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    Tajani: “Creare lo Stato palestinese per delegittimare Hamas”

    Bruxelles – Creare uno Stato palestinese per delegittimare Hamas. DI fronte alla crisi in Medio Oriente l’Europa adesso deve approfondire il ragionamento geopolitico per il futuro della regione, già ribadito dopo il Consiglio informale del 15 ottobre. E’ Antonio Tajani a insistere esplicitamente sull’istituzione di uno nuovo Paese, vero, indipendente e sovrano. Il ministro degli Esteri, anche in qualità di segretario di Forza Italia e di vicepresidente del Ppe, porta la questione sul tavolo del Partito popolare europeo in occasione della tradizionale riunione dei leader del centro-destra europea che precede i vertici dei Consiglio europeo.“Senza negare il diritto di Israele a esistere“, sostiene Tajani, “bisogna avviare un percorso che porti alla creazione di uno Stato palestinese, che dia una prospettiva alla popolazione palestinese e che tagli l’erba sotto i piedi ad Hamas, che deve essere delegittimata sia da un punto di vista militare, attraverso una sconfitta, sia da un punto di vista politico”.Una dichiarazione più netta e più chiara di quella offerta dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Al suo arrivo in Consiglio per partecipare al vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue, Meloni afferma che “lo strumento più efficace per sconfiggere Hamas è dare concretezza e tempistica alla situazione palestinese e attribuire più peso all’Autorità nazionale palestinese”. Un concetto analogo a quello espresso dal suo ministro degli Esteri e alleato di maggioranza, ma espresso con toni forti. Manca però, nelle parole dell’inquilina di palazzo Chigi, l’esplicito riferimento allo Stato.Tajani, invece, tira dritto e ribadisce che “la nostra azione punta a costruire la pace con l’obiettivo due popoli e due Stati”. Ovviamente dialogando con il governo di Ramallah. In questo processo non semplice “l‘unica autorità che può essere l’interlocutore è l’Autorità nazionale palestinese (ANP). Non può essere Hamas”. Perché quest’ultima resta un’organizzazione terroristica agli occhi dell’Italia e dell’Unione europea. Per questa ragione “è difficile parlare di cessate il fuoco”. Un cessate il fuoco riguarda due eserciti, mentre in Medio Oriente si confrontano un esercito, quello di Israele, e un’organizzazione terroristica che non si vuole riconoscere in alcun modo. Meglio cercare una tregua umanitaria, come chiesto da 46 europarlamentari nella lettera inviata ai leader riuniti a Bruxelles.
    Il ministro degli Esteri al pre-vertice del Ppe rilancia la soluzione a due Stati. “Hamas va sconfitta militarmente e politicamente, nostro interlocutore è ANP”

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    Ucraina, saldo il sostegno dell’Occidente, ma le armi scarseggiano: “Il fondo del barile è ora visibile”

    Bruxelles – Urge un più stretto coordinamento sugli aiuti all’Ucraina e forti pressioni sulla Russia tramite le sanzioni. È quanto hanno concordato oggi (3 ottobre) la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel in un colloquio telefonico, organizzato da parte statunitense, con i Capi di Stato e di Governo di Stati Uniti, Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Canada, Giappone, Polonia e Romania e il Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg. “I leader hanno confermato l’urgenza di uno stretto coordinamento in merito all’assistenza all’Ucraina in tutte le sue dimensioni in questa ulteriore fase del conflitto e hanno al tempo stesso reiterato la necessità di continuare a mantenere forte pressione sulla Russia tramite un impianto sanzionatorio che si sta rivelando molto efficace”, si legge in una nota di Palazzo Chigi. Sia il presidente degli Stati Uniti Joe Biden sia la presidente del consiglio italiano Giorgia Meloni, durante il colloquio, hanno ribadito il loro sostegno all’Ucraina “finché sarà necessario e con l’obiettivo di raggiungere una pace giusta, duratura e complessiva”.
    L’annuncio è arrivato insieme alla notizia, riportata dal The Guardian, secondo la quale Nato e Regno Unito hanno avverito che le potenze militari occidentali stanno esaurendo le munizioni da dare all’Ucraina per fronteggiare l’invasione russa. I governi e i produttori di armi per la difesa ora devono “aumentare la produzione a un ritmo molto più rapido”, ha annunciato Rob Bauer, il più alto funzionario militare della Nato. “Il fondo del barile è ora visibile“, ha aggiunto, in relazione al fatto che l’Ucraina spara migliaia di proiettili al giorno. Molti dei quali provengono dalla stessa Nato.

    I leader dei Paesi occidentali confermano le sanzioni alla Russia e il sostegno militare al Paese invaso “con l’obiettivo di raggiugere una pace giusta”

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    Fumata bianca a Tunisi. Intesa tra l’Ue e il presidente Saïed su migranti, assistenza macro-finanziaria ed energia

    Bruxelles – La firma tanto attesa con la Tunisia è arrivata. La partnership “modello” per i rapporti con i vicini del Nord Africa è stata messa nero su bianco ieri sera (16 luglio) a Tunisi, dal trio Ue formato dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, dalla prima ministra italiana, Giorgia Meloni, dall’omologo olandese, Mark Rutte, e dal presidente tunisino, Kaïs Saïed. Cinque pilastri, dallo sviluppo economico alla cooperazione energetica, fino alla migrazione. L’asse principale rimane l’assistenza macro-finanziaria a un Paese a rischio default, ma l’accordo politicamente più significativo riguarda la mobilitazione immediata di fondi europei per rafforzare la lotta alla migrazione irregolare e aumentare i rimpatri.
    A distanza di oltre un mese dalla dichiarazione di intenti firmata lo scorso 11 giugno, il memorandum d’intesa siglato al Palazzo di Cartagine è l’ultimo step prima di rendere effettivamente operativo il pacchetto di partenariato globale tra Bruxelles e Tunisi. Le trattative, proseguite non senza difficoltà a causa dell’oltranzismo di Saied, che ha cercato il più possibile di giocare al rialzo facendo leva sulla minaccia di un ulteriore aumento di sbarchi ai confini europei, alla fine non hanno ridimensionato i termini dell’accordo. Tranne che su un punto: come gridato a più riprese dal leader tunisino, nel documento si afferma che “la Tunisia ha ribadito di non essere un Paese d’installazione di migranti irregolari”, e che “vigilerà solo sulle proprie frontiere”.
    Un miliardo di assistenza macro-finanziaria, ma Saied deve chiudere con l’Fmi
    Quattro dei cinque pilastri del pacchetto sono rimasti pressoché invariati. Quello sull’assistenza macro-finanziaria prevede l’erogazione urgente di 150 milioni di euro per rimpinguare le casse tunisine e 900 milioni che restano vincolati allo sblocco del maxi-prestito da 1,9 miliardi che il Fondo Monetario Internazionale sta negoziando con Saïed dallo scorso ottobre. Per ricevere il finanziamento e scongiurare il rischio bancarotta del Paese, in cui da mesi l’inflazione viaggia sul 10 per cento e il tasso di disoccupazione supera il 17 per cento, il presidente dovrebbe avviare una serie di riforme impopolari, come richiesto dall’Fmi. Ma fino ad ora non ne vuole sapere.
    Le due parti si impegnano inoltre ad approfondire le relazioni economiche e commerciali, con una particolare enfasi sulla doppia transizione verde e digitale. L’Ue conta su Tunisi per ampliare il proprio portafoglio energetico e mira a “rafforzare le infrastrutture” tunisine per “rafforzare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e fornire ai cittadini e alle imprese energia a basse emissioni di carbonio a prezzi competitivi”. In vista c’è la sovvenzione da 307,6 milioni di euro per la realizzazione di una prima interconnessione tra Italia e Tunisia con un cavo elettrico sottomarino ad alta tensione. Si chiama interconnettore Elmed, assegnato nell’ambito dell’Interconnection in Europe Facility per collegare i due lati del Mediterraneo e “rafforzare la rispettiva sicurezza energetica”.
    Accordo confermato anche sulla cosiddetta partnership per i Talenti, con l’obiettivo di promuovere percorsi regolari per la migrazione e stimolare una maggiore mobilità a “tutti i livelli di competenza”. Opportunità di lavoro stagionale in Europa e formazione tecnica e professionale per rafforzare le competenze della forza lavoro tunisina al fine di “sostenere lo sviluppo economico della Tunisia a livello nazionale, regionale e locale”.
    Fondi Ue per rimpatri dalla Tunisia ai Paesi d’origine
    Il piano iniziale di Bruxelles per fare di Tunisi una sorta di piattaforma dove rispedire migranti irregolari da Paesi terzi – con l’idea di sottoporli alle procedure d’asilo nel Paese nordafricano e di riprendere solamente coloro a cui fosse riconosciuto il diritto d’asilo – è saltato. La Tunisia riaccoglierà soltanto i propri cittadini e l’Europa pagherà i rimpatri di migranti sub-sahariani dal territorio tunisino, per alleggerire la pressione sul Paese che promette di stringere le maglie sulle partenze. Dei 105 milioni di euro che l’Ue mobiliterà per la migrazione, 60 saranno destinati a rafforzare le capacità delle autorità tunisine nel controllare i confini e intercettare i migranti, mentre secondo fonti europee 15 milioni copriranno i rimpatri di seimila migranti sub-sahariani dal territorio tunisino. 2,500 euro a persona. Al momento la Commissione europea non ha reso noto nel dettaglio come saranno ripartiti i restanti 30 milioni dedicati alla migrazione.
    Il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, firma il memorandum d’intesa con la Tunisia (16 luglio 2023)
    Il memorandum sbriga in una riga le preoccupazioni sollevate da diversi media e organizzazioni internazionali sul trattamento riservato alle persone migranti in Tunisia. “Il nostro approccio sarà basato sul rispetto dei diritti umani“, aggiungendo che i rimpatri saranno attuati nel “rispetto del diritto internazionale e della dignità dei migranti”. A onor del vero, ancora meno hanno detto von der Leyen, Meloni e Rutte durante la pseudo conferenza stampa con Saïed, in un Palazzo di Cartagine chiuso ai media. Nessun accenno alla questione, nonostante ancora una volta Saïed abbia parlato di “trasferimento [di persone migranti, ndr] organizzato da alcune reti criminali”, rispolverando la teoria complottista della grande sostituzione che negli ultimi tempi in Tunisia ha fomentato episodi di violenza contro migranti sub-sahariani. E nonostante le ricostruzioni di diversi media e Ong, che hanno rivelato le deportazioni di migranti dalle coste tunisine al deserto al confine con la Libia, dove sono stati lasciati senza acqua e cibo.

    Von der Leyen, Meloni e Rutte finalizzano il memorandum d’intesa. Pronti 150 milioni di supporto alle casse nazionali e 105 per la migrazione, di cui 60 milioni per il controllo delle frontiere e 15 destinati al rimpatrio dalla Tunisia di circa seimila persone verso i Paesi dell’Africa sub-sahariana

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    È stallo sul memorandum d’intesa con la Tunisia. Nuova missione di von der Leyen, Meloni e Rutte

    Bruxelles – Che le parti non fossero così vicine si era percepito dal silenzio delle ultime due settimane, dopo che all’ultimo Consiglio Europeo del 29-30 giugno i leader Ue avevano dato ormai per chiuso l’accordo con la Tunisia. Ma ora arriva la conferma. C’è bisogno di una nuova missione di Ursula von der Leyen, Giorgia Meloni e Mark Rutte per “portare il lavoro a un passo successivo”.
    Da sinistra: il primo ministro dei Paesi Bassi, Mark Rutte, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente della Tunisia, Kais Saied, e la prima ministra dell’Italia, Giorgia Meloni, a Tunisi (11 giugno 2023)
    La presidente della Commissione Europea, accompagnata dai primi ministri di Italia e Olanda, incontrerà il presidente tunisino, Kais Saied, domenica pomeriggio (14 luglio), in un secondo round dopo la prima visita congiunta dello scorso 11 giugno. Un mese fa i tre avevano concordato con le autorità tunisine di portare avanti il lavoro su un pacchetto di partenariato globale fondato su cinque pilastri: sviluppo economico, scambi e investimenti, accordi sulle energie rinnovabili, gestione dei flussi migratori, mobilità e formazione nell’ambito della partnership per i talenti. L’obiettivo di Bruxelles era firmare il memorandum d’intesa sulla partnership prima del vertice dei 27 leader europei di fine giugno. Alla vigilia del Consiglio Ue il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, era pronto a volare a Tunisi per finalizzarlo ma – non senza imbarazzo – ha dovuto annullare la trasferta a causa delle celebrazioni della festa islamica del sacrificio. Il motivo sembra però essere piuttosto l’assenza di un accordo definitivo: “Le discussioni sono ancora in corso“, ha ammesso oggi (14 luglio) la portavoce della Commissione Ue, Dana Spinant.
    In base ai termini attuali dell’accordo, l’Ue sarebbe pronta a mobilitare immediatamente 150 milioni di euro di supporto al budget di Tunisi e 105 milioni per la gestione della migrazione, di cui 60 per il controllo dei confini. E 900 milioni di euro di assistenza macrofinanziaria, vincolati allo sblocco del maxiprestito da 1,9 miliardi che il Fondo Monetario Internazionale sta negoziando con Saied dallo scorso ottobre. In cambio dell’impegno del presidente tunisino a continuare a fermare le partenze dei barconi e a trasformare la Tunisia in una sorta di piattaforma dove rispedire le persone migranti che arrivano in modo irregolare, che verrebbero sottoposte alle procedure d’asilo nel Paese nordafricano. Le persone migranti a cui fosse riconosciuto il diritto d’asilo verrebbero ripresi dagli Stati membri, gli altri resterebbero in Tunisia.
    L’accordo con Saied e le violazioni dei diritti umani in Tunisia
    Ma una fetta importante della popolazione locale non vuole le persone migranti subsahariane. E il populista Saied lo sa, tant’è che da mesi soffia sul fuoco del malcontento nazionale con pericolose dichiarazioni pubbliche. A febbraio aveva evocato la teoria complottista della sostituzione etnica, per poi ribadire a più riprese che la Tunisia “non accetterà mai di essere il guardiano dei confini di nessun Paese, né accetterà l’insediamento di migranti sul proprio territorio”. Da settimane si succedono episodi di violenza nei confronti di persone migranti, soprattutto nella zona di Sfax, città da cui partono la maggior parte delle imbarcazioni dirette verso l’Italia. E le autorità tunisine, per abbassare la tensione, stanno deportando centinaia di migranti verso la zona desertica al confine con la Libia, lasciandoli alla mercé di gruppi armati e trafficanti.
    La prima ministra italiana, Giorgia Meloni, e il presidente della Tunisia, Kais Saied, a Tunisi (11 giugno 2023)
    C’è da chiedersi se l’Unione Europea chiuderà un occhio sul rispetto dei diritti umani, mettendoli sull’altare della riduzione della pressione migratoria ai propri confini. Bruxelles è già stata avvisata dall’inviato speciale per il Mediterraneo Centrale e Occidentale dell’Unhcr, Vincent Cochetel, sul fatto che qualsiasi accordo sulla migrazione con Saied “deve essere fermato senza un effettivo rispetto dei diritti di migranti e richiedenti asilo”. Dalla Commissione Ue assicurano che “il partenariato con la Tunisia è basato ovviamente sul rispetto dei diritti dell’uomo e della dignità dei migranti” e che l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, è pronto a sollevare il tema in occasione del prossimo Consiglio d’Associazione Ue-Tunisia. Che potrebbe tenersi entro la fine dell’anno, ma ancora non c’è alcuna data.

    L’obiettivo iniziale era di finalizzare l’accordo prima del Consiglio Europeo di fine giugno, ma la data continua a slittare. Nel Paese nord-africano aumentano le tensioni tra popolazione locale e persone migranti subsahariane: per l’Unhcr l’Ue non può ignorare il rispetto dei diritti umani

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    Dall’Europa a 45 il “messaggio di unità” contro Putin. Dalla Moldavia Zelensky preme per l’adesione alla NATO

    Bruxelles – Sicurezza, energia, connettività. Sono tre le chiavi della cooperazione rafforzata che unisce l’Europa alle prese con il tentativo di mandare un messaggio di unità contro la guerra di aggressione della Russia ai danni dell’Ucraina. E’ nella cornice del castello di Mimi a Bulboaca, in Moldavia, che si è tenuto oggi il secondo vertice della Comunità politica europea, il forum informale dell’Europa ‘allargata’ lanciato su idea francese nel maggio 2022 dopo l’aggressione russa in Ucraina. Una risposta politica alla guerra di Putin e un tentativo di rafforzare, se pure informalmente, la cooperazione del Continente.
    Il primo incontro si è tenuto a Praga, in Repubblica ceca, in ottobre, prima del Vertice europeo informale ospitato dalla presidenza ceca del Consiglio. Oggi la riunione ha messo allo stesso tavolo i capi di Stato e governo di 45 Paesi (su 47 in tutto invitati, San Marino e Turchia alla fine non hanno partecipato), tra cui tutti Ventisette gli Stati membri dell’Ue e l’Ucraina. Per conto dell’Unione europea presenti i vertici di Commissione, Parlamento e Consiglio europeo, rispettivamente Ursula von der Leyen, Roberta Metsola e Charles Michel.
    Come previsto, il vertice non ha portato ad alcuna dichiarazione scritta e a nessuna decisione concreta. Ma è stato soprattutto un vertice simbolico e un modo per mandare un chiaro messaggio politico di unità a Putin. Lo indica la scelta stessa di tenere la riunione in Moldavia. “Dobbiamo considerarlo dal punto di vista geopolitico. Se vi sedete a Mosca e vedete 47 Paesi nelle immediate vicinanze che si riuniscono insieme, questo è, a mio avviso, un messaggio importante, anche se si tratta di una cooperazione soft, anche se si tratta di scambi, è un segnale importante”, aveva spiegato una fonte diplomatica alla vigilia del vertice. E questo è quanto è stato ribadito da tutti i capi di stato e governo che hanno sfilato nella passerella, dal presidente Michel alla ‘padrona di casa’ Maia Sandu.
    “Siamo 45 Paesi rappresentati qui in Moldavia, un messaggio simbolico forte della comune volontà di coordinarci e cooperare nel campo dell’energia, della sicurezza, delle infrastrutture. Cerchiamo di costruire una convergenza politica per difendere alcuni dei nostri interessi in comune”, ha spiegato Michel, al suo arrivo a Chișinău. “A venti chilometri dal confine con la Russia abbiamo riaffermato di dover essere uniti a sostegno dell’Ucraina”, ha detto Sandu nella conferenza stampa che ha chiuso la riunione, al fianco del premier ceco Petr Fiala e del premier spagnolo Pedro Sanchez. Passato, presente e futuro della Comunità politica. Si è scelto infatti di fare ospitare gli incontri della Comunità a turno da uno dei partecipanti: a ottobre è stato il turno della Repubblica ceca, e dopo la Moldavia sarà la volta della Spagna che ospiterà gli oltre quaranta capi di stato e governo a Granada, come confermato da Sanchez.
    Sandu ha ammesso senza indugio di essere consapevole che senza la resistenza di Kiev, la guerra sarebbe ora alle porte del suo Paese. Ed è anche per questo che è significativa la scelta del luogo in cui ospitarla, un messaggio di sostegno tanto all’Ucraina quanto alla Moldavia, per ribadirgli la promessa che il loro futuro è dentro l’Unione europea. L’adesione all’Unione europea – cui Ucraina e Moldova sono Paesi candidati – non è l’unica adesione su cui ha insistito il presidente ucraino Zelensky. “L’Ucraina è pronta per entrare nella Nato” e alla riunione dei capi di stato e di governo che si terrà l’11 e 12 luglio a Vilnius “è necessario ci sia un chiaro invito per l’Ucraina ad aderire all’Alleanza proprio come sono necessarie garanzie di sicurezza sul cammino verso l’adesione in futuro. Ed è necessaria una chiara decisione positiva sull’adesione dell’Ucraina alla Ue”, ha detto. Poi però ha aggiunto: “Siamo pronti per quando la Nato sarà pronta”. I leader dell’Ue si sono mostrati cauti sull’adesione, compresa la premier Giorgia Meloni. “Tutto ciò non ha effetti sugli aiuti militari, che continueranno, recita il mantra condiviso, fino a quando necessario, ma ha effetti politici evidenti sia sul percorso che potrebbe portare alla fine della guerra (sulla Russia) sia sugli assetti politici continentali futuri. Rutte ha specificato che da una parte c’è pieno sostegno all’Ucraina, anche militare, nella lotta contro i russi, e dall’altra l’azione per tracciare il percorso verso il futuro”. E che si tratta anche capire bene “che cosa significherà per l’Ucraina un giorno unirsi alla Nato”, ha detto la premier, tornata in Italia prima della fine dei lavori.
    Un incontro informale senza decisioni. Ma non passa inosservato che grande assente, insolitamente, è stata la voce sulla passerella rossa di Ursula von der Leyen, che non ha preso parola in entrata né in uscita. E che a un solo tweet ha affidato la sintesi della giornata. “Unità e forza. Questo è ciò che dimostrano i leader europei riuniti oggi in Moldavia. Insieme difendiamo i nostri valori. E ci battiamo per l’Ucraina”.

    La seconda riunione della Comunità politica europea, il forum informale lanciato dopo l’aggressione della Russia in Ucraina. Una risposta politica alla guerra di Putin e un tentativo di rafforzare, se pure informalmente, la cooperazione del Continente

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    Appello di Meloni ai leader Ue sulla migrazione. Il dossier sarà in agenda al prossimo Consiglio Europeo

    Bruxelles – Le 66 vittime del naufragio di Cutro, in Calabria, cambiano l’agenda del prossimo vertice dei 27 leader Ue a Bruxelles, previsto per il 23 e 24 marzo. Ai punti “Ucraina, competitività e mercato unico, commercio, energia” sarà aggiunto un’altra volta il dossier migranti. L’input, anche se un possibile ritorno sul tema era già previsto, è partito dalla premier italiana, Giorgia Meloni, che in una lettera inviata ieri (primo marzo) ai presidenti del Consiglio Ue, Charles Michel, della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e della presidenza di turno svedese del Consiglio dell’Ue, Ulf Kristersson, ha chiesto un’azione immediata delle istituzioni europee sul tema.
    Il portavoce del Consiglio Ue, Barend Leyts, in risposta ha dichiarato che “l’accordo” raggiunto all’ultimo vertice è stato quello di “monitorare i progressi sul tema migrazione, in particolare sulla base di aggiornamenti da parte della Commissione e della presidenza del semestre di turno. Sarà in agenda al prossimo Consiglio Europeo”. Così, l’ennesima tragedia consumata nel Mar Mediterraneo mette pressione all’Unione, con l’Italia “pronta, a partire dal prossimo Consiglio Europeo, a dare il suo contributo a ogni iniziativa comune” che rientri nella risposta di Meloni alla questione migrazione: “È fondamentale e urgente adottare da subito iniziative concrete, forti e innovative per contrastare e disincentivare le partenze illegali, ricorrendo anche a urgenti stanziamenti finanziari straordinari per i Paesi di origine e transito affinché collaborino attivamente”, ha ribadito la premier ai leader Ue.
    Niente di nuovo rispetto a quanto deciso all’ultimo vertice, lo scorso 9 febbraio, in cui i Ventisette avevano indicato come prioritaria la necessità di ridurre le partenze, attraverso una maggiore azione esterna, un controllo più efficace delle frontiere esterne dell’Ue e una maggiore cooperazione con i Paesi d’origine e di transito. “Al Consiglio Europeo straordinario dello scorso febbraio abbiamo individuato alcune misure che vanno nella giusta direzione, ma il fattore tempo è decisivo“, ha sottolineato la presidente del Consiglio dei ministri, perché “senza concreti interventi dell’Ue, sin dalle prossime settimane e per l’intero anno, la pressione migratoria sarà senza precedenti”. Insomma, non è più possibile rimandare le decisioni operative, come accaduto a febbraio, quando lo stesso numero uno del Consiglio Ue, Charles Michel, aveva dichiarato: “Se ne riparlerà a marzo, perché non volevamo una discussione eccessivamente lunga oggi”.
    I resti dell’imbarcazione schiantata a Cutro, in Calabria (credits: Alessandro Serrano / Afp)
    Meloni, come già successo a novembre scorso, quando lo scontro tra Roma e Parigi sulla nave Ocean Viking aveva fatto sì che l’Europa annunciasse misure immediate, calca la mano sulla tragedia di Crotone per ottenere risultati concreti: “Confido di non essere sola in questa battaglia di civiltà”, scrive la premier, insistendo sul “dovere, morale prima ancora che politico, di fare di tutto per evitare che disgrazie come queste si ripetano”. E allora dito puntato contro la tratta illegale di esseri umani, che va “stroncata”, perché il fenomeno migratorio sia gestito “nel rispetto delle regole e della sicurezza, anzitutto nell’interesse degli stessi migranti, e con numeri tali da consentire l’effettiva integrazione di chi viene in Europa con la legittima aspirazione a una vita migliore”. Nessun riferimento, nella lunga lettera della presidente, alla possibilità di intensificare gli sforzi europei in operazioni congiunte di ricerca e salvataggio, con cui forse si sarebbero potuti salvare i naufraghi dell’imbarcazione avvistata sabato sera scorso da un velivolo di Frontex, quando si trovava ancora a 40 miglia dalle coste calabresi.

    Nella lettera inviata ai presidenti Michel, von der Leyen e Kristersson la richiesta di “adottare da subito iniziative concrete” per contrastare le partenze irregolari. Per la premier italiana sono necessari fondi straordinari per i Paesi d’origine affinché “collaborino attivamente”

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    Dall’Algeria Meloni lancia il Piano Mattei: Sarà utile a tutta l’Europa

    Roma – L’Algeria, tra i leader in Africa per l’energia, e l’Italia porta di approvvigionamento in Europa. Giorgia Meloni, ad Algeri per la sua quinta missione all’estero, pone le basi per il ‘Piano Mattei’ che, assicura, sarà “utile all’Unione intera”. Un modello di cooperazione con l’Africa nuovo e “non predatorio”, rivendica la premier. Lancia la sfida a Bruxelles, sarà utile che sostenga il piano: “Lo vediamo tutti, si chiudono opportunità, come i flussi energetici, per questo si deve guardare a Sud, e penso che andava fatto anche prima”.
    Stringe, accompagnata dall’ad di Eni Claudio Descalzi, dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi e dall’ambasciatore italiano Giovanni Pugliese, cinque accordi  e sigilla un percorso iniziato da Mario Draghi. La cooperazione però ora si estenderà anche alla transizione e alle fonti rinnovabili.
    Le intese firmate da Eni e Sonatrach, la sua omologa algerina, sono infatti due: una per ridurre le emissioni di gas serra, l’altra per incrementare le esportazioni di gas e realizzare un nuovo gasdotto per l’idrogeno. L’exit strategy dalla crisi passa quindi per il mix energetico.
    Per Descalzi Roma potrà azzerare le forniture da gas russo nell’inverno 2024-25, quando cioè entrambi i rigassificatori di Piombino e Ravenna saranno in funzione. “Bisogna pensare che solo 2 anni fa l’Algeria dava all’Italia circa 21 miliardi di metri cubi di gas – ricorda l’ad -, arriveremo a più di 28 miliardi l’anno prossimo e nel 2024-25 supereremo ancora, è veramente un partner strategico”.
    L’Italia punta tutto sul Paese nordafricano: “Non è un caso che la prima missione bilaterale nel Nord Africa del nuovo Governo” si stia svolgendo in Algeria, “a dimostrazione di quanto sia per l’Italia un partner affidabile e di assoluto rilievo strategico”, sottolinea la premier dopo l’incontro con il presidente Abdelmadjid Tebboune. Promette di non fermarsi qui. Sperimenterà, annuncia, nuovi campi di collaborazione, per costruire un partenariato che possa consentire di “alimentare le prospettive di crescita e sviluppo”, guardando a tutto il Mediterraneo.
    “Speriamo con i nostri amici italiani di raggiungere altri scopi e andare al di là degli scambi energetici, delle forniture di gas, idrogeno e ammoniaca”, le fa eco Tebboune. Il Paese, garantisce, vuole “rafforzare lo status di partner strategico dell’Italia in campo energetico, confermandosi come fornitore affidabile”, ma lo sarà anche “per gli investimenti industriali in Algeria”.
    Quello con l’Algeria è uno dei “tanti rapporti bilaterali” con il Nordafrica allo studio di Palazzo Chigi: “In futuro ce ne saranno altri – parola di premier -, li stiamo già programmando”.

    La premier italiana stringe, accompagnata dall’ad di Eni Claudio Descalzi, dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi e dall’ambasciatore italiano Giovanni Pugliese, cinque accordi. La cooperazione si estenderà anche alla transizione e alle fonti rinnovabili.

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    Von der Leyen sigla l’intesa con il Kazakistan su materie prime e idrogeno. I primi impegni Ue alla Cop27 di Sharm el-Sheikh

    Bruxelles – Materie prime, idrogeno e batterie. E’ nella prima giornata (7 novembre) del Summit dei leader della Cop27 di Sharm El-Sheikh che Ursula von der Leyen ha siglato con il primo ministro del Kazakistan, Alikhan Smailov, un memorandum d’intesa per dar vita a un partenariato tra l’Ue e il Paese asiatico per lo sviluppo di un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime, batterie e catene del valore dell’idrogeno rinnovabile che sono fondamentali per le transizioni verde e digitale.
    Le materie prime critiche servono a costruire, ad esempio, le turbine eoliche (con magneti in terre rare); batterie (litio e cobalto) e semiconduttori (polisilicio), e la Commissione ha in programma per l’anno prossimo di mettere in piedi una strategia dedicata solo alle materie prime. Mentre le batterie sono fondamentali per la mobilità a emissioni zero, e la tecnologia dell’idrogeno rinnovabile sostiene la decarbonizzazione dei settori in cui le emissioni sono difficili da abbattere, come le industrie energivore. Von der Leyen e Smailov si sono impegnati a sviluppare una tabella di marcia per il periodo 2023-2024, con azioni congiunte concrete concordate entro sei mesi dalla firma del partenariato.

    Glad to sign the 🇪🇺🇰🇿 agreement on raw materials, batteries and renewable hydrogen with @PrimeMinisterEn Smailov.
    We will better integrate value chains that are key to the green and digital transition.
    It’s a new chapter in our already deep relationship. https://t.co/Pl4HfQQ9Em
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) November 7, 2022

    Nello specifico, la partnership è concentrata su tre aree di collaborazione. In primo luogo, l’integrazione economica e industriale nelle catene del valore strategico delle materie prime, delle batterie e dell’idrogeno rinnovabile progetti comuni le lungo rispettive catene del valore, allineamento di elevati standard ambientali, sociali e di governance (ESG) e modernizzazione dei processi e delle tecnologie di estrazione e raffinazione attraverso l’introduzione di nuove tecnologie e pratiche sostenibili. In secondo, su come aumentare la resilienza delle catene di approvvigionamento migliorando “trasparenza e le informazioni sugli investimenti, alle operazioni e alle esportazioni rilevanti per l’ambito di questa partnership”.
    In ultimo, la cooperazione si concentrerà su come rafforzare capacità, competenze e ricerca e innovazione sulla decarbonizzazione della catena del valore delle materie prime critiche. In conferenza stampa a margine dei lavori della Cop27, la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite ospitata quest’anno dall’Egitto e che ha preso il via ieri fino al 18 novembre, la presidente ha ricordato che l’Unione Europea è il “più grande investitore straniero in Kazakistan, con il 60 per cento dello stock di investimenti diretti esteri”. Il Memorandum d’intesa servirà ad ampliare “ulteriormente questo rapporto” allineandolo alle priorità condivise da entrambe le parti.
    Il Summit dei leader alla Cop27
    Von der Leyen interverrà domani al Summit dei leader a nome dell’Ue, insieme al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Quindi oggi ha preso parte a una serie di eventi collaterali alla Cop27, come il vertice di partenariato dei leader forestali e climatici, confermandovi l’adesione dell’Unione europea. “A Glasgow ci siamo impegnati a proteggere la salute dei polmoni del nostro pianeta: le nostre foreste. La Commissione europea si è impegnata a stanziare un miliardo di euro”, ha ricordato. Ma “ora stiamo aumentando i finanziamenti, le nuove regole per un commercio rispettoso delle foreste e i partenariati per la conservazione”.

    La prima giornata di Summit si è aperta con le parole del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, che ospita il vertice, che ha messo in guardia del fatto che “non c’è più tempo per esitare, ogni governo deve agire, deve sfruttare tutte le sue capacità per trovare una soluzione”. Al Sisi ha avuto incontri bilaterali con von der Leyen e con la premier Giorgia Meloni, al suo debutto nel dialogo climatico su scala internazionale.  E’ seguito un monito molto duro da parte del segretario generale Onu, Antonio Guterres, che ha parlato di umanità di fronte a un bivio: o si coopera contro il cambiamento climatico o si perisce.
    “Siamo sull’autostrada per l’inferno climatico, con il piede ancora sull’acceleratore”, ha avvertito Guterres. E poi, Emmanuel Macron, Pedro Sanchez e Olaf Scholz: i leader di Francia, Spagna e Germania sono intervenuti per sottolineare che la guerra di Russia in Ucraina non dovrà mettere a repentaglio le ambizioni globali sui cambiamenti climatici, non dovrà significare un passo indietro da parte della comunità internazionale degli Stati. “Questa guerra deve portarci a rafforzare la transizione energetica, dobbiamo dare un nuovo slancio anche alla protezione del clima con misure all’altezza. Abbiamo il dovere morale di agire con determinazione”, ha chiarito Sanchez. Dei quasi 100 leader presenti, la metà ha preso parola mentre l’altra metà (compresi von der Leyen e Michel) lo faranno domani. Grandi assenti la Cina e l’India, i più grandi emettitori al mondo, a cui si rivolge senza mezzi termini Guterres chiedendo di assumersi le responsabilità.

    La prima giornata del summit dei leader sul clima della Cop27 tra gli interventi del segretario generale Onu Antonio Guterres e della premier Giorgia Meloni. Bruxelles si impegna a rafforzare la partnership con Astana per la catena del valore di materie prime, batterie e idrogeno che servono alla transizione