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    L’Unione davanti alla Storia: dall’accoglienza dei profughi ucraini all’invio di armi a Kiev, le scelte inedite dell’UE

    Bruxelles – La storia, quella con la S maiuscola, è fatta di momenti ben riconoscibili e quello a cui ci troviamo di fronte da una settimana è proprio uno di quei momenti. Con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Vladimir Putin, l’UE ha reagito con una prova di unità quasi inattesa. Sicuramente non nella logica del dittatore russo, che probabilmente immaginava di inchiodare i Ventisette con le spalle al muro, facendo leva sulle ben note divisioni e difficoltà a trovare posizioni condivise in ambito di politica estera.
    Ma dalla prima tornata di sanzioni annunciata lunedì scorso (21 febbraio) ai successivi due pacchetti – che hanno portato al congelamento degli asset di Putin, all’esclusione russa dal circuito di pagamenti Swift e alla chiusura dello spazio aereo e dei canali di propaganda del Cremlino – l’Unione ha davvero parlato con una sola voce. Oggi l’UE ha fatto molto di più: ha annunciato due decisioni mai viste prima, una in ambito militare e una di migrazione e asilo.
    Per quello che riguarda l’aspetto militare, l’annuncio è arrivato direttamente dalla presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, nel pomeriggio: “Per la prima volta, l’UE finanzierà l’acquisto e la consegna di armi e attrezzature a un Paese sotto attacco“. Non era mai successo prima nella storia dell’Unione e questo segna un precedente di portata storica. Fino a questa mattina si parlava, secondo copione, dei finanziamenti e invii di materiale bellico all’Ucraina dei singoli Paesi membri UE (tra cui anche l’Italia, attraverso finanziamenti economici). Ma con quanto comunicato in conferenza stampa, è cambiato tutto: ora anche Bruxelles si fa carico di questo compito, coordinando i governi nazionali. “Un altro tabù è caduto, quello che voleva l’Unione Europea non finanziare una guerra“, ha sottolineato l’alto rappresentante, Josep Borrell, che domani (lunedì 28 febbraio) dovrebbe ricevere l’appoggio dei ministri UE della Difesa.
    “Stiamo organizzando la consegna d’emergenza di attrezzature militari difensive. Fucili, munizioni, razzi e carburante stanno arrivando alle truppe ucraine”, ha fatto sapere in serata il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel. Si tratta di 500 milioni di euro, di cui 450 per “armamenti letali”. Grazie al via libera degli ambasciatori dei Ventisette riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio (Coreper), si attiverà la European Peace Facility, lo strumento fuori bilancio per la prevenzione dei conflitti, la costruzione della pace e il rafforzamento della sicurezza internazionale, attraverso il finanziamento di azioni operative nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC) che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa. Grazie al “pilastro Misure di assistenza”, l’UE può sostenere Paesi terzi (in questo caso l’Ucraina) a rafforzare le capacità belliche, secondo quanto concordato dal Consiglio Affari Esteri nel marzo dello scorso anno.

    LIVE NOW: Press Statement by HR/VP @JosepBorrellF and President Ursula @vonderleyen on further measures to respond to the Russian invasion of Ukraine https://t.co/KMRZPQZjy1
    — EUSecurityDefence (@EUSec_Defence) February 27, 2022

    Ma c’è anche l’aspetto migrazione e asilo da non sottovalutare. Nel corso del vertice di oggi dei ministri UE per la Giustizia e gli affari interni è stato deciso di mettere sul tavolo l’applicazione della Direttiva europea sulla protezione temporanea del 2001, quella che stabilisce uno status di protezione di gruppo, che può essere applicato in situazioni di crisi derivanti da un afflusso massiccio di persone in fuga da una situazione di grande pericolo. Lo ha fatto sapere la commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, lasciando intendere che la data fissata per una (quasi sicura) applicazione sarà giovedì (3 marzo), nel corso del prossimo Consiglio Affari Generali.
    Con l’attivazione del meccanismo – che servirà ad accogliere un numero di persone in fuga dalla guerra che si attesterà presto a 400 mila (stando alle stime dell’alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Filippo Grandi) – l’UE sta mandando un altro segnale importante sia all’Ucraina, sia ai Paesi UE sulla frontiera orientale. La direttiva del 2001 prevede un principio di redistribuzione delle persone migranti tra i Paesi membri (la commissaria Johansson ha già fatto sapere che chi ha amici o parenti nell’UE si potrà dirigere verso di loro), un’assistenza speciale garantita di tre anni – 12 mesi mesi rinnovabili due volte – con il riconoscimento automatico del diritto di lavoro. Ma soprattutto per il via libera non serve l’unanimità dei Paesi membri, ma la maggioranza qualificata: “È già schiacciante al momento”, ha assicurato il ministro degli Interni francese e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Gérald Darmanin.
    Nonostante da più di 20 anni esista questa base legislativa e normativa per l’applicazione dei corridoi umanitari, la direttiva non è mai stata usata da quando è entrata in vigore. Non senza polemiche, l’ultima volta che l’argomento si è presentato all’ordine del giorno a Bruxelles è stato esattamente sei mesi fa, con la crisi in Afghanistan dopo la presa di potere dei talebani. Nonostante l’appello di 76 eurodeputati, allora non era stato attivato il meccanismo per dare accoglienza ai cittadini afghani in fuga da quella che difficilmente non poteva non essere considerata “una crisi derivante da un afflusso massiccio di persone in fuga da una situazione di grande pericolo”. Questo momento unico per l’UE nel rispondere alla Storia passa anche dall’applicazione della direttiva che darà accoglienza ai profughi in arrivo dall’Ucraina. A patto che questo non costituisca un precedente per fare – come ha affermato un politico italiano che non si è mai distinto per umanità nella gestione delle politiche di accoglienza – un distinguo tra “i profughi veri che scappano da una guerra vera” e quelli esclusi per discriminazioni puramente etniche e razziali.

    Actions en matière d’accueil et de solidarité : nous avons évoqué la possibilité d’activer la directive “protection temporaire”, afin d’offrir une protection immédiate pour les Ukrainiens déplacés, le temps que la crise le nécessitera. https://t.co/9TlFN8zMBk
    — Gérald DARMANIN (@GDarmanin) February 27, 2022

    Con il finanziamento per l’acquisti e la consegna di armamenti a Kiev per la guerra contro la Russia e l’attivazione del meccanismo di accoglienza temporanea, l’Unione Europea oggi ha iniziato a tracciare una nuova strada in politica estera

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    L’UE attacca la propaganda di Putin, chiuse Russia Today e Sputnik in Europa

    Bruxelles – “Una situazione senza precedenti” che richiede risposte senza precedenti. La Commissione europea annuncia nuove misure contro la Russia quale risposta alla guerra in Ucraina, e lo fa chiudendo lo spazio aereo UE a tutti gli aerei russi, chiudendo Russia Today e Sputnik, e attivando lo staff militare per dare sostegno all’Ucraina. E’ l’ultimo tassello della strategia a dodici stelle contro Putin e non solo, perché nella lista nera finisce anche il leader bielorusso, Alexander Lukashenko.
    “Con un altro passo senza precedenti, vieteremo nell’UE la macchina mediatica del Cremlino”, annuncia la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, a poche ore di distanza dalle misure che colpiscono banca centrale russa e sistema bancario russo. Verranno chiuse “Russia Today e Sputnik, di proprietà statale, così come le loro sussidiarie, che non saranno più in grado di diffondere le loro bugie per giustificare la guerra di Putin e di vedere la divisione nella nostra Unione”. Si tratta di “un passo cruciale contro la manipolazione dell’informazione” da parte di Mosca, fa eco l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Josep Borrel. “Putin non vuole solo conquistare territori, ma lo spirito delle persone con messaggi tossici. Uccideremo la serpe nella sua rete” di propaganda.
    Non finisce qui. Oltre a chiudere Russia Today e Sputnik l’UE  chiuderà l’intero spazio aereo alla federazione russa. “Stiamo proponendo un divieto su tutti gli aeromobili di proprietà russa, registrati o controllati dalla Russia“, l’annuncio di von der Leyen. “Questi aerei non potranno più atterrare, decollare o sorvolare il territorio dell’UE. Ciò si applicherà a qualsiasi aereo posseduto, noleggiato o altrimenti controllato da una persona fisica o giuridica russa”. In sintesi: i cieli europei saranno interdetti “a tutti gli aerei russi, compresi i jet privati degli oligarchi“.
    Sul fronte militare, l’UE è pronta ad attivare la European Peace Facility per due diverse operazioni di emergenza. Lo speciale strumento finanziario dell’UE al di fuori del bilancio pluriennale verrà utilizzato per rispondere alle necessità del governo riconosciuto dall’Unione sul campo. “Un altro tabù è caduto: quello che voleva l’Unione europea non finanziare una guerra”, sottolinea Borrell.
    Oltre alla Russia si colpisce la Bielorussia. L’Ue introdurrà misure restrittive “nei confronti dei loro settori più importanti”, spiega von der Leyen. Vuol dire stop alle esportazioni dai combustibili minerali al tabacco, legno e legname, cemento, ferro e acciaio.

    Chiuso lo spazio aereo dell’Unione europea a tutti gli aeromobili russi, finanziamenti per le necessità militari dell’Ucraina, e nuove sanzioni pure contro la Bielorussia

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    L’UE approva il nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia (Putin e Lavrov inclusi). Si cerca l’unità anche sul tema SWIFT

    Bruxelles – Ormai non c’erano nemmeno più dubbi sul fatto che il presidente della Russia, Vladimir Putin, e il ministro degli Esteri, Sergey Lavrov, fossero inclusi nel nuovo pacchetto di sanzioni UE scatenate dall’invasione da parte di Mosca del territorio dell’Ucraina. Tuttavia, come sottolineato dall’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, “avere le più alte cariche di uno Stato come la Russia nella lista delle misure restrittive è un passo di una certa importanza”. Oltre a quanto reso noto dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, questa notte al termine del vertice straordinario dei leader UE, il secondo pacchetto di sanzioni contro la Russia in meno di tre giorni includerà il congelamento dei beni di Putin e Lavrov.
    Borrell ha confessato che si è trattato del “risultato finale delle discussioni non concluse al vertice di ieri, dopo un’intensa discussione questa mattina“. Adesso, con l’approvazione formale dei 27 ministri degli Esteri, dovranno essere adottati gli atti giuridici con applicazione diretta una volta pubblicati in Gazzetta Ufficiale dell’UE. Nella lista compaiono anche 26 persone che non fanno parte delle istituzioni politiche, “diciamo oligarchi del mondo finanziario russo”, che appoggiano l’invasione dell’Ucraina e che “consideriamo responsabili e beneficiari delle politiche militari di Mosca”, ha aggiunto Borrell.
    A livello generale, “le sanzioni prendono di mira il settore finanziario, commerciale, tecnologico ed energetico” del Paese, in particolare “vietando la quotazione delle azioni delle entità russe ed evitando il flusso di capitali da e verso l’UE”. In questo modo “si incrementeranno i costi per la Russia nell’ottenere prestiti, con un impatto sull’inflazione e sull’erosione della base industriale”. Un tema complesso sul tavolo rimane però l’esclusione di Mosca dal sistema di pagamenti internazionali SWIFT: “Al momento è solo una possibilità aperta, ancora non c’è un allineamento totale”, ha confessato l’alto rappresentante UE. “È per questo motivo che non l’abbiamo ancora inserito nel pacchetto, la discussione non è ancora matura“, anche se “non è per nulla escluso che non succederà presto“. Tutto sembra possibile a questo punto: basti solo pensare al fatto che fino a due giorni fa era una possibilità remota inserire Putin e Lavrov tra i destinatari delle sanzioni UE contro la Russia.
    Nel corso della conferenza stampa post-Consiglio, l’alto rappresentante Borrell ha confermato ai giornalisti che “il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha partecipato da remoto e ci ha spiegato come le truppe e il popolo stiano resistendo all’attacco russo“. Un’aggressione “anche contro civili e innocenti, che ci fa capire quanto la situazione sia drammatica”. L’Ucraina è un Paese indipendente invaso da “una potenza militare che possiede l’arma nucleare e minaccia di usarla contro chiunque voglia intervenire a risolvere la crisi“, ha attaccato Borrell. Tuttavia, deve essere chiara la distinzione tra Russia e Cremlino: “Tanti cittadini russi si sono esposti contro questa guerra insensata con manifestazioni”.
    A questo punto l’UE vuole portare la questione a livello ONU: “Chiediamo la condanna delle Nazioni Unite, in modo che la Russia capisca che è isolata internazionalmente“. L’alto rappresentante Borrell è consapevole che all’interno del Consiglio di Sicurezza “ci sarà ovviamente il veto della Russia, ma poi vedremo all’Assemblea Generale quanto Paesi sosterranno Mosca”. Da Bruxelles in giornata ci sono già stati i contatti con Cina e India, “per spiegare loro che non è solo una questione di Ucraina, ma di rispetto delle regole della Carta delle Nazioni Unite” e Borrell si è detto soddisfatto per le prime reazioni. “La Russia è stata sospesa dal Consiglio d’Europa con l’unanimità dei 27 Paesi dell’UE”, ma anche da molte competizioni sportive e dal concorso Eurovision in programma a maggio a Torino: “Può sembrare poca cosa, ma ha un impatto non indifferente sull’opinione pubblica globale“.
    Parlando del secondo pacchetto di sanzioni UE contro la Russia, il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, al termine del Consiglio Affari Esteri si è soffermato sul fatto che “colpiranno con intensità non solo Putin e Lavrov, ma anche banche, imprese di Stato e interi settori-chiave dell’economia russa”. Si tratta di “un nuovo passo per continuare a isolare la Russia”, a cui seguiranno i lavori per un terzo pacchetto. Alla domanda sulla possibile esclusione di Mosca da Swift, Di Maio ha messo in chiaro che “l’Italia ha votato e voterà compatta sulle proposte della Commissione e non escludiamo niente a priori“. L’iniziale contrarietà del governo Draghi potrebbe essersi modificata in un appoggio tiepido, pur di mantenere l’unanimità della voce dell’Unione contro l’aggressione di Mosca. “Quelle che arrivano dall’Ucraina sono immagini inquietanti, con carri armati sulle auto dei civili e bambini portati in salvo dalle zone dei combattimenti”, ha attaccato con forza Di Maio: “È la dimostrazione della crudeltà della Russia e dell’irresponsabilità della guerra, che mette a rischio tutti i cittadini europei e può destabilizzare un intero contenente”.

    I 27 ministri degli Esteri hanno completato il lavoro non concluso vertice dei leader UE di ieri: beni congelati per i due leader russi. Si inizia a trovare un allineamento sull’esclusione di Mosca dal sistema di pagamenti internazionali

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    Lo sport internazionale taglia fuori la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina: dal calcio alla Formula 1, fino al basket

    Bruxelles – Al terzo strike, Mosca è fuori dalla maggior parte delle grandi manifestazioni sportive in programma nei prossimi mesi. Dopo il riconoscimento dell’indipendenza delle autoproclamate Repubbliche nel Donbass, l’invasione dell’Ucraina e i bombardamenti su Kiev, la Russia viene tagliata fuori dallo sport internazionale, dal calcio alla Formula 1, fino al basket. Ma anche altri organizzatori potrebbero presto prendere la stessa decisione e cancellare gli eventi in programma sul suolo della Russia o riprogrammare le partite delle squadre russe nelle rispettive competizioni. “Come ministri degli Esteri dell’UE guardiamo con soddisfazione al fatto che non solo la politica, ma anche lo sport sta reagendo contro l’aggressione della Russia”, ha commentato Luigi Di Maio, al termine del Consiglio Affari Esteri convocato oggi a Bruxelles.
    Tutto è iniziato con l’annuncio di questa mattina da parte del Comitato Esecutivo UEFA della decisione di cancellare la finale di Champions League di calcio dalla Gazprom Arena di San Pietroburgo  – casa dello Zenith, squadra di calcio per cui tifa il presidente russo Vladimir Putin – e spostarla allo Stade de France di Saint-Denis (a Parigi), mantenendo la stessa data di sabato 28 maggio. La decisione è arrivata “in un momento di crisi senza precedenti a seguito della grave escalation della situazione della sicurezza in Europa”, in cui si rende necessario “garantire il soccorso ai giocatori di calcio e alle loro famiglie in Ucraina, che devono affrontare terribili sofferenze umane, distruzione e sfollamento”. L’UEFA ha stabilito anche che “i club e le squadre nazionali russe e ucraine dovranno giocare le loro partite in casa in luoghi neutrali fino a nuovo ordine”.
    Nel calcio il nome Gazprom – l’azienda energetica russa parzialmente controllata dallo Stato – è una costante e non a caso sta causando le polemiche maggiori. In attesa di conoscere la decisione dell’UEFA sul taglio dei rapporti con il suo maggiore sponsor per la Champions League, il club tedesco Schalke 04 ha già reso noto con un comunicato ufficiale di aver cancellato ogni riferimento alla sponsorizzazione russa dal suo kit di divise ufficiali: “Seguirà un confronto con Gazprom Germania, ma per il momento sulla divisa dei Königsblauen comparirà solo la scritta Schalke 04″. Ma anche per la FIFA ora si pone la questione. Il presidente Gianni Infantino si è detto “molto preoccupato per la situazione tragica” e dovrà prendere una decisione sugli spareggi per l’accesso ai Mondiali di Qatar 2022 (la Russia dovrebbe giocare in casa il 24 marzo contro la Polonia e, se vincerà, il 29 marzo contro Svezia o Repubblica Ceca). Proprio queste tre federazioni hanno inviato ieri una lettera congiunta per chiedere alla FIFA di spostare il luogo dello svolgimento delle partite. “Continueremo a monitorare la situazione comunicheremo a tempo debito la nostra decisione“, ha fatto sapere Infantino.
    Il pilota tedesco di F1, Sebastian Vettel, al GP di Ungheria (primo agosto 2021)
    Anche la Federazione Internazionale dell’Automobile (FIA) ha seguito a ruota l’esempio dell’UEFA e, dopo una discussione con le scuderie, i piloti e gli organizzatori del Circus della Formula 1 ieri sera, ha concluso oggi che “è impossibile tenere il Gran Premio di Russia nelle circostanze attuali“. La gara era prevista nel fine settimana tra il 23 e il 25 settembre, ma al momento disputare il Gran Premio nel circuito di Soči non sarebbe compatibile con “la visione positiva per unire le persone e riunire le nazioni” perseguita dalla Formula 1. Tutte le parti interessate guardano “con tristezza e shock” agli attuali sviluppi in Ucraina, nella speranza di “una risoluzione rapida e pacifica della situazione attuale”, si legge nel comunicato. Già nella giornata di ieri (giovedì 24 febbraio) il pilota tedesco della scuderia Aston Martin, Sebastian Vettel, aveva anticipato la decisione della Formula 1: “Sono scioccato e molto triste per quello che sta accadendo in Ucraina, per questo ho già deciso che non parteciperò al prossimo GP di Russia“.
    Ha deciso invece di obbligare le squadre russe a giocare in campo neutro l’Eurolega di basket, in una nota pubblicata nel pomeriggio: “Le partite programmate per essere giocate sul suolo russo saranno spostate in altre sedi, mentre le partite che coinvolgono squadre russe, ma programmate per essere giocare in altri Paesi, continueranno a svolgersi come da programma”. CSKA Mosca, Zenit San Pietroburgo e UNICS Kazan subiscono la volontà degli organizzatori della competizione dopo i boicottaggi degli ultimi giorni decisi dalle altre squadre europee (rinviate Bayern Monaco-CSKA, Baskonia-UNICS e Zenit-Barcellona), mentre la partita fra CSKA-Barcellona in programma domenica (27 febbraio) “è sospesa”, fa sapere l’Eurolega. La decisione è stata presa per “tutelare l’integrità della competizione e consentire alle squadre di continuare a difendere il proprio diritto a gareggiare in campo, isolando lo sport da qualsiasi azione politica”. Anche se viene messo in chiaro che “è nostra responsabilità proteggere l’integrità di giocatori, allenatori, tifosi e staff” e che “qualsiasi tipo di violenza non è né tollerata né accettata come mezzo per difendere l’opinione o la posizione di nessuno”.
    Si accendono però i riflettori anche sulla Federazione internazionale di volley (FIVB): dal 26 agosto all’11 settembre sarebbe in calendario il mondiale di pallavolo maschile e ora dovrà essere deciso se seguire (con tutta probabilità) l’esempio di UEFA, Formula 1 ed Eurolega. Intanto, dal mondo del tennis, merita una menzione speciale il gesto del tennista russo Andrej Rublëv, che dopo la vittoria di oggi sul polacco Hubert Hurkacz agli ATP di Dubai ha firmato la telecamera scrivendo “No war please”. Anche dagli sportivi russi arrivano messaggi chiari contro le azioni belliche intraprese dal presidente Putin.

    La scritta di Andrey #Rublev sulla telecamera
    “No war please”#DDFTennis pic.twitter.com/blPgVTDuuB
    — Luca Fiorino (@FiorinoLuca) February 25, 2022

    Gli organizzatori dei maggiori eventi sportivi internazionali prendono posizione sullo scoppio della guerra in Europa e le responsabilità di Mosca. Spostata la finale di Champions League a Parigi, cancellato il Gran Premio di Soči e squadre di russe di basket in campo neutro

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    Russia sospesa dal Consiglio d’Europa

    Bruxelles – La Russia è stata sospesa con effetto immediato dal Consiglio d’Europa a seguito dell’invasione dell’Ucraina. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio spiegando che la decisione è stata presa ai sensi dell’articolo 8 dello statuto del consiglio dal Comitato dei Ministri, di cui l’Italia ha la presidenza di turno.
    Il Consiglio d’Europa  si occupa di difesa dei diritti umani e da lì nasce la Corte europea dei diritti dell’Uomo. Non ha nulla a che fare con l’Unione europea.
    “L’Italia ritiene che si tratti di una misura necessaria alla luce dell’inaccettabile aggressione militare russa ai danni dell’Ucraina, che costituisce una grave violazione del diritto internazionale”, ha spiegato Di Maio.
    La decisione di oggi significa che la Russia rimane membro del Consiglio d’Europa e parte delle sue convenzioni, compresa la Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
    L’iniziativa formale, aveva spiegato poco prima il premier polacco Mateusz Morawiecki, scrive la Reuters, era stata avviata da Polonia e Ucraina. 
    “Conformemente allo Statuto del Consiglio d’Europa – spiega una nota –, il Comitato dei Ministri ha deciso oggi di sospendere, con effetto immediato, la Federazione russa dai suoi diritti di rappresentanza nel Comitato dei Ministri e nell’Assemblea Parlamentare a seguito dell’attacco armato sferrato contro l’Ucraina.
    La decisione di oggi significa che la Russia rimane membro del Consiglio d’Europa e parte delle sue convenzioni, compresa la Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
    Anche il giudice eletto alla Corte europea dei diritti dell’uomo a titolo della Federazione russa resta un membro della Corte, la quale continuerà a esaminare e a pronunciarsi sui ricorsi presentati contro la Federazione russa. La sospensione non è una misura definitiva ma temporanea, lasciando aperti i canali di comunicazione”.

    Lo ha annunciato Di Maio. La proposta avanzata da Polonia e Ucraina

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    Ucraina, l’Unione europea congela gli asset di Putin e Lavrov

    Bruxelles – Via libera dal Consiglio Affari Esteri al congelamento dei beni del presidente Vladimir Putin e del ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, per l’aggressione ai danni dell’integrità territoriale dell’Ucraina. Dopo varie indiscrezioni circolate nel pomeriggio, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, lo ha confermato in un punto stampa a margine dei lavori del Consiglio.
    “Quelle che arrivano dall’Ucraina sono immagini inquietanti: carri armati sulle auto dei civili, bambini portati in salvo dalle zone dei combattimenti. È la dimostrazione della crudeltà della Russia e irresponsabilità guerra”, ha detto parlando ai giornalisti, preoccupato del “rischio per tutti cittadini europei” e di una destabilizzazione del continente europeo. “Questa guerra può destabilizzare tutto il continente ed e’ per questo che qui a Bruxelles tutti compatti hanno votati un pacchetto di sanzioni molto dure” non solo verso Putin e Lavrov, ma anche verso “banche, imprese di Stato e interi settori chiave”.
    La linea adottata dalla comunità occidentale è chiaramente quella di “isolare la Russia”, costringendola a cedere. Nel pomeriggio si sono susseguite varie manifestazioni di protesta contro l’azione armata di Mosca: prima la sospensione dai diritti di rappresentanza dal Consiglio d’Europa, l’organizzazione che si occupa di difesa dei diritti umani e di cui fanno parte tutti gli Stati membri UE. “Quello che sta facendo (Putin) va contro ogni regola di convivenza e umanità e non possiamo permettercelo”, ha accusato Di Maio. Poi anche il mondo dello sport sta reagendo contro Russia, non solo politica. Tutte onorificenze ritirate o a personaggi russi: non c’è nulla di onorevole nella Russia in Ucraina.
    Il ministro conferma che a Bruxelles si lavora al terzo pacchetto di sanzioni contro Mosca, come annunciato questa mattina dal presidente del Consiglio, Charles Michel. Pacchetto che dovrebbe essere varato nei prossimi giorni dall’UE.

    The senseless suffering and loss of civilian life must stop.
    Europe stands with #Ukraine’s people and will continue to provide support.
    Second wave of sanctions with massive and severe consequences politically agreed last night.
    Further package under urgent preparation.
    — Charles Michel (@eucopresident) February 25, 2022

    Il vero nodo di questo nuovo pacchetto di sanzioni è l’esclusione di Mosca dal sistema di pagamenti internazionali, SWIFT, su cui ieri il Consiglio europeo ha incontrato alcune resistenze da Germania, Italia, Austria, Lussemburgo e Cipro. A sentire il titolare della Farnesina non c’è alcuna intenzione da parte dell’Italia di mettere un veto alla proposta. “Continueremo a votare in maniera compatta le proposte della Commissione e siamo aperti alla proposta del pacchetto terzo”, ha detto rispondendo ai giornalisti.
    Riuniti a Bruxelles anche i ministri dell’Economia e delle finanze, che nel pomeriggio hanno pubblicato un comunicato congiunto con l’esecutivo comunitario e la BCE  in cui sostengono di aver “chiesto alla Commissione UE e alla Banca Centrale Europea di valutare le conseguenze di un ulteriore taglio dell’accesso delle istituzioni russe al sistema finanziario”. “Tutte le opzioni sono sul tavolo”, viene specificato nella nota.
    L’esclusione di Mosca dal sistema dei pagamenti internazionali è richiesta a gran voce dall’intero Europarlamento, per dare un segnale forte di rottura della continuità nel dialogo dell’UE con Mosca. “È giusto che l’UE adotti sanzioni massicce, senza precedenti e severe nei confronti della Russia. Abbiamo bisogno di più e devono essere di ulteriore portata, inclusa l’esclusione della Russia dal sistema SWIFT e severe sanzioni individuali senza nessuno fuori dal tavolo”, ha ribadito la presidente Roberta Metsola. A farle eco in vari tweet i capogruppi di Partito popolare europeo, dei Socialisti e Democratici (S&D) e di Renew Europe.

    If we are tempted to accommodate, to take a step back, – we will soon be facing another ultimatum. And what then?
    We are #WithUkraine.
    3/3
    — Roberta Metsola (@RobertaMetsola) February 25, 2022

    Diverse sono state le critiche ai leader europei al Consiglio europeo di ieri di aver “lasciato fuori” dal tavolo delle sanzioni per l’invasione dell’Ucraina sia Putin-Lavrov, sia il gas, l’altro grande assente nelle discussioni in corso a Bruxelles: includerli avrebbe di certo dato l’idea di una rottura più concreta dalla dipendenza dell’Unione da Mosca. Di gas per ora non se ne parla proprio, l’UE ha preferito colpire solo le tecnologie che la Russia importa dall’UE per raffinare il suo petrolio per poi esportarlo di nuovo in Europa “pulito”. Su Putin nel mirino, invece, i governi hanno trovato la quadra all’unanimità. A dimostrazione del fatto che quando c’è volontà politica di fare qualcosa, l’ostacolo dell’unanimità viene superato.
    “Personalmente sono molto favorevole, ma l’importante non è quello che penso io ma ciò che decide il Consiglio” dei ministri e “la procedura richiede l’unanimità”, ha detto l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, al suo arrivo al Consiglio Esteri. Lo stesso Borrell ha fatto anche sapere di avere avuto questa mattina un colloquio telefonico con il governo cinese, in cui “ho chiesto alla Cina di esercitare la sua influenza per il rispetto della sovranità dell’Ucraina e per un negoziato“.
    Nel pomeriggio Putin si è detto pronto a inviare una delegazione a Minsk per i negoziati con l’Ucraina. Mosca “è pronta a inviare un gruppo dei suoi ministeri della Difesa e degli Esteri insieme ai funzionari del Cremlino per colloqui con l’Ucraina nella capitale bielorussa”, ha fatto sapere il portavoce del presidente russo, Dmitry Peskov. Sembra una delegazione per imporre una capitolazione che per aprire un dialogo.

    Via libera definitivo raggiunto in seno al Consiglio dei ministri degli Esteri. Di Maio: “Sanzioni dure contro una guerra irresponsabile”. A Bruxelles si lavora con urgenza per varare il terzo pacchetto di sanzioni che potrebbe escludere Mosca dal sistema di pagamenti internazionali, SWIFT. Per il titolare della Farnesina dall’Italia nessun veto: “Continueremo a votare in maniera compatta le proposte della Commissione”

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    L’Europa risponderà unita. E la società civile?

    Il contrasto tra il movimento al rallentatore dell’Europa e la rapida e completa invasione dell’Ucraina da parte del presidente russo Vladimir Putin non potrebbe essere più netto. Fino a due giorni fa, gli europei discutevano di quale azione russa avrebbe innescato quali sanzioni, mentre l’esercito russo stava già accerchiando l’Ucraina.
    Ma anche se lo hanno fatto al rallentatore, gli europei si sono preparati e si uniranno attorno a questa crisi.
    Rosa Balfour
    Gli enormi sforzi compiuti nelle ultime settimane hanno consentito l’approvazione di un forte pacchetto di sanzioni a meno di ventiquattro ore dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina. Questa risposta veniva giustamente preparata mentre venivano perseguite tutte le vie diplomatiche per ridurre l’escalation della crisi. Ma gli europei devono fare di più, perché il revisionismo di Putin sull’ordine del dopo Guerra Fredda continuerà, a prescindere dall’esito militare dell’invasione dell’Ucraina. Questa crisi è un passo in un lungo gioco.
    Il pacchetto di sanzioni dell’UE sarà la prima fase, non l’ultima, di un’escalation. Anche se l’impegno militare è stato escluso, i cittadini europei non sono preparati alle conseguenze della guerra sull’approvvigionamento energetico o sull’economia, né sono pronti ad accogliere i rifugiati. Al contrario, flussi di disinformazione hanno disseminato i media tradizionali e sociali europei. Gli europei devono essere mobilitati attraverso spiegazioni basate sulle evidenze e il contatto con i russi dovrebbe essere un altro pilastro di una diversa strategia di comunicazione.
    Oltre al pacchetto da 1,2 miliardi di euro che l’UE ha adottato il 21 febbraio per sostenere l’Ucraina, gli altri Paesi in una regione già destabilizzata dalla Russia avranno bisogno di più energia politica e risorse finanziarie, mentre la NATO rafforza il suo fianco orientale in caso di allargamento del conflitto.
    Infine, gli europei devono rivolgersi alla società civile nell’Europa orientale e in Russia per dare energia a quelle reti che sono state i motori di un cambiamento positivo in tutta l’ex Unione Sovietica in nome dei diritti umani, della libertà e dell’autodeterminazione.
    Rosa Balfour è direttrice di Carnegie Europe, leggi questo intervento su Strategic Europe.

    Dare energia a quelle reti che sono state i motori di un cambiamento positivo in tutta l’ex Unione Sovietica in nome dei diritti umani, della libertà e dell’autodeterminazione

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    La strada dell’allargamento UE all’Ucraina e l’impossibile obiettivo dell’adesione entro il 2030

    Bruxelles – Quasi come reazione uguale e contraria (ma senza la violenza delle armi) all’invasione dell’Ucraina da parte delle forze militari russe, sul tavolo dei leader UE si pone un nuovo tema in agenda: la possibilità di allargare l’Unione Europea e accogliere Kiev come 28esimo Paese membro. Siamo ai limiti della fantapolitica, ma due dei Ventisette (Slovenia e Polonia) hanno proposto al Consiglio UE l’adesione dell’Ucraina e hanno indicato anche una data precisa entro cui questo processo dovrebbe completarsi: “Non parliamo di decenni, ma entro il 2030“, ha dichiarato il primo ministro sloveno, Janez Janša, entrando al Consiglio Europeo straordinario di questa sera (giovedì 24 febbraio) a Bruxelles.
    La richiesta è stata presentata al presidente del Consiglio UE, Charles Michel, attraverso una lettera inviata ieri sera (mercoledì 23 febbraio), che faceva riferimento alla necessità di “valutare strategicamente la questione e prendere decisioni politiche coraggiose”. Questa sera, però, il premier sloveno ha offerto più dettagli: “Dobbiamo dare all’Ucraina una reale prospettiva di adesione UE e lo stesso approccio deve essere utilizzato con Moldavia, Georgia e Balcani Occidentali“. La motivazione è legata al futuro sviluppo di queste regioni e della sicurezza dell’Unione stessa, dal momento in cui “la storia recente ci dimostra che se lo spazio di libertà, democrazia e Stato diritto non si allarga, qualcuno lo occupa”. Lo stesso approccio “è condiviso da molti colleghi, nei Paesi baltici e in quelli dell’Est”, ha assicurato Janša. In altre parole, soprattutto tra chi teme le minacce russe alle proprie frontiere.
    Nelle conclusioni dei Ventisette alla fine è comparso solo un generico “sostegno alla scelta e alle aspirazioni europee di Kiev”, ma può essere utile fare un punto sui margini di fattibilità della proposta. Il primo passo per l’inizio di un ipotetico processo di adesione UE di Kiev deve passare da una proposta formale del Paese extra-UE che aspira alla candidatura (l’Ucraina, in questo caso). Si articolano poi una serie di passaggi. Dopo il superamento dell’esame dei criteri di Copenaghen, ovvero le basilari condizioni democratiche, economiche e politiche (istituzioni stabili, Stato di diritto, rispetto dei diritti umani, economia di mercato, capacità di mantenere l’impegno), si arriva alla firma dell’Accordo di stabilizzazione e associazione, un accordo bilaterale tra UE e Paese richiedente. A quel punto si può presentare la vera e propria domanda di adesione all’Unione e, una volta accettata, viene conferito lo status di Paese candidato. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio UE di avviare i negoziati: solo quando viene dato il via libera all’unanimità dai Ventisette si possono aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile). Alla fine, si arriva alla firma del Trattato di adesione.
    Il processo è particolarmente lungo e impegnativo, a prescindere dal Paese che presenta la proposta di adesione. Giusto per capire di quali tempistiche si parla, basta solo ricordare a che punto sono le trattative dei sei Paesi che sono attualmente in lizza per aderire all’UE: Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia. Tutti hanno firmato l’Accordo di stabilizzazione e associazione: l’ultimo è stato il Kosovo sei anni fa (2016), ma si va indietro fino al 2001 per la Macedonia del Nord, passando da Serbia e Bosnia (2008), Montenegro (2007) e Albania (2006). Anche se si considera solo la situazione una volta ottenuto lo status di Paese candidato, non va molto meglio: Tirana è bloccata dal 2014, Skopje dal 2005, mentre Serbia e Montenegro stanno portando avanti i successivi negoziati di adesione rispettivamente da otto e dieci anni. Insomma, la prospettiva del 2030 per l’Ucraina – un Paese che non ha nemmeno avanzato una proposta formale all’UE – sembra quantomeno improbabile.
    Aldilà delle tempistiche, c’è anche una questione di contesto. Per scelte politiche di Bruxelles, l’Ucraina finora non è mai entrata nel novero dei Paesi potenzialmente candidati all’adesione UE. È vero che i legami tra Kiev e Bruxelles sono stretti: insieme a Moldavia, Georgia, Armenia, Azerbaijan e Bielorussia (anche se nel giugno del 2021 quest’ultima ha sospeso l’adesione), l’Ucraina è inclusa dal 2009 nel Partenariato orientale, il programma di integrazione tra Bruxelles e i Paesi di quest’area geopolitica, e dal 2018 è in vigore un Accordo di associazione politica ed economica con l’Unione Europea. Tuttavia, nessuna delle due intese ha come obiettivo o come clausola l’adesione dell’Ucraina all’UE.
    C’è comunque da riconoscere che uno dei fattori che ha scatenato la crisi quasi decennale tra Russia e Ucraina è proprio la prospettiva UE di Kiev. Nella notte tra il 21 e il 22 novembre 2013 si verificarono nella capitale ucraina una serie di proteste violente a causa della decisione del governo di sospendere il processo di ratifica dell’Accordo di associazione. Quelle proteste portarono alla sollevazione di Piazza Maidan l’anno seguente, con la messa in stato di accusa e la destituzione dell’ex-presidente Viktor Janukovyč. A seguito di quegli eventi scoppiò la crisi in Crimea, con il primo intervento armato di Mosca su territorio ucraino a sostegno dei separatisti filo-russi. Era il febbraio 2014 e di lì a poco sarebbe scoppiata anche la guerra civile in Donbass che, dopo otto anni, vive il suo momento più acuto. Ora è tutta l’Ucraina sotto l’attacco di una potenza straniera e la strada dell’adesione all’UE è tutta in salita.

    Slovenia e Polonia hanno proposto al Consiglio Europeo di offrire a Kiev la prospettiva di adesione all’Unione entro la fine del decennio, insieme a Moldavia, Georgia e Balcani Occidentali. Ma tempistiche e contesto frenano le ambizioni