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    Gli effetti delle sanzioni. Il leader russo dei fertilizzanti e del carbone chiede la pace in Ucraina, “o sarà crisi alimentare”

    Bruxelles – Al diciannovesimo giorno di guerra in Ucraina, si iniziano ad aprire le prime crepe nel cerchio magico di Vladimir Putin. In un’intervista rilasciata a Reuters, l’oligarca russo Andrey Melnichenko – re del settore dei fertilizzanti e del carbone e finito nella lista delle sanzioni UE – ha fatto un appello alla risoluzione pacifica del conflitto in Ucraina: “Ne abbiamo bisogno urgente, perché una delle vittime di questa crisi sarà l’agricoltura e il cibo in tutto il mondo“. In attesa del quarto pacchetto di misure restrittive (previsto per oggi), le decisioni prese da Bruxelles in coordinamento con i partner del G7 sembrano aver dato uno scossone non solo all’economia russa, ma anche al mondo imprenditoriale vicino al Cremlino. Che davanti alla chiusura dei mercati globali e alla perdita di fatturato potrebbe abbandonare la nave dell’autocrate russo.
    Fondatore di EuroChem (uno dei più grandi produttori di fertilizzanti) e di SUEK (il principale produttore di carbone della Russia), Melnichenko è l’ottavo oligarca russo per patrimonio stimato (17,9 miliardi) e compare tra gli 862 individui colpiti dalle sanzioni dell’UE, dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina lo scorso 24 febbraio. “La guerra ha già portato all’impennata dei prezzi dei fertilizzanti che non sono più accessibili agli agricoltori”, ha sottolineato Melnichenko, avvertendo che “ora porterà a un’inflazione alimentare ancora più alta in Europa e a probabili carenze di cibo nei Paesi più poveri del mondo”. Senza fare diretto riferimento a Putin, l’oligarca russo ha definito “veramente tragici” gli eventi in Ucraina, giustificando così la propria presa di posizione a favore della pace.
    Ma è chiaro che la vera determinante è la componente economica. Il rischio di essere trascinati verso il basso dall’isolamento internazionale sta iniziando a diventare concreto per gli imprenditori miliardari russi. La Russia è uno dei principali produttori al mondo di potassio, fosfato e fertilizzanti contenenti azoto ed EuroChem, che è una delle prime cinque aziende di fertilizzanti al mondo, sarebbe messa in ginocchio da una crisi alimentare globale. Lo scorso 9 marzo Melnichenko si è dimesso da membro del Consiglio di amministrazione e dalla direzione dell’azienda, dopo che l’UE lo ha sanzionato per la sua partecipazione a un incontro al Cremlino con Putin e altri 36 uomini d’affari, identificandolo come uno dei principali uomini d’affari coinvolti nei settori economici-chiave per il il finanziamento della campagna militare russa. Sabato scorso (12 marzo) la polizia italiana ha sequestrato nel porto di Trieste lo yacht di Melnichenko, il Sailing Yacht A di 143 metri e dal valore di 530 milioni di euro.

    Si iniziano a intravedere le prime crepe nel cerchio magico di Putin dopo i tre pacchetti di misure restrittive UE e G7 (in attesa del quarto): l’oligarca Melnichenko fa un appello “urgente” alla fine del conflitto in Ucraina: “Una delle vittime di questa crisi sarà l’agricoltura e il cibo in tutto il mondo”

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    È pronto il quarto pacchetto di sanzioni UE contro la Russia: vietati investimenti nel settore energetico e importazioni siderurgiche

    Bruxelles – I leader dell’Unione Europea l’avevano promesso questa notte, al termine della prima discussione del Consiglio informale a Versailles, e in meno di una giornata il quarto pacchetto di sanzioni UE contro la Russia è arrivato. O meglio, è arrivato l’annuncio delle misure restrittive in linea con i partner del G7 che saranno adottate domani (sabato 12 marzo), dopo “le tre ampie ondate di sanzioni che hanno colpito duramente l’economia della Russia”, ha sottolineato nella sua comunicazione la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen.
    Finalmente si inizia a intravedere qualche misura restrittiva sul piano dell’energia: “Proporremo un grande divieto di nuovi investimenti europei nel settore energetico russo“. La motivazione è semplice (la realizzazione meno) ed è legata al fatto che “non dobbiamo alimentare la dipendenza energetica che vogliamo lasciarci alle spalle”, ha sottolineato con forza la leader dell’esecutivo comunitario. Il divieto coprirà tutti gli investimenti, i trasferimenti di tecnologia e i servizi finanziari per l’esplorazione e la produzione di energia. Per colpire ancora di più le fonti di liquidità del regime, sarà anche vietata l’importazione di beni-chiave nel settore siderurgico, privando il settore centrale dell’economia russa di “miliardi di entrate dalle esportazioni e assicurando che i nostri cittadini non sovvenzionino la guerra di Putin”.
    Si continua anche sulla strada della mano pesante contro l’economia e la finanza: “Il rublo è crollato, molte banche russe sono tagliate fuori dal sistema bancario internazionale, le aziende stanno lasciando la Russia” e con il quarto pacchetto di sanzioni UE si vuole “drenare le risorse che usa per finanziare questa guerra barbara“. Tutto questo fino a quando Mosca non mostrerà la “volontà di impegnarsi seriamente nei negoziati per una soluzione diplomatica”. Durissima la misura che nega alla Russia lo status di nazione favorita sui più importanti mercati globali, il che significa che non godrà più dei benefici derivanti dall’appartenenza all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC): le aziende russe non riceveranno più trattamenti privilegiati e saranno sospesi finanziamenti e prestiti dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale. “La Russia non può violare grossolanamente il diritto internazionale e, allo stesso tempo, aspettarsi di beneficiare dei privilegi di far parte dell’ordine economico internazionale”, mette in chiaro la nota dei leader del G7.
    I ministri delle Finanze, della Giustizia e degli Affari interni del Gruppo dei 7 si incontreranno la settimana prossima per coordinare la task force per individuare nuovi membri dell’oligarchia russa vicina al regime Putin da colpire con le sanzioni e da escludere dal circuito delle criptovalute. Sempre in quest’ottica, il quarto pacchetto di sanzioni vieterà l’esportazione di qualsiasi bene di lusso dai Paesi UE e del G7 verso la Russia, “come un colpo diretto” all’élite russa: “Chi sostiene la macchina da guerra di Putin non sarà più in grado di godere del suo sontuoso stile di vita mentre le bombe cadono su persone innocenti in Ucraina”, ha attaccato von der Leyen.

    The three sweeping waves of sanctions and the extension of their scope this week have hit Russia’s economy very hard.
    The 4th package will be an additional blow to Putin’s regime.
    The invasion of Ukraine has to stop. pic.twitter.com/GFUisNpLWk
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) March 11, 2022

    Sarà presentato domani (12 marzo) il nuovo pacchetto di misure restrittive in coordinamento con il G7. “Non dobbiamo alimentare la dipendenza energetica che vogliamo lasciarci alle spalle”, ha attaccato Ursula von der Leyen

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    Aumento coordinato della spesa militare e investimenti nella filiera industriale: a Versailles i semi della difesa comune europea

    Bruxelles – Tra le innumerevoli reazioni che ha scatenato l’invasione russa dell’Ucraina, una ha un significato di portata storica per l’Unione Europea. Per la prima volta nella storia dell’UE, tutti i Paesi membri sono allineati sulla prospettiva di stringere sempre di più la cooperazione in ambito di difesa. È un passo in più rispetto al “tabù” venuto a cadere quasi due settimane fa (era domenica 27 febbraio) sul finanziamento di uno Stato in guerra – l’Ucraina contro l’invasione russa – da parte dell’UE e si è concretizzato con la Dichiarazione di Versailles, firmata dai 27 leader al Consiglio informale di ieri e oggi (10-11 marzo). L’Unione è pronta per una difesa comune europea, i primi semi sono stati piantati proprio là dove più di 100 anni fa si assisteva a un fallimento per l’unità europea.
    La difesa comune europea, nello specifico, è uno dei tre pilastri della Dichiarazione e del “nuovo modello di crescita e di investimento per il 2030”, come illustrato dal presidente francese, Emmanuel Macron, padrone di casa a Versailles. “Si tratta di una svolta storica importante nel progetto dell’Unione Europea“, ha dichiarato senza mezzi termini in conferenza stampa il presidente di turno del Consiglio dell’UE: “Paesi tradizionalmente neutrali come la Svezia hanno sostenuto l’Ucraina, la Germania ha deciso investimenti storici nell’ambito militare e la Danimarca ha presentato al popolo la possibilità di ritornare nel progetto europeo di sicurezza e difesa”. A questo punto vanno delineate le direttrici del rafforzamento delle capacità di difesa e gli appuntamenti decisivi saranno a fine marzo e a metà maggio.
    I presidenti di Consiglio, Charles Michel, Commissione, Ursula von der Leyen, e Consiglio dell’UE, Emmanuel Macron, a Versailles (11 marzo 2022)
    “L’imminente Bussola Strategica fornirà una guida per l’azione nelle dimensioni di sicurezza e difesa”, si legge nel testo della Dichiarazione. Il progetto è in fase di elaborazione da mesi, da quando è scoppiata la crisi in Afghanistan e l’Unione Europea si è scoperta fragile e disorganizzata di fronte agli scenari globali più instabili. La presentazione è prevista al Consiglio Europeo del 23-24 marzo e dopo l’invasione russa dell’Ucraina non ci sono più dubbi che la scadenza sarà rispettata. Ma sarà a maggio che si dovrà trovare una quadra sull’intero progetto di difesa comune europea, prima del vertice NATO di Madrid a fine giugno: al Consiglio UE straordinario si metteranno a punto “gli investimenti necessari coordinati, gli obiettivi di bilancio, le necessità a livello spaziale, informatico e marittimo, e i bisogni delle filiere industriali di difesa europee”, ha precisato Macron.
    Nello specifico, con la Dichiarazione di Versailles i 27 capi di Stato e di governo dell’Unione Europea hanno deciso di “investire di più e meglio nelle capacità di difesa comune e nelle tecnologie innovative”. Spazio allora per un “aumento sostanziale delle spese per la difesa“, in linea con quel 2 per cento del PIL approvato anche dalla Germania la settimana scorsa. La presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, ha spiegato ai giornalisti che “nelle prossime settimane prepareremo un’analisi dei gap di investimenti tra Stati membri, per avere un piano chiaro entro metà maggio”. Stando a quanto si legge nella Dichiarazione, ci si dovrà concentrare sulle “carenze strategiche” e sugli investimenti “in modo collaborativo” tra i Ventisette, anche sul fronte degli acquisti dai partner e delle sinergie di ricerca e innovazione sulle tecnologie critiche ed emergenti. A questo si riferisce il presidente Macron quando parla di “rafforzamento della filiera industriale di difesa“, piccole e medie imprese comprese.
    Come ha evidenziato il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, “è innegabile che ci siamo svegliati due settimane fa in un’Europa nuova e in un mondo diverso” e che “le azioni di guerra della Russia evidenziano la necessità di una difesa comune europea con una strategia operativa e una base industriale”. I leader dell’Unione hanno ribadito senza ambiguità che il rapporto con la NATO potrà solo che rafforzarsi: “Un’Unione Europea più capace nel campo della sicurezza e della difesa comune contribuirà positivamente alla sicurezza globale e transatlantica, che rimane il fondamento della difesa collettiva per i suoi membri”. A livello comunitario bisognerà però aumentare gli sforzi per “proteggerci dalla sempre crescente guerra ibrida, proteggendo le nostre infrastrutture e combattendo la disinformazione”. Ma anche “accelerare gli sforzi in corso per migliorare la mobilità militare in tutta l’UE“. Ci si aspetta che entro un paio di mesi i semi della difesa comune europea piantati a Versailles diventino un progetto concreto in crescita.

    Al Consiglio UEinformale è stata trovata un’intesa tra i Ventisette per stringere sempre di più la cooperazione in ambito militare e di difesa. Gli appuntamenti decisivi a fine marzo e al vertice straordinario di maggio

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    La guerra degli indirizzi: in Europa rinominate le strade delle ambasciate russe a memoria della resistenza ucraina

    Bruxelles – Se il Cremlino non vuole riconoscere la sovranità di Kiev e le sofferenze del popolo ucraino in una guerra che si trascina da 16 giorni, c’è un modo per farglielo ricordare a forza: costringere le ambasciate russe in Europa a scriverlo su ogni documento ufficiale, bigliettino da visita e sito Internet. Da Vilnius a Tirana, da Riga a Oslo, le capitali europee stanno rinominando le strade dove hanno sede le rappresentanze diplomatiche russe in memoria della resistenza ucraina.
    L’amministrazione di Vilnius ha già cambiato l’indirizzo di Latvių gatvé. Davanti al numero 53, dove ha sede l’ambasciata della Federazione Russa in Lituania, ora campeggia il cartello stradale con la scritta Ukrainos Didvyrių gatvé. Via degli Eroi Ucraini. “D’ora in poi chiunque scriva una lettera all’ambasciata russa dovrà pensare alle vittime dell’aggressione e agli eroi dell’Ucraina”, ha scritto il sindaco, Remigijus Šimašius, in un post su Facebook, in cui ha annunciato che è stato cancellato ogni gemellaggio con città russe e bielorusse e che è stato approvato il trasporto gratuito nella città per i rifugiati dall’Ucraina.

    Ukrainian Heroes str. #Vilnius pic.twitter.com/IXjUQpLpsE
    — Remigijus Šimašius (@RemiSimasius) March 9, 2022

    Sempre nella regione baltica, la strada dove ha sede la rappresentanza diplomatica russa nella capitale lettone Riga porta il nuovo nome di Ukrainas neatkarības iela, strada dell’Indipendenza Ucraina. Nel nord-Europa, a Oslo (Norvegia) l’incrocio di fronte all’ambasciata russa è stato battezzato dal Consiglio comunale Ukrainas Plass, piazza Ucraina.
    Nella capitale albanese Tirana è stato deciso invece di chiamare Rruga Ukraina e lirë, via Ucraina libera, solo il tratto di strada che ospita la missione diplomatica russa. Su Twitter il sindaco, Erion Veliaj, ha fatto notare che “per coincidenza, le ambasciate ucraina, russa, serba e kosovara sono tutte in quel tratto” e che “questa strada definirà la nostra città“, dal momento in cui le due guerre a distanza di poco più di vent’anni l’una dall’altra “hanno definito la nostra generazione”.

    The @CityOfTirana will name a street segment on embassy row “Free Ukraine”
    Coincidentally, the Ukranian, Russian, Serbian & Kosovar Embassies are on that row
    The Serbia war on Kosovo & the Russian war on Ukraine have defined our generation
    This street will define our city 🇦🇱🇺🇦 pic.twitter.com/mWjBwnoWg0
    — Erion Veliaj #EYC2022 🇪🇺🇦🇱 (@erionveliaj) March 5, 2022

    Sull’onda di queste decisioni, anche altre capitali in Europa stanno discutendo sul cambio di nome di strade simboliche in memoria della resistenza dell’Ucraina contro l’aggressione russa. A Londra, il partito liberaldemocratico sta sollecitando il distretto di Kensington e Chelsea a cambiare l’indirizzo dell’ambasciata russa a Londra in Zelensky Avenue, dal nome del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Altro Paese, altra coincidenza: la strada in questione ospita anche la casa del proprietario russo del Chelsea Football Club, Roman Abramovich, che ieri (giovedì 10 marzo) è stato incluso nella lista degli oligarchi sanzionati dal Regno Unito.
    A Dublino è invece il Consiglio della capitale irlandese a spingere per ribattezzare Orwell Road in Independent Ukraine Road. Nella capitale danese Copenaghen i funzionari discuteranno la prossima settimana di cambiare l’indirizzo in cui si trova l’ambasciata russa da Kristianiagade a Ukrainegade, strada dell’Ucraina. Il valore è doppiamente simbolico, considerato il fatto che la strada portava il vecchio nome della capitale della Norvegia, come riconoscimento dei legami storici e delle buone relazioni dei due Paesi scandinavi. La decisione di entrambe le città di ribattezzare le strade che ospitano le rappresentanze diplomatiche russe salda ancora di più il loro rapporto, questa volta a supporto della resistenza ucraina.

    Da Vilnius a Tirana, da Riga a Oslo, fino a Londra, Dublino e Copenaghen, le capitali europee cambiano gli indirizzi dove hanno sede le rappresentanze diplomatiche della Russia per costringerle a ricordare la guerra in Ucraina

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    UE disposta a dare altri 500 milioni all’Ucraina per risposta militare anti-russa

    Bruxelles – Sanzioni e non solo. L’Unione europea, nella sua strategia di risposta all’invasione russa in Ucraina, vuole insistere anche sul sostegno alla risposta militare di Kiev dando più soldi. L’Alto commissario per la politica estera e di sicurezza dell’UE annuncia l’intenzione di stanziare “altri 500 milioni di euro” a quelli già concordati a fine febbraio. “Dobbiamo continuare a mettere pressione alla Russia“, spiega Josep Borrell arrivando a Versailles per il secondo giorno di lavori del vertice informale dei capi di Stato e di governo dell’UE”.
    E’ questa una delle principali novità di queste vertice. “Lo proporrò oggi ai leader, è il Consiglio europeo che deve decidere”. In caso di via libera i soldi potranno essere resi disponibili “immediatamente”. Alla luce della situazione attuale “le risorse fluiscono in maniera spedita”. Borrell dunque confida che si possa “raddoppiare il contributo dello European Peace Facility“, che appare più semplice rispetto all’altro grande tema sul tavolo dei Ventisette. Non c’è solo la questione di nuovi, altri 500 milioni, c’è qualcosa che riguarda tutto il blocco dell’Unione e il suo futuro.
    La guerra russo-ucraina rilancia il dibattito sull’unione delle difesa. L’intesa di massima è investire di più, e su questo i leader sono d’accordo. Si tratterà di capire come rendere al massimo l’interoperabilità e la cooperazione. Il Belgio pone l’accento sulla guerra informatica. “Serve una maggiore integrazione dei nostri sistemi, soprattutto per quanto riguarda la cybersicurezza”, sostiene il primo ministri Alexander De Croo.
    Intanto dall’UE sono arrivati 300 milioni di euro in assistenza macrofinanziaria di emergenza per sostenere le finanze dell’Ucraina. Si tratta della prima tranche del pacchetto di aiuti finanziari da 1,2 miliardi di euro annunciato un mese fa. “Questa crisi è senza precedenti e lo è anche l’unità e la velocità di reazione che le nostre democrazie hanno dimostrato finora”, ha sottolineato la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen: “Mi avete già sentito dirlo e lo ripeto con fermezza, l’Ucraina prevarrà”.

    La proposta dell’Alto rappresentante Josep Borrell per i leader riuniti a Versailles nel vertice informale dedicato interamente al conflitto

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    I leader UE pronti a nuove sanzioni contro la Russia di Putin. L’Ucraina sempre più vicina “politicamente”

    Bruxelles – Via libera a nuove sanzioni, ma nella sostanza ancora non si scende. Per il leader UE riuniti al Consiglio informale di Versailles “aumentare ulteriormente la nostra pressione sulla Russia e sulla Bielorussia” è una prima intesa sufficiente, che verrà approfondito nella seconda giornata di riunioni di oggi (venerdì 11 marzo) e nei prossimi giorni dai ministri competenti: “Restiamo pronti a muoverci rapidamente con ulteriori sanzioni”, recitano le prime righe delle conclusioni del Consiglio.
    Come scrivevamo ieri, tutte le decisioni senza precedenti sono state prese e ora ogni capitale inizia a fare i propri calcoli in termini di ricadute economiche. Tuttavia, il primo round di discussioni tra i leader UE sull’aggressione militare dell’Ucraina da parte della Russia di Putin è stata un’occasione per tirare le fila, due settimane dopo il Consiglio straordinario che aveva portato a quell’unità mai vista prima nell’Unione. “I responsabili di questa guerra di aggressione saranno chiamati a rispondere dei loro crimini, anche per aver colpito indiscriminatamente i civili”, si legge nel testo che condanna “la Russia e la sua complice Bielorussia”, con un endorsement all’apertura dell’indagine della Corte penale internazionale dell’Aja. In particolare, preoccupa la questione nucleare: “Chiediamo che la sicurezza degli impianti nucleari dell’Ucraina sia garantita immediatamente con l’assistenza dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica”.
    Ma è il capitolo strettamente legato al rapporto con l’Ucraina a offrire maggiori spunti di riflessione sull’approccio che sarà sviluppato nelle prossime settimane e nei prossimi mesi con Kiev. Sul breve periodo, “continueremo a fornire un sostegno politico, finanziario, materiale, medico e umanitario coordinato”, si legge nelle conclusioni. Riprendendo le iniziative degli ultimi giorni della Commissione UE, i 27 leader dell’Unione hanno sottolineato l’impegno per offrire protezione temporanea a tutti i rifugiati di guerra in fuga dall’Ucraina e hanno chiesto che “i fondi siano resi disponibili senza indugio”, attraverso una “rapida” adozione della proposta sull’azione di coesione per i rifugiati in Europa (CARE).
    Sul lungo periodo l’UE e gli Stati membri si impegnano a “fornire sostegno per la ricostruzione di un’Ucraina democratica, una volta che l’assalto russo sarà cessato“. Di che tipo e di quale entità ancora non è dato sapere, ma saranno discussioni che verranno portate avanti direttamente con la controparte ucraina. Uscendo dalla prima riunione sul conflitto Russia-Ucraina a Versailles, il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, ha annunciato che “lavoreremo per rafforzare politicamente i legami con l’Ucraina, per esempio invitando regolarmente il presidente, Volodymyr Zelensky, a partecipare ai Consigli europei“. Nonostante il non perfetto allineamento dei Ventisette sulle modalità con cui il processo dovrà essere portato avanti, il Consiglio “ha riconosciuto le aspirazioni e la scelta europea dell’Ucraina” e, in attesa del parere della Commissione UE sulla richiesta presentata da Kiev, saranno “rafforzati ulteriormente i nostri legami e approfondito il nostro partenariato per sostenere l’Ucraina nel perseguire il suo cammino”. Significative le ultime righe delle conclusioni: “L’Ucraina appartiene alla nostra famiglia europea“, mentre è stato invitato l’esecutivo UE a “presentare i pareri sulle domande della Repubblica di Moldova e della Georgia“. Il nuovo processo di allargamento UE si è messo in moto a Versailles.

    Le conclusioni del Consiglio informale di Versailles sottolineano che gli Stati membri sono pronti ad “aumentare ulteriormente la pressione” su Mosca e Kiev. Il presidente ucraino Zelensky sarà invitato a “regolarmente” alle prossime riunioni

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    ‘Non siete voi che ci cacciate, siamo noi che ce ne andiamo’: la Russia annuncia l’uscita dal Consiglio d’Europa

    Bruxelles – È una guerra militare contro l’Ucraina e una guerra diplomatica contro l’Europa. La Russia di Vladimir Putin annuncia l’uscita dal Consiglio d’Europa con una giravolta, anticipando una decisione che avrebbe potuto prendere il Comitato dei Ministri su richiesta dell’Assemblea parlamentare nella sessione plenaria di lunedì e martedì prossimi (14-15 marzo), in virtù delle continuo violazioni dei diritti dell’uomo scatenate con l’invasione dell’Ucraina. “La Russia non parteciperà alla campagna condotta dalla NATO e dai suoi obbedienti seguaci dell’UE per trasformare la più antica organizzazione europea in un’altra piattaforma per la predicazione della superiorità occidentale”, è l’accusa contenuta in una nota il ministero degli Esteri di Mosca.
    Con toni da propaganda (“gli eventi si stanno avvicinando a un punto di non ritorno”, causato dalle “azioni sovversive intraprese dall’Occidente per sopprimere il diritto internazionale”) il Cremlino ha anticipato l’uscita dall’organizzazione internazionale composta da 47 Paesi membri, che si occupa della difesa dei diritti umani – e che non ha niente a che fare con le istituzioni dell’Unione Europea. In verità nella nota non c’è nessun riferimento all’attivazione dell’articolo 7 dello Statuto del Consiglio d’Europa, quello che permette a uno Stato membro di ritirarsi notificando formalmente la propria intenzione al segretario generale. Ma, leggendo nemmeno troppo tra le righe, è chiara l’intenzione di muoversi in questa direzione e a breve è attesa la notifica a Strasburgo. “Lasciamo che si godano la reciproca compagnia senza la Russia”, è la conclusione beffarda della nota del Cremlino.
    Con questa mossa di portata storica – che non si è mai verificata nei 63 anni di vita dell’organizzazione – la Russia sta cercando di ribaltare la narrazione dei fatti e di uscire da una situazione di difficoltà. Lo scorso 25 febbraio, il giorno dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, il Comitato dei Ministri (di cui l’Italia ha la presidenza di turno) aveva sospeso i suoi diritti di rappresentanza sia nel Comitato sia nell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Sospensione, non radiazione, e questo significa che a oggi la Russia è uno Stato membro, che ha l’obbligo di rispettare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e che le domande presentate contro Mosca continuano a essere esaminate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. La revoca dell’appartenenza, secondo l’articolo 8 dello Statuto, può essere invece attivata dal Comitato dei Ministri dopo la richiesta allo Stato membro di ritirarsi ai sensi dell’articolo 7: in caso di rifiuto e di continua violazione dei propri doveri internazionali, il Comitato può decidere la cessazione immediata dei diritti di appartenenza nel Consiglio d’Europa.

    Dopo la sospensione decisa lo scorso 25 febbraio (a un giorno dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina), con toni da propaganda Mosca ha anticipato una possibile revoca dell’appartenenza da parte del Comitato dei Ministri

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    Gli eurodeputati vogliono bandire passaporti e visti d’oro per contrastare gli oligarchi russi nell’UE. Silenzio dalla Lega

    Bruxelles – Si chiamano “passaporti d’oro” e sono programmi rivolti a Paesi extra-UE per ottenere la cittadinanza in un Paese membro in cambio di denaro. Tra il 2011 e il 2019 sono state almeno 130 mila persone ad aver ottenuto i diritti dei cittadini comunitari in questo modo, tra cui anche oligarchi e imprenditori russi vicini al regime di Vladimir Putin. Con lo scoppio della guerra in Ucraina e l’imposizione del duro regime di sanzioni contro l’establishment russo, questo programma è stato indicato come uno degli strumenti più utilizzati per raggirare le misure restrittive (congelamento dei beni e divieto di viaggio sul territorio UE). È per questo motivo che dal Parlamento Europeo è arrivata la condanna contro i Paesi membri che ancora li consentono, ovvero Malta, Bulgaria e Cipro.
    La relazione a firma Sophie in ‘t Veld (Renew Europe) è stata sostenuta quasi all’unanimità dall’Eurocamera (595 voti a favore, 12 contrari e 74 astenuti), con tutti i partiti italiani allineati, fatta eccezione per la Lega, che si è astenuta. Il partito di Matteo Salvini, già accusato per aver stretto accordi con il partito Russia Unita di Putin, ha scelto di fare fronte comune con tutti i partiti della famiglia politica europea di estrema destra Identità e Democrazia, ma esponendosi alle polemiche in Italia e in Europa. Per la stragrande maggioranza del Parlamento UE invece i ‘sistemi di cittadinanza per investimento’ – rappresentano un pericolo da un punto di vista etico, giuridico ed economico e “comportano numerosi gravi rischi per la sicurezza” dell’Unione Europea. I passaporti d’oro “minano l’essenza della cittadinanza europea”, dal momento in cui “viene venduto ciò che non è mai stato destinato a diventare una merce”, anche soprassedendo quando i requisiti di base non sono soddisfatti.
    Nell’appello rivolto alla Commissione Europea, gli eurodeputati hanno avanzato anche la richiesta di regolamentare i visti d’oro, vale a dire la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno sotto pagamento (sono 20 su 27 i Paesi membri che li forniscono, Italia inclusa). Nonostante pongano rischi “meno gravi” rispetto ai passaporti d’oro, anche i ‘sistemi di residenza per investimento’ rappresentano delle potenziali minacce alla sicurezza dell’Unione, dal momento in cui il titolare di un visto d’oro può circolare liberamente nello spazio Schengen. Anche eventuali oligarchi russi sanzionati, se non viene ritirato il permesso. Per combattere riciclaggio di denaro, corruzione ed evasione fiscale, gli eurodeputati hanno chiesto “controlli rigorosi” su quelli già rilasciati (“anche su familiari e fonti di finanziamento”), obblighi di segnalazione per gli Stati membri, “compreso uno schema di notifica e consultazione per permettere agli altri governi di opporsi”, requisiti di residenza fisica minima e di contributo all’economia UE.
    Tutto questo a livello generale, ma la richiesta diventa intransigente quando si fa esplicito riferimento agli oligarchi russi: “Tutti i sistemi di cittadinanza e residenza per investimento devono escludere i candidati russi con effetto immediato“. A partire dall’impegno dei Ventisette a limitare la vendita a soggetti legati al governo russo, il Parlamento UE spinge per rivalutare tutte le domande di passaporti d’oro approvate negli ultimi anni e garantire che “nessun individuo russo con legami finanziari, commerciali o di altro tipo con il regime di Putin mantenga la sua cittadinanza”. Sul fronte dei visti d’oro, la Commissione è stata chiamata a “bandire tutti i cittadini russi sanzionati” dall’UE. “Questi schemi servono solo a fornire una porta sul retro per individui loschi che non possono entrare alla luce del sole”, ha denunciato la relatrice in ‘t Veld, esortando gli Stati membri a “chiudere quella porta, in modo che gli oligarchi russi e altre persone con denaro sporco restino fuori dall’Unione Europea”.

    La relazione che chiede di mettere al bando i sistemi di cittadinanza per investimento e di rendere più stringenti i parametri per quelli di residenza è stata votata a larghissima maggioranza. Ma l’estrema destra di ID si è astenuta