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    La Norvegia si aggiunge a Danimarca e Paesi Bassi e fornirà gli F-16 a Kiev. Ministri Ue alla prova di più risorse per la difesa dell’Ucraina

    Bruxelles – Anche la Norvegia si unisce a Danimarca e Paesi Bassi nella coalizione dell’aviazione e donerà caccia da combattimento F-16 di fabbricazione statunitense all’Ucraina. La conferma del primo ministro norvegese Jonas Gahr Store in visita a Kiev è arrivata ieri (24 agosto) nel giorno in cui l’Ucraina festeggiava i 32 anni di indipendenza dall’Urss. “La Norvegia fornirà F-16 all’Ucraina. La migliore notizia per il nostro Giorno dell’Indipendenza”, ha commentato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, facendo sapere che intende organizzare a Oslo uno dei prossimi round dei colloqui sulla Formula di Pace.

    Norway will provide F-16s to Ukraine. The best news for our Independence Day.
    During our talks, I thanked Prime Minister @JonasGahrStore and all Norwegians for this and other crucial support.
    We will also be glad to hold one of the next rounds of Peace Formula talks in Oslo. pic.twitter.com/8sqav6mQOl
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) August 24, 2023

    La Norvegia si unisce dunque allo sforzo guidato da Paesi Bassi e Danimarca per rifornire Kiev di aerei da combattimento per rafforzare le difese aeree e ad aiutare la sua controffensiva contro l’invasione russa, iniziata a febbraio 2022. Gli aerei caccia sono dotati di un cannone da 20 mm e possono trasportare bombe, razzi e missili. “Stiamo progettando di donare aerei da combattimento F-16 norvegesi all’Ucraina e forniremo ulteriori dettagli sulla donazione, i numeri e i tempi per la consegna, a tempo debito”, ha chiarito il ministro norvegese Store.
    Se gli F-16 di fabbricazione statunitense saranno donati a Kiev da Paesi Bassi, Danimarca e Norvegia, la Grecia e gli Stati Uniti si sono offerti di addestrare i piloti ucraini a guidarli. La Danimarca consegnerà 19 aerei caccia da combattimento in totale, con i primi sei che dovrebbero essere spediti in Ucraina intorno a fine anno e che saranno seguiti da otto nel 2024 e cinque nel 2025. Dai Paesi Bassi ne dovrebbero arrivare una quarantina, mentre i numeri della Norvegia ancora non sono noti.
    Mentre prosegue il tour di Zelensky tra le capitali per cercare alleati nella sua coalizione dell’aviazione, la prossima settimana i ministri della Difesa e degli Esteri dei Ventisette torneranno a riunirsi a Toledo (dal 29 al 31 agosto) dopo una lunga pausa estiva. E discuteranno della proposta avanzata dall’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, di mobilitare risorse extra per 20 miliardi fino al 2027 per garantire un sostegno continuo alla difesa dell’Ucraina. Non si tratterà di un nuovo fondo da parte dell’Ue, ma di una specifica sezione dell’attuale strumento europeo per la pace (European Peace Facility), lo strumento finanziario fuori dal bilancio comunitario istituito nel 2021 per migliorare la capacità dell’Ue di prevenire i conflitti e di finanziare azioni operative che hanno implicazioni militari o di difesa nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune.
    Il capo della diplomazia europea ha fatto il primo accenno alla proposta di nuovi finanziamenti a Kiev lo scorso 20 luglio, all’ultima riunione dei ministri degli Esteri prima dell’estate, rimandando a settembre la discussione approfondita. La riunione nel formato Gymnich come sempre sarà informale e dunque non si aspettano decisioni formali da parte dei Ventisette, quanto un primo scambio di idee sulla proposta.

    Oslo entra nella “coalizione dell’aviazione”. La proposta dell’alto rappresentante Josep Borrell di risorse aggiuntive per 20 miliardi fino al 2027 per garantire un sostegno continuo alla difesa dell’Ucraina sul tavolo della riunione Gymnich dei ministri degli Esteri la prossima settimana

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    Un colpo al cerchio ucraino e uno alla botte russa. La Serbia di Vučić tenta uno spericolato equilibro tra Mosca e Kiev

    Bruxelles – Il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, si muove sui cristalli, ma nessuno dei cocci che rompe fanno piacere a Bruxelles. Perché il leader del Paese candidato all’adesione Ue dal 2012 sembra avere una propensione naturale al cerchiobottismo, sfidando sempre un po’ di più i limiti che l’Unione può tollerare. Ma il rischio che si sta assumendo dopo lo scoppio della guerra russa in Ucraina sta diventando sempre più grosso e l’equilibrio sempre più delicato, volendo barcamenarsi in una presunta “equidistanza” non solo tra Bruxelles e Mosca, ma ora anche tra Kiev e il Cremlino, e tirando in ballo un’altra questione molto delicata per l’Ue: convincere altri Paesi a non riconoscerei il Kosovo.
    Il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ad Atene (21 agosto 2023)
    A mettere in luce la nuova spericolata avventura di Vučić è stata la cena informale di lunedì (21 agosto) ad Atene tra i leader delle istituzioni comunitarie, dei Balcani Occidentali, dell’Ucraina e della Moldova, in cui sono andati in scena anche una serie di incontri bilaterali su allargamento Ue e invasione della Russia. Proprio uno dei punti, quest’ultimo, su cui Vučić ha dovuto più destreggiarsi. Il leader serbo non è nuovo alle critiche dell’Unione per il mancato allineamento alla Politica estera e di sicurezza comune, soprattutto sulle sanzioni contro Mosca per l’invasione dell’Ucraina (unico in Europa a non averlo fatto nemmeno a livello di principio), ma fino a oggi non ha mai ceduto ad allontanarsi eccessivamente dal legame con il Cremlino. Al contrario, nonostante riceverà un pacchetto di sostegno energetico da Bruxelles pari a 165 milioni di euro, nel maggio dello scorso anno ha siglato un’intesa con Vladimir Putin per altri tre anni di gas russo a condizioni favorevoli.
    La vera novità dalla cena di Atene è – come lo stesso Vučić ha dichiarato oggi (23 agosto) nel corso di una conferenza stampa – l’opposizione esplicita a inserire riferimenti alle sanzioni e ai crimini di guerra di Putin nella Dichiarazione di Atene, il tutto allo stesso tavolo di Zelensky: “Per noi sono condizioni molto difficili”, anche se ha concesso molto vagamente che “non può esserci impunità per la guerra e altri crimini, come gli attacchi contro i civili e la distruzione delle infrastrutture”. Il ministro degli Esteri serbo, Ivica Dačić, nel celebrare pomposamente la “vittoria diplomatica da soli contro 13 Paesi” in un’intervista a Kurir Tv, ha rivelato un dettaglio di non poco conto: il presidente serbo avrebbe usato “la sua influenza politica” per modificare il testo della dichiarazione ufficiale, “in modo da eliminare il paragrafo che menzionava le sanzioni contro la Russia“, perché “contrario ai nostri interessi nazionali”. Da Bruxelles nessun commento sulla questione, ma in ogni caso non si tratta di segnali incoraggianti sullo spirito che anima l’establishment politico di Belgrado a un anno e mezzo dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina.
    L’Ucraina tra Serbia e Kosovo
    Da sinistra: il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, ad Atene (21 agosto 2023)
    Per cercare di non tagliare i ponti con l’Ucraina, il leader serbo ha cercato di spostare la discussione su un altro livello: quello dell’integrità territoriale, che interessa tanto Kiev quanto Belgrado. “Un incontro aperto, onesto e proficuo”, lo ha definito il presidente Zelensky, riportando i temi di discussione all’incontro bilaterale di Atene: “Rispetto della Carta delle Nazioni Unite e inviolabilità dei confini, futuro comune delle nostre nazioni nella casa europea e relazioni reciproche nel mutuo interesse”. Perché se per l’Ucraina integrità territoriale significa Donbas e Crimea all’interno dei confini nazionali, per la Serbia significa non accettare l’indipendenza del Kosovo proclamata nel 2008. “Sto cercando di ottenere il meglio per la Serbia”, ha dichiarato alla stampa il presidente serbo, parlando delle conversazioni che ha avuto con quattro leader presenti ad Atene i cui Paesi non riconoscono la sovranità di Pristina: due membri Ue (Grecia e Romania) e due non-Ue, Bosnia ed Erzegovina e Ucraina, appunto. Facendo riferimento alle “pressioni” esercitate da Bruxelles su questi Stati, la missione di Vučić ad Atene è stata quella di spingere il leader ucraino a non cedere, facendo leva con tutta probabilità sull’invio di armi per la difesa dall’invasione russa.
    Eppure questo atteggiamento di Vučić si potrebbe scontrare presto non solo con l’irritazione di Mosca per il supporto all’esercito ucraino, ma soprattutto con la posizione dell’Unione Europea per la violazione di accordi precedentemente presi. Secondo l’accordo di Bruxelles sulla normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo firmato sotto l’egida Ue lo scorso 27 febbraio “nessuna delle due Parti bloccherà, né incoraggerà altri a bloccare i progressi dell’altra Parte nel rispettivo cammino verso l’Ue sulla base dei propri meriti”, recita l’articolo 5, riferendosi implicitamente alla sovranità di Pristina (un Paese non indipendente non può fare ingresso nell’Ue). A questo si aggiunge il punto 4 dello stesso accordo, già violato da Belgrado in occasione della votazione sulla richiesta di Pristina di aderire al Consiglio d’Europa: “La Serbia non si opporrà all’adesione del Kosovo a nessuna organizzazione internazionale“. Secondo quanto confermato dallo stesso presidente serbo, Belgrado chiederà che si tenga “quanto prima” una sessione straordinaria del Consiglio di sicurezza delle Nazioni sulla situazione nel nord del Kosovo. Perché la strada di Vučić ormai è tracciata, per quanto spericolato sia l’equilibrio cercato tra Mosca e Kiev e a prescindere dagli avvertimenti di Bruxelles.

    Il presidente serbo sostiene di essere riuscito a modificare la bozza della Dichiarazione di Atene, rendendo meno duri i punti sui crimini di guerra e sanzioni. Ma intanto stringe i rapporti con Zelensky sull’integrità territoriale per impedire che Kiev riconosca la sovranità del Kosovo

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    L’Ucraina ha ricevuto dall’Ue la settima tranche di supporto macrofinanziario. Gli aiuti nel 2023 salgono a 12 miliardi

    Bruxelles – Continua secondo i piani della Commissione Europea il sostegno macro-finanziario all’Ucraina promesso per tutto il 2023. Nella giornata di oggi (22 agosto) sono stati versati nelle casse di Kiev altri 1,5 miliardi di euro, a un mese dall’ultima tranche stanziata da Bruxelles per supportare il Paese invaso dall’esercito russo dal 24 febbraio 2022 negli “sforzi di riparazione, recupero e mantenimento dello Stato”. Ad annunciare lo stanziamento della settima tranche di assistenza macrofinanziaria è stata la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che ha promesso che “ne arriveranno altri, quest’anno e oltre“.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, a Kiev (8 maggio 2023)
    Con la settimana tranche di aiuti destinati a Kiev attraverso lo strumento di assistenza macrofinanziaria Amf+, il supporto economico fornito da Bruxelles nel corso di quest’anno sale a 12 miliardi di euro, dei 18 totali previsti dal pacchetto approvato alla fine dello scorso anno dai co-legislatori. “Con questo strumento, l’Ue cerca di aiutare l’Ucraina a coprire il suo fabbisogno finanziario immediato, con un sostegno finanziario stabile, prevedibile e consistente nel 2023“, sottolinea l’esecutivo comunitario in una nota. Il supporto sarà utilizzato per pagare stipendi e pensioni, per mantenere in funzione i servizi pubblici essenziali (ospedali, scuole e alloggi per gli sfollati), per garantire la stabilità macroeconomica e per ripristinare le infrastrutture critiche distrutte (infrastrutture energetiche, sistemi idrici, reti di trasporto, strade, ponti): “Il Paese sta affrontando la brutale guerra di aggressione della Russia e sta lavorando per ripristinare le sue infrastrutture“, ha voluto ricordare von der Leyen.
    Il pagamento è arrivato dopo che il 25 luglio scorso la Commissione ha rilevato i “continui progressi” di Kiev nell’attuazione delle “condizioni politiche concordate”, rispettando i requisiti di rendicontazione “per garantire un uso trasparente ed efficiente dei fondi”. I progressi più importanti sono stati riscontrati nel lavoro per migliorare la stabilità finanziaria e il sistema del gas, rafforzare lo Stato di diritto, incoraggiare l’efficienza energetica e promuovere un migliore clima imprenditoriale. Ma la presidente von der Leyen ha voluto spingersi oltre: “Continueremo a stare risolutamente al fianco dell’Ucraina, con un sostegno fino a 50 miliardi di euro proposto per il periodo 2024-2027”. Il riferimento è alla proposta di revisione del bilancio pluriennale Ue 2021-2027, con l’idea di creare una riserva finanziaria da 50 miliardi di euro per i prossimi quattro anni, composta di sovvenzioni e prestiti. Mentre i 33 miliardi di prestiti saranno finanziati attraverso l’assunzione di prestiti sui mercati finanziari, i 17 miliardi di euro in sovvenzioni arriveranno direttamente dalle risorse aggiuntive previste dalla revisione del bilancio.
    Dall’inizio della guerra russa in Ucraina Bruxelles stima che il sostegno finanziario, umanitario, di bilancio d’emergenza e militare a Kiev arrivato dall’Unione Europea, dai Paesi membri e dalle istituzioni finanziaria europee “ammonta a 76 miliardi di euro“. Per quanto riguarda l’assistenza macro-finanziaria Ue, il totale è di 19,2 miliardi, di cui 7,2 miliardi stanziati nel 2022 e i 12 di quest’anno. La prima tranche dallo strumento assistenza macrofinanziaria Amf+ è arrivata all’Ucraina il 17 gennaio con un supporto iniziale di 3 miliardi, seguita da altri sei tranche mensili da 1,5 miliardi nel successivo semestre.

    Lo annuncia la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, promettendo che “ne arriveranno altri, quest’anno e oltre”. Lo strumento di assistenza macrofinanziaria Amf+ mobiliterà in totale 18 miliardi per gli “sforzi di riparazione, recupero e mantenimento dello Stato”

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    “Obiettivo allargamento e rafforzamento dell’Ue”. Bruxelles ribadisce la duplice linea nel confronto con i Paesi partner

    Bruxelles – Un incontro informale per ribadire che la strada dei Paesi che hanno fatto richiesta di adesione è tracciata verso l’ingresso, ma che l’allargamento Ue è legato in ogni caso al rafforzamento dell’Unione stessa. Le modalità per renderlo realtà sono tutte da tracciare – considerate anche le difficoltà nel ragionare sulla riforma dei Trattati – ma per il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, è fuori discussione che “l’obiettivo non è solo l’allargamento, ma anche il rafforzamento dell’Ue“. È il riassunto di una cena informale svoltasi ieri sera (21 agosto) ad Atene per iniziativa del premier greco, Kyriakos Mitsotakis, a 20 anni dal vertice di Salonicco in cui per la prima volta veniva messa nero su bianco l’inevitabilità della strada verso l’adesione Ue dei Balcani Occidentali. Con lo scoppio della guerra russa in Ucraina altri tre Paesi attendono lo stesso destino, ma gli ultimi due decenni e tre allargamenti hanno messo in luce la necessità per l’Unione di riorganizzarsi e rinnovarsi.
    Il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e il primo ministro della Grecia, Kyriakos Mitsotakis, ad Atene (21 agosto 2023)
    “Il dibattito sull’allargamento è molto vivo e dobbiamo sfruttare questo slancio“, ha messo in chiaro lo stesso Michel al termine dell’incontro con i leader di Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia, Moldova e Ucraina, oltre a quelli di quattro Paesi membri Ue interessati da vicino dal processo: Bulgaria, Croazia, Romania e Slovenia. Come spiegano fonti Ue, i punti principali emersi durante la cena hanno riguardato il sostegno “incrollabile” alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina, ma anche l’allargamento Ue stesso, considerato “una strada a doppio senso” in cui i Paesi candidati “devono riformarsi” ma anche l’Ue “deve prepararsi” a questi ingressi. Un riferimento implicito al difficilissimo tema della riforma dei Trattati e del superamento del voto all’unanimità in seno al Consiglio, per ampliare le aree in cui si vota a maggioranza qualificata anche su politica estera e fiscalità. Parallelamente “l’allargamento rimane una priorità assoluta per l’Ue, uno strumento forte per promuovere la pace, la sicurezza e la prosperità nel nostro continente”, ha ribadito Michel: “Dobbiamo trovare la strada da percorrere per trasformare questa visione dell’Europa in realtà“.
    Diversi i temi sul tavolo ad Atene. Le stesse fonti Ue fanno riferimento alle discussioni volte a risolvere le controversie bilaterali, “in particolare quelle relative ai diritti delle minoranze”. Anche se non esplicitata, la questione ha riguardato più di recente i rapporti tra Grecia e Albania, il cui premier Edi Rama non è stato invitato ieri per le tensioni causate dalla detenzione dallo scorso 14 maggio del sindaco di etnia greca della città albanese Himarë, Fredi Beleri. Il primo cittadino della cittadina costiera è stato arrestato per una presunta compravendita di voti e da tre mesi è in atto un braccio di ferro diplomatico tra il governo Rama e il governo Mitsotakis: il primo accusa Atene di voler influenzare un’indagine indipendente, il secondo punta il dito contro Tirana per quella che considera una detenzione motivata politicamente. A proposito di controversie bilaterali, la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, si è congratulata con il premier macedone, Dimitar Kovačevski, per la presentazione degli emendamenti costituzionali in Parlamento sulle minoranze etniche nel Paese: “Spero che tutti i partiti lo sostengano per far progredire il percorso europeo della Macedonia del Nord“.
    La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, ad Atene (21 agosto 2023)
    Un altro tema caldo ad Atene è stato quello delle tensioni tra Kosovo e Serbia e la ripresa del dialogo mediato da Bruxelles. La numero uno dell’esecutivo comunitario ha discusso con entrambi i leader – il premier kosovaro, Albin Kurti, e il presidente serbo, Aleksandar Vučić – sulla necessità di “un impegno costruttivo per smorzare la situazione nel nord del Kosovo” dopo gli scontri violenti di fine maggio e i continui scontri diplomatici di giugno. La presidente von der Leyen ha chiesto in particolare al premier Kurti di “attuare gli accordi sulla normalizzazione delle relazioni tra Kosovo e Serbia” come parte del piano per la de-escalation concordato con Bruxelles. Con il presidente Vučić si è invece concentrata sui “progressi della Serbia nel suo percorso verso l’Ue”, in particolare sull’integrazione e l’allineamento delle due parti “di fronte alla guerra russa contro l’Ucraina“. E proprio a proposito del sostegno a Kiev, von der Leyen ha discusso ad Atene con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, sia del “continuo sostegno” – che ha visto ad Atene nuovi confronti sugli F-16 – sia dell’assistenza economica e del lavoro per “portare il grano ucraino sui mercati mondiali”. Ultimo, ma non per importanza il percorso di adesione Ue di Kiev, a meno di due mesi dalla pubblicazione dell’annuale Pacchetto di allargamento Ue (sulla base della presentazione orale dello stato di avanzamento delle riforme in Ucraina, Moldova e Georgia).
    A che punto è l’allargamento Ue
    Lo stravolgimento nell’allargamento Ue è iniziato quattro giorni dopo l’aggressione armata russa quando, nel pieno della guerra, l’Ucraina ha fatto richiesta di adesione “immediata” all’Unione, con la domanda firmata il 28 febbraio dal presidente Zelensky. A dimostrare l’irreversibilità di un processo di avvicinamento a Bruxelles come netta reazione al rischio di vedere cancellata la propria indipendenza da Mosca, tre giorni dopo (3 marzo) anche Georgia e Moldova hanno deciso di intraprendere la stessa strada, su iniziativa rispettivamente del primo ministro georgiano, Irakli Garibashvili, e della presidente moldava Sandu. In soli quattro giorni (7 marzo) gli ambasciatori dei 27 Stati membri riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio (Coreper) hanno concordato di invitare la Commissione a presentare un parere su ciascuna delle domande di adesione presentate dai tre Paesi richiedenti, da trasmettere poi al Consiglio per la decisione finale sul primo step del processo di allargamento Ue.
    Prima di dare il via libera formale, un mese più tardi (8 aprile) a Kiev la presidente dell’esecutivo comunitario von der Leyen ha consegnato al presidente Zelensky il questionario necessario per il processo di elaborazione del parere della Commissione. Lo stesso ha fatto il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, a margine del Consiglio Affari Esteri a Lussemburgo l’11 aprile. Meno di settanta giorni dopo, il 17 giugno il gabinetto von der Leyen ha dato la luce verde a tutti e tre i Paesi, specificando che Ucraina e Moldova meritavano subito lo status di Paesi candidati, mentre la Georgia avrebbe dovuto lavorare su una serie di priorità. La decisione ufficiale è arrivata al Consiglio Europeo del 23 giugno, che ha approvato la linea tracciata dalla Commissione: Kiev e Chișinău sono diventati il sesto e settimo candidato all’adesione all’Unione, mentre a Tbilisi è stata riconosciuta la prospettiva europea nel processo di allargamento Ue. Dall’inizio di quest’anno sono già arrivate le richieste dall’Ucraina e dalla Georgia rispettivamente di iniziare i negoziati di adesione e di diventare Paese candidato “entro la fine del 2023”.
    Sui sei Paesi dei Balcani Occidentali che hanno iniziato il lungo percorso per l’adesione Ue, quattro hanno già iniziato i negoziati di adesione – Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – uno ha ricevuto lo status di Paese candidato – la Bosnia ed Erzegovina – e l’ultimo ha presentato formalmente richiesta ed è in attesa del responso dei Ventisette – il Kosovo. Per Tirana e Skopje i negoziati sono iniziati nel luglio dello scorso anno, dopo un’attesa rispettivamente di otto e 17 anni, mentre Podgorica e Belgrado si trovano a questo stadio rispettivamente da 11 e nove anni. Dopo sei anni dalla domanda di adesione Ue, il 15 dicembre dello scorso anno anche Sarajevo è diventato un candidato a fare ingresso nell’Unione, mentre Pristina è nella posizione più complicata, dopo la richiesta formale inviata alla fine dello scorso anno: dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado nel 2008 cinque Stati membri Ue non lo riconoscono come Stato sovrano (Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia) e parallelamente sono si sono inaspriti i rapporti con Bruxelles dopo le tensioni diplomatiche con la Serbia di fine maggio.
    I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati invece avviati nel 2005, ma sono congelati ormai dal 2018 a causa dei dei passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura. Nel capitolo sulla Turchia dell’ultimo Pacchetto annuale sull’allargamento presentato nell’ottobre 2022 è stato messo nero su bianco che “non inverte la rotta e continua ad allontanarsi dalle posizioni Ue sullo Stato di diritto, aumentando le tensioni sul rispetto dei confini nel Mediterraneo Orientale”. Al vertice Nato di Vilnius a fine giugno il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha cercato di forzare la mano, minacciando di voler vincolare l’adesione della Svezia all’Alleanza Atlantica solo quando Bruxelles aprirà di nuovo il percorso della Turchia nell’Unione Europea. Il ricatto non è andato a segno, ma il dossier su Ankara è tornato sul tavolo dei 27 ministri degli Esteri Ue del 20 luglio.

    Ad Atene è andata in scena la cena informale tra i vertici delle istituzioni comunitarie e i leader dei Balcani Occidentali, Ucraina e Moldova. Per il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, il dibattito sull’adesione di nuovi membri “è molto vivo e dobbiamo sfruttare questo slancio”

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    La coalizione dell’aviazione si allarga: la Grecia addestrerà i piloti ucraini di F-16, dice Zelensky

    Bruxelles – L’occasione era una cena per discutere delle prospettive di allargamento dell’Ue ai Balcani occidentali, all’Ucraina e alla Moldova. Ma per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky la cena che si è consumata ieri (21 agosto) ad Atene, ospitata dal premier greco Kyriakos Mitsotakis, è stata soprattutto l’occasione per strappare alla Grecia l’impegno a partecipare all’addestramento dei piloti dell’aeronautica ucraina per i jet F-16.
    “Oggi abbiamo l’importante risultato per la coalizione dell’aviazione. La Grecia parteciperà all’addestramento dei nostri piloti per l’F-16. Sono grato per questa proposta”, ha detto Zelensky durante la conferenza stampa congiunta con il primo ministro greco ad Atene. A quanto riferito in un post su X, ex Twitter, dal presidente ucraino, la Grecia starebbe preparando un nuovo pacchetto di aiuti militari a Kiev, ma non ha fornito ulteriori dettagli su come si svolgerà il programma di addestramento.

    Five outcomes of our talks with Prime Minister @KMitsotakis.
    1. Greece joined the aviation coalition: it will train our pilots to fly F-16s. Greece is also preparing a new military aid package for Ukraine.
    2. I proposed ways for Greece to assist us in securing Ukraine’s new… pic.twitter.com/saayynoA5I
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) August 21, 2023

    La promessa di Mitsotakis arriva a poche ore dall’annuncio di Danimarca e Paesi Bassi di voler fornire rispettivamente 19 e 42 aerei da combattimento F-16 all’Ucraina, che contribuiranno a rafforzare le difese aeree ucraine e la controffensiva contro l’invasione della Russia, iniziata il 24 febbraio di un anno fa. Dopo il suo piccolo tour europeo del fine settimana tra Amsterdam, Copenaghen e Stoccolma, il presidente ucraino ha detto ieri (21 agosto) di sentirsi “fiducioso” dopo la promessa di consegna degli F-16 di fabbricazione statunitense che l’Ucraina possa realmente porre fine all’invasione russa. I primi sei velivoli dovrebbero arrivare a Kiev prima della fine dell’anno. L’obiettivo del tour europeo di Zelensky – che finora ha fatto tappa in quattro capitali europee – è quello di rafforzare il sostegno militare dell’Occidente.
    Mitsotakis ha ribadito nel corso della conferenza la disponibilità a “sostenere il vostro percorso” di integrazione europea “e abbiamo anche recentemente aderito alla dichiarazione congiunta dei leader del G7 in merito alla fornitura di impegni di sicurezza al vostro Stato”. I due leader, dopo l’incontro bilaterale, hanno inoltre firmato una dichiarazione congiunta sul percorso euro-atlantico dell’Ucraina, che in sostanza sostiene l’integrazione di quest’ultima alla NATO.

    La cena ospitata da Atene per discutere le prospettive di allargamento dell’Unione europea a Balcani occidentali, Ucraina e Moldova è l’occasione per il presidente ucraino Zelensky di strappare alla Grecia l’impegno ad addestrare i piloti dei caccia F-16 che arriveranno a Kiev da Danimarca e Paesi Bassi

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    Tripoli e Bengasi riunificano la Banca Centrale in Libia. Per l’Ue “un passo cruciale” per la stabilità del Paese

    Bruxelles – A pochi giorni dai feroci scontri tra gruppi armati antagonisti a Tripoli, che hanno causato 55 morti e circa 150 feriti, dalla Libia arriva una notizia incoraggiante: nella giornata di ieri (20 agosto) la Banca Centrale Libica (Cbl) ha annunciato il completamento della sua riunificazione come istituzione unitaria e sovrana.
    Dopo quasi un decennio di separazione – dal settembre del 2014 -, inasprita da disaccordi sulla distribuzione delle entrate petrolifere, le due filiali di Tripoli e di Bengasi hanno trovato un accordo per la riunificazione dell’istituzione finanziaria nazionale. L’annuncio, riportano i media libici, è stato fatto al termine dell’incontro presso la sede di Tripoli tra il governatore della Cbl, Siddiq Al-Kabir, e il suo vice, Mari Muftah Rahil. “Una pietra miliare per migliorare le prestazioni di questa vitale istituzione sovrana”, ha commentato il primo ministro del governo di unità nazionale sotto l’egida delle Nazioni Unite, Abdel Hamid al-Dbeibeh.

    Libya: 🇪🇺 welcomes reunification of 🇱🇾 Central Bank 👉 crucial step towards united & stable country. All parties concerned should build on this achievement to conclude UN mediated talks on 🇱🇾-led & -owned solution to the crisis, through elections https://t.co/8MUqXqqJTR
    — Peter Stano (@ExtSpoxEU) August 21, 2023

    Soddisfazione anche dalla comunità internazionale: l’Unione europea “accoglie con favore questo sviluppo e l’impegno della leadership della Banca centrale ad adoperarsi per affrontare l’impatto di quasi un decennio di divisione”, ha dichiarato un portavoce del Servizio europeo d’Azione Esterna (Seae). Non solo soddisfazione, ma anche la speranza che questo accordo tra Tripoli e Bengasi sia l’anticamera di una pacificazione nazionale. La riunificazione delle due filiali “è un passo cruciale verso una Libia unita, stabile e prospera“, che deve condurre a “concludere con successo i colloqui in corso mediati dalle Nazioni Unite per identificare una soluzione politica a guida libica, attraverso le elezioni nazionali“.
    Proprio la Missione di supporto delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) si unisce all’appello di Bruxelles affinché la riunificazione della Cbl possa “creare slancio verso l’unificazione di tutte le istituzioni politiche, di sicurezza e militari del paese, come il popolo libico desiderava da tempo”.

    Dopo quasi un decennio completata la riunificazione della Cbl come istituzione unitaria e sovrana. Dalle Nazioni Unite e da Bruxelles la speranza di uno slancio verso “l’unificazione di tutte le istituzioni politiche” attraverso elezioni nazionali

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    Una cena ad Atene con i leader dei Paesi candidati, a 20 anni da Salonicco. La Grecia torna al centro dell’allargamento Ue

    Bruxelles – Vent’anni dopo, la Grecia vuole tornare protagonista della politica di allargamento Ue. La tavola è apparecchiata per l’appuntamento che questa sera (21 agosto) porterà ad Atene i vertici delle istituzioni comunitarie e i leader dei Paesi candidati all’adesione all’Unione Europea, con un assente eccellente e una strategia ancora tutta da definire, dopo gli ultimi tre vertici Ue-Balcani Occidentali in meno di due anni e tre richieste di ingresso arrivate a seguito dello scoppio della guerra russa in Ucraina. L’ospite della cena informale – il primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis – ha ricordato che quest’anno cade il ventesimo anniversario di quel cruciale vertice di Salonicco, quando per la prima volta volta i leader degli allora 15 Paesi membri riuniti in Grecia sancivano ufficialmente la rotta per la futura adesione dei Balcani Occidentali.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro della Grecia, Kyriakos Mitsotakis
    Alla cena di questa sera saranno presenti i presidenti della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e del Consiglio Europeo, Charles Michel, insieme con i leader di Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia, Moldova e Ucraina, oltre a quelli di quattro Paesi membri interessati da vicino dall’allargamento Ue nei Balcani Occidentali e nell’Europa orientale: Bulgaria, Croazia, Romania e Slovenia. Mentre ad Atene dovrebbe recarsi anche il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, a pesare sulla cena è però un assente eccellente tra i Paesi candidati all’adesione Ue: il premier albanese, Edi Rama, non invitato all’evento a causa delle recenti tensioni tra Atene e Tirana per la detenzione dallo scorso 14 maggio del sindaco di etnia greca della città albanese Himarë, Fredi Beleri. Il primo cittadino della cittadina costiera è stato arrestato per una presunta compravendita di voti, ma da tre mesi è in atto un braccio di ferro diplomatico con il governo Mitsotakis, accusato di voler influenzare un’indagine indipendente. Atene rietine che l’arresto sia motivato politicamente e potrebbe utilizzare la leva dell’adesione all’Ue come strumento di ricatto verso Tirana per mettere fine a quella che il governo greco considera una “violazione dei diritti umani”. Al posto di Rama – il politico più influente in Albania, padrone di casa dell’ultimo vertice Ue-Balcani Occidentali – alla cena di questa sera era stato invitato il presidente albanese, Bajram Begaj (il cui ruolo è principalmente cerimoniale). Invito comunque declinato per “impegni precedentemente presi”.
    La foto di famiglia del vertice Ue-Balcani Occidentali del 6 dicembre 2022 a Tirana, Albania
    Attraverso il braccio di ferro con l’Albania e con la decisione di convocare tutti i leader – delle istituzioni comunitarie e dei Paesi partner – ad Atene per una cena informale, la Grecia di Mitsotakis sta cercando di rimettersi al centro del progetto di allargamento Ue e soprattutto della stabilità, pace e sicurezza energetica nella penisola balcanica. Era il 21 giugno 2003 quando i leader Ue dichiaravano a Salonicco che “il futuro dei Balcani è all’interno dell’Unione Europea” e decidevano di tenere vertici periodici sui Balcani Occidentali per accelerare questo processo. Vent’anni più tardi i progressi si registrano a singhiozzo e il rischio di perdere la fiducia di popolazioni europeiste accompagna puntualmente ogni appuntamento politico sulla questione.
    La cena di questa sera sarà un’altra occasione per un confronto informale sul percorso di adesione dei Paesi partner, che precede la pubblicazione dell’annuale Pacchetto di allargamento Ue (atteso per ottobre) e arrivato a due mesi dalla presentazione orale dello stato di avanzamento delle riforme in Ucraina, Moldova e Georgia. Al Consiglio Europeo di dicembre dovrà essere deciso se avviare i negoziati di adesione con le prime due (più la Bosnia ed Erzegovina) e se concedere lo status di Paese candidato alla terza. “Dobbiamo avvicinare i nostri amici, gli aspiranti membri dell’Ue, molto più rapidamente“, ha commentato su X la presidente von der Leyen al suo arrivo ad Atene, promettendo che “continueremo ad abbattere le barriere tra le nostre regioni”.
    A che punto è l’allargamento Ue nei Balcani Occidentali
    Sui sei Paesi dei Balcani Occidentali che hanno iniziato il lungo percorso per l’adesione Ue, quattro hanno già iniziato i negoziati di adesione – Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – uno ha ricevuto lo status di Paese candidato – la Bosnia ed Erzegovina – e l’ultimo ha presentato formalmente richiesta ed è in attesa del responso dei Ventisette – il Kosovo. Per Tirana e Skopje i negoziati sono iniziati nel luglio dello scorso anno, dopo un’attesa rispettivamente di otto e 17 anni, mentre Podgorica e Belgrado si trovano a questo stadio rispettivamente da 11 e nove anni. Dopo sei anni dalla domanda di adesione Ue, il 15 dicembre dello scorso anno anche Sarajevo è diventato un candidato a fare ingresso nell’Unione, mentre Pristina è nella posizione più complicata, dopo la richiesta formale inviata alla fine dello scorso anno: dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado nel 2008 cinque Stati membri Ue non lo riconoscono come Stato sovrano (Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia) e parallelamente sono si sono inaspriti i rapporti con Bruxelles dopo le tensioni diplomatiche con la Serbia di fine maggio.
    Il processo di allargamento Ue in cui sono impegnati i sei Paesi dei Balcani Occidentali inizia con la presentazione da parte di uno Stato extra-Ue della domanda formale di candidatura all’adesione, che deve essere presentata alla presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea. Per l’adesione all’Unione è necessario prima di tutto superare l’esame dei criteri di Copenaghen (stabiliti in occasione del Consiglio Europeo nella capitale danese nel 1993 e rafforzati con l’appuntamento dei leader Ue a Madrid due anni più tardi). Questi criteri si dividono in tre gruppi di richieste basilari che l’Unione rivolge al Paese che ha fatto richiesta di adesione: Stato di diritto e istituzioni democratiche (inclusi il rispetto dei diritti umani e la tutela delle minoranze), economia di mercato stabile (capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale) e rispetto degli obblighi che ne derivano (attuare efficacemente il corpo del diritto comunitario e soddisfare gli obiettivi dell’Unione politica, economica e monetaria).
    Ottenuto il parere positivo della Commissione, si arriva al conferimento dello status di Paese candidato con l’approvazione di tutti i membri dell’Unione. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio Ue di avviare i negoziati che, anche in questo caso, richiede il via libera all’unanimità dei Paesi membri: si possono così aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile), il cui scopo è preparare il candidato in particolare sull’attuazione delle riforme giudiziarie, amministrative ed economiche necessarie. Quando i negoziati sono completati e l’allargamento Ue è possibile in termini di capacità di assorbimento, si arriva alla firma del Trattato di adesione (con termini e condizioni per l’adesione, comprese eventuali clausole di salvaguardia e disposizioni transitorie), che deve essere prima approvato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio all’unanimità.

    Il premier greco, Kyriakos Mitsotakis, ha invitato anche i vertici delle istituzioni comunitarie alla discussioni informale con i partner sulle prospettive di adesione dei Balcani Occidentali, Ucraina e Moldova. Giallo sull’assenza del premier albanese, Edi Rama, per le recenti tensioni bilaterali

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    Zelensky ‘a caccia’ di F-16: Paesi Bassi e Danimarca si impegnano a fornire decine di aerei all’Ucraina

    Bruxelles – Un impegno e la prima vera promessa di fornire caccia F-16 alle forze armate ucraine. Danimarca e Paesi Bassi muovono i primi passi sulle forniture di aerei da combattimento per Kiev, dopo l’apertura del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e hanno annunciato ieri (20 agosto) che forniranno diversi F-16 a Kiev, che contribuiranno a rimpolpare le difese aree ucraina e la controffensiva contro l’invasione della Russia, iniziata il 24 febbraio di un anno fa.
    L’occasione per annunciare il dispiegamento di forze armate è stata la visita del presidente ucraino Volodomyr Zelenskyj, ai rispettivi premier di Danimarca e Paesi Bassi, Mette Frederiksen e Mark Rutte. “Gli F-16 instilleranno nuova fiducia e motivazione sia nei guerrieri che nei comuni cittadini. Produrranno nuovi risultati per l’Ucraina e il resto d’Europa”, ha scritto su X (precedentemente Twitter) il presidente ucraino, riferendo di una giornata “potente e fruttuosa” sul fronte degli armamenti. 

    F-16s will instill fresh confidence and motivation in both warriors and ordinary citizens. They will produce fresh results for Ukraine and the rest of Europe.
    I thank you once again, dear @MinPres Mark, @Statsmin Mette, your teams, and the peoples of the Netherlands and Denmark. pic.twitter.com/ffSdtMHkfI
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) August 20, 2023

    Coalizione F-16
    Copenaghen e Amsterdam muovono i primi passi in quella che dovrebbe diventare una vera coalizione, a cui i due premier europei invitano anche gli altri 25 Stati membri Ue a prendere parte. La Danimarca, come riferito da Frederiksen, consegnerà 19 arei caccia da combattimento in totale, con i primi sei che dovrebbero essere spediti in Ucraina intorno a Capodanno e che saranno seguiti da otto nel 2024 e cinque nel 2025. Quanto ai I Paesi Bassi hanno 42 F-16 disponibili in tutto, ma devono ancora decidere se verranno donati tutti, ha detto domenica il primo ministro olandese Mark Rutte, quando Zelenskiy ha visitato il paese.
    Prima i carri armati tedeschi, ora quella dei caccia aerei. La fornitura dei cosidetti fighter jets ha sollevato in Ue non poche divisioni e non meno remore tra i Paesi dell’Unione. Nonostante le divisioni a dodici stelle, una svolta è arrivata a fine maggio con la decisione del presidente americano Joe Biden di consentire ai Paesi che lo vorranno di fornire aerei caccia da guerra Made in USA F-16 all’Ucraina. Dopo mesi di richieste da parte di Zelensky, Biden – l’occasione era la riunione dei leader G7 a Hiroshima, in Giappone – ha comunicato agli altri leader riuniti nel formato G7 (Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti e Unione europea) che gli Stati Uniti sosterranno anche gli sforzi di addestramento dei piloti ucraini sugli F-16, che potrebbero coinvolgere anche l’Italia. Roma è insieme alla Grecia, Paesi Bassi, Danimarca, Romania, Portogallo tra i Paesi Ue a disporre di questi velivoli.

    Dopo l’apertura di Biden, da Paesi Bassi e Danimarca arriva la prima promessa ufficiale a fornire a Kiev aerei caccia F-16 che contribuiranno a rafforzare le difese aree ucraine e la controffensiva contro l’invasione della Russia. “Una giornata potente e fruttuosa”, annuncia il presidente ucraino, in visita domenica nei due Paesi Ue