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    Monta il ‘caso Kaliningrad’ a Bruxelles. I leader UE discuteranno delle conseguenze dello stop a export da Mosca

    Bruxelles – Sotto le pesanti minacce del Cremlino di ritorsioni “pratiche, più che diplomatiche” contro la Lituania, si alza l’allarme nell’Unione Europea sulla questione dello stop alle esportazioni di Mosca per le merci colpite dalle sanzioni internazionali dirette verso l’exclave russa di Kaliningrad. Come fanno sapere fonti UE, il caso sarà portato sul tavolo dei Ventisette, che si riuniranno domani (giovedì 23 giugno) a Bruxelles per il Consiglio Europeo.
    Secondo quanto riferito dalle stesse fonti, il transito verso Kaliningrad di carbone, metalli, legno, cementi, tecnologie avanzate e altre merci sottoposte a misure restrittive “è nella lista delle sanzioni”, ma deve essere tenuta in considerazione la “continuità territoriale con la Russia”. Per questo motivo la Commissione Europea è stata invitata a “fornire un aggiornamento delle linee-guida alla Lituania nelle prossime 24 ore”, mentre dovranno essere “studiati tutti i dettagli” prima delle discussioni tra i capi di Stato e di governo dell’UE, anche per quanto riguarda la “chiara” solidarietà alla Lituania sulle minacce russe: “Alcune delegazioni hanno espresso la volontà di non entrare nel merito” del caso, hanno precisato funzionari europei.
    Nel frattempo, dalla Commissione sono arrivate chiare indicazioni su quanto sta succedendo tra la Lituania e l’exclave russa di Kaliningrad (con le merci in transito dalla Bielorussia, alleata di Mosca). Come spiegato in un lungo thread su Twitter dal portavoce dell’esecutivo comunitario, Eric Mamer, la posizione del gabinetto von der Leyen è chiara: “La Lituania sta attuando le misure restrittive dell’Unione Europea imposte all’unanimità alla Russia dal Consiglio negli ultimi mesi”. Non si tratta di un blocco a tutte le merci in arrivo dalla Russia (a cui Kaliningrad appartiene politicamente) – considerato che “l’approvvigionamento dei beni essenziali non è ostacolato” – ma l’applicazione “dopo un breve periodo di transizione” delle sanzioni contro “specifiche esportazioni russe”, ha puntualizzato Mamer.
    Tutto questo significa che la Lituania “deve applicare controlli aggiuntivi sul transito stradale e ferroviario attraverso il territorio dell’UE”, che siano “mirati, proporzionati ed efficaci”. Tali controlli si baseranno su “una gestione intelligente del rischio, per evitare l’evasione delle sanzioni e consentire al contempo il libero transito” dei beni non soggetti alle sanzioni internazionali. Come spiegato dal portavoce, la Commissione rimane “in stretto contatto” con le autorità lituane e fornirà “ulteriori indicazioni man mano che procederemo” con l’analisi della situazione e delle minacce in arrivo dal Cremlino

    In view of the frequent questions related to the transit of goods through Lithuania towards Kaliningrad, here a thread on the Commission’s position. (1/6)
    — Eric Mamer (@MamerEric) June 22, 2022

    Dopo le minacce di ritorsioni dal Cremlino, la questione del divieto di transito sul territorio della Lituania alle merci sottoposte alle sanzioni arriverà sul tavolo del Consiglio. La Commissione precisa che “non è ostacolato l’approvvigionamento di beni essenziali”

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    La Lituania ha bloccato parte dell’export di merci da Mosca all’exclave russa di Kaliningrad: “Effetto delle sanzioni UE”

    Bruxelles – Si ferma buona parte del commercio sull’asse Mosca-Kaliningrad, l’exclave russa circondata da Lituania, Polonia e Mar Baltico. Il territorio situato all’esterno della Russia (a cui politicamente appartiene) è stato tagliato fuori dalle esportazioni per una serie di merci colpite dalle sanzioni internazionali, dopo l’entrata in vigore sabato (18 giugno) del divieto di transito degli stessi beni commerciali dalla Lituania, Paese membro dell’Unione Europea.
    Carbone, metalli, legno, cementi, tecnologie avanzate. Sono soprattutto queste merci a essere bloccate alla frontiera lituana (con la Bielorussia, alleata di Mosca) in direzione Kaliningrad: dal momento in cui le misure restrittive dell’UE impongono ai Paesi membri il divieto di commercio e transito dei prodotti sottoposti a sanzioni, le autorità di Vilnius non sono autorizzate a consentirne il passaggio verso l’exclave russa. Per il territorio che ospita il quartier generale della marina russa nel Baltico questo blocco alle importazioni rappresenta un problema di natura logistica, considerato il fatto che riceve le forniture critiche da Mosca via ferrovia – e gasdotto, per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico – che attraversano la Lituania.
    “Non stiamo facendo nulla di strano a Kaliningrad”, ha puntualizzato il ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis, facendo ingresso oggi (lunedì 20 giugno) al Consiglio Affari Esteri in Lussemburgo. “Stiamo semplicemente applicando le sanzioni seguendo le linee-guida della Commissione”, ha aggiunto il ministro, precisando anche che il divieto di transito “non si applica a tutti i beni, ma sulla nostra lista compare circa il 50 per cento del commercio russo”. Pesanti minacce sono state indirizzate a Vilnius dal Cremlino, che attraverso le parole del suo portavoce, Dmitry Peskov, ha definito la decisione lituana “senza precedenti” e “in violazione di qualsiasi legge internazionale”, mentre il ministero degli Esteri russo ha riferito all’ambasciata lituana a Mosca che intraprenderà “azioni per proteggere i propri interessi nazionali”, se non sarà revocata la restrizione “apertamente ostile”.

    Come effetto dell’entrata in vigore delle misure restrittive internazionali, le autorità di Vilnius hanno vietato il transito sul proprio territorio a carbone, metalli, legno, cementi, tecnologie avanzate in arrivo dalla Russia al territorio che affaccia sul Baltico. Minacce dal Cremlino

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    Le sanzioni UE non fermano il commercio della Bielorussia: nel 2021 aumentate le importazioni dei Paesi baltici

    Bruxelles – Sono stati tra i Paesi UE che hanno fatto avanzare la linea più dura nei confronti della Bielorussia di Alexander Lukashenko, ma alla prova del nove i Baltici hanno dimostrato di avere non poche difficoltà a rispettare nei fatti le proprie politiche aggressive. Nei primi dieci mesi del 2021 in Estonia, Lettonia e Lituania le importazioni dalla Bielorussia hanno toccato livelli record, nonostante le dure sanzioni economiche imposte da Bruxelles contro Minsk a giugno.
    Analizzando le statistiche degli Istituti nazionali di ricerca dei tre Paesi baltici, è facile osservare come le relazioni commerciali con la Bielorussia si siano cementate, anziché essere scoraggiate dai rapporti lacerati tra l’Unione Europea e il regime di Lukashenko. Con 522 milioni di euro complessivi, le importazioni dell’Estonia sono più che raddoppiate rispetto all’anno precedente (221 milioni) e anche nei mesi di crisi più acuta – tra maggio e ottobre – la media mensile non è mai scesa sotto i 50 milioni di euro. Discorso simile può essere fatto per la Lettonia, che ha registrato importazioni per 406,5 milioni di euro, il livello più alto negli ultimi 10 anni (nel 2020 si era fermato a 298,5). Ancora più esemplificativo il caso della Lituania, il Paese che per primo ha adottato dure misure per opporsi alla “guerra ibrida” di Lukashenko: nel 2021 le importazioni commerciali hanno toccato il miliardo di euro (erano 830 milioni nel 2020).
    Questi forti aumenti rivelano la complessità in termini economici per i Paesi baltici nel trovare un equilibrio con la retorica aggressiva adottata in politica estera. La Bielorussia è e rimane un importante partner commerciale per questa regione, anche considerato il flusso di merci in arrivo dall’Asia e che vi transita prima di arrivare in Europa Occidentale. Le importazioni da Minsk includono prodotti dell’industria del legno, dei fertilizzanti e del settore del petrolio, quest’ultimo nella lista delle misure restrittive UE e statunitensi.
    Dopo aver negato a dicembre qualsiasi violazione delle sanzioni, il governo estone rischia ora di farsi travolgere dalle polemiche per la crescita di un commercio che evidentemente non riguarda solo “merci di transito” attraverso il Paese. Anche il ministero degli Esteri lettone ha assicurato che gli affari commerciali stanno avvenendo nel rispetto del regime di sanzioni. Ma il rischio è quello di dover affrontare la stessa bufera che si è scatenata poche settimane fa a Vilnius, quando sia il ministro lituano degli Esteri, Gabrielius Landsbergis, sia quello dei Trasporti, Marius Skuodis, hanno presentato le dimissioni (poi respinte) a causa delle rivelazioni sul trasporto mai cessato del potassio bielorusso sottoposto alle sanzioni di Bruxelles sulla rete ferroviaria nazionale.

    Nonostante le posizioni aggressive in politica estera contro il regime di Alexander Lukashenko, nel 2021 si è registrato un forte aumento delle esportazioni da Minsk in direzione Lituania, Estonia e Lettonia

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    La Lituania dichiara lo stato di emergenza sul confine bielorusso. Esercito in stato di allerta per la crisi migratoria

    Bruxelles – Dopo la Polonia, anche la Lituania ha dichiarato lo stato di emergenza in risposta alla crisi migratoria scatenata dal presidente bielorusso, Alexander Lukashenko. A partire dalla mezzanotte di oggi (mercoledì 10 novembre) e per i prossimi 30 giorni sarà limitato l’accesso ai non-residenti e il movimento di veicoli non autorizzati in un’area larga cinque chilometri lungo il confine sud-orientale con la Bielorussia.
    La misura promossa dalla ministra dell’Interno, Agnė Bilotaitė, è stata approvata nel tardo pomeriggio di ieri (9 novembre) dal Seimas, il Parlamento nazionale, con 122 voti a favore su 141. È la prima volta che in Lituania entra in vigore lo stato di emergenza, da quando il Paese ha dichiarato l’indipendenza dall’Unione Sovietica l’11 marzo del 1990. Oltre al divieto di ingresso nella zona di frontiera per i civili non autorizzati e la possibilità della guardia di frontiera di fare perquisizioni indiscriminatamente, il pacchetto di misure include l’uso di fondi di riserva del governo per rispondere alla crisi e limitazioni dei diritti dei richiedenti asilo già alloggiati nel Paese: per esempio, restrizioni nella comunicazione per iscritto o telefoniche verso l’estero e ilm divieto di assemblea nelle strutture di accoglienza dei migranti a Kybartai, Medininkai, Pabradė, Rukla e Vilnius.
    La ministra dell’Interno, Agnė Bilotaitė, e la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, in vista sul confine tra Lituania e Bielorussia
    “La situazione alla nostra frontiera è stabile e sotto controllo, ma osservando ciò che sta accadendo al confine bielorusso-polacco, dobbiamo essere preparati a diversi scenari“, è stato il commento della ministra dell’Interno. Spiegando la decisione di imporre lo stato di emergenza, Bilotaitė l’ha definita “proporzionata” rispetto alla “minaccia alla sicurezza nazionale e all’ordine pubblico” di un arrivo massiccio di richiedenti asilo dalla Bielorussia. Così come sta accadendo dallo scorso 2 settembre in Polonia, questa misura “ci permetterà di chiudere completamente il confine con la Bielorussia”, ha aggiunto la ministra. L’esercito è stato messo in stato si allerta.
    La scelta della Lituania di dichiarare lo stato di emergenza è arrivata dopo il precipitare della situazione alla frontiera polacca, con l’arrivo di centinaia di migranti (Varsavia parla di oltre 4mila) agevolato dal regime Lukashenko. Da mesi il presidente bielorusso sta utilizzando il flusso irregolare di migranti come “strumento di guerra ibrida” – parole delle istituzioni europee – in risposta alle sanzioni economiche imposte da Bruxelles. Ma nelle ultime settimane la situazione sembra essere sul punto di sfuggire dal controllo delle autorità di frontiera della Polonia. Questa mattina due gruppi di migranti, incalzati dalle forze dell’ordine bielorusse, hanno sfondato la barriera innalzata dall’esercito polacco nei pressi dei villaggi di Krynki e Bialowieza. In risposta, circa 50 persone sono state arrestate per attraversamento illegale del confine.

    A section of the barbed wire fence has been removed. Polish servicemen formed a human shield to cover the hole and are trying to scare migrants off with a helicopter. The crowd is chanting “Germany!” pic.twitter.com/P99Yd9SRdO
    — Tadeusz Giczan (@TadeuszGiczan) November 8, 2021

    È da lunedì (8 novembre) che oltre 12mila militari in assetto antisommossa si stanno opponendo all’ingresso dei richiedenti asilo in arrivo dalla Bielorussia, con scontri in cui sono rimasti feriti anche alcuni bambini. Nei fatti si tratta di pushback, respingimenti di persone con diritto alla protezione internazionale ai confini dell’Unione Europea: secondo le regole comunitarie, sono pratiche illegali. Nonostante ciò, l’attenzione dell’UE è tutta focalizzata sul sostegno a Varsavia nel proteggere le frontiere (nazionali ed esterne dell’Unione) e sul denunciare “l’aggressione di un regime illegittimo e disperato”, come ha commentato la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson. Bruxelles vuole “evitare una nuova crisi umanitaria alle frontiere” e la priorità più urgente è “porre fine agli arrivi di migranti all’aeroporto di Minsk“, ha aggiunto la commissaria in audizione alla commissione per le Libertà civili (LIBE) del Parlamento UE. A questo scopo “stiamo intensificando i contatti con i Paesi partner” da dove il regime di Lukashenko organizza voli per richiedenti asilo (Iraq, Iran, Siria e Paesi africani della Costa d’Oro).
    Parallelamente, l’UE sta preparando un nuovo pacchetto di sanzioni (il quinto) contro la Bielorussia, per estenderle a individui e organizzazioni che contribuiscono alla strumentalizzazione della migrazione. La discussione è prevista per oggi al Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri (Coreper), mentre alla mini-sessione plenaria del Parlamento UE che si aprirà questo pomeriggio è stata aggiunta in extremis una discussione sulla crisi migratoria al confine tra Polonia e Lituania. Ieri mattina il Consiglio dell’UE ha invece deciso di sospendere parzialmente l’accordo di facilitazioni per l’ottenimento dei visti sul territorio comunitario per chi proviene dalla Bielorussia.

    Con il precipitare della situazione in Polonia, Vilnius ha deciso di introdurre la misura che vieta l’accesso a un’area di 5 chilometri lungo la frontiera e limita i diritti dei migranti già presenti sul territorio nazionale

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    Risoluzione bipartisan al Senato USA: “Sosteniamo l’avvicinamento tra Lituania e Taiwan”

    Bruxelles – “Questa risoluzione vuole dare il messaggio che quando i nostri amici si oppongono alle influenze nocive della Cina, gli Stati Uniti li aiuteranno”. James Risch, senatore repubblicano dell’Idaho, descrive così la risoluzione proposta insieme alla collega democratica Jeanne Shaheen, senatrice del New Hampshire, sulle relazioni tra la Lituania e Taiwan.
    La risoluzione è un testo bipartisan che vuole esprimere il supporto degli Stati Uniti per il nuovo corso delle relazioni tra Vilnius e Taipei, condannando le rappresaglie economiche che la Cina ha messo in atto contro la piccola Repubblica baltica. Si tratta di un testo non vincolante, teso ad esprimere solidarietà ed appoggio internazionale piuttosto che a definire un quadro operativo.

    China is attempting to spread its malign influence across democracies in Eastern Europe, & Lithuania is leading the way in standing up to China’s abuse. I’m proud to lead this bipartisan resolution w/ @SenatorRisch to strengthen U.S. support for Lithuania & Taiwan against China. pic.twitter.com/3rUJONJ0TW
    — Sen. Jeanne Shaheen (@SenatorShaheen) November 7, 2021

    La senatrice ha elogiato le azioni della Lituania, che oggi “indica la via” agli altri Paesi europei sul contrasto alle interferenze della Repubblica popolare in Europa. Insieme all’approfondimento delle relazioni con l’Isola, la risoluzione prende atto (e giudica positivamente) la condanna del parlamento lituano per il trattamento che la Cina sta riservando alla minoranza uigura.
    La Lituania a Taiwan (e viceversa)
    Il 20 luglio scorso il governo lituano aveva reso note le sue intenzioni aprire un “Ufficio di rappresentanza a Taiwan“, con funzioni analoghe (de facto) a quelle di un’ambasciata. La decisione, confermata a settembre dal parlamento, era stata salutata positivamente dall’esecutivo di Taipei, che aveva annunciato l’apertura di un ufficio analogo nel Paese baltico.
    La Cina, che rivendica l’isola come parte del proprio territorio nazionale, aveva reagito duramente, ritirando il proprio ambasciatore da Vilnius e espellendo il rappresentante lituano a Pechino. A questo si era aggiunto lo stop all’esportazione di alcune merci cinesi dirette in Lituania. Anche in quell’occasione non era mancato il supporto americano, segnalato dalla solidarietà del consigliere per la sicurezza nazionale dell’amministrazione Biden, Jake Sullivan.
    L’esecutivo lituano, formato da un tandem tra centrodestra e liberali, è tra quelli che nell’UE supporta più da vicino la causa di Taiwan. Il programma del Partito della libertà, che governa in coalizione con i cristianodemocratici di Tėvynės sąjunga, include un punto relativo al pieno riconoscimento della sovranità della Repubblica di Cina – un unicum in Europa.
    Lo scontro diplomatico con la Cina si è aggravato nel corso del tempo: poco dopo la reazione di Pechino, la Lituania aveva rincarato la dose, spingendo i propri cittadini a fare a meno di alcuni telefoni cinesi di marca Xiaomi e Huawei, i cui software sarebbero stati in grado di censurare i messaggi legati riguardanti l’indipendentismo taiwanese e tibetano.

    A proporre la risoluzione un senatore repubblicano, James Risch, e una senatrice democratica, Jeanne Shaheen, a dimostrazione che Taiwan resta un dossier condiviso tra i rappresentanti politici americani

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    Lituania: “Buttate i telefoni cinesi, rubano dati e sono censurati”

    Bruxelles – L’annuncio del ministero della Difesa della Lituania è di quelli senza precedenti: “Buttate via i vostri telefoni cinesi e non compratene di nuovi”. Secondo un’analisi dell’istituto statale di cybersicurezza di Vilnius, i dispositivi Xiaomi hanno installato al loro interno dei software in grado di censurare messaggi come “Tibet libero”, “lunga vita all’indipendenza di Taiwan” o “movimento democratico”. I termini censurati sarebbero 449 e in continuo aggiornamento. Il software è disattivato per il mercato dell’Unione europea, ma “può essere attivato da remoto in qualsiasi momento”. Inoltre, è stato rilevato che i modelli Xiaomi e il P40 5G di Huawei inviano dati crittografati sull’utilizzo del telefono a un server a Singapore.
    L’annuncio di Vilnius aumenta ulteriormente la tensione con Pechino dopo la crisi diplomatica dello scorso agosto. La Lituania aveva autorizzato Taiwan ad aprire un’ambasciata di fatto (ufficialmente il Paese baltico non riconosce l’isola, così come non lo fanno quasi tutti i Paesi del mondo: farlo significherebbe una crisi con la Cina) utilizzando il proprio nome e non “Taipei”, che è quello della sua capitale usato normalmente in questo tipo di rappresentanze. Il governo cinese, che considera Taiwan una provincia ribelle da riconquistare, aveva ritirato il proprio ambasciatore a Vilnius, espulso quello lituano a Pechino e ridotto i commerci tra i due Paesi, che peraltro non erano particolarmente consistenti. Si è trattato del primo caso in cui la Cina ha ritirato il proprio ambasciatore in uno Stato membro dell’Unione europea.
    Nonostante le pressioni del Dragone, Vilnius non ha arretrato e ha rincarato la dose. Forte anche del sostegno statunitense (il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ha chiamato la prima ministra Ingrida Šimonytė per esprimerle il supporto dell’amministrazione Biden), la Lituania ha inaugurato una politica di relativo attivismo nell’area indo-pacifica, con l’apertura di un’ambasciata in Australia nel 2020 e le prossime inaugurazioni in Corea del Sud e Singapore. In Cina non l’hanno presa bene: i media statali hanno definito “buffonesco” il governo lituano e minacciano di tagliare definitivamente i rapporti commerciali.

    Vilnius chiede ai propri cittadini di abbandonare i modelli Xiaomi e Huawei: avrebbero un software di censura e invierebbero dati riservati a Singapore. Sostegno dagli USA, l’ira di Pechino che minaccia ritorsioni

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    Migranti, Polonia dichiara stato di emergenza sul confine bielorusso. Vietato l’accesso ad attivisti e giornalisti

    Bruxelles – Con lo stato di emergenza dichiarato di ieri (2 settembre) dal presidente polacco, Andrzej Duda, si apre un nuovo capitolo della controversa vicenda della rotta bielorussa. Per i prossimi 30 giorni sarà vietato l’accesso ai non autorizzati a una striscia di terra larga tre chilometri lungo il confine orientale con la Bielorussia. Il decreto è già in vigore e, nonostante possa ancora essere impugnato dal Parlamento di Varsavia, non dovrebbe incontrare grossi ostacoli nella votazione di lunedì prossimo (6 settembre) per il via libera del Sejm, la Camera bassa.
    La decisione è senza precedenti nella storia post-comunista della Polonia ed è stata presa “in relazione a una particolare minaccia alla sicurezza dei cittadini e all’ordine pubblico, legata all’attuale situazione al confine di Stato della Polonia con la Bielorussia”, si legge nella dichiarazione ufficiale dell’ufficio del presidente della Repubblica. Si tratta del flusso migratorio irregolare di migliaia di persone verso l’Unione Europea, agevolato dal presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, come ritorsione alle sanzioni economiche imposte da Bruxelles.
    Secondo le guardie di frontiera polacche, dall’inizio dell’anno sono stati registrati 3 mila tentativi di attraversare il confine in modo irregolare, in particolare dopo l’inizio della costruzione del muro tra Lituania e Bielorussia e i primi respingimenti operati dalle autorità di frontiera lituane. In tutto il 2020 le persone migranti fermate al confine polacco sono state 122. Per rispondere a questa crisi migratoria, Varsavia ha emulato il vicino baltico e ha iniziato la costruzione di una barriera lungo i 399 chilometri di confine.
    Operazioni di allestimento della recinzione di filo spinato sul confine tra Polonia e Bielorussia
    Con lo stato di emergenza lo scenario però cambia e mette in allarme i difensori dei diritti umani. Non è previsto solo il divieto di “soggiornare in luoghi, strutture e aree designati in orari specifici”, ma anche di “registrare con mezzi tecnici l’aspetto o altre caratteristiche di determinati luoghi, oggetti o aree”. Se non bastasse, sarà imposta la “limitazione dell’accesso alle informazioni pubbliche sulle attività svolte nell’area coperta dallo stato di emergenza”, ovvero una fascia larga tre chilometri dal confine. In questo modo, gli attivisti saranno impossibilitati a portare cibo e primo soccorso alle persone migranti, mentre ai giornalisti sarà negato il diritto di cronaca e di indagine sulla situazione alla frontiera. C’è allarme tra gli addetti ai lavori sugli episodi di pushback, i respingimenti illegali di persone con diritto alla protezione internazionale ai confini dell’Unione Europea.
    Il portavoce presidenziale, Błażej Spychalski, ha riferito che la situazione al confine è “difficile e pericolosa” e Varsavia, “essendo responsabile non solo dei confini nazionali, ma anche di quelli dell’Unione Europea”, deve prendere misure “per garantire la sicurezza della Polonia e dell’intera Unione“. Tuttavia, attivisti e parlamentari polacchi dell’opposizione al governo di Mateusz Morawiecki hanno riportato casi di respingimenti illegali alla frontiera per tutto il mese di agosto: ultimi in ordine cronologico i 30 migranti dall’Afghanistan bloccati nei pressi del villaggio di Usnarz Gorny.
    Lo stato di emergenza è stato già disposto anche nelle zone di confine con la Bielorussia in Lituania (il 7 luglio) e in Lettonia (dall’11 agosto al 10 novembre). Il governo lettone ha vietato di presentare domande per lo status di rifugiato nelle regioni dove è in vigore il decreto e tutti i migranti sono stati respinti in Bielorussia prima di poter fare richiesta per la protezione internazionale. Vilnius ha invece rigettato tutte le richieste di asilo ricevute dal primo agosto e ha adottato una strategia di respingimento sistematico: larga parte dell’opinione pubblica lituana sta avallando queste misure contrarie al diritto internazionale.

    Con l’entrata in vigore del decreto (che dovrà essere approvato dal Parlamento) per i prossimi 30 giorni è disposto il divieto di riprese e la limitazione alle informazioni in una striscia di terra larga tre chilometri lungo la frontiera. Preoccupano i respingimenti illegali operati dalla guardia di frontiera

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    Migranti, la soluzione di Polonia e Paesi baltici per fermare la rotta bielorussa è innalzare muri e sanzionare Minsk

    Bruxelles – Si sta trasformando sempre più in una polveriera il confine dell’Unione Europea con la Bielorussia. Lituania e Polonia sono sul piede di una guerra diplomatica con il regime di Alexander Lukashenko a causa di quello che dai funzionari europei viene definito un “attacco ibrido”. Il presidente bielorusso da mesi agevola il flusso irregolare di migliaia di persone migranti verso l’Unione Europea, come ritorsione alle sanzioni economiche imposte da Bruxelles.
    Dopo la pubblicazione dei dati sul flusso di immigrazione irregolare da parte del dipartimento di Statistica del governo lituano, il ministro degli Esteri, Gabrielius Landsbergis, ha fatto sapere ieri (24 agosto) durante una conferenza stampa che Vilnius ha proposto all’Unione Europea di imporre sanzioni ai bielorussi che stanno aiutando i migranti ad attraversare la frontiera. Il ministro lituano ha presentato al Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) una lista di cittadini e aziende bielorusse “coinvolte nei flussi migratori illegali”.
    Il valico di frontiera di Padvaronys, tra Lituania e Bielorussia
    Dal primo gennaio a oggi (25 agosto) le statistiche ufficiali del governo riportano 4.140 tentativi di attraversamento illegale della frontiera lituana dal territorio bielorusso. A inizio luglio erano 672, in tutto lo scorso anno 81 (tra il 2017 e il 2020 complessivamente 303). Nel solo mese di luglio l’entità del flusso migratorio è aumentata esponenzialmente, oltre sei volte quella registrata nei primi sei mesi dell’anno.
    “Dobbiamo mandare un segnale molto chiaro non solo alla Bielorussia, ma anche a qualsiasi dittatore che decida di usare un tale strumento contro l’Unione Europea o uno dei suoi Stati”, ha minacciato Landsbergis. Ma le sanzioni sono solo l’ultimo tra gli strumenti proposti dal governo di Vilnius. Il 9 luglio la Lituania ha annunciato la costruzione di una barriera di filo spinato di 550 chilometri – sui 678 totali – di confine con la Bielorussia, che prevede di completare entro settembre del prossimo anno. Rispetto alle previsioni di spesa (41 milioni di euro), il costo stimato è lievitato e si attesta ora a 152 milioni di euro. Estonia, Slovenia e Danimarca hanno già aiutato la Lituania, inviando materiale per la costruzione della prima barriera di filo spinato.
    Muri, sanzioni e finanziamenti
    Costruire muri per proteggere le frontiere esterne dell’UE costa e, come la Lituania, anche gli altri Paesi membri della regione sono alla ricerca di sostegno economico per intraprendere lo stesso tipo di operazioni. In primis la Polonia, da dove è arrivata la notizia che sarà costruita una recinzione simile a quella lituana lungo i 399 chilometri di confine con la Bielorussia. Ad annunciarlo è stato il ministro della Difesa, Mariusz Błaszczak, su Twitter: si tratterà di una recinzione di 2,5 metri di altezza, mentre “più soldati saranno coinvolti per aiutare la guardia di frontiera”.
    Nel frattempo il premier Mateusz Morawiecki ha accusato Lukashenko di “cercare sistematicamente e in modo organizzato di destabilizzare la situazione politica” in Polonia. Morawiecki ha riferito di essere a conoscenza di “pubblicità che incoraggiano gli iracheni a viaggiare in Bielorussia” e di lì sarebbero poi “scortati al confine e costretti da ufficiali bielorussi ad attraversare la frontiera“.
    Il governo polacco è stato però criticato da diverse organizzazioni per i diritti umani per essersi reso responsabile di episodi di pushback (respingimenti illegali di persone con diritto alla protezione internazionale ai confini dell’Unione Europea), come nel caso di un gruppo di migranti nei pressi del villaggio di Usnarz Gorny. “Questi non sono rifugiati, sono migranti economici portati dal governo bielorusso“, ha risposto in modo inquietante ai giornalisti il viceministro degli Esteri, Marcin Przydacz, giustificando implicitamente possibili azioni illegali da parte della guardia di frontiera polacca.

    Na granicy z Białorusią powstanie nowy, solidny płot o wysokości 2,5 m. Więcej żołnierzy będzie zaangażowanych w pomoc Straży Granicznej. Wkrótce przedstawię szczegóły dotyczące dalszego zaangażowania Sił Zbrojnych RP. pic.twitter.com/uTQ0lKYIb4
    — Mariusz Błaszczak (@mblaszczak) August 23, 2021

    Come la Lituania, anche la Polonia e la Lettonia hanno visto aumentare il numero di attraversamenti illegali, mentre l’Estonia teme ripercussioni sulla stabilità interna e di tutta la regione. Per questo motivo i primi ministri dei quattro Paesi (rispettivamente Ingrida Šimonytė, Mateusz Morawiecki, Arturs Krišjānis Kariņš e Kaja Kallas) hanno firmato una dichiarazione congiunta per portare all’attenzione dell’Assemblea Generale e del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite “la questione degli abusi dei migranti sul territorio bielorusso”.
    I quattro premier hanno sollecitato l’alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati a “prendere misure attive per facilitare la soluzione di questa situazione”, dal momento in cui “la crisi in corso è stata pianificata e sistematicamente organizzata dal regime di Alexander Lukashenko“. Il fatto di “usare gli immigrati per destabilizzare i Paesi vicini costituisce una chiara violazione del diritto internazionale”, da qualificarsi come “attacco ibrido”.
    In quest’ottica all’Unione Europea è stato chiesto di “ripensare l’approccio alla protezione dei nostri confini”. Non si tratterebbe solo di “un’adeguata attenzione politica a livello europeo”, ma soprattutto di “stanziare fondi sufficienti” ai singoli Stati membri, essendo questa una “responsabilità comune” dell’intera Unione. Lituania, Polonia, Lettonia ed Estonia hanno messo nero su bianco che “prenderemo tutte le azioni necessarie, compreso il patrocinio di eventuali nuove misure restrittive da parte dell’UE, per prevenire qualsiasi ulteriore immigrazione illegale orchestrata dallo Stato bielorusso”. Allo stesso tempo, è stata ribadita la volontà di “fornire tutta la protezione necessaria alle persone che entrano nei nostri Paesi alle condizioni previste dal diritto internazionale dei rifugiati”.
    La risposta dell’Unione
    “Non possiamo accettare alcun tentativo da parte di Paesi terzi di incitare alla migrazione illegale”, ha commentato ieri il portavoce per la Giustizia della Commissione UE, Christian Wigand, durante il punto giornaliero con la stampa. “Respingiamo fermamente i tentativi di strumentalizzare le persone per scopi politici”. L’esecutivo comunitario starebbe comunque “monitorando da vicino gli sviluppi al confine per la gestione ordinata delle frontiere e il pieno rispetto dei diritti fondamentali dei migranti”.
    La commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, durante la sua visita al valico di frontiera di Padvaronys (2 agosto 2021)
    Una replica attendista, soprattutto in ottica di possibili nuovi pushback alle frontiere dell’Unione Europea (dopo quelli in Ungheria, Croazia e Grecia). Il portavoce dell’esecutivo non si è voluto sbilanciare, richiamandosi piuttosto alle dichiarazioni che hanno seguito la riunione straordinaria dei ministri degli Interni di mercoledì scorso (18 agosto). “Questo comportamento aggressivo è inaccettabile ed equivale a un attacco diretto e mirato a mettere sotto pressione l’Unione“, aveva spiegato alla stampa la commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson.
    Ora che si innesta anche la questione di nuovi flussi migratori provenienti da un’Afghanistan destabilizzato, “l’Unione Europea dovrà considerare ulteriormente la sua risposta a queste situazioni, per scoraggiare qualsiasi tentativo di strumentalizzare l’immigrazione illegale“, ha aggiunto la commissaria Johansson. Dalla settimana prossima, quando l’esecutivo UE tornerà a lavorare a pieno regime, si capirà quale sarà la linea che verrà seguita sia a livello di ulteriori sanzioni contro la Bielorussia, sia sul piano di eventuali finanziamenti europei per l’innalzamento di nuovi muri alle frontiere esterne dell’Unione.

    La Lituania chiede all’UE di imporre sanzioni a chi agevola il flusso irregolare nel Paese, mentre Varsavia annuncia la costruzione di una barriera di confine. Denunciato il regime di Lukashenko in una dichiarazione congiunta con Estonia e Lettonia