Bruxelles – Dopo la (prevedibile) pugnalata degli alleati sovranisti polacchi e ungheresi, che hanno “preso in ostaggio” i 27 opponendosi a oltranza al capitolo sulle migrazioni delle conclusioni del Consiglio europeo, una consolazione per Giorgia Meloni si chiama Tunisia. I capi di Stato e di governo danno infatti la loro benedizione al pacchetto di partenariato globale con Tunisi , “modello per futuri accordi con i Paesi della regione”.
Il paragrafo dedicato alle relazioni con il vicinato meridionale, non a caso inserito nel capitolo relativo alle ‘Relazioni esterne’ e non in quello ‘Migrazioni’, secondo la premier “racconta di quell’idea di partenariato strategico per i paesi del Nord Africa che per noi è un cambio di passo molto importante sul ruolo dell’Europa nel Mediterraneo di cui l’Italia è stata portatrice in questi mesi“. Messa la polvere sotto il tappeto, cioè l’inpossibilità di mediare con gli amici di della destra europea sui progressi fatti sul Patto sulla migrazione e l’asilo, Meloni rivendica l’affermazione di quell’approccio “tutto italiano” ai rapporti con i vicini del Mediterraneo.
Il modello Tunisia per i partenariati strategici
Durante la discussione strategica sul vicinato meridionale, si legge nel documento finale del vertice, è stata sottolineata “l’importanza dello sviluppo e rafforzamento di partenariati strategici tra l’Ue e i partner nella regione”. L’accordo con Tunisi – che ancora non è stato concluso ma su cui Meloni ha assicurato che c’è “disponibilità da entrambi i lati”- è fondato su cinque pilastri: sviluppo economico, scambi e investimenti, accordi sulle energie rinnovabili, gestione dei flussi migratori, mobilità e formazione nell’ambito della partnership per i talenti. In particolare prevederebbe la mobilitazione immediata di 150 milioni di euro di supporto al budget e 105 milioni per la gestione della migrazione, di cui 60 per il controllo dei confini. E 900 milioni di euro di assistenza macrofinanziaria vincolati allo sblocco del maxiprestito da 1,9 miliardi del Fondo Monetario Internazionale. In cambio sostanzialmente dell’impegno del presidente Kais Saied a continuare a fermare le partenze dei barconi e a trasformare la Tunisia in una sorta di piattaforma dove rispedire i migranti irregolari, che verrebbero sottoposti alle procedure d’asilo nel Paese nordafricano. I migranti a cui fosse riconosciuto il diritto d’asilo verrebbero ripresi dagli Stati membri, gli altri resterebbero in Tunisia.
Per replicare in altri Paesi accordi con queste cifre, c’è bisogno di maggiori risorse da parte di tutti gli Stati membri. Anche qui, ne è convinta la premier, se si tratterà di fondi destinati alla sola dimensione esterna il consenso a 27 è facilmente raggiungibile. Per questo i 15 miliardi in più per la migrazione proposti da von der Leyen nella revisione del Bilancio pluriennale dell’Unione sono “un buon punto di partenza”, ma sono risorse “che devono essere spese a livello di cooperazione”, per aiutare il continente africano “ad avere un alternativa rispetto a una migrazione di necessità”.
L’approccio di Meloni è stato sintetizzato in modo telegrafico dall’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, che al suo arrivo al vertice ha dichiarato: “Una crisi oggi significa più migranti domani“. Il laboratorio Tunisia potrà dare una prima risposta. Sempre che i Paesi del Nord Africa accettino, fino a quando l’Ue non riuscirà a prevenire “conflitti e mancanza di prospettive economiche” nel continente, di chiudere le porte di un’Europa che non vuole più migranti sul proprio territorio. Su questo, ha ragione Meloni, sembrano essere tutti d’accordo.