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    Il nome di Ursula von der Leyen è stato inciso nella ‘Walk of the Brave’ di Kiev: “Simbolo del legame tra Ue e Ucraina”

    Bruxelles – La terza è quella della consacrazione. Se la prima volta della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, a Kiev era servita per esprimere vicinanza al popolo e alle istituzioni dell’Ucraina e per indicare la strada del Paese verso l’adesione all’Unione, e la seconda per portare un segnale concreto di sostegno prima del vertice cruciale dei leader Ue sulla questione, la visita di oggi (giovedì 15 settembre) ha sancito l’ingresso della numero uno dell’esecutivo comunitario nella ‘Walk of the Brave’, la strada con i nomi dei valorosi che hanno combattuto al fianco di Kiev contro la Russia.
    “Sono onorata di essere tornata qui a Kiev, ma soprattuto di vedere quanto la città sia cambiata in meglio, la vita è tornata”, ha esordito von der Leyen nel suo intervento alla stampa con il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky. “Voglio ringraziarvi dal profondo del cuore per l’onorificenza che ho ricevuto oggi”, ha continuato, facendo riferimento non solo al nome inciso sulla strada ‘dei coraggiosi’, ma anche alla medaglia di prima classe dell’Ordine di Jaroslav il Saggio (uno dei più alti riconoscimenti a chi si è distinto per i servizi allo Stato e al popolo ucraino) consegnatale oggi dallo stesso leader di Kiev: “La prendo a nome dei milioni di europei che sostengono l’Ucraina, credo che sia un bellissimo simbolo del legame tra l’Ucraina e l’Unione Europea“.
    A proposito del legame tra Kiev e Bruxelles, la presidente von der Leyen ha ricordato la presenza di ieri della first lady ucraina, Olena Zelenska, a Strasburgo durante il suo discorso sullo Stato dell’Unione alla plenaria del Parlamento Ue: “La standing ovation con cui è stata accolta è stata commovente ed era palpabile il calore e l’amicizia” nell’emiciclo. E, come anticipato proprio nell’intervento a Strasburgo, la numero uno dell’esecutivo Ue ha reso noto che con Kiev si è discusso di come “lavorare in modo da avere una profonda integrazione dell’economia ucraina nel Mercato Unico“, a partire dall’abolizione delle tariffe roaming reciproche per gli utenti ucraini e comunitari. Anche il presidente Zelensky ha sostenuto che per il Paese è “prioritario” entrare nel Mercato Unico, dove circolano liberamente beni, servizi e capitali, così come accedere alla zona ‘free roaming’.

    Dear Volodymyr @ZelenskyyUA, thank you so much for the award of the First Class of the Order of Yaroslav the Wise.
    This is a great honour.  I accept it in the name of all EU citizens. And as a symbol of our strong bond. pic.twitter.com/6W8JPLTao3
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) September 15, 2022

    Per quanto riguarda il capitolo sull’adesione all’Unione, “il processo è ben avviato, è impressionante vedere la velocità, la determinazione, la precisione con cui state procedendo“, ha confermato von der Leyen. Finto stupore tradito da una battuta ben studiata: “Non devo dire che accelereremo il processo, perché lo state già facendo voi e questo è molto positivo”. Parallelamente, è l’aspetto economico quello che si vuole invece far procedere in modo spedito. Dopo il lavoro fatto sulle corsie di solidarietà per il grano, sulla sospensione dei dazi sulle esportazioni ucraine e sul collegamento di Kiev alla rete elettrica europea – “che ricorderete avevamo già in piano entro il 2024 prima della guerra, e invece ci siamo riusciti in due settimane e da allora l’Ucraina sta fornendo elettricità all’Unione Europea” – si dovrà “proseguire con l’eliminazione delle barriere non tariffarie, su cui lavoreranno i nostri esperti”. L’obiettivo finale è l’accesso dell’Ucraina nel Mercato Unico e nell’Unione Europea, particolarmente ambizioso mentre il Paese ancora affronta una guerra lacerante. Ma le promesse di von der Leyen a Kiev godono – ancora di più da oggi – di enorme credito in Ucraina.

    Nel corso della sua terza visita nella capitale la leader dell’esecutivo comunitario ha ricevuto dal presidente Zelensky anche l’onorificenza dell’Ordine di Jaroslav il Saggio. Al centro delle discussioni l’integrazione del Paese nel Mercato Unico, a partire dalla zona ‘free roaming’

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    La premier socialdemocratica Magdalena Andersson si è dimessa. La destra vince le elezioni in Svezia

    Bruxelles – Si è dimessa la premier svedese, Magdalena Andersson. La rimonta dell’ultimo minuto con i voti postali e dall’estero non è riuscita e ora, con il comunicato da parte della leader del Partito Socialdemocratico dei Lavoratori, la notizia è ufficiale: le elezioni di domenica 11 settembre in Svezia sono state vinte dal blocco di (ormai ex) opposizione di destra. “Il risultato è chiaro, domani presenterò le mie dimissioni”, ha annunciato senza mezzi termini la premier uscente in conferenza stampa, che si è detta “rammaricata” del fatto che forze come i Liberali e i Democratici Cristiani possano accettare di formare una coalizione con l’ultra-destra di derivazione neonazista dei Democratici di Svezia (che ha ottenuto il 20,6 per cento dei voti).
    Il leader del Partito dei Moderati, Ulf Kristersson
    Andersson ha riconosciuto la vittoria dello sfidante Ulf Kristersson, leader del Partito Moderato di centro-destra che, nonostante il costante calo alle urne (al 19,1 per cento dei voti, lo 0,7 in meno rispetto a quattro anni fa), è il primo accreditato a tentare di formare un governo. E proprio la fase della formazione del nuovo esecutivo sarà quella più delicata da gestire per capire in che direzione andrà il futuro della Svezia e, in parte, anche dell’Europa. Nonostante il blocco di destra si sia presentato unito alle elezioni e abbia conquistato una risicatissima maggioranza di 176 seggi al Riksdag (su 349, solo uno in più della soglia-limite), nessuno dei partiti di centro-destra ha mai accreditato i Democratici di Svezia al Parlamento, a causa delle radici del partito nei gruppi neonazisti. Ma ora che sono diventati la seconda forza al Riksdag dovrà essere proprio Kristersson a decidere se aprire anche loro la maggioranza, o se guidare un governo di minoranza con il supporto delle altre forze parlamentari (socialdemocratici in questo caso per forza inclusi) su un’agenda condivisa.
    Un’opzione difficile da percorrere, considerata l’asprezza dei toni della campagna elettorale sui temi della sicurezza, della criminalità e della migrazione, ma che potrebbe poggiare su un patto di governo quantomeno per preparare il semestre di presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea (che si aprirà dal primo gennaio 2023) e sul proseguire l’impegno di adesione alla Nato senza sbandamenti. Il peso dei socialdemocratici all’Assemblea parlamentare svedese sarà comunque notevole, considerata la conquista di quasi un terzo dei seggi (108) e una crescita costante negli ultimi anni: con il 30,5 per cento dei voti, il successo si misura in 2,2 punti percentuali in più rispetto alle elezioni del 2018 e come il primo partito in solitaria. Tutto questo però potrebbe non bastare, nel caso in cui l’estrema-destra guidata da Jimmie Åkesson dovesse entrare in maggioranza: le dimissioni dell’ormai ex-premier Andersson potrebbero essere solo il primo passo di un ritorno – raro, negli ultimi 90 anni di storia del Paese – della forza di sinistra svedese all’opposizione.

    Lo ha annunciato la stessa prima ministra uscente dopo il conteggio degli ultimi voti postali e dall’estero, che non hanno cambiato l’esito dei risultati preliminari usciti dalle urne l’11 settembre. Ora si apre un periodo di incertezza sulla formazione del nuovo governo guidato dai Moderati

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    Von der Leyen torna a Kiev dopo il discorso sullo Stato dell’Unione: “Illustrerò a Zelensky benefici del Mercato Unico”

    Bruxelles – Il ritorno in Ucraina dopo cinque mesi. L’8 aprile la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, indicava la strada del Paese verso l’adesione all’Unione, oggi (mercoledì 14 settembre) la numero uno dell’esecutivo comunitario aprirà le porte di Kiev al Mercato Unico. “Questa è una delle più grandi storie di successo dell’Europa, ora è giunto il momento di farne una storia di successo anche per i nostri amici ucraini”, ha annunciato von der Leyen nel suo discorso sullo Stato dell’Unione 2022.
    Di fronte alla plenaria del Parlamento Europeo e parlando occhi negli occhi all’ospite d’onore, la first lady ucraina Olena Zelenska (arrivata ieri sera a Strasburgo per l’occasione), la presidente von der Leyen ha dato la notizia che si recherà a Kiev per “discutere in dettaglio con il presidente, Volodymyr Zelensky” del progetto, che prevederà la collaborazione tra la Commissione e l’Ucraina per “garantire un accesso senza soluzione di continuità al Mercato Unico e viceversa”. La base di tutto il lavoro sarà costituito dalla prosecuzione del lavoro fatto sulle corsie di solidarietà per il grano, sulla sospensione dei dazi sulle esportazioni ucraine e sul collegamento di Kiev alla rete elettrica europea “previsto inizialmente per il 2024, ma ci siamo riusciti in due settimane, e oggi l’Ucraina esporta elettricità verso di noi”. Ecco perché von der Leyen vuole “espandere in modo significativo questo commercio reciprocamente vantaggioso” e “mobilitare tutta la potenza del nostro Mercato Unico per contribuire ad accelerare la crescita e a creare opportunità”:  il punto di approdo non può essere altro che “far entrare l’Ucraina nella nostra area di libero scambio europea“, anche a fronte di un piccolo aumento dei costi per gli operatori di mercato dell’Unione.
    Da sinistra: la presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, la first lady ucraina, Olena Zelenska, e la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen (14 settembre 2022)
    Prima di recarsi a Kiev, von der Leyen ha voluto omaggiare “il coraggio dell’Ucraina, che ha il volto delle donne e degli uomini che si ergono contro l’aggressore russo“. Un esempio è arrivato proprio dalla moglie del presidente ucraino che “a poche settimane dall’inizio dell’invasione ha guidato silenziosamente una folla di genitori di bimbi uccisi dai russi, per appendere agli alberi piccole bandierine, uno per ciascun morto”. Il merito di Zelenska e del presidente Zelensky è stato quello di “essere rimasti e aver difeso Kiev, dando coraggio all’intera nazione“. Ecco perché per tutte le istituzioni comunitarie “è un onore avere la first lady qui con noi”, ha sottolineato la numero uno della Commissione, che proprio da lei ha saputo che “ogni giorno i genitori mettono nella cartella dei propri figli un pacchetto di emergenza con acqua, cibo, necessario medico e cambio intimo, senza sapere se li rivedranno all’uscita di scuola nel pomeriggio”. Di qui l’impegno dell’Unione a “ricostruire le 70 scuole distrutte dalle bombe russe” con uno stanziamento di “100 milioni di euro per far ripartire dai bambini il futuro del Paese”.
    Mai nella storia dello Stato dell’Unione (dal 2007) un presidente della Commissione ha rivolto il suo discorso alla plenaria dell’Eurocamera mentre una guerra andava in scena sul suolo europeo. “Quella mattina del 24 febbraio ci siamo svegliati scossi dal volto del male senza pietà e dalla brutalità della guerra”, ha ricordato la presidente von der Leyen. Da allora, “un continente intero si è levato in un moto di solidarietà”, dimostrando di essere “all’altezza della sfida”, ha sottolineato il successo la numero uno dell’esecutivo Ue: “Se 15 anni fa abbiamo impiegato anni per rispondere alla crisi finanziaria e due anni fa poche settimane con la pandemia, quest’anno non appena le truppe russe hanno attraversato frontiera ucraina, la nostra risposta è stata decisa e immediata”. I messaggi sono chiari e precisi: “Abbiamo riportato in superficie la forza dell’Unione“, “si sfidano autocrazia e democrazia”, “con la nostra solidarietà Putin fallirà e l’Ucraina e l’Europa vinceranno”.
    Non manca anche un mea culpa da parte della presidente von der Leyen – simile a quello fatto ieri in plenaria dalla premier finlandese, Sanna Marin – sull’atteggiamento dell’Unione nei confronti della Russia di Putin nel recente passato: “Dovevamo ascoltare chi lo conosceva, come Anna Politkovskaja e i giornalisti che hanno pagato la loro esposizione con la vita, o la Georgia, la Moldova, l’opposizione bielorussa, la Polonia e i Baltici, che da anni ci segnalavano che Putin non si sarebbe fermato”. Allo stesso tempo, il riscatto è misurabile nelle sanzioni “più pesanti mai viste” contro la Russia: “Abbiamo tagliato tre quarti del settore finanziario a livello internazionale, quasi mille aziende hanno abbandonato il Paese, la produzione delle auto è calata del 75 per cento rispetto al 2021, la flotta aerea è a terra perché non ha pezzi di ricambio e l’industria è a brandelli”. La colpa di tutto ciò è del Cremlino, che “ha messo l’economia russa sulla strada della distruzione totale”, ha ricordato von der Leyen, ribadendo senza mezzi termini che “le sanzioni rimarranno, dobbiamo essere risoluti, perché non è questo il momento di toglierle”.

    Nel suo intervento annuale alla sessione plenaria del Parlamento Ue, la presidente della Commissione ha annunciato che “faremo entrare l’Ucraina nella nostra area di libero scambio”. La promessa davanti alla first lady, Olena Zelenska: “Sarete parte di una storia di successo”

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    La first lady ucraina Olena Zelenska è a Strasburgo ospite di von der Leyen. Parteciperà al discorso sullo Stato dell’Unione

    Bruxelles – La seconda volta di un coniuge Zelensky alla sessione plenaria del Parlamento Europeo, la prima fisicamente di persona. La first lady ucraina, Olena Zelenska, è arrivata a Strasburgo, dove gli eurodeputati sono riuniti in sessione plenaria, e domani (mercoledì 14 settembre) parteciperà come “ospite d’onore” al discorso sullo Stato dell’Unione che sarà pronunciato dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.
    A darne notizia è stata la stessa numero uno dell’esecutivo comunitario in un tweet, confermando le indiscrezioni arrivate nel pomeriggio di Strasburgo: “Sono lieta di dare il benvenuto alla first lady ucraina Olena Zelenska”. Il messaggio della presidente von der Leyen è sempre di sostegno assoluto a Kiev – “L’Europa sarà al vostro fianco in ogni momento” – a partire dal “coraggio del popolo ucraino che ha commosso e ispirato il mondo intero”. Ecco perché l’Unione e l’Ucraina resteranno “forti insieme” di fronte all’aggressione armata russa.
    Non era mai successo prima che il presidente o la first lady dell’Ucraina prendessero parte di persona a una sessione di un’Assemblea parlamentare fuori dai confini del Paese. A una settimana dall’inizio dell’invasione russa era stato lo stesso leader ucraino, Volodymyr Zelensky, a prendere parola davanti all’emiciclo di Bruxelles (durante una sessione plenaria straordinaria), esortando per la prima volta gli eurodeputati a “sostenere la nostra adesione all’Unione”. Una prospettiva che sembrava allora quasi utopistica, ma che ha portato le istituzioni comunitarie a dare una risposta accelerata sulle prime fasi dell’allargamento e un sostegno praticamente incondizionato a Kiev dal punto di vista finanziario, umanitario e militare.
    Dopo tre mesi era stato il presidente della Verchovna Rada (il Parlamento ucraino), Ruslan Stefančuk, a recarsi invece di persona all’emiciclo dell’Eurocamera a Strasburgo, per “cogliere il senso di sostegno per tutta l’Ucraina” dell’Unione. Ora tocca a Olena Zelenska. Al momento non si sa ancora se pronuncerà un discorso davanti all’emiciclo, ma gli occhi – anche quando von der Leyen aprirà il suo intervento con il tema dell’Ucraina – saranno tutti su di lei.

    I am delighted to welcome First Lady Olena @ZelenskaUA, my guest of honour for tomorrow’s State of the Union address.
    The courage of Ukrainian people has touched and inspired the world. 
    Europe will stand with you every step of the way.
    We will #StandStrongTogether#SOTEU pic.twitter.com/Ig6lHqefK2
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) September 13, 2022

    Lo ha annunciato la stessa presidente della Commissione, che domani delineerà davanti all’emiciclo dell’Eurocamera lo stato di salute dell’Ue: “Sono lieta di darle il benvenuto come ospite d’onore, il coraggio del popolo ucraino ha commosso e ispirato il mondo intero”

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    La polizia serba vieta la Marcia dell’EuroPride 2022. Dura condanna dall’Ue: “Si trovi un compromesso, noi ci saremo”

    Bruxelles – Quello che potrebbe essere allo stesso tempo l’epilogo più temuto per i sostenitori dei diritti umani e l’autogol più dannoso per il governo di Belgrado alla fine si è concretizzato nel pomeriggio del secondo giorno della manifestazione più attesa dalla comunità LGBTQ+. Il ministero dell’Interno della Serbia ha notificato ufficialmente agli organizzatori dell’EuroPride che la Marcia di sabato 17 settembre sarà vietata per un “rischio elevato di sicurezza” pubblica, sia dei manifestanti sia “degli altri cittadini”.
    La volontà di vietare la parata dell’EuroPride (all’interno della manifestazione iniziata ieri e che durerà fino a domenica) era stata espressa dal presidente della Serbia, Aleksander Vučić, già lo scorso 27 agosto. Tuttavia, l’unica autorità nazionale che ha il potere di cancellare l’evento una volta assegnato alla città ospitante è il ministro dell’Interno – a cui fanno capo le forze di polizia – per ragioni di sicurezza pubblica motivate. Ed è proprio quello che è successo oggi (martedì 13 settembre), con il ministro Aleksandar Vulin che ha cercato una giustificazione nel fatto che “nell’attuale situazione geopolitica e nelle tensioni nella regione, conflitti insensati per le strade di Belgrado renderebbero più difficile la posizione del nostro Paese“. Oltre alla Marcia dell’EuroPride è stato vietato per il 17 settembre anche il corteo degli “anti-globalisti”, organizzato da gruppi ultra-nazionalisti, omofobi e religiosi, facenti capo alle formazioni dell’estrema destra e della Chiesa Ortodossa serba. “Entrambe le manifestazioni dovrebbero svolgersi nelle immediate vicinanze”, si legge nella notifica del ministero, che sottolinea “un rischio di attentati, violenza, distruzione di proprietà e altre forme di turbativa dell’ordine pubblico su scala più ampia”.

    Police bans EuroPride 2022 March
    Today, on September 13, the Serbian Police banned this year’s EuroPride March, by handing over the official notice to the organizers. Belgrade Pride will use all available legal means to overturn this decision. Expect more information soon. pic.twitter.com/4FuJUihBTC
    — Belgrade Pride – EuroPride 2022 (@belgradepride) September 13, 2022

    Gli organizzatori dell’EuroPride 2022 hanno rimarcato che “questo è un fallimento totale della leadership politica in Serbia” e che l’obiettivo – in linea con quanto richiesto da Bruxelles al governo di Belgrado – è di continuare a lavorare su “soluzioni alternative”. Gli occhi dell’opinione pubblica internazionale sono tutti puntati sulla Serbia e i membri del Parlamento Europeo – oggi da Strasburgo per la consueta sessione plenaria mensile – hanno espresso immediatamente le posizioni più nette, in particolare i firmatari della lettera inviata due settimane fa per chiedere al presidente Vučić e alla premier, Ana Brnabić (che proprio oggi pomeriggio è attesa alla conferenza sui diritti umani dell’EuroPride), di non annullare l’evento.
    Gli affondi degli eurodeputati sono arrivati con messaggi tutt’altro che scoraggiati. “Nonostante questo passo indietro, riteniamo che i negoziati debbano proseguire per trovare un risultato che convalidi gli sforzi e la buona volontà degli organizzatori e che presenti una soluzione accettabile per il governo”, è l’esortazione della co-presidente dell’intergruppo LGBTQ+ del Parlamento Europeo, Terry Reintke (Verdi/Ale), che ha ribadito che “noi ci saremo” alla Marcia. Le ha fatto eco il collega e co-presidente Marc Angel (S&D): “Abbiamo esortato le autorità a dialogare, a negoziare e a concordare un compromesso” su un percorso “più breve e sicuro, che sancisse i principi di riunione pacifica e di libertà di espressione”. Più duro il co-presidente del Partito Verde Europeo, Thomas Waitz: “Vučić diffonde l’immagine di una Serbia antidemocratica e reazionaria”.

    WE STAND WITH @belgradepride.
    Today, the Serbian police has announced a ban on EuroPride that is set to take place in Belgrade on Saturday.
    The @LGBTIintergroup will continue to do everything to March together.
    Queers from across Europe are with you 🌈💕✨#EuroPride2022 pic.twitter.com/bJsRmUkjqR
    — Terry Reintke (@TerryReintke) September 13, 2022

    Trovi l’intervista agli organizzatori dell’EuroPride di Belgrado nella newsletter BarBalcani, curata da Federico Baccini

    Agli organizzatori è stato notificato che la parata del 17 settembre non potrà svolgersi per un “rischio elevato di sicurezza” pubblica, a causa della contemporanea manifestazione degli ultra-nazionalisti omofobi. Dal Parlamento Ue aumenta la pressione per una “soluzione accettabile”

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    L’Ue avverte Armenia e Azerbaigian sugli scontri di confine: “Imperativo cessare ostilità e tornare al tavolo dei negoziati”

    Bruxelles – Il fronte di guerra congelato nel Caucaso rischia ancora una volta di diventare caldissimo. Nella notte tra lunedì 12 e martedì 13 settembre si sono registrati nuovi scontri armati tra Armenia e Azerbaigian nella regione del Nagorno-Karabakh, in una replica delle violazioni del cessate il fuoco e sparatorie alla frontiera tra i due Paesi di fine maggio. Questa volta però Erevan e Baku si accusano a vicenda di bombardamenti alle postazioni e alle infrastrutture militari, spezzando davvero per la prima volta il cessate il fuoco negoziato nel novembre del 2020.
    “È imperativo che le ostilità cessino e che si torni al tavolo dei negoziati, tutte le forze dovrebbero tornare alle posizioni occupate prima di questa escalation e il cessate il fuoco dovrebbe essere pienamente rispettato”, ha avvertito l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, in una nota. Come ha reso noto lo stesso Borrell, il rappresentante speciale dell’Ue per il Caucaso meridionale, Toivo Klaar, si recherà “immediatamente” nelle due capitali “per sostenere la necessaria distensione e per discutere le prossime tappe del processo di dialogo di Bruxelles tra i leader armeni e azeri”.
    Mentre l’alto rappresentante Borrell si è messo in contatto con i due ministri degli Esteri, il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ha telefonato al presidente dell’Azerbaijan, Ilham Aliyev, e al premier dell’Armenia, Nikol Pashinyan, per ribadire alle due parti che “non c’è alternativa alla pace e alla stabilità, e non c’è alternativa alla diplomazia per garantirle”. La soluzione è sempre la stessa – “serve un cessate il fuoco completo e sostenibile” – che superi la soluzione temporanea negoziata due anni fa dalla Russia e che, con le vicende sul fronte ucraino, non rendono più Mosca un partner affidabile per il rispetto dell’ordine internazionale nel Caucaso. “L’Ue si impegna a continuare ad agire come onesto mediatore tra Armenia e Azerbaigian“, ha ribadito senza mezzi termini Borrell, con l’obiettivo di rendere la regione del Caucaso meridionale “sicura, prospera e in pace”.

    Reports about fighting on the #Armenia – #Azerbaijan border are extremely worrying.
    Need a complete and sustainable ceasefire.
    There is no alternative to peace and stability – and there is no alternative to diplomacy to ensure that.
    — Charles Michel (@CharlesMichel) September 13, 2022

    Così come era successo a fine maggio, gli scontri di frontiera tra i soldati di Erevan e Baku rischiano di rappresentare un grosso problema non solo per i rapporti tra i due Paesi, ma anche per i tentativi di mediazione di Bruxelles. Dallo scorso 22 maggio sono iniziati i contatti di alto livello tra il numero uno del Consiglio Ue, il presidente azero Aliyev e il premier armeno Pashinyan, per tentare di raggiungere un accordo di pace definitivo nel Nagorno-Karabakh. Si cerca di andare oltre le tregue temporanee finora negoziate, per porre fine a un conflitto congelato che si protrae dal 1992, con scoppi di violenze armate come quello dell’ottobre del 2020. In sei settimane di conflitto erano morti quasi 7 mila civili, prima del cessate il fuoco che ha imposto all’Armenia la cessione di ampie porzioni di territorio nell’enclave a maggioranza cristiana nel sud-ovest dell’Azerbaijan (che invece è a maggioranza musulmana).
    In particolare da quest’anno l’Ue è subentrata alla Russia come mediatrice tra le due parti, ponendo come priorità dei colloqui di alto livello la delimitazione degli oltre mille chilometri di confine tra i due Paesi. Il 24 maggio si era tenuta la prima “storica” riunione delle due commissioni di frontiera, il cui compito è quello di trovare una soluzione definitiva e condivisa per garantire la stabilità e la sicurezza lungo il confine. Ma proprio questa notte l’Armenia si è appellata alla Russia – in virtù del Trattato di amicizia, cooperazione e mutua assistenza tra i due Paesi – per affrontare l’aggravarsi della crisi con l’Azerbaigian. Uno scenario che, sommato all’assenza di una vera volontà politica da parte dei due governi per cercare una soluzione sostenibile, potrebbe riabilitare la Russia come attore sullo scacchiere internazionale e mettere la parola ‘fine’ sui complessi sforzi diplomatici dell’Unione Europea.

    Dopo la ripresa degli scontri tra Erevan e Baku nella regione contesa del Nagorno-Karabakh, l’alto rappresentante Ue, Josep Borrell, ha ribadito la posizione di Bruxelles come “onesto mediatore”. Contatti del presidente del Consiglio, Charles Michel, con i leader di entrambi i Paesi

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    Le Maire: “Le sanzioni contro la Russia funzionano”

    Bruxelles – “Le sanzioni contro la Russia funzionano“. Bruno Le Maire vuole essere chiaro. “La Russia è in recessione, e questo dimostra che le nostre misure stanno dando i loro frutti”. Il ministro delle Finanze francese lo dice in modo chiaro e inequivocabili. Difende con forza i sei pacchetti di misure restrittive contro Mosca per l’aggressione dell’Ucraina, e invita a tenere il punto, a non avere ripensamenti. Perché la strategia a dodici stelle per fiaccare la macchina bellica russa può funzionare solo se si marcia compatti e determinati. Nel parlare alla stampa, al suo arrivo a Praga per i lavori dell’Eurogruppo, in realtà si rivolge a forze politiche scettiche e opinione pubblica. “Non ascoltate le bugie di quanti dicono che le nostre sanzioni non hanno effetti“, insiste il ministro francese.
    La sottolineatura vale in particolare per l’Ungheria, Paese partner meno convinto tra i Ventisette di come si stia gestendo la situazione, soprattutto sul piano energetico. Budapest di fatto ha rotto le righe, e ha iniziato a muoversi in modo tutto proprio, siglando nuovi accordi Gazprom e parlando di “fallimento” dell’Ue di fronte ad una guerra in Ucraina che, nonostante una risposta senza precedenti, va avanti. Un Orban-pensiero affidato come da prassi ormai consolidata al suo portavoce, Zoltan Kovacs.

    PM Orbán: Due to sanctions and war, Europe might run out of energy. There are 11,000 sanctions in force against RUS, but the war is still ongoing, the attempts to weaken Russia have failed. 1/2
    — Zoltan Kovacs (@zoltanspox) September 8, 2022

    Nel rivendicare con convinzione che le sanzioni contro la Russia funzionano, e nell’invito a non dare credito a chi sostiene il contrario, le parole di Le Maire irrompono anche nella campagna elettorale italiana. La Lega sta sostenendo la necessità di rivedere l’impianto sanzionatorio dell’Ue nei confronti di Mosca. Matteo Salvini sta costruendo buona parte del programma sulla natura penalizzante e controproducente dei sei pacchetti fin qui approvati, portata avanti nei comizi e rilanciata sui social.

    Gabriele Miccini, titolare del mobilificio Giessegi di Appignano (Macerata): “Le sanzioni ci uccidono, così i miei operai rischiano il posto di lavoro. L’unico che la pensa come me è Salvini”. pic.twitter.com/KX0CFSdI9m
    — Matteo Salvini (@matteosalvinimi) September 8, 2022

    La Francia tiene il punto. Se anche l’Italia saprà farlo anche dopo il voto del 25 settembre è tutto da scoprire. Nel frattempo i partner europei insistono con quanto fatto finora.

    Il ministro delle Finanze francese: “Mosca in recessione, non credete alle bugie di quanti dicono che le nostre sanzioni non hanno effetti”

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    L’Ue cancella i visti agevolati per i russi, dal 12 settembre condizioni più severe

    Bruxelles – Via libera del Consiglio dell’Ue alla sospensione del regime facilitato dei visti per i cittadini russi. I ministri dei Ventisette hanno approvato la proposta della Commissione europea presentata a inizio settimana. Con il benestare degli Stati, da adesso in poi i cittadini russi torneranno a essere trattati alla stregua di tutti i nazionali dei Paesi terzi. Vuol dire un aumento della tassa per la domanda di visto da 35 a 80 euro, la necessità di presentare prove documentali aggiuntive, tempi di elaborazione dei visti più lunghi e regole più restrittive per il rilascio di visti per ingressi multipli. Tutti requisiti che diventeranno obbligatori a partire dal 12 settembre.
    “Un accordo di facilitazione del visto consente un accesso privilegiato all’UE per i cittadini di partner fidati con i quali condividiamo valori comuni”, premette Vít Rakušan, ministro dell’Interno della Repubblica ceca, Paese con la presidenza di turno dell’Ue. ” Con la sua guerra di aggressione non provocata e ingiustificata, compresi i suoi attacchi indiscriminati contro i civili, la Russia ha infranto questa fiducia e calpestato i valori fondamentali della nostra comunità internazionale”. Per cui, continua, “la decisione odierna è una diretta conseguenza delle azioni della Russia e un’ulteriore prova del nostro incrollabile impegno nei confronti dell’Ucraina e del suo popolo”.

    VIa libera del Consiglio alla proposta della Commissione. La presidenza ceca: “La Russia ha infranto la fiducia con l’aggressione all’Ucraina”