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    Bruxelles presenta il Patto per il Mediterraneo, von der Leyen: “È una chiara offerta ai nostri vicini”

    Bruxelles – La Commissione europea ha presentato oggi (16 ottobre) una strategia per il Mediterraneo, anticamera di uno “spazio mediterraneo comune” tra l’Unione e i 10 partner meridionali. L’obiettivo di una “progressiva integrazione”, indicato da Ursula von der Leyen, rimane piuttosto lontano. Per ora, l’embrione di tale spazio, va forse cercato nell’idea di facilitare i rilasci dei visti e la mobilità tra le due sponde del Mediterraneo, soprattutto per giovani e studenti.Il Patto è rivolto ai 10 partner affacciati sul Mediterraneo: Marocco, Tunisia, Algeria, Libia, Egitto, Israele, Palestina, Giordania, Libano e Siria. Prosegue il lavoro cominciato nel 2021 con l’Agenda per il Mediterraneo, ma con una nuova “metodologia”, ha affermato Dubravka Šuica, la commissaria europea a cui von der Leyen ha affidato un nuovo portafoglio dedicato unicamente all’area mediterranea. “Stiamo creando un partenariato tra pari”, ha assicurato Šuica, basato – si legge nella nota dell’esecutivo Ue – sui principi di “comproprietà, co-creazione e responsabilità congiunta“.Il Patto è il primo risultato di un anno di consultazioni con i governi dei 10 Paesi partner, con le istituzioni europee, diverse agenzie e organizzazioni internazionali e “un’ampia gamma” di componenti della società civile nel vicinato meridionale. Il mese prossimo, in occasione del trentesimo anniversario del processo di Barcellona che diede i natali al partenariato Euromediterraneo, sarà sottoposto all’approvazione di Stati membri e dei partner coinvolti. A quel punto, nel primo trimestre dell’anno prossimo, la Commissione europea dovrebbe partorire un piano d’azione specifico, che indicherà i Paesi a bordo e le parti interessati per ciascun progetto.La parola chiave è “flessibilità”, ha dichiarato Šuica, spiegando che “coloro che sono pronti ad aderire al patto e al piano d’azione che verrà sono i benvenuti” e che “gli altri verranno dopo”. Il patto è aperto anche alla collaborazione con partner al di fuori dell’area: Paesi del Golfo, Africa subsahariana, i Balcani occidentali e la Turchia. Il rafforzamento della cooperazione tra l’Ue, il Medio oriente, il Nord Africa e la regione del Golfo “è uno degli obiettivi principali del patto”, precisa la Commissione.La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen (foto: Lukasz Kobus/Commissione europea)Finora, non è molto di più di una dichiarazione di intenti, fondata su tre pilastri: le persone e la mobilità, l’integrazione e la sostenibilità economica, la sicurezza e la gestione della migrazione. “L’obiettivo è creare vantaggi reciproci“, mette in chiaro Bruxelles. “Oggi facciamo un’offerta chiara ai nostri vicini”, ha affermato von der Leyen, consapevole che nel Mediterraneo si gioca un’importante partita geopolitica e che l’Unione, nonostante la vicinanza geografica, rischia di rimanere ai margini. Come dimostrato anche dal conflitto tra Israele e Hamas e dall’esclusione dell’Ue dai negoziati per un processo di pace.Von der Leyen ha parlato di “oltre 100 idee e azioni concrete”. Dalla creazione di un’università del Mediterraneo – idea che già di Romano Prodi, quando guidava l’esecutivo comunitario – al “collegamento delle nostre istituzioni culturali e delle nostre società civili”, dalla “costruzione di fabbriche di Intelligenza artificiale in tutto il Mediterraneo” a “una nuova iniziativa per le start-up mediterranee”.E poi, la gestione della migrazione, più che mai cruccio dell’attuale Commissione europea. “Da parte europea, mobiliteremo i nostri strumenti finanziari – ha messo sul piatto von der Leyen – e, cosa fondamentale, faremo tutto il possibile per mobilitare gli investimenti privati”.Se da un lato l’Ue chiede cooperazione nel limitare sempre di più gli attraversamenti del Mediterraneo da parte di persone migranti che puntano all’Europa, dall’altra apre ad “ampliare le partnership per i talenti con il Marocco, la Tunisia e l’Egitto” e a “facilitare il rilascio dei visti, in particolare per gli studenti“, ha annunciato Šuica, sottolineando che “se i giovani voglio venire, ci sono percorsi legali”.Bruxelles vuole mettere in cantiere anche “azioni” relative alla modernizzazione delle relazioni commerciali e di investimento, alla promozione dell’energia e delle tecnologie pulite, alla resilienza idrica, all’economia blu e all’agricoltura, alla connettività digitale e dei trasporti, nonché alla creazione di posti di lavoro. Tra gli obiettivi c’è il supporto per decarbonizzare la regione, allineando a poco a poco standard e regole ambientali su quelle del blocco. Tutto questo, attraverso i 42 miliardi di euro per il Mediterraneo che la Commissione europea vuole mettere a bilancio dal 2028 al 2034, il doppio rispetto alle risorse attuali.

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    Gas russo, c’è chi lo vorrebbe ancora. Il ministro di Orban alla Settimana dell’energia a Mosca

    Bruxelles – Il gas russo è sempre più lontano dalle case degli europei, ma c’è chi non si rassegna al percorso intrapreso con decisione da Bruxelles. La proposta di vietare tutti i contratti con il Cremlino entro la fine del 2027 entra nel vivo: domani si esprimerà la commissione competente dell’Eurocamera, ed un gruppo di soliti noti è pronto ad opporsi. Nel frattempo, Ungheria e Slovacchia continuano a promettere ostruzionismo al Consiglio dell’Ue.Oggi, 15 ottobre, il ministro degli Esteri e del commercio dell’Ungheria Péter Szijjártó era a Mosca per la Settimana dell’energia. Il messaggio recapitato a Bruxelles è forte e chiaro: nessuna intenzione di chiudere i rubinetti del gas russo. Una posizione in netto contrasto con quella della Commissione europea, che a maggio aveva presentato una roadmap per la piena indipendenza energetica entro il 2027.Il ministro degli Esteri ungherese Peter SzijjartoL’opposizione in ParlamentoSul fronte parlamentare, la fronda dei contrari può contare sulla delegazione del Movimento 5 Stelle. In una nota diffusa oggi e firmata da tre eurodeputati (Danilo Della Valle, Gaetano Pedullà e Dario Tamburrano) si legge che “il Parlamento europeo si appresta a votare un provvedimento che pone fine all’import del solo gas russo, senza considerare le gravi conseguenze sul mercato dell’energia”.Secondo il Movimento, la riduzione iniziata nel 2022 con l’incursione russa in Ucraina ha avuto effetti solo negativi per l’Italia. “Nell’intero 2024 – prosegue il comunicato – il prezzo medio dell’energia elettrica in Italia è stato di 108,5 euro/MWh, contro i 58 della Francia e i 63 della Spagna: questo si traduce in un salasso, specialmente per le piccole e medie imprese”. Una disparità dovuta alla forte dipendenza italiana dal gas russo. Per gli uomini di Giuseppe Conte, il provvedimento è una decisione “suicida” e serve solo a “sostituire la nostra dipendenza dal gas russo con una nuova dipendenza da quello naturale liquefatto (GNL) proveniente dagli Stati Uniti”.In effetti, lo sprone ad accelerare il processo di isolamento energetico da Mosca è arrivato direttamente da Washington. Il presidente americano Donald Trump aveva dichiarato nel suo discorso alle Nazioni Unite che “è imperdonabile che i Paesi della NATO non abbiano tagliato gran parte dell’energia russa”, aggiungendo che, non a torto, combattere la Russia in questo modo significa “perdere tempo”.La visita a MoscaNegli strani percorsi della politica, per cui una volta si era trumpiani (i grillini) e ora un po’ meno, l’Ungheria del primo ministro Viktor Orbán ha scelto sempre di restare vicino al tycoon. Non su tutto però. Le argomentazioni di americane sull’autonomia energetica da Mosca non piacciono affatto a Budapest.Una posizione ribadita oggi dal ministro degli Esteri ungherese. In visita per la seconda volta a Mosca dopo l’invasione del 2022, Szijjártó ha dichiarato: “Il mio compito è garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico del Paese. Senza la Russia, questo sarebbe fisicamente impossibile”, aggiungendo con ironia: “Come può affermare Bruxelles che chiudere un gasdotto sia diversificazione?”.Cutting one of our two oil pipelines is not diversification. It’s insanity. Our decisions on energy supply will always follow one principle: the Hungarian national interest. pic.twitter.com/lGz4Jvlw16— Péter Szijjártó (@FM_Szijjarto) October 15, 2025Attorniato da ministri provenienti da Corea del Nord, Afghanistan e Venezuela, ha risposto con soddisfazione alla domanda del moderatore: “Cosa prova a essere l’unica persona sana all’interno dell’Unione Europea?”. La risposta è stata netta: “Non dimentichiamoci della Slovacchia e degli amici della Repubblica Ceca, che hanno come primo ministro un patriota”. Più tardi ha poi aggiunto: “Ci sono diversi Stati che sono dalla nostra parte, ma non possono esprimere pubblicamente questa opinione”.Un’allusione vaga e provocatoria, all’interno di una visita che non è piaciuta affatto alle istituzioni europee. La portavoce della Commissione europea, Anitta Hipper, ha chiarito: “Tutti gli incontri bilaterali dei membri dell’Unione dovrebbero rispettare la posizione dell’UE”, ricordando inoltre che “essere a Mosca adesso non è il giusto messaggio da recapitare a Putin, perché tempi e contesti contano”.

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    La NATO ora accelera sulla difesa anti-droni. Rutte: “Avanti con nuove misure”

    Bruxelles  – La NATO andrà avanti con sistemi di difesa anti-droni, e in questo “non ci saranno duplicazioni” né sovrapposizioni con l’Unione europea. Il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Mark Rutte, ostenta sicurezza e determinazione. Al termine della riunione dei ministri della Difesa parla alla stampa, ma è alla Russia che in realtà si rivolge. Tutto il lavorio dell’Organizzazione ruota attorno a Mosca e al suo operato, nel rispetto di una missione e di una vocazione mai perse, neppure dopo caduta della cortina di ferro.Non entra nel merito di un piano di fatto messo a punto, non vuole offrire vantaggi al nemico, ma Rutte chiarisce senza girarci troppo attorno che la NATO “metterà in atto una serie di ulteriori misure anti-droni che rafforzeranno, estenderanno e accelereranno la nostra capacità di contrastare questa minaccia”. Non si perde tempo, visto che “sistemi di test” risultano in funzione mentre lo stesso Rutte parla ai giornalisti. “Innovazione e adattamento fanno parte del DNA della NATO”, ricorda il segretario generale dell’Organizzazione, che assicura come “continueremo a imparare dalla cooperazione con l’Ucraina, ad accelerare la nostra innovazione e a rafforzare la collaborazione con il settore privato”.Il segretario generale della NATO, Mark Rutte [Bruxelles, 15 ottobre 2025]La strategia concordata con gli alleati prevede sviluppo di nuovi sistemi attraverso “cicli rigorosi e ripetuti di test, prove ed esercitazioni”, a cui si aggiungeranno meccanismi di approvvigionamento comuni per facilitare un rapido accesso alle tecnologie più efficaci. Nella perenne e oggi rinnovata sfida a Mosca, Rutte ringrazia e punzecchia il presidente russo Putin. Le violazioni dello spazio aereo europee da parte di velivoli senza pilota “hanno messo in evidenza l’efficacia della nostra postura di deterrenza e difesa, fornendo al contempo un ulteriore impulso a migliorarla”.Difesa armata e presenza non espansionisticaNelle logiche proprie del confronto e dello scontro la narrativa viene rimodulata e rimodellata in automatico, e il segretario generale della NATO fa prova di grande capacità retorica nella scelta di un linguaggio certamente di propaganda – o contro-propaganda – ma comunque ben scelto. Intanto cerca di rassicurare spiegando che “la NATO è un’alleanza di difesa e rimarrà un’alleanza di difesa“, salvo poi dire che però ci si armerà. I ministri della Difesa dei 32 alleati “hanno ribadito che stanno aumentando gli investimenti nella difesa, potenziando la produzione nel settore della difesa e intensificando” il sostegno all’Ucraina. Avanti con la difesa armata e potenziata, dunque.C’è poi la questione della presenza sull’intero scacchiere internazionale. Rutte ha già avuto modo di dire che la NATO non ha intenzione di espandersi nel quadrante di sud-est ma di avere lì degli amici, e tanto basta per mettere in chiaro che si presidierà, pronti a intervenire. “Atlantico e Indo-Pacifico non dobbiamo vederli come versanti isolati“, quanto interconnessi. E’ convinzione di Rutte che “se la Cina volesse attaccare Taiwan la Russia sarebbe obbligata ad attaccare su un altro fronte“. Parole che dimostrano come la NATO viva sul ‘chi va là’, in stato di allerta perenne, e per questo si vuole essere pronti.Ucraina, gli europei acquistino USAInfine il capito Ucraina. I ministri della Difesa della NATO ribadiscono la volontà di continuare a sostenere Kiev, ma questo sostegno passa inevitabilmente per Casa Bianca, Pentagono e industria a stelle e striscei. “Molti sistemi di difesa aerea sono già stati forniti all’Ucraina, ora ci sono delle tecnologie che solo gli Stati Uniti possono fornire, come ad esempio gli intercettori per i sistemi Patriot”, taglia corto Rutte. Questo implica che gli europei devono comprarli per darli all’Ucraina, e che i membri UE della NATO devono dirottare e distogliere acquisti dalle proprie industria in barba alla voglia di stimolare il comparto pesante europeo.Gli Stati Uniti hanno ripreso a fornire supporto militare essenziale, letale e non letale all’Ucraina, finanziato dagli Alleati, con già due miliardi di dollari impegnati. Ad oggi, sottollinea Rutte, “più della metà dei Paesi membri della Nato ha aderito” alla Purl Initiative, lo speciale programma che per l’appunto consente agli alleati di finanziare la fornitura di equipaggiamenti militari statunitensi essenziali per la difesa dell’Ucraina. Una buona notizia per Kiev, certamente, e per il suo presidente Volodymir Zelenski, che venerdì incontrerà il presidente USA Donald Trump per cercare di definire il futuro scenario del conflitto russo-ucraina e, auspicabilmente, post-conflitto e condizioni di pace.

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    Von der Leyen da Vučić: la Serbia “raddoppi” gli sforzi verso l’adesione all’Ue

    Bruxelles – Ursula von der Leyen fa visita a quello che è ormai il grande malato dei Balcani occidentali. A confronto con Albania, Montenegro, Macedonia del Nord e Bosnia-Erzegovina, il percorso della Serbia verso l’adesione all’Unione europea sembra procedere a ritroso. La presidente della Commissione europea, nel suo tour annuale della regione, ha fatto tappa oggi (15 ottobre) a Belgrado, ospite dell’autoritario presidente filo-russo Aleksandar Vučić. E ha scelto, ancora una volta, di non scaricarlo, ma senza fare sconti.La Serbia deve “raddoppiare” i suoi sforzi, ha intimato von der Leyen nella conferenza stampa congiunta a margine dell’incontro con il presidente serbo. È ora – ha aggiunto – che il Paese balcanico “concretizzi” la sua adesione al club a 12 stelle, il cui percorso è stato avviato più di 15 anni fa. Per fugare ogni dubbio sulla posizione di Bruxelles sulla dura repressione governativa dei movimenti di protesta che infiammano il Paese da quasi un anno, la leader Ue ha affermato: “Siamo a favore della libertà anziché dell’oppressione, compreso il diritto di riunirsi pacificamente“.Le proteste oceaniche in Serbia contro il presidente Aleksandar Vučić (foto: Tadija Anastasijevic/Afp)Le lacune di Belgrado sono ben note nella capitale Ue: “Dobbiamo vedere progressi in materia di Stato di diritto, quadro elettorale e libertà dei media”, ha elencato von der Leyen. Bastone e carota, è la strategia per tenere ancorati i Paesi candidati al faticoso percorso di riforme necessario all’adesione: la presidente ha “accolto con favore i recenti progressi” compiuti con l’istituzione del registro elettorale unificato e con le nomine del consiglio della Commissione Regolatrice dei Media Elettronici (REM).“Ho notato gli sforzi compiuti da tutti per lavorare insieme, compresa la società civile e l’opposizione”, ha riconosciuto von der Leyen, consapevole allo stesso tempo che l’indipendenza dal controllo politico dell’ente regolatore dei media è ancora tutta da ottenere e che non si può distogliere lo sguardo da Belgrado nemmeno per un attimo. “È un buon primo passo, ma ora è fondamentale l’attuazione ed è per questo che vorrei invitarvi a Bruxelles tra un mese per fare insieme il punto della situazione”, ha affermato rivolgendosi a Vučić.La ricetta indicata dall’Ue è sempre la stessa, anche quando ci si sposta in politica estera. Serve un “migliore allineamento”, il “61 per cento” indicato da von der Leyen non basta. D’altronde Vučić continua a strizzare l’occhio alla Russia e non si è ancora uniformato al regime di sanzioni europee contro Mosca. Questo nonostante – ha sottolineato ancora la presidente della Commissione europea – Belgrado e tutti i Balcani occidentali abbiano beneficiato, durante la crisi energetica “causata dall’aggressione russa in Ucraina”, delle misure di emergenza messe in campo dall’Ue.Il presidente russo Vladimir Putin (sinistra) e il suo omologo serbo Aleksandar Vučić (foto: Alexander Zemlianichenko/Afp)Per accelerare un processo lungo, che negli ultimi anni ha creato non poche frustrazioni nei Paesi candidati, nell’aprile 2024 l’Unione europea ha istituito uno strumento da 6 miliardi di euro per supportare i piani di riforme socio-economiche necessarie all’adesione nei 6 dei Balcani occidentali (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia). Nell’ambito del Piano di crescita per i Balcani occidentali, la Commissione ha “già messo a disposizione oltre 100 milioni di euro in nuovi investimenti dell’UE per la Serbia”, ha ricordato von der Leyen.Vučić, più che riluttante alle aperture sullo Stato di diritto e sulla libertà dei media previste per avanzare nei negoziati, ha messo le mani avanti: “Non posso promettere nulla, se non che lavoreremo sodo per rispettare il programma di riforme”, ha affermato, auspicando che “in tutto questo avremo il sostegno dell’Ue”. Il leader nazionalista conservatore, che guida il Paese da oltre un decennio e la cui popolarità è oggi ai minimi storici, sa che inimicarsi Bruxelles – che non l’ha scaricato dopo le enormi proteste degli studenti – potrebbe sancire il suo definitivo isolamento.A turno, Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, l’Alta rappresentante per gli Affari esteri Kaja Kallas, e la commissaria per l’Allargamento Marta Kos, hanno tutti strigliato Vučić tendendogli al contempo la mano, per non recidere un rapporto che si inscrive in un delicato equilibrio geopolitico. E da equilibrista in bilico, Vučić prova a districarsi tra promesse a Bruxelles, ammiccamenti a Mosca e piccole concessioni in patria. Vučić ha chiesto a von der Leyen di “trovare un modo per mitigare la situazione” energetica della Serbia, la cui compagnia petrolifera Nis è soggetta a sanzioni da parte dell’amministrazione americana e “di fatto anche da parte dell’Ue”. Il ricatto morale è servito: “Spero che un Paese candidato abbia il sostegno dell”Ue per la propria sicurezza energetica”, ha affermato.

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    Allargamento, von der Leyen incentiva gli investimenti in Montenegro e Bosnia ed Erzegovina. E sprona i governi sulle riforme

    Bruxelles – Seconda tappa del tour balcanico di Ursula von der Leyen. Dopo aver visitato l’Albania, ieri sera (13 ottobre) la presidente della Commissione europea si è recata in Montenegro. A Tivat, sulla costa adriatica, ha incontrato il capo dello Stato, Jakov Milatović, e il primo ministro Milojko Spajić. “Ogni volta che vengo in Montenegro sento battere il cuore dell’Europa“, ha scritto su X appena arrivata, lodando la nazione per essere “all’avanguardia nel processo di adesione” all’Unione.La numero uno del Berlaymont si è nuovamente complimentata per la rapidità con cui Podgorica sta avanzando lungo il sentiero dei negoziati per entrare nel club a dodici stelle: “L’obiettivo dell’adesione del Montenegro all’Ue è davvero vicino al raggiungimento“, ha detto rivolgendosi alla platea, dichiarando di vedere nel piccolo Paese balcanico “un potenziale incredibile“.Ad oggi, il Montenegro ha aperto tutti i 33 capitoli negoziali – organizzati in sei cluster tematici, che indicano i macro-ambiti rispetto ai quali i Paesi candidati devono allinearsi all’acquis communautaire per diventare Stati membri dell’Unione – e ne ha chiusi provvisoriamente sette (l’ultimo lo scorso giugno). Spajić punta a chiuderli tutti “entro la fine del 2026”, con l’obiettivo di “diventare membri del blocco entro la fine del 2028“, portando le cancellerie dell’Ue da 27 a 28.No need to wait for accession to invest in Montenegro.The opportunities are right here, right now.Montenegro is a great place to do business.Today we’re launching 14 projects that show just this ↓ https://t.co/L3Cn8qmrwh— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) October 14, 2025“Si tratta di un obiettivo ambizioso“, ammette von der Leyen, “ma noi amiamo l’ambizione“. Tra le altre cose, Bruxelles apprezza l’allineamento di Podgorica con la politica estera dell’Unione, come evidenziato dalla “vostra decisione di inviare soldati montenegrini a sostegno della nostra missione di addestramento in Ucraina“. La scorsa settimana, il Montenegro è entrato a far parte dell’area unica dei pagamenti in euro (Sepa) insieme ad Albania e Macedonia del Nord, mentre dovrebbe essere imminente l’introduzione del roaming europeo per il traffico internet da rete cellulare.Tuttavia, nota ancora von der Leyen, rimane altra strada da fare per quanto riguarda le riforme nel campo dello Stato di diritto, del contrasto alla corruzione, della trasparenza negli appalti pubblici e della solidità delle infrastrutture democratiche nazionali. La vera difficoltà, in effetti, non sta tanto nell’aprire i capitoli negoziali quanto, piuttosto, nel chiuderli. Il prossimo appuntamento con Bruxelles è fissato per il 4 novembre, quando la Commissione pubblicherà le sue relazioni annuali sui progressi dei Paesi candidati.Ma c’è anche una dimensione economica dell’integrazione continentale, che passa attraverso l’estensione del mercato unico europeo ai Paesi candidati. Da Luštica, nei pressi di Tivat, il capo dell’esecutivo comunitario ha inaugurato stamattina la prima conferenza sugli investimenti Ue-Montenegro, sulla falsa riga di quella svoltasi ieri a Tirana. “Gli investimenti non sono ancora all’altezza del potenziale del Paese”, ha lamentato von der Leyen, ammonendo che “non dovremmo aspettare l’adesione per investire in Montenegro“, pena il rischio di “perdere le opportunità che già esistono”.Il padrone di casa ha annunciato per i prossimi anni un ciclo di investimenti da oltre 3 miliardi di euro: “Il Montenegro è aperto agli affari e ora è il momento di investire” nell’economia nazionale, ha scandito Spajić di fronte agli operatori economici presenti in sala, inclusi attori istituzionali come la Banca europea per gli investimenti (Bei) e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers). La conferenza di Luštica è servita per stipulare 14 contratti di investimento in diversi settori, con un focus soprattutto sulla sostenibilità nel turismo e nei trasporti.Oltre agli investimenti privati, del resto, ci sono pure i fondi europei erogati a Podgorica tramite il veicolo del Piano di crescita per i Balcani occidentali, uno strumento ad hoc con una dotazione di 6 miliardi di euro – ripartiti tra i sei Paesi beneficiari in proporzione alla popolazione e al Pil (al Montenegro sono stati destinati un totale di 383,5 milioni, il 6,8 per cento del totale) – il cui obiettivo è trainare lo sviluppo economico regionale prima ancora dell’accesso all’Ue. Una volta soddisfatte le condizioni per l’erogazione, verrà presto liquidata a Podgorica una tranche da 8 milioni, ha dichiarato von der Leyen, esortando il governo a “continuare con le riforme” per accedere all’intera somma.Terminata la tappa montenegrina, la presidente della Commissione ha ripreso il suo viaggio alla volta della Bosnia ed Erzegovina. Il primo luogo che ha visitato è stato il memoriale di Srebrenica, dove ha commemorato le vittime del genocidio perpetrato dall’esercito serbo trent’anni fa, nel luglio 1995. Da lì si è quindi diretta a Sarajevo, dove ha incontrato i leader della presidenza tripartita (in rappresentanza delle tre comunità nazionali: bosgnacchi, croati e serbi) e la premier Borjana Krišto per rinnovare l’appello all’unità interna, indispensabile per avanzare lungo la strada dell’adesione.La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, commemora le vittime del genocidio di Srebrenica, in Bosnia ed Erzegovina, nel trentesimo anniversario del massacro, il 14 ottobre 2025 (foto: Dati Bendo/Commissione europea)La situazione in Bosnia ed Erzegovina rimane tesa, complici gli attriti tra le autorità centrali e la Republika Srpska, dove si sono riaccesi (ma non si sono mai realmente sopiti) i sentimenti separatisti. Qui si terranno, il prossimo 23 novembre, delle elezioni per scegliere il nuovo presidente dopo che il tribunale federale bosniaco ha fatto decadere Milorad Dodik dalla carica lo scorso agosto. L’esito del voto, che tiene sulle spine tanto Sarajevo quanto Bruxelles, potrebbe complicare ulteriormente il percorso della Bosnia ed Erzegovina verso l’Ue.Lo ha dimostrato plasticamente il ritardo nella presentazione dell’Agenda delle riforme che lo Stato balcanico deve inviare al Berlaymont come condizione per ricevere gli esborsi comunitari legati, appunto, alle riforme pre-adesione nel quadro del Piano per la crescita regionale. Il documento è stato recapitato nell’ultimo giorno utile, il 30 settembre, e verrà ora esaminato dalla Commissione. Sarajevo ha già perso 100 milioni la scorsa estate, proprio per l’incapacità di sottoporre a Bruxelles l’Agenda entro le scadenze previste.

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    Mzia Amaglobeli, la giornalista in carcere in Georgia da 9 mesi. Nuovo appello all’UE ad agire per la sua liberazione

    Bruxelles – “Prima che sia troppo tardi, parlate. Prima che sia troppo tardi, agite”. Questo è l’appello all’Unione europea di Irma Dimitradze, giornalista georgiana e collega di Mzia Amaglobeli, la cronista in carcere da gennaio con l’accusa di aggressione a pubblico ufficiale durante le proteste scoppiate nell’ottobre scorso in Georgia. In molti, tra cui Bruxelles, considerano l’arresto come una scelta arbitraria delle autorità per silenziare la libertà di parola.Portare le istanze di Amaglobeli all’interno delle istituzioni europee dopo 9 mesi di detenzione è un modo per rinnovare l’attenzione mediatica nei confronti della repressione governativa del movimento di protesta in Georgia, esploso dopo la contestata tornata elettorale di un anno fa. Il Parlamento europeo ha solo timidamente provato a comminare sanzioni a politici o esponenti del partito di governo Sogno Georgiano, trovando però sempre l’opposizione dei Paesi membri, che sui regimi di sanzioni deliberano all’unanimità. Lo ricorda Rasa Juknevičienė, europarlamentare lituana del gruppo dei Popolari, nella conferenza stampa dedicata alla vicenda di Amaglobeli, convocata oggi (14 ottobre) all’Eurocamera. “In Parlamento siamo pronti a fare tutto per sanzionare alcuni esponenti della politica georgiana. Sappiamo però che in Consiglio – sorpresa, sorpresa – l’Ungheria si oppone”.Official visit to #Georgia. One thing is clear about this weekend’s elections: the people of Georgia voted for peace and prosperity in free and democratic elections. We are here to support Georgia’s European integration efforts and to strengthen relations.Thank you for… pic.twitter.com/JuaW7yZN8A— Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) October 29, 2024La ricostruzione di Juknevičienė è corretta ma incompleta. Addossare tutta la colpa a Orbán non è del tutto giusto. L’Italia, insieme a Ungheria, Slovacchia, Spagna e Romania, ha fatto fronte comune contro le sanzioni alla Georgia. Un atteggiamento che è valso una visita del contestato primo ministro Irakli Kobakhidze a Milano, per l’inaugurazione del Consolato Generale della Georgia, e il plauso su X all’Italia da parte del politico.La giornalista georgiana Mzia Amaglobeli in custodia cautelare (foto: profilo X di Natia Mezvrishvili, vicesegretaria del partito ForGeorgia)Nella sala stampa, intitolata a un’altra giornalista perseguitata, Anna Politkovskaya, le parole dedicate alla reporter Amaglobeli assumono un significato diverso. La cronista del network georgiano Batumelebi e Netgazeti è da quasi un anno in un penitenziario a Batumi, sulle coste del Mar Nero. Da lì ha fatto giungere un appello per riportare i riflettori del suo caso in Europa. Il momento per lei è complesso, la sua salute è molto cagionevole, ricordano sia l’ex collega Dimitradze, sia l’avvocata della detenuta, Caoilfhionn Gallagher. L’impossibilità di cure approfondite ha peggiorato la sua vista, un deterioramento dovuto oltre alle condizioni detentive alla scelta di iniziare uno sciopero della fame durato 38 giorni.Il motivo della sua carcerazione è chiarito da Petras Auštrevičius, eurodeputato lituano per il gruppo Renew: “I giornalisti indipendenti sono i più grandi nemici dei regimi non democratici, per questo finiscono in carcere”. I numeri, in effetti, sono inquietanti: nello Stato a sud del Caucaso sono stati accusati, con vari capi di imputazione, più di 174 giornalisti, un numero molto alto per un Paese di ridotte dimensioni.La situazione sociale e il clima politico sono in continuo peggioramento, continua Auštrevičius: “Negli ultimi mesi abbiamo visto arresti arbitrari, persecuzioni giudiziarie e la condanna di leader di opposizione e di un giornalista”. Nelle piazze però i manifestanti non si fermano ad alzano il livello di scontro con le autorità: pochi giorni fa il picco con la tentata irruzione nel palazzo presidenziale.Protestors against the Russian-backed government in Georgia have begun storming the Presidential Palace.Unlike Maduro, Lukashenko and Assad, when Ivanishvili calls Putin, no one is picking up the phone. pic.twitter.com/xedfLIXNok— Jay in Kyiv (@JayinKyiv) October 4, 2025L’Unione Europea resta a guardare, nonostante le bandiere a dodici stelle continuino a sventolare nelle piazze di Tbilisi. La speranza per i georgiani filoeuropei è quella di un’azione congiunta, prima che sia troppo tardi. Quel “troppo tardi” suona però quasi come una sentenza. Lo sa bene la legale della giornalista, Caoilfhionn Gallagher: “Io ho curato gli interessi non solo di Mzia ma anche di Daphne Caruana Galizia (giornalista maltese uccisa da un’autobomba per le sue inchieste sulla corruzione politica, ndr). L’Unione Europea ha intrapreso un’azione molto forte in relazione a Malta solo dopo la sua morte. Ora qui abbiamo una situazione simile: il tempo per l’azione è ora”.

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    Afghanistan, l’UE vuole accelerare i rimpatri nel Paese dei talebani

    Bruxelles – In nome di garanzia di ordine pubblico e contrasto all’immigrazione illegale ora i governi nazionali dell’UE pensano ad una stretta delle politiche di accoglienza senza distinzioni, con ritorni coatti anche in Siria e Afghanistan. A premere sono soprattutto Austria e Svezia, capofila di un ragionamento che sembra stridere con il concetto di sicurezza della persona, in Paesi – Siria e Afghanistan, appunto – dove rispetto per la persona e i suoi diritti sono tutti da verificare.Per Gerhard Karner, ministro degli Interni austriaco, “è ormai chiaro a tutti che l’Europa deve diventare più robusta e dura nella lotta contro la migrazione illegale”, il che “significa anche procedere con rimpatri coerenti di criminali e irregolari, anche verso Paesi come Siria e Afghanistan“, scandisce al suo arrivo a Lussemburgo per i lavori del consiglio Affari interni.La linea dell’Austria mostra lo spostamento a destra non solo di uno Stato membro dell’UE, ma dell’UE nel suo complesso, pronta a sacrificare quei valori tanto sbandierati al governo dei talebani al potere in Afghanistan nei confronti del quale c’è peraltro non poco imbarazzo. L’UE dice di non riconoscere i talebani, eppure allo stesso tempo starebbe già lavorando per rispedire nel Paese dell’Asia meridionale uomini e donne altrimenti in rotta verso l’UE e già presenti su suolo comunitario.La necessità di contrastare i flussi migratori irregolari e di garantire sicurezza per le strade spinge gli Stati ad accelerare su un percorso fino a poco tempo fa impensabile. “Dobbiamo rimpatriare gli immigrati che hanno commesso crimini gravi qui in Svezia” e in Europa, sintetizza Johan Forssell, ministro degli Interni svedese, anch’egli convinto che “dopo aver registrato progressi sulla Siria è tempo di accelerare anche sull’Afghanistan“. Poco importa quello che potrà accadere dopo, una volta rientrati all’interno di un Paese dove non ci sono garanzie di sicurezza personale e dove il rischio di persecuzioni non può essere escluso.Del resto la presidenza danese del Consiglio dell’UE ha impresso un cambio di rotta che va incontro alle preoccupazioni e alle richieste dei governi nazionali, aprendo la strada per rimpatri più facili verso Paesi terzi non propriamente sicuri. La scelta danese si inserisce tuttavia in una decisione politica delle istituzioni UE, che hanno scommesso sulla nuova leadership siriana, rappresentata da un’organizzazione riconosciuta dalla stessa UE come terroristica.

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    Allargamento, von der Leyen in Albania per spingere gli investimenti. Tirana “è sulla strada giusta verso l’Ue”

    Bruxelles – Doppia apparizione pubblica a Tirana oggi (13 ottobre) per Ursula von der Leyen. In mattinata la presidente della Commissione ha avuto un bilaterale col primo ministro albanese Edi Rama, elogiandolo per i progressi compiuti dal Paese balcanico verso l’adesione all’Ue. Nel pomeriggio, ha poi incontrato operatori economici regionali ed europei per incentivare gli investimenti nella regione, sempre più integrata nel mercato unico a dodici stelle.“Il mio primo messaggio è molto chiaro”, ha dichiarato la numero uno del Berlaymont al termine del faccia a faccia col premier socialdemocratico: “L’Albania è sulla strada giusta verso l’Unione europea“, ha scandito, complimentandosi per la “accelerazione straordinaria ed eccezionale” registrata negli ultimi “tre o quattro anni” a livello di riforme pre-adesione.Glad to begin my annual tour of the Western Balkans in Tirana.Albania is on the right track towards the EU.With record-speed acceleration in the past three years.We are ready to support you every step of the way. pic.twitter.com/tLX6Ndh369— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) October 13, 2025Tirana sta correndo spedita verso l’ingresso nel club europeo, e finora sono stati aperti cinque cluster di capitoli negoziali su un totale di sei. “Prevediamo di aprire l’ultimo questo autunno“, dice von der Leyen, accogliendo positivamente l’impegno di Rama e del suo governo a “chiudere i negoziati entro il 2027“. Si tratta di “un obiettivo ambizioso”, riconosce, ma fattibile. Del resto, ricorda, l’Albania è già pienamente allineata con la politica estera comunitaria, a differenza ad esempio della Serbia di Aleksandar Vućič.Lo stesso Rama, rispondendo alle domande dei cronisti, ha difeso questo ambizioso obiettivo. “Abbiamo attraversato alcuni momenti difficili” negli anni scorsi a causa dell’ostruzionismo di alcuni Stati membri, ha detto il premier, ma ora “stiamo vivendo una nuova realtà nelle relazioni” tra Tirana e Bruxelles, addirittura un “allineamento totale“.“Da parte nostra, dobbiamo completare tutti i nostri compiti per avere successo”, spiega: “Ogni compito che viene portato a termine con successo”, ragiona, “rende l’Albania più forte e molto più funzionale“. Al punto che, sostiene, l’intero processo negoziale “è per noi un processo di costruzione di uno Stato democratico“.Il primo ministro albanese Edi Rama (foto: Dati Bendo/Commissione europea)Ma non finisce qui. “Avvicinarsi (all’Ue, ndr) non è solo una questione di geopolitica”, ha ragionato ancora von der Leyen, ma “è anche una mossa commerciale intelligente“. Bruxelles ha messo a disposizione della regione 6 miliardi di euro nel quadro del Piano di crescita per i Balcani occidentali, uno strumento dedicato specificamente a trainare lo sviluppo economico dei Paesi dell’area come contropartita per la realizzazione delle riforme pre-adesione.“Le porte del nostro mercato unico sono aperte alle vostre imprese e le nostre imprese ottengono un mercato comune più ampio“, spiega von der Leyen. E annuncia che sta per venire staccato un nuovo assegno da “quasi 100 milioni di euro” per Tirana. “Ora si tratta di passare alla fase di attuazione“, nota: per implementare tutte le riforme e accedere all’esborso dei restanti fondi del Piano, per un valore complessivo di “quasi un miliardo”. I cittadini albanesi stanno già beneficiando dell’inclusione del Paese nell’area unica dei pagamenti in euro (Sepa) e beneficeranno presto del roaming europeo per la navigazione su internet da cellulare.Di economia, nello specifico, von der Leyen ha parlato nella sua seconda apparizione odierna. “Tutti i Paesi che hanno aderito alla nostra Unione hanno registrato un’incredibile crescita economica“, ha detto rivolgendosi alla platea di imprenditori e investitori provenienti dai Paesi della regione e dai Ventisette, riunita per il primo Forum degli investimenti Ue-Balcani occidentali. E succederà anche agli Stati dell’area, promette: “Non sto parlando di un futuro lontano”, assicura, ma del “prossimo decennio”.Il meccanismo è chiaro: “Insieme alle riforme arrivano gli investimenti“, spiega, dal momento che le imprese sapranno di poter operare in condizioni di parità e di libera concorrenza. Gli accordi commerciali stipulati oggi (una decina) e quelli in discussione domani (altri 24), certifica von der Leyen, “potrebbero portare oltre 4 miliardi di euro di nuovi investimenti nella regione”, agendo da volano per raddoppiare il Pil regionale da qui al 2035.Soprattutto, prosegue, “con questi progetti stiamo inserendo i Balcani occidentali nella politica industriale della nostra Unione“. Ad esempio per quanto riguarda l’intelligenza artificiale (Bruxelles vuole costruire delle “factory dell’Ia” in Macedonia del Nord e in Serbia) e l’energia pulita (i Balcani occidentali dovranno diventare hub di produzione, stoccaggio e trasporto, una “nuova dorsale energetica” per il Vecchio continente). “Se scegliete i Balcani occidentali, scegliete l’Europa“, conclude von der Leyen. Il prossimo futuro ci dirà se il suo appello verrà ascoltato.