunitense ha rimarcato nuovamente che sebbene la metà finale sia la stessa – ovvero un’agricoltura sostenibile a emissioni zero – sul percorso per arrivarci, Unione Europea e Stati Uniti hanno visioni diverse, dalle nuove tecniche per la modifica del genoma su cui Bruxelles punta a presentare una nuova legislazione all’uso degli ormoni nelle carni bovine.
    Questa nuova piattaforma per mantenere un dialogo più costante nasce con l’idea di appianare queste divergenze. “Dobbiamo lavorare insieme per ideare sistemi e soluzioni che siano utili per i produttori agricoli, buoni per i consumatori, buoni per le imprese, buoni per le nostre comunità e buoni per il nostro pianeta. Ciò include mercati equi e aperti a livello locale, regionale e internazionale che rafforzano la sicurezza alimentare e i sistemi alimentari sostenibili”, conclude la nota congiunta.

    “Un nuovo capitolo nella collaborazione UE-USA”, affermano il commissario europeo Janusz Wojciechowski e il segretario statunitense Tom Vilsack annunciando l’iniziativa da Bruxelles. Scambio di conoscenze e informazioni per “affrontare insieme le sfide globali” che riguardano la filiera