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    11 imbarcazioni della Global Sumud Flotilla attaccate nella notte. Ruotolo (PD): “È il momento di boicottare i prodotti israeliani”

    Bruxelles – Il viaggio della Global Sumud Flotilla si fa sempre più complicato. Il gruppo d’imbarcazioni è stato colpito nella notte mentre si trovava al largo di Creta, in acque internazionali. L’obiettivo della spedizione è forzare il blocco navale israeliano davanti a Gaza e portare aiuti umanitari alla popolazione palestinese.Secondo le prime ricostruzioni, sarebbero undici le imbarcazioni danneggiate, sulle 51 totali. “A partire dall’una e fino alle quattro del mattino abbiamo ricevuto attacchi costanti: prima con materiale urticante, poi con bombe sonore (rilasciate da droni, ndr)”, ha affermato l’eurodeputata Benedetta Scuderi (AVS), presente sulla nave Morgana diretta a Gaza. Non ci sono stati feriti, ma lo spavento per Scuderi e per gli altri attivisti è stato molto: “Ci potevamo fare anche molto male se ci fossimo trovati fisicamente nel punto in cui questi dispositivi sono caduti”. Diretti verso Gaza, ci sono anche gli esponenti del PD, Arturo Scotto e Annalisa Corrado.L’utilizzo di velivoli comandati da remoto contro la Flotilla non è una novità. È la terza volta che le barche vengono colpite, e questa è stata finora l’azione più intensa. Un precedente si era verificato il 9 settembre, quando era stata colpita una barca al porto tunisino di Sidi Bou Said, un secondo attacco avvenne il 10 settembre, sempre in acque tunisine.A chiedere la mobilitazione delle istituzioni UE ci ha pensato il deputato europeo Sandro Ruotolo (PD): “Chiediamo alla Presidente del Parlamento europeo e alla Presidente della Commissione di intervenire subito nei confronti di Israele per garantire la sicurezza di chi è a bordo. Nessuno tocchi la flotilla! È il momento di una condanna internazionale chiara del governo Netanyahu. È il momento di boicottare i prodotti israeliani”.La posizione aggressiva di Israele nei confronti della spedizione umanitaria è stata ribadita ieri. In un post su X, il Ministero degli Esteri di Tel Aviv ha sollecitato la “Hamas flotilla” a non provare a superare il blocco navale, proponendo invece un approdo sicuro nello scalo di Ashkelon, a 10 chilometri da Gaza. Gli organizzatori della spedizione hanno rifiutato.The Hamas flotilla refuses Israel’s proposal to unload aid peacefully at the nearby Ashkelon Marina. Instead, it chooses the illegal path — sailing into a combat zone and breaching the lawful naval blockade.This proves their true aim: serving Hamas rather than delivering aid to… pic.twitter.com/yD3mbYIrSS— Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) September 23, 2025Il possibile scontro con la Marina israeliana potrebbe avvenire nei prossimi giorni. Le imbarcazioni si trovano ora al largo di Creta e, al netto degli incidenti della notte, non dovrebbero mancare più di tre o quattro giorni di navigazione per raggiungere la Striscia.La preoccupazione per un confronto diretto con le navi da pattugliamento dell’esercito israeliano (IDF) è elevata. Davanti alla Striscia operano corvette missilistiche Sa’ar-6, oltre ad imbarcazioni più piccole incaricate di contrastare incursioni leggere.Nonostante questa notte non ci siano stati feriti, la Farnesina si è già espressa auspicando che “qualsiasi operazione che possa essere affidata alle forze armate di Gerusalemme sia condotta rispettando il diritto internazionale e un principio di assoluta cautela”. Il ministro Antonio Tajani ha chiesto all’ambasciata a Tel Aviv di assumere informazioni e di rinnovare la richiesta già fatta al Governo di Gerusalemme di garantire la tutela assoluta del personale imbarcato.

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    Incursioni di droni negli aeroporti di Copenaghen e Oslo. L’UE: “La Russia sta testando i nostri confini”

    Bruxelles – Ancora droni, ufficialmente non si sa se russi, dentro lo spazio aereo europeo. Questa volta ad essere colpiti sono stati gli aeroporti di Copenaghen e Oslo (quest’ultimo non fa parte dell’UE ma collabora in materia di difesa). Nella notte i due scali hanno chiuso il loro spazio aereo e lasciato a terra più di 50 aerei. Due droni hanno sorvolato l’aeroporto danese di Kastrup, che è rimasto chiuso dalle 20.30 all’1. In Norvegia, a Oslo, lo scalo ha sospeso le attività per poche ore a partire dalle 00.30 della notte scorsa, per una minaccia analoga.La mano dietro a queste incursioni non è ancora chiara. Le parole della portavoce della Commissione europea, Anitta Hipper, non lasciano però dubbi su cosa si pensa a Bruxelles: “La Russia sta testando i nostri confini”, anche se poi ha smorzato i toni aggiungendo che “le indagini sono in corso”.L’Unione, per far fronte a questa crescete insidia, cerca di compattarsi intorno alla proposta di un muro di droni. Se ne parlerà nell’incontro di venerdì tra la Commissione europea, otto Paesi membri (Estonia, Lettonia, Lituania, Finlandia, Danimarica, Polonia, Romania, Bulgaria) e l’Ucraina.Footage published earlier tonight by Norwegian state media, claiming to show one of the large, unidentified drones that shutdown Copenhagen Airport in Denmark for several hours on Monday. pic.twitter.com/IeosEuRd7n— OSINTdefender (@sentdefender) September 23, 2025Certo, non paiono casuali le numerose incursioni nello spazio aereo dell’Unione delle ultime settimane. Quelle avvenute ieri, secondo le prime ricostruzioni, potrebbero essere partite dal mare lanciate da delle imbarcazioni. Il sospetto è questo, visto che i velivoli sembrano non aver sorvolato il Baltico prima dell’arrivo all’aeroporto danese. I due droni, poi, non sono stati abbattuti, ma sono scomparsi autonomamente dopo aver minacciato l’aeroporto. La polizia, in virtù di queste prime ricostruzioni, ha descritto gli ignoti artefici come persone “competenti”.La prima a essere colpita da incursioni di questo tipo è stata la Polonia: l’ingresso di una ventina di velivoli guidati, nel cielo polacco aveva dato inizio all’escalation. A esprimere la contrarietà di Varsavia nei confronti di Mosca ci ha pensato il ministro degli Esteri, Radosław Sikorski, durante l’Assemblea delle Nazioni Unite.“Sappiamo perfettamente che non vi importa nulla del diritto internazionale – ha sentenziato il ministro – e che siete fondamentalmente incapaci di convivere pacificamente con i vostri vicini. L’epoca degli imperi è finita e il vostro non tornerà mai! Ogni colpo inferto a voi dai soldati ucraini — che Dio li benedica — avvicina quel giorno”. Il primo ministro polacco, Donald Tusk, aveva già avvertito: “Abbatteremo velivoli sospetti se entreranno nel nostro spazio aereo”. Toni da guerra già iniziata.‼️ “We know perfectly well that you don’t give a damn about international law and are fundamentally incapable of peaceful coexistence with your neighbors. Your radical nationalism is an uncontrollable thirst for domination — the most terrible form of chauvinism. This will not… pic.twitter.com/B7OsTo5fdN— Visioner (@visionergeo) September 22, 2025Il sospetto è ormai quello che la serie di crisi che si stanno avendo in giro per l’Europa abbia una matrice comune. A metterle in fila ci ha pensato la premier danese, Mette Frederiksen: “Non posso escludere che si tratti della Russia. Abbiamo visto droni sopra la Polonia, attività in Romania, violazioni dello spazio aereo estone, attacchi hacker contro aeroporti europei”. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, non ha tardato a farsi sentire, definendo i sospetti danesi come “infondati”.Dalle parti di Bruxelles, per contrastare la minaccia, si pensa a un muro di droni. La Commissione, con ogni probabilità, si impegnerà a finanziare l’iniziativa dando denaro ai paesi confinanti con la Russia. Di questo si parlerà nel briefing di venerdì tra sette Paesi UE più l’Ucraina e Ursula von der Leyen. Resta però da comprendere quanto rapido sarà l’intervento dell’Unione. Ad ascoltare il portavoce della Commissione europea, Thomas Regnier, “le riflessioni sono ancora in corso”, anche se la speranza è quella di “agire velocemente, rapidamente”. Quando però gli è stato chiesto come sarà effettivamente strutturato il progetto, la determinazione è venuta meno: “Non è una conferenza tecnica”.

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    L’esercitazione militare russa e bielorussa Zapad preoccupa l’Unione. “Stiamo monitorando per prevenire le minacce”

    Bruxelles – Un contingente indiano sta partecipando, insieme a Russia e Bielorussia, all’esercitazione militare Zapad, che si sta svolgendo ai confini dell’Unione Europea. Una novità che acuisce la già tesa situazione ai confini orientali dell’Unione iniziata con le incursioni di droni russi in territorio polacco.La portavoce della Commissione dedicata agli affari esteri, Anitta Hipper, ha commentato: “Quello che sta avvenendo in Bielorussia viola il Documento di Vienna, testo di riferimento per le esercitazioni militari stipulato in sede OSCE”. La portavoce ha aggiunto: “Stiamo monitorando attentamente il nostro territorio per prevenire possibili minacce nell’area”. Non c’è stato, invece, un commento sulla partecipazione indiana all’esercitazione. A rendere la situazione più difficile è stata la violazione dello spazio aereo rumeno da parte di un drone russo, avvenuta nella giornata di ieri, domenica 14 settembre.Il documento di ViennaIl documento a cui Hipper fa riferimento è il Vienna Document, stipulato nel 2011 in sede OSCE. L’accordo ha come obiettivo definire le regole di un’esercitazione militare. Perché queste siano rispettate, è necessaria una notifica preventiva agli Stati confinanti, la partecipazione di osservatori internazionali e la possibilità di verificare sul campo la veridicità delle informazioni comunicate. Impegni che, secondo l’UE, non sono stati rispettati durante lo svolgimento dell’esercitazione Zapad 2025. Il movimento di truppe e armamenti durerà fino a domani, poi i soldati russi dovrebbero rientrare nei confini delle Federazione.Zapad 2025, 13.000 soldati e un missile ipersonicoL’esercitazione Zapad 2025 è una delle principali prove militari a cui partecipa Mosca. Le operazioni sono iniziate il 12 settembre e termineranno martedì 16. Quest’anno, tra la Bielorussia e l’exclave russa di Kaliningrad, sono stati mobilitati circa 13.000 soldati russi e bielorussi. Inoltre, è stata confermata la presenza di un contingente indiano di circa 50 unità e di osservatori stranieri, tra cui tre statunitensi. Le dimensioni delle attività del 2025 risultano ridotte rispetto al passato: nel 2021 furono mobilitate circa 220.000 unità.All’epoca, quel movimento di truppe verso il fronte occidentale fu usato da Mosca per avvicinare i soldati alla frontiera ucraina. Visti i precedenti, l’esercitazione Zapad 2025 ha spaventato non poco gli europei, più per l’artiglieria impiegata che per la dimensione del contingente. Il grande protagonista è stato il missile a lungo raggio ipersonico Oreshnik (in russo “nocciolo”). Quest’arma, ultimo arrivo nell’artiglieria del Cremlino, può essere equipaggiata con testate atomiche ed è stata dispiegata sia a Kaliningrad sia in Bielorussia.#BreakingNews | US military officers made a visit to Belarus to observe joint Russia-Belarus “Zapad-2025” Exercise. pic.twitter.com/SAx0G5QP3C— Mintel World (@mintelworld) September 15, 2025Le provocazioni di MoscaL’esercitazione si inserisce in un contesto particolarmente teso. Tutto è iniziato con la violazione dello spazio aereo polacco da parte di una flotta di droni russi, avvenuta nella notte tra il 9 e il 10 settembre. Il primo ministro Donald Tusk ha deciso, dopo poche ore, di chiudere il confine tra Polonia e Bielorussia. Il segretario generale della NATO, Mark Rutte, ha definito l’azione come “la più grande violazione di uno spazio aereo NATO che abbiamo mai osservato”. I Paesi europei hanno reagito compatti alla minaccia, mentre il presidente americano Donald Trump ha minimizzato l’accaduto: “Potrebbe essere stato un errore”. Una versione simile è arrivata dal Cremlino.La risposta della NATO agli eventi del 10 settembre è stata il lancio dell’operazione Sentinella Orientale, descritta da Rutte come un’iniziativa che “coinvolgerà una serie di risorse degli alleati, tra cui Danimarca, Francia, Regno Unito, Germania e altri. Questo sforzo includerà elementi per affrontare le sfide associate all’uso dei droni”. Sfide già presenti dopo l’ultima violazione avvenuta ieri, in Romania: un drone è entrato nello spazio aereo controllato da Bucarest. Ursula von der Leyen l’ha definita “una plateale violazione della sovranità UE e una seria minaccia alla stabilità della regione”.L’escalation si sta verificando in un’area dove sono presenti numerose truppe NATO. In Polonia se ne contano circa 100.000, con l’obiettivo di arrivare a 300.000 nel 2026. In Romania, a Constanza, è in costruzione la più grande base dell’Alleanza in Europa.NATO asserts that the Russian drone flights over Poland do not constitute an attack on the Alliance.However, this marked the first time NATO aircraft engaged potential threats over allied territory. The response involved Polish F-16s, Dutch F-35s, Italian AWACS reconnaissance… pic.twitter.com/UL1sTmMbot— Euromaidan Press (@EuromaidanPress) September 10, 2025

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    Tusk: La Polonia non è in guerra, ma i droni russi sul nostro territorio superano il limite delle normali provocazioni

    Bruxelles – Il sorvolo dei droni russi nei cieli della Polonia la scorsa notte “è una violazione senza precedenti dello spazio aereo polacco e al rischio che ne deriva, ovvero il rischio di un conflitto aperto”. Il premier polacco Donald Tusk ha riferito oggi al Parlamento (Sejm) su quanto accaduto nella notte, insistendo più volte sull’unità della risposta delle diverse istituzioni del Paese, nel quale il presidente della Repubblica, il nazionalista euroscettico Karol Nawrocki, è espressione dell’opposizione parlamentare, con la quale il dialogo è di norma quasi inesistente.Tusk ha spiegato che “ieri, alle 22:06, l’esercito ha ricevuto le prime informazioni sull’inizio di un massiccio attacco aereo da parte della Federazione Russa contro l’Ucraina. Non ci sarebbe nulla di insolito in questo – ha aggiunto -, se non fosse per la portata dell’attacco e il numero di droni e missili coinvolti”. Nella zona sono stati inviati: due aerei F-35, due F-16 e elicotteri MI-24, MI-17 e Black Hawk. Verso le 23:30 è stata registrata la prima violazione dello spazio aereo del Paese. L’ultima è avvenuta intorno alle 6:30, “il che – ha detto il primo ministro – dà un’idea della portata di questa operazione. Sono state registrate e localizzate con precisione diciannove incursioni specifiche nel nostro spazio aereo”, ma i dati non sono ancora definitivi.La novità “nel senso peggiore del termine, è la direzione da cui provenivano i droni che hanno violato lo spazio aereo polacco. Per la prima volta durante questa guerra, non provenivano dall’Ucraina a causa di errori, ma una parte significativa di questi droni è volata in Polonia direttamente dalla Bielorussia”, ha denunciato Tusk. I droni abbattuti sono stati almeno tre, e non ci sono informazioni che qualcuno sia rimasto ferito o ucciso a seguito dell’azione russa “secondo quanto risulta al momento”.Tusk ha dunque spiegato che “l’abbattimento di quei droni che minacciavano direttamente la nostra sicurezza è ovviamente un successo delle nostre forze armate e di quelle della NATO, ma cambia la situazione politica. Pertanto ha annunciato il premier sono state avviate consultazioni con gli alleati che “hanno assunto la forma di una richiesta formale di invocare l’articolo 4 del Trattato del Nord Atlantico”. Un salto di qualità, in una situazione che “ci avvicina tutti a un conflitto aperto, più vicino che mai dalla Seconda guerra mondiale”.L’articolo 4 recita: “Le Parti si consulteranno ogni volta che, a giudizio di una di esse, l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle Parti sarà minacciata”.Il premier ha poi ringraziato i partner per la solidarietà espressa dopo la notte di attacchi, però “le parole di solidarietà sono necessarie, ma non bastano. Oggi bisogna dirlo a voce alta e chiara a tutto il mondo occidentale, a tutti i nostri alleati. L’articolo 4 è solo l’introduzione a una cooperazione più profonda per la sicurezza del nostro cielo e del nostro confine, che è il confine della NATO. E dalle consultazioni politiche tra le capitali ci aspettiamo un sostegno decisamente maggiore”.Pr quanto riguarda la Polonia, politicamente profondamente divisa, Tusk ha sottolineato che “uno degli obiettivi politici (della Russia, ndr) è quello di influenzare la situazione interna del Paese attaccato o provocato. Il fatto che oggi – e spero anche in futuro – siamo in grado di presentare una posizione politica assolutamente uniforme su queste questioni è la nostra grande risorsa e riduce al minimo i rischi legati alle attività sovversive e alla disinformazione”.Comunque il premier ha voluto tranquillizzare i suoi concittadini: “Voglio sottolineare con forza che oggi non c’è motivo di affermare che siamo in stato di guerra. Ma non c’è dubbio che questa provocazione superi i limiti precedenti e sia incomparabilmente più pericolosa dal punto di vista della Polonia rispetto a tutte le altre, tutte quelle precedenti”.Però, sottolinea Tusk, “abbiamo già qualcosa che supera il limite delle normali provocazioni qui, nel nostro cielo. E forse oggi dobbiamo dire ancora una volta molto forte e chiaro: la Polonia oggi ha un nemico politico che non nasconde le sue intenzioni ostili oltre il nostro confine orientale. Dobbiamo concentrare i nostri sforzi, tutta la nostra attenzione, tutte le nostre capacità sulla difesa della Polonia dal vero nemico, dalla vera minaccia”.Il compito che si assegna Tusk è ora “la mobilitazione totale di tutto l’Occidente, affinché la Polonia non si ritrovi mai più in una situazione in cui ci sembrava di avere alleanze reali e poi si è scoperto che erano alleanze di carta”. Questa, ha insistito, “è una responsabilità comune di tutta la NATO, di tutti gli alleati, dell’intera Unione Europea”.Comunque “la Polonia sarà con l’Ucraina, la Polonia sosterrà l’Ucraina, perché oggi è l’Ucraina a sopportare il peso principale della resistenza alla politica aggressiva della Russia. Ricordiamolo. È importante per noi, è molto importante per la nostra sicurezza”.

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    Lagarde spinge l’integrazione economica dell’Ucraina: “Rafforza il Paese e l’Europa”

    Bruxelles – “Legami più stretti con i Paesi limitrofi dell’Europa possono costituire una solida base affinché l’Ucraina possa ricostruirsi e uscirne rafforzata”. Tradotto: integrazione economica di Kiev nell’Ue, in attesa di un processo politico che può richiedere anni. La presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, traccia per i leader dell’Ue quella che secondo lei è la rotta da seguire nel delicato percorso di inclusione dell’Ucraina. Lo fa proprio dalla capitale ucraina, dove la Banca centrale del Paese organizza la conferenza sull’integrazione economica e finanziaria.C’è chi frena, nell’Ue, su un ingresso dell’Ucraina nel club a dodici stelle. E’ soprattutto l’Ungheria di Viktor Orban a far mancare l’unanimità necessaria, per ragioni pratiche: l’Ucraina, in questo momento, è un Paese in guerra e, sostiene il governo di Budapest, far entrare un Paese in guerra senza che questa sia finita vorrebbe portare il conflitto nell’Ue e trascinare l’Ue nel conflitto. Inoltre le frontiere ucraine, che in prospettiva sarebbero frontiere esterne dell’Unione europea, non sono definite. Insomma, non si può.Lagarde però offre argomentazioni utili a un’integrazione economica. “In media, i Paesi che hanno aderito all’Ue nel 2004 hanno quasi raddoppiato il loro Pil pro capite negli ultimi due decenni”, ricorda la presidente della Bce a proposito degli Stati dell’est Europa, quelle ‘ex satelliti’ dell’Unione sovietica. “Tra il 2004 e il 2019, i nuovi Stati membri dell’Ue hanno visto il loro Pil pro capite crescere del 32 per cento in più rispetto a paesi non Ue comparabili”. Insomma, l’Ucraina può crescere, facendo crescere l’Europa.La presidente della BCE, Christine Lagarde [archivio]Da un punto di vista commerciale, “il partner più importante d’Europa è l’Europa stessa: circa il 65 per cento delle esportazioni dell’area dell’euro va ad altri paesi europei, tra cui Regno Unito, Svizzera e Norvegia”. Alla luce di questo dato ha ancor più senso rafforzare i legami con l’Ucraina, tanto più che “l’aumento degli scambi all’interno della nostra regione può aiutare a compensare le perdite nei mercati globali“, sottolinea ancora Lagarde in riferimento alle scelte statunitensi in termini di dazi e la decisione cinese di imporre restrizioni al proprio export di materie prime.Sempre guardando all’attualità, con un’Europa desiderosa di rilanciare la propria industria della difesa in nome di accresciute esigenze di sicurezza, non va dimenticata “l’industria dei droni dell’Ucraina, che è diventata una delle più avanzate nella regione“. I droni, tecnologie su cui la stessa Europa peraltro spinge, sottolinea ancora Lagarde, “non sono solo una componente fondamentale della guerra moderna, ma anche una tecnologia con effetti sostanziali di ricaduta e applicazioni a duplice uso di vasta portata”. In breve, “sia per gli attuali membri dell’Ue sia per i paesi vicini come l’Ucraina, l’integrazione regionale rappresenta sia una via verso la prosperità sia un’ancora strategica in un mondo sempre più frammentato”.Lo slancio di Lagarde ben si coniuga con quelle che sono non solo le intenzioni ma le azioni della Commissione europea che, attraverso il libro bianco sulla difesa, che Eunews ha interamente tradotto in italiano, ha avviato di fatto l’integrazione dell’Ucraina nel mercato unico dell’industria della difesa. Certo, ammonisce la presidente della Bce, Kiev dovrò fare la propria parte, che vuol dire riforme. “I vantaggi dell’integrazione non sono né automatici né permanenti. Mantenerli dipende da una riforma continua”. in questo percorso, ribadisce, “le riforme devono anche apportare miglioramenti tangibili alla vita delle persone, e farlo in modo relativamente rapido”.

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    Von der Leyen mette nel mirino l’Iran: “Principale fonte di instabilità regionale”

    Bruxelles – Non più solo dichiaratamente Cina e Russia. Nella lista dei nemici l’Unione europea inserisce pubblicamente anche l’Iran. E’ la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, a inserire la Repubblica islamica nella colonna delle nazioni ostili, continuando quell’esercizio iniziato presentando il libro bianco per la difesa che ha ufficialmente fatto di Pechino e Mosca gli attori da cui guardarsi le spalle. Ora, nella cornice del G7 canadese di Kananaskis, ‘frau’ von der Leyen punta il dito contro gli ayatollah.“L’Iran è la principale fonte di instabilità regionale“, scandisce la presidente della Commissione europea che, di fronte agli attacchi missilistici di Israele contro uno stato sovrano, avvenimento tradizionalmente riconosciuto come atto di guerra, si adegua alla linea di Netanyahu e afferma che “Israele ha il diritto di difendersi”.La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, al G7 di Kananaskis [16 giugno 2025]Sui valori l’Ue sembra perdersi, ma a l’Unione europea continua ad aver bisogno degli Stati Uniti, e si cerca di tenerli vicini anche attraverso pericolose alleanze in chiave anti-qualcuno. Certo, von der Leyen insiste sulla necessità di pace, e in tal senso ribadisce “l’impegno a trovare una soluzione duratura attraverso un accordo negoziato” con l’Iran, perché “una soluzione diplomatica resta la soluzione migliore a lungo termine per affrontare le preoccupazioni relative al programma nucleare iraniano“. Non dice, o non ricorda von der Leyen, che questi stessi sforzi vennero vanificati dalla rinuncia dal presidente degli Stati Uniti nel 2018, da quello stesso Donald Trump – allora al primo mandato – che lasciò all’Europa il delicato compito di salvare un accordo rimesso in discussione, allontanando Teheran dall’occidente e mostrando l’inquilino della Casa Bianca per ciò che era e ciò che continua a essere, un interlocutore a cui piace riscrivere da solo le regole del gioco e per questo un qualcuno di cui l’Europa non si può fidare.L’Ue arriva al G7 consapevole che guerra in Ucraina e tensioni in Medio oriente non sono fenomeni isolati né casuali quanto correlati. Preoccupa il sostegno di Teheran a Mosca, con droni e soprattutto missili. Un alto funzionario europeo riconosce che quando si parla di Iran “non siamo solo preoccupati per programma nucleare, ma anche per la proliferazione di missili balistici, che possono rappresentare un problema per la nostra sicurezza“. Lo ribadisce anche von der Leyen dal Canada: “Abbiamo espresso la nostra profonda preoccupazione per i programmi nucleari e missilistici balistici dell’Iran”. Oggi, denuncia ancora la tedesca, “lo stesso tipo di droni e missili balistici progettati e realizzati dall’Iran stanno colpendo indiscriminatamente città in Ucraina e Israele“. Ecco perché l’Iran non è un Paese amico.Cina e Russia, accuse e sanzioniVon der Leyen lo dice ai partner del G7, a cominciare dagli Stati Uniti di cui c’è un disperato bisogno. Trump saprà ascoltare? Lei ci prova, strizzando l’occhiolino e provando a compattare il gruppo contro gli ‘altri’: “Tutti i paesi del G7 si trovano ad affrontare pratiche commerciali aggressive da parte di economie non di mercato“. Velate accusa alla Cina, tralasciando i dazi degli Stati Uniti.A Trump e partner del G7 von der Leyen chiede poi unità nella risposta contro Mosca e il suo ‘zar’ Vladimir Putin: “Dobbiamo esercitare maggiore pressione sulla Russia affinché garantisca un vero cessate il fuoco, la riporti al tavolo dei negoziati e ponga fine a questa guerra”. In tale ottica “le sanzioni sono fondamentali”. La presidente dell’esecutivo comunitario assicura che “stanno funzionando”, e a riprova di ciò ricorda che “i ricavi russi dal petrolio e dal gas sono diminuiti di quasi l’80 per cento dall’inizio della guerra”. L’Ue lavora a un 18esimo pacchetto di sanzioni. “Inviterò tutti i partner del G7 a unirsi a noi in questa impresa”, conclude von der Leyen.

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    Ucraina, l’Ue insiste: “La Cina sostiene la Russia, stop a questa collaborazione”

    Bruxelles – La Commissione europea prova ad alzare la voce contro la Repubblica popolare cinese e il suo ruolo nel conflitto in Ucraina. Dopo l’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas, è la volta del suo portavoce, Anour El Anouni, andare all’attacco contro il sostegno militare di Pechino a Mosca. “Condanniamo le relazioni tra Cina e Russia. Intimiamo lo stop di questa collaborazione“, scandisce in occasione del tradizionale incontro con la stampa.A Bruxelles non viene digerito l’attivismo commerciale utile a portare avanti le operazioni militari dell’armata russa. “La Cina è il principale fornitore di tecnologie a duplice uso” civile e militare, come droni e componenti, “che sostengono la base industriale militare russa”, accusa ancora il portavoce di Kallas. “Queste tecnologie sono poi usate sul campo di battaglia” per combattere le forze regolare ucraine e procedere con l’offensiva, sottolinea El Anouni. “Sono beni con applicazioni militari”, insiste.All’interno dell’esecutivo comunitario non c’è alcuno dubbio sul fatto che “senza sostegno della Cina la Russia non potrebbe continuare la sua aggressione con la stessa potenza” di fuoco, riconosce il portavoce dell’Alta rappresentante. Non ci si gira troppo attorno: “Siamo profondamente preoccupati” per questa alleanza sino-russa, va avanti il portavoce.La preoccupazione non riguarda solo il conflitto russo-ucraino in sé e il ritorno in termini di rapporti di forza nei confronti con Kiev, soprattutto con scenari di negoziali di pace sullo sfondo, ma preoccupazione riguarda anche le alleanze regionali su uno scacchiere internazionale improvvisamente assai meno prevedibile. Inoltre si teme che l’azione, pur decisa, dell’Ue nei confronti degli alleati della Russia, possa essere meno incisiva del previsto. Con il tredicesimo pacchetto di sanzioni aziende cinesi sono state oggetto di misure restrittive, ma evidentemente non è bastato a fermare i rifornimenti all’esercito russo.

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    Kallas attacca Pechino: “Cina fattore chiave nella guerra russa contro l’Ucraina”

    Bruxelles – Scalzata dagli Stati Uniti nella gestioni delle crisi internazionali, raggirata dalla Cina nonostante impegni mai davvero sottoscritti. La guerra russo-ucraina e la crisi che ne scaturisce può tramutarsi in un fallimento politico completo. Dopo colloqui e proposte di pace gestite da Washington e Mosca senza il coinvolgimento europeo, ora anche l’ammissione di un ruolo giocato da Pechino, nonostante gli inviti a non averne. “La Cina è un fattore chiave nella guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina“, riconosce l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas. Risponde a un’interrogazione parlamentare voluta proprio per capire che ruolo sta svolgendo la Repubblica popolare e come l’Europa stia agendo. E’ qui che Kallas va all’attacco di Xi Jinping e il suo governo. “Senza il sostegno della Cina, la Russia non sarebbe in grado di continuare la sua aggressione militare con la stessa forza“, afferma. Accuse dirette e serie, ma fondate. Perché, continua l’Alto rappresentante, “la Cina è il più grande fornitore di beni a duplice uso [civile-militare] e di articoli sensibili che sostengono la base industriale militare della Russia e che si trovano sul campo di battaglia in Ucraina”. L’industria cinese produce, l’armata russa utilizza: lo schema messo a punto tra Mosca e Pechino si riassume dunque così. A Bruxelles sono consapevoli che tutto ciò che viene prodotto tra Repubblica popolare e Hong Kong, è poi utilizzato “in diversi tipi di equipaggiamento militare”. L’Unione europea sa perfettamente dell’alleanza venutasi a creare a oriente, e già con il tredicesimo pacchetto di sanzioni aziende cinesi sono state oggetto di misure restrittive. Ora però il vaso è colmo.Il freddo riavvicinamento tra Ue e Cina. Von der Leyen: “Rapporto complesso che dobbiamo far funzionare”“Il sostegno della Cina ha un costo”, sottolinea Kallas. La condotta del governo cinese “influisce negativamente sulle relazioni Ue-Cina”, che comunque proseguono, non sono interrotte. Al netto di accuse e minacce velate non è chiaro come si potrà procedere nei confronti di un partner sempre più scomodo e in aperta contraddizione con la risposta prodotta dall’Ue nel conflitto in corso su suolo ucraino. La ‘questione cinese’ del conflitto russo-ucraino potrebbe finire al centro del vertice informale di Parigi, organizzato e ospitato oggi (17 febbraio) dal presidente francese, Emmanuel Macron, proprio per discutere di Ucraina e di strategie europee in merito. Presidenti i capi di Stato e di governo di Germania, Regno Unito, Italia, Polonia, Spagna, Paesi Bassi e Danimarca (la prima ministra danese rappresenterà il gruppo dei Paesi scandinavi e baltici), oltre alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, e il segretario generale della Nato, l’olandese Marc Rutte.