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    Nessuna evacuazione, l’Unione europea “resta in Niger”

    Bruxelles – Nessuna evacuazione, almeno per ora. L’Unione europea con il suo personale resta in Niger, dove venerdì scorso il capo della Guardia presidenziale Abdourahmane Tchiani si è autoproclamato nuovo leader del Paese dopo un colpo di stato durato 48 ore con il quale è stato deposto il presidente in carica dal 2021 e democraticamente eletto, Mohamed Bazoum. “L’Unione europea ha deciso di offrire al personale Ue a Niamey”, la capitale nigeriana, “la possibilità di lasciare la città volontariamente, ma finora non abbiamo preso alcuna decisione formale di evacuare il nostro personale lì”, ha confermato oggi (primo agosto) Nabila Massrali, portavoce della Commissione europea, rispondendo a una domanda sulla situazione nel Paese dopo il colpo di stato.
    L’Unione europea, dunque, “resterà presente nel Paese” insieme al suo staff. Almeno per ora. Tra le altre cose, in loco è presente, anche se sospesa, la missione di partenariato militare (Eupmm) lanciata lo scorso febbraio per sostenere la capacità delle forze armate nigeriane di contenere la “minaccia terroristica, proteggere la popolazione del Paese e garantire un ambiente sicuro e protetto nel rispetto dei diritti umani diritto e diritto internazionale umanitario”, precisa una nota del Consiglio. Bruxelles monitora “molto seriamente” la crisi politica interna, ma per ora sceglie di non lasciare il Paese con urgenza, sostenendo però gli Stati membri, come l’Italia e la Francia, che stanno organizzando voli e missioni per rimpatriare i connazionali in Niger. La portavoce ha ricordato ancora che “la sicurezza dei cittadini dell’Ue in Niger è la nostra massima priorità. Stiamo contribuendo a questo obiettivo sostenendo gli Stati membri dell’Ue e stiamo monitorando la situazione minuto per minuto”, ha assicurato.

    L’UE soutient toutes les mesures adoptées par la @ecowas_cedeao en réaction au coup d’Etat au #Niger et les appuiera rapidement et résolument.
    Il est important que la volonté du peuple nigérien, telle qu’exprimée par les suffrages, soit respectée.https://t.co/4MGecrv4T2
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) July 31, 2023

    Quanto alle misure, economiche e militari, annunciate dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao) per rispondere al colpo di stato, Bruxelles precisa di non aver ricevuto ancora alcuna richiesta specifica per un possibile sostegno militare. “La determinazione della Cedeao a invertire nel recente colpo di Stato in Niger è senza precedenti. Abbiamo chiaramente affermato il nostro sostegno a tutte le misure adottate dalla Cedeao al vertice del 31 luglio in risposta al colpo di Stato”, ha detto. “Finora, però, non abbiamo ricevuto alcuna richiesta da parte della Cedeao e, se la ricevessimo, la esamineremmo per definire il modo migliore per rispettare gli impegni politici assunti”. Bruxelles continua ad essere in contatto con il deposto presidente Bazoum che “è per adesso in buona salute”. La portavoce ha assicurato che ci sono stati molti contatti con il presidente Bazoum finora. Il presidente il Consiglio europeo Charles Michel ci parla regolarmente e l’Alto rappresentante (Josep) Borrell gli ha parlato diverse volte”.
    La Commissione europea ridimensiona inoltre le preoccupazioni su possibili rischi di approvvigionamento di uranio dal Paese, che insieme a Kazakistan e Russia è tra i principali fornitori di uranio all’Unione europea. “Non c’è alcun rischio di approvvigionamento” di uranio proveniente dal Niger “in quanto le imprese hanno sufficienti scorte di uranio naturale per mitigare qualsiasi rischio di approvvigionamento a breve termine e per il medio e lungo termine ci sono abbastanza depositi sul mercato mondiale per coprire il fabbisogno dell’Ue”, ha assicurato la portavoce della Commissione europea, ricordando che il Niger è un importante fornitore di uranio per gli Stati membri “nella sua forma naturale”, ovvero prima di aver subito processi di arricchimento, che servono per rendere l’uranio “utilizzabile come combustibile naturale”. Il processo di arricchimento, ha aggiunto il portavoce, viene effettuato in vari Paesi dell’Ue, tra cui Francia e Spagna.

    La conferma della portavoce della Commissione europea riguardo alla crisi in Niger

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    Migranti e diritti, adesso l’Ue ammette i problemi in Libia

    Bruxelles – La situazione in Libia sta sfuggendo di mano, e adesso anche la Commissione europea non può non prenderne atto. L’assistenza offerta dall’Ue per potenziare il sistema di guardia costiera ai fini del controllo e della gestione dei flussi migratori è diventata un’arma nelle mani delle autorità di Tripoli. Sandra Pereira, europarlamentare de la Sinistra, punta il dito contro la Commissione. In un’interrogazione cita il recente rapporto delle Nazioni Unite, in cui l’Onu “riferisce una serie di crimini contro l’umanità che sono stati commessi nel Paese: arresti arbitrari, omicidi, torture, stupri, schiavitù, schiavitù sessuale, esecuzioni extragiudiziali e sparizioni”.
    Tutti questi crimini contro l’umanità denunciati “sono stati commessi contro migranti in luoghi di detenzione sotto il controllo effettivo o nominale della direzione libica per la lotta alla migrazione illegale, della guardia costiera libica e dell’apparato di sostegno alla stabilità”. Soggetti ed entità che “hanno ricevuto supporto tecnico, logistico e monetario dall’Unione europea e dai suoi Stati membri per, tra l’altro, l’intercettazione e il rimpatrio dei migranti“. Data la situazione l’europarlamentare chiede se non sia il caso di sospendere ogni tipo di relazione o sostegno, ma il ‘no’ che arriva dalla Commissione è categorico.
    “Nelle difficili circostanze del Paese, l’interruzione dell’assistenza dell’Ue non farebbe che peggiorare la situazione sul campo“, sostiene il commissario per l’Allargamento e le politiche di vicinato, Oliver Várhelyi. Il componente del collegio di commissari riconosce dunque una situazione complicata, che Bruxelles fa fatica a gestire, e conferma l’intenzione di non rinunciare a un elemento della dimensione esterna delle politiche per l’immigrazione considerato come fondamentale.
    “Il lavoro della Commissione in Libia – continua Várhelyi – segue gli orientamenti strategici del Consiglio europeo, le decisioni del Consiglio e il piano d’azione dell’Ue sul Mediterraneo centrale, approvato dal Consiglio” stesso, vale a dire ministri e leader degli Stati dell’Unione europea. La Commissione, in sostanza esegue un mandato frutto di un accordo politico, ma le parole del commissario sembrano scaricare le responsabilità del deterioramento della situazione sulle capitali.
    La risposta fornita dal commissario per l’Allargamento non sembra né chiarire né tanto meno rassicurare. Offre al contrario l’immagine di una situazione che ha preso una piega tanto inattesa quanto ingovernabile a livello Ue. Il massimo delle garanzie offerte da Varhelyi è la promessa che “proseguirà l’impegno costruttivo con le autorità libiche e tutti i pertinenti attori internazionali su come l’Ue possa contribuire al meglio all’obiettivo comune di garantire la protezione dei diritti umani, anche nel contesto della migrazione”.
    Potrebbe non bastare a calmare la situazione. Non è la prima volta che dal Parlamento europeo arrivano critiche per le responsabilità dell’Europa nel deterioramento della situazione in Libia con la complicità di una guardia costiere potenziata e finanziata dall’Ue. Ue che non sta facendo una bella figura, e Varhelyi riesce a fare poco per riparare al danno di immagine.

    Il commissario per l’Allargamento: “Nelle difficili circostanze del Paese, l’interruzione dell’assistenza dell’Europa non farebbe che peggiorare la situazione sul campo”

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    L’Ue contro l’inquinamento da plastica nelle Filippine, von der Leyen lancia l’iniziativa da 466 milioni di euro

    Bruxelles – Combattere la grave crisi ambientale che porta le Filippine a essere uno dei principali produttori al mondo di rifiuti da plastica. E’ nel quadro del suo viaggio a Manila per incontrare il presidente Ferdinand Marcos e rilanciare un dialogo commerciale, che la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato oggi (31 luglio) che insieme agli Stati membri Ue finanzieranno con 466 milioni di euro un’iniziativa per l’economia green locale per attuare un modello alternativo di gestione dei rifiuti di plastica, portando a catene del valore della plastica più sostenibili e a una riduzione dei rifiuti, anche quelli marini.

    We are also joining forces to fight climate change.
    Today we launch the Global Gateway initiative on the Green Economy.#TeamEurope will provide €466 million in financing, as well as expertise, for the transition to a circular economy and the production of clean energy. pic.twitter.com/SMZqPprmEk
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) July 31, 2023

    La missione annunciata oggi è parte di Global Gateway, l’iniziativa di investimento globale da 300 miliardi di euro che la Commissione europea ha lanciato nel 2021 come strategia di soft power alternativa alla Via della Seta della Cina. In stretta collaborazione con le autorità locali, l’iniziativa annunciata contribuirà a sviluppare una politica di economia circolare, in particolare per affrontare il gravoso problema dei rifiuti di plastica, a integrazione della strategia nazionale per combattere i rifiuti marini.
    Il problema rifiuti nelle Filippine
    Il perché dell’iniziativa europea lo spiegano con chiarezza i dati sui rifiuti da plastica riportati da Our World in Data, secondo cui nel 2019 la popolazione filippina di 114 milioni di persone produceva oltre un terzo di tutti i rifiuti plastici oceanici del mondo, con 3,3 chilogrammi pro capite di rifiuti da plastica certificati nel 2019. Il Paese negli ultimi decenni ha osservato un aumento esponenziale di inquinamento da plastica dopo che il boom economico e la crescita della classe media hanno contribuito a stimolarne l’economia. Nel 2023, il governo ha approvato una legge per combattere l’inquinamento da plastica, che introduce la responsabilità estesa del produttore, ovvero obbliga i produttori di imballaggi in plastica ad assumersi la piena responsabilità per l’intero ciclo di vita dei loro prodotti, compresa la gestione dei rifiuti.
    Bruxelles spiega in una nota che l’iniziativa di investimento svilupperà una piattaforma di dialogo politico a livello governativo per promuovere i principi dell’economia circolare, le energie rinnovabili e l’efficienza energetica. Ci sarà un potenziamento delle capacità per il Dipartimento dell’Energia e altre parti interessate chiave per sostenere l’agenda dell’energia pulita. Saranno individuati nuovi investimenti del settore energetico privato incentrati sulla mitigazione del cambiamento climatico. Dopo l’annuncio fatto oggi da von der Leyen, questo progetto sarà presentato anche al Global Gateway Forum che si terrà a Bruxelles il 25-26 ottobre.
    Nello specifico, questa iniziativa riunisce Commissione europea, Francia, Spagna, Germania e Finlandia. Austria, Paesi Bassi e Svezia contribuiranno con competenze e trasferimento tecnologico. Il contributo di Team Europe all’iniziativa è di 466 milioni di euro, con 64 milioni dei quali provenienti dal bilancio comunitario mentre gli Stati membri dell’Ue contribuiscono con i finanziamenti rimanenti e contribuiranno anche con competenze. “Investiremo nella transizione verso un’economia circolare e nella generazione di energia verde. E forniremo anche competenze, formazione e trasferimenti di tecnologia, perché questo è il modo per potenziare le comunità locali, ed è ciò che interessa all’Ue”, commenta von der Leyen. “Insieme alle autorità filippine stiamo sviluppando una politica per un’economia circolare. Una riduzione dei rifiuti di plastica e delle catene del valore sostenibili della plastica avranno un impatto positivo sulla popolazione locale, poiché ci sarà meno inquinamento da rifiuti sulla terraferma, nei fiumi e nel mare”, ha ricordato Jutta Urpilainen, commissaria per i partenariati internazionali.

    A Manila per incontrare il presidente Ferdinand Marcos e rilanciare un dialogo commerciale, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato che insieme agli Stati membri Ue finanzieranno un’iniziativa per l’economia green delle Filippine, contribuendo alla lotta contro l’inquinamento da plastica

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    Borrell alza la voce con i golpisti in Niger: “Senza democrazia stop ai fondi europei”

    Bruxelles – A 48 ore dal golpe militare orchestrato dalla Guardia Presidenziale del Niger ai danni del governo democratico di Mohamed Bazoum, iniziano a delinearsi nuovi scenari: è il generale Abdourahamane Tchiani, comandante dell’unità speciale dell’esercito di Niamey, ad aver preso il comando del Paese. L’ha annunciato ieri sera (27 luglio) sulla televisione nazionale, aggiungendo che qualsiasi interferenza militare straniera “avrà delle conseguenze”.
    Il generale Abdourahamane Tchiani sulla televisione nazionale (Photo by ORTN – Télé Sahel / AFP)
    Immediata la risposta dell’Unione europea, affidata all’Alto rappresentante per gli Affari Esteri, Josep Borrell. “L’Ue condanna con la massima fermezza il colpo di stato in Niger” e rilancia l’appello per l’immediata liberazione del presidente Bazoum. Ma questa volta il capo della diplomazia europea va oltre, minacciando “la sospensione immediata di tutti i fondi di sostegno al bilancio” del Paese africano.
    “Qualsiasi violazione dell’ordine costituzionale avrà conseguenze per la cooperazione tra l’Ue e il Niger”, continua Borrell. Una cooperazione su cui Bruxelles riponeva grande fiducia per mantenere una qualche influenza nella regione del Sahel, scivolata nel caos negli ultimi due anni a causa di una sfilza di colpi di stato militari in Mali, Guinea e Burkina Faso. Borrell, che ha confermato in un tweet di essere in contatto con il presidente in stato di fermo dalla mattinata del 26 luglio, si era recato in Niger a inizio luglio, per rafforzare la partnership su “sicurezza, sviluppo, educazione, transizione energetica”.
    Josep Borrell in Niger lo scorso 5 luglio
    Salta agli occhi soprattutto la missione di partenariato militare (Eupmm) lanciata lo scorso febbraio, e i 40 milioni mobilitati attraverso l’European Peace Facility per “rafforzare le capacità militari delle forze armate nigerine al fine di difendere l’integrità territoriale e la sovranità del Niger”. Addestramento e attrezzature che paradossalmente potrebbero aver giocato un ruolo nel colpo di stato. Ma con Niamey, snodo cruciale dei flussi di persone migranti dall’Africa sub-sahariana verso le coste del Maghreb c’è in ballo anche un partenariato operativo contro il traffico di migranti.
    In totale l’Ue ha investito 503 milioni di euro per rafforzare la governance, l’istruzione, la formazione e lo sviluppo economico in Niger tra il 2021 e il 2024. E proprio durante la visita a Niamey, Borrell aveva annunciato un ulteriore stanziamento di 66 milioni di euro, sotto l’ombrello del Global Gateway, destinati a sostenere il bilancio nazionale del Paese amico.

    Il generale Abdourahamane Tchiani, comandante della Guardia Presidenziale del Niger, minaccia conseguenze in caso di interferenze militari straniere. L’Ue ha investito oltre 500 milioni di euro tra il 2021 e il 2024 nella cooperazione con il Paese africano

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    Von der Leyen vola nelle Filippine per rafforzare la cooperazione verde e digitale con l’Ue

    Bruxelles – Rafforzare la partnership tra Unione europea e Filippine sul piano economico e soprattutto commerciale. Questo il motivo che spinge la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a recarsi lunedì (31 luglio) a Manila, nelle Filippine, per incontrare il presidente Ferdinand Marcos.
    “La visita è finalizzata a rafforzare la partnership con l’Ue”, ha annunciato ieri la portavoce dell’Esecutivo comunitario, Arianna Podestà, durante il briefing quotidiano con la stampa, precisando che i due presidenti discuteranno di questioni di “interesse reciproco, in particolare per quanto riguarda il commercio e la doppia transizione verde e digitale”. La presidente della Commissione europea terrà inoltre un discorso a un evento commerciale che si concentrerà su come promuovere relazioni commerciali e di investimento più forti tra l’Unione europea e le Filippine.
    Il viaggio di von der Leyen era stato annunciato dalla stessa leader tedesca in una conferenza stampa a Bayreuth, insieme a Markus Söder, governatore della Baviera. “Mi recherò nelle Filippine, anche per ampliare ulteriormente la cooperazione strategica. Vogliamo accordi commerciali a più livelli, con un’ampia gamma di temi”, ha anticipato, facendo il punto sul lavoro che Bruxelles sta portando avanti per consolidare quanti più accordi commerciali possibile. E al momento si contano intese con 74 Paesi. “L’obiettivo è di aumentarli”, ha affermato la leader, ricordando che solo di recente, nel quadro del Vertice Ue-Celac (America Latina e Caraibi) che si è tenuto lo scorso 17 e 18 luglio a Bruxelles, ha concluso accordi con partner come il Cile e l’Uruguay.
    Bruxelles Sta negoziando anche un accordo commerciale con il Messico e il Mercosur, ma anche partner nella regione indo-pacifica con i quali siamo vicini alla conclusione di accordi: abbiamo appena concluso un accordo con la Nuova Zelanda, abbiamo quasi terminato i negoziati per l’accordo con l’Australia, stiamo negoziando con l’India, ma anche con partner in Africa, come dimostra, ad esempio, l’accordo che abbiamo appena concluso con il Kenya a giugno”, ha richiamato von der Leyen. La rete di accordi commerciali che Bruxelles sta lentamente tessendo si è resa indispensabile dopo l’inizio della guerra di Russia in Ucraina, una volta presa coscienza della necessità di sganciarsi dalla dipendenza energetica ma anche di materie prime critiche necessarie alla produzione di tecnologie pulite da partner inaffidabili, come la Russia e come la Cina.

    La presidente della Commissione europea von der Leyen lunedì a Manila, nelle Filippine, per incontrare il presidente, Ferdinand Marcos, e “ampliare ulteriormente la cooperazione strategica”

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    In Niger l’esercito (addestrato dall’Ue) si schiera con i golpisti. Bruxelles in contatto con il presidente Bazoum

    Bruxelles – “La situazione è ancora troppo fluida”, ha ripetuto più volte questa mattina (27 luglio) la portavoce della Commissione europea, Nabila Massrali. Ma è chiaro che la scelta dell’Ue di lanciare, appena cinque mesi fa, una nuova partnership militare con il Niger, rischia di trasformarsi in un clamoroso autogol. Perché l’esercito regolare si è unito alla Guardia Presidenziale, l’unità speciale che ieri ha catturato e deposto il presidente Mohamed Bazoum, in un vero e proprio colpo di stato nel Paese partner di Bruxelles nella regione del Sahel.
    Nella mattinata del 26 luglio gruppi della Guardia presidenziale del Niger hanno circondato il palazzo del presidente Bazoum e gli edifici di diversi ministeri a Niamey, la capitale del Paese. Dopo alcune ore di tensione, in cui i golpisti hanno deciso di trattenere il presidente, la sua famiglia e membri del suo entourage, l’annuncio sulla televisione nazionale: la deposizione di Bazoum è stata resa necessaria a causa del “continuo degradare della situazione di sicurezza e della cattiva gestione economica e sociale del Paese”. A pronunciare queste parole, il colonnello maggiore Amadou Abdramane, a capo di un gruppo che si è ribattezzato Consiglio nazionale per la salvaguardia del Paese. I golpisti hanno ordinato la sospensione di tutte le istituzioni, la chiusura delle frontiere aeree e terrestri e il coprifuoco dalle 22 alle 5. Da questo momento, ha dichiarato Abdramane, “la gestione del Paese è affidata alle forze di sicurezza”.
    Il colonnello maggiore Amadou Abdramane, portavoce del Consiglio Nazionale per la Salvaguardia del Paese (CNSP), annuncia il golpe sulla televisione nazionale (Photo by ORTN – Télé Sahel / AFP)
    Dopo l’incertezza iniziale, sembrerebbe che l’esercito abbia deciso di unirsi alla Guardia Presidenziale per “preservare l’unità” del Paese. Immediate le condanne da parte della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecowas), degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.
    “Riaffermiamo il nostro pieno sostegno al Presidente Bazoum e la nostra convinzione che il Niger sia un partner essenziale dell’Ue nel Sahel, la cui destabilizzazione non gioverebbe agli interessi di nessuno, né nel Paese, né nella regione e oltre”, ha dichiarato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell. Gli ha fatto eco il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che questa mattina in un tweet ha fatto sapere di essere in contatto con Bazoum: “Ho parlato con il presidente e gli ho assicurato il pieno sostegno dell’Ue”, ha scritto Michel.
    Il golpe militare in Niger e i programmi d’addestramento Ue
    Il golpe in Niger è una vera e propria doccia fredda per Bruxelles che, dopo la sequela di colpi di Stato militari che si sono consumati in meno di un biennio nei Paesi del Sahel (Mali, Guinea e Burkina Faso), aveva puntato moltissimo sul presidente Mohamed Bazoum, democraticamente eletto due anni fa. “La nostra partnership con il Niger è solida e non smette di rinforzarsi in tutti i settori: sicurezza, sviluppo, educazione, transizione energetica”, aveva dichiarato il 5 luglio scorso Borrell dopo un incontro con Bazoum a Niamey. Appena tre settimane dopo quella visita, rischia di saltare tutto. “Non abbiamo visto nessun elemento scatenante”, ha ammesso Massrali, portavoce della Commissione europea.
    L’Alto rappresentante Ue Josep Borrell in Niger lo scorso 5 luglio
    Oltre il danno, la beffa: anche se dall’esecutivo Ue per ora non arriva alcuna conferma, perché “la situazione non è chiara in questo momento nel Paese”, non è da escludere che i militari che hanno orchestrato il colpo di stato fossero coinvolti nel programma di addestramento lanciato da Bruxelles lo scorso 20 febbraio. Una missione di partenariato militare (Eupmm) per sostenere il Niger nella lotta contro il terrorismo, con l’istituzione di un Centro per la formazione delle forze armate. Non solo formazione e infrastrutture, ma anche attrezzature: sempre nell’ambito della missione Eupmm l’Ue ha mobilitato 40 milioni di euro, attraverso l’European Peace Facility (Epf), per “rafforzare le capacità militari delle forze armate nigerine al fine di difendere l’integrità territoriale e la sovranità del Niger“.
    Sahel nel caos, Niger essenziale per i flussi migratori
    La cooperazione Ue-Niger passa anche per la questione migratoria: in piedi c’è un partenariato operativo contro il traffico di migranti, varato l’estate scorsa. Il Paese è snodo cruciale dei flussi di persone migranti dall’Africa sub-sahariana verso le coste di Tunisia, Algeria e Libia. Questione che sta particolarmente a cuore all’Italia, che lo scorso 22 luglio aveva annunciato lo stanziamento di 7,5 milioni di euro al Niger per cooperare “nella lotta la traffico di migranti e all’immigrazione irregolare nel Mediterraneo centrale”.
    Il colpo di stato a Niamey rischia di far scivolare ancora più nel caos il Sahel occidentale, vanificando gli sforzi dei Paesi Ue di mettersi al riparo da ingenti flussi migratori cercando di supportare la stabilità della regione. Anche in Mali l’Ue aveva avviato una partnership militare. O in Sudan. Potrebbe essere necessario politiche e strategie, ma “la responsabilità primaria di ciò che succede nel Sahel è in primo luogo dei Paesi della regione“, affermano dall’esecutivo comunitario. “La mancanza di governi e la debolezza degli Stati non permette nessun risultato, né nel campo della sicurezza né nel campo umanitario”.

    J’ai parlé avec le Président @mohamedbazoum et lui ai assuré le plein soutien de l’UE.
    Nous condamnons fermement toute tentative de déstabilisation du Niger.
    — Charles Michel (@CharlesMichel) July 27, 2023

    La Guardia Presidenziale del Niger ha annunciato in diretta televisiva la deposizione del presidente, tenuto ancora in stato di fermo. L’esercito regolare si è unito ai golpisti per “preservare l’unità nel Paese”. Appello dell’Ue, che a marzo ha stanziato 40 milioni per addestramento e equipaggiamento militare in Niger, per il rilascio immediato di Bazoum

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    L’accordo tra Bruxelles e Washington sui minerali critici è più vicino

    Bruxelles – L’accordo tra Usa e Unione europea sui minerali critici è sempre più vicino. I ministri degli Esteri dei Ventisette Stati membri Ue hanno autorizzato ieri (20 luglio) la Commissione europea ad avviare i negoziati, a nome dell’Ue, con gli Stati Uniti su un accordo sui minerali critici e le relative direttive di negoziato. 
    Da mesi ormai è in corso il dialogo tra Bruxelles e Washington per rafforzare le catene di approvvigionamento di minerali critici, necessari alla produzione di tecnologia pulita, e distendere le tensioni create dall’Inflation Reduction Act (IRA), il vasto piano di sussidi verdi per quasi 370 miliardi di dollari varato dall’amministrazione Usa ormai quasi un anno fa, che Bruxelles teme possa svantaggiare le imprese europee. L’Unione europea è responsabile della politica commerciale degli Stati membri e negozia gli accordi per loro, dunque formalmente è la Commissione europea che chiede agli Stati membri una sorta di mandato politico per poter negoziare con una voce sola un accordo commerciale con un partner esterno.
    Da quando l’amministrazione Biden ha presentato l’IRA lo scorso agosto, è stata istituita una task force Usa-Ue con cui Bruxelles sta cercando di ottenere agevolazioni per le imprese dell’Ue, un trattamento di favore come quello di cui godono Canada e Messico. In assenza di un accordo globale di libero scambio tra l’Unione europea e gli Stati Uniti, la conclusione di un accordo mirato sui minerali critici dovrebbe consentire ai minerali critici estratti o trasformati nell’Ue di essere conteggiati ai fini di determinati requisiti di credito d’imposta dell’IRA sui veicoli puliti e dunque poter accedere alle stesse agevolazioni.
    Passi avanti nei mesi scorsi si sono registrati nell’ottenere l’accesso ai privilegi fiscali negli Stati Uniti per l’industria automobilistica europea, in particolare sulle auto elettriche aziendali in leasing. Rimane l’altra questione dei minerali critici per la produzione di batterie elettriche, su cui l’Ue vuole un accordo separato. L’Ira prevede fino a un massimo di 7.500 dollari di incentivi per le batterie elettriche, di cui 3.750 riguardano i minerali e 3.750 il resto della componentistica. Per la quota relativa ai minerali – quindi il 50 per cento – Bruxelles vuole che anche le batterie prodotte in Europa possano avvalersi degli incentivi fiscali americani.
    Mandato sui minerali critici
    Secondo il mandato adottato dagli Stati membri, l’accordo sui minerali critici alla transizione dovrebbe essere “pienamente coerente con le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio” e pienamente in linea “con gli obiettivi perseguiti nell’atto dell’Ue sulle materie prime critiche”, il Critical Raw Material Act presentato lo scorso 16 marzo. L’intesa dovrà inoltre promuovere livelli elevati di protezione ambientale e protezione dei lavoratori nel settore dei minerali critici e “incoraggiare la responsabilità sociale delle imprese lungo le filiere di approvvigionamento di minerali critici” e mirare a prevenire pratiche distorsive e protezionistiche nelle catene di approvvigionamento di minerali critici. 
    Infine, il mandato politico alla Commissione prevede che l’accordo continui a incoraggiare “la cooperazione sulle norme internazionali per la valutazione del ciclo di vita dei minerali critici, l’estrazione, l’etichettatura, il riciclaggio e la trasparenza , al fine di sostenere catene di approvvigionamento sostenibili e contribuire a prevenire futuri ostacoli al commercio Ue-Usa”. Con il mandato ora ufficialmente in mano, la Commissione europea può ora iniziare i negoziati formali con gli Stati Uniti in vista della conclusione dell’accordo. L’approvvigionamento di minerali critici per la transizione verde dipende quasi esclusivamente dalla Cina che lavora quasi il 90 per cento di terre rare e il 60 per cento di litio, indispensabile per la produzione di batterie elettriche. La Commissione ha presentato nei mesi scorsi i dettagli legislativi del suo Piano industriale per il Green Deal, una strategia di lungo termine per la competitività dell’industria: il ‘Net-Zero Industry Act’, la proposta di regolamento per l’industria a emissioni zero, il ‘Critical Raw Material Act’ per non perdere la corsa all’approvvigionamento di materie prime critiche per la transizione e la riforma del mercato elettrico dell’Ue. I due co-legislatori europei – Parlamento e Consiglio – stanno ora cercando un accordo politico su questi tre pilastri normativi del Piano per l’industria green.

    Gli Stati membri Ue autorizzano la Commissione europea ad avviare i negoziati, a nome dell’Ue, con gli Stati Uniti su un accordo sui minerali critici che sia in linea con l’Organizzazione mondiale del commercio

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    Ucraina, danni ambientali per 52,4 miliardi e difficili da risarcire

    Bruxelles – Laghi, fiumi, boschi, aria, e soprattutto suolo, suolo agricolo. Tra le vittime del conflitto in corso in Ucraina ci sono anche loro, natura e ambiente. Danni quantificati fin qui in oltre 50 miliardi di euro, non tutti riparabili nel giro di poco tempo, e che pongono non pochi problemi, non solo per l’Ucraina. Il Parlamento europeo inizia a fare calcoli e considerazioni fin qui passate in secondo in piano, accendendo i riflettori sugli ‘eco-contraccolpi’ del conflitto, in un documento di lavoro dal titolo inequivocabile: ‘La guerra della Russia in Ucraina: l’alto pegno ambientale’.
    Al 18 luglio 2023 in Ucraina si registrano “2.317 segnalazioni verificate di azioni militari con un effetto ambientale diretto” sulla natura, anche se le denuncia sono di più (2.450). Le stime basate sulle ispezioni ambientali dell’Ucraina mostrano che l’invasione della Russia fin qui “ha causato danni ambientali per circa 52,4 miliardi di euro” tra impatti negativi sull’aria (27 miliardi), per l’acqua (1,5 miliardi), al suolo (0,3 miliardi), e inquinamento da rifiuti (23,6 miliardi).
    Numeri che confermano come e quanto la guerra ancora in corso non abbia prodotto solo morte e distruzione, ma “ha avuto anche un impatto negativo sulla ricca biodiversità dell’Ucraina”. Incendi boschivi e atti di deforestazione, esplosioni, costruzione di fortificazioni e avvelenamento del suolo e dell’acqua “hanno tutti un impatto sulla fauna selvatica e distruggono gli habitat naturali, compresi quelli protetti nelle riserve della biosfera e nei parchi nazionali, molti dei quali fanno anche parte della Rete Smeraldo paneuropea”.
    Ma è soprattutto la questione del suolo a preoccupare a Bruxelles, per le implicazioni sulla produzione agricola. Quanto accaduto finora “ha compromesso” il settore primario ucraino, “vitale per l’economia del Paese e per la sicurezza alimentare globale”, entrambe a rischio perché “la contaminazione causata dalle armi pone un problema a lungo termine”, che si aggiunge alla questione del grano. Bonificare e rendere nuovamente coltivabili e produttivi i campi del Paese “richiede risorse significative, richiede tempi lunghi e comporta rischi”. Ad ogni modo, si precisa, prima che la situazione torni alla normalità “una parte significativa dei seminativi sarebbe inutilizzabile per anni”. Tre i tipi principali di danni per il settore primario ucraino: degrado fisico, inquinamento chimico diffuso da miniere e industrie colpite, e munizioni esplose. Tutte tipologie di danni che “hanno colpito gravemente milioni di ettari di terreni agricoli ucraini”, e il cui rimborso da parte dell’aggressore non è scontato.
    La strada per esigere eventuali riparazioni dei danni ambientali causati dalla guerra in Ucraina “non è priva di sfide”, si riconosce nel documento di lavoro. Innanzitutto perché “raccogliere prove e quantificare i danni è problematico”. E poi perché “mentre potrebbero esserci alcune possibili procedure legali per ottenere un risarcimento per il danno ambientale causato, il processo è complicato e tutt’altro che semplice, con pochissimi precedenti esistenti di tali risarcimenti”.

    Dal Parlamento Ue focus sulle ricadute del conflitto per la natura. Rischi per l’agricoltura. “Raccogliere prove e quantificare i danni è problematico”