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    Mattarella: ‘Si parta dalla cultura per nuovo Rinascimento europeo’

    “La partecipazione dell’Italia in veste d’ospite d’onore a due tra le più prestigiose occasioni culturali europee (il Festival du Livre di Parigi e nel 2024 la Buchmesse di Francoforte, ndr) oltre a riconoscere il contributo recato dalla civiltà italica al sentire globale, rappresenta una grande occasione per proseguire sulla strada di una osmosi che consolidi sempre più la piattaforma comune di valori sui quali si fonda la Casa europea”. Così, in una intervista al Corriere della Sera, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
    “Leggere è essenziale. Bisognerebbe leggere di più e, forse, la lettura del Milione di Marco Polo potrebbe aiutarci a comprendere lo spirito con cui va guardato il mondo”. Mattarella sottolinea inoltre l’importanza di Dante che, nel Purgatorio, “lancia un messaggio forse utile anche nella babele comunicativa del nostro tempo. Lo vorrei consegnare ai più giovani”. Rispetto all’identità europea, Mattarella afferma: “Dalle grandi città ai piccoli borghi, in ogni latitudine del nostro continente le comunità sono riconoscibili dalle loro piazze, i loro edifici di culto, i loro municipi, i loro palazzi e i loro mercati, i loro paesaggi. Ognuno di questi segni indica, identifica l’Europa. La dimensione europea è ciò che condividiamo quale frutto del deposito lasciato da culture plurali, recate dai popoli che si sono succeduti nell’insediamento sui territori”.
    Il Rinascimento, afferma Mattarella, “è il prodotto dell’ingegno italiano in uno stato di grazia particolare” ma si è diffuso poi “nelle corti europee. Il sentimento di appartenenza era, dunque, a una grande cultura, che non separava est e ovest europeo ma permeava ogni ambiente intellettuale. Mi piacerebbe pensare a un nuovo rinascimento europeo, aperto al mondo intero”. “La fraternità europea va intesa come consapevolezza di comune destino e va oltre la solidarietà”. L’espressione dei padri costituenti ‘completarsi a vicenda’, per Mattarella, “rappresenta quanto di più significativo si possa immaginare per l’Europa ‘unione delle diversità’, ispirata da una visione che sappia guardare lontano, senza il rischio della lusinga dell’inciampo in barriere artificiosamente create”.
    Per Mattarella inoltre “potremmo parlare di ‘fraternità europea’ come acquisizione di consapevolezze più autentiche, che abbiano la meglio anche su narrazioni correnti di crisi di convivenza con gli immigrati che giungono sulle nostre coste o agli altri confini d’Europa, fuggendo da guerre, carestie, sconvolgimenti climatici. Buoni esempi di ‘fraternità europea’ non mancano: le porte aperte ai profughi ucraini. Tuttavia i principi sono tali se non ammettono declinazioni di comodo. La fraternità sarebbe più forte – dice il capo dello Stato – se fosse sempre ugualmente riservata a chi fugge da altre guerre, da altra fame, da altre catastrofi, lungo la linea del Mediterraneo, per esempio”.
    “La cancel culture nei confronti della letteratura e dell’arte russe – altro passaggio dell’intervista – appare come un gesto sbagliato che vorrebbe colpevolizzare a ritroso i prodotti di secoli di storia europea, di cui quella cultura fa parte a pieno titolo. Gli intellettuali più avvertiti non hanno mancato di stigmatizzare questa visione. A uccidere la cultura è l’omologazione, il conformismo”.
    “L’industria culturale italiana è una forza trainante del nostro modello produttivo – prosegue – Mi piace pensare che Parigi e Francoforte significhino anche un riconoscimento all’impegno e all’attività della nostra industria dell’editoria, proiettata a pieno titolo nel dialogo della cultura internazionale. Il libro è un veicolo straordinario che richiama l’attenzione sul Bel Paese. L’Italia gode all’estero di una reputazione altissima, che investe il suo passato ma anche il suo presente. Affascina per il suo spirito pubblico, il senso della comunità, la sua vocazione alla pace. Di certo l’italianità appare di per sé un valore. E non va dissipato”.

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    Meloni, un patto con l’Europa per cambiare l’Italia 

    Giorgia Meloni sintetizza il suo manifesto programmatico in un lungo e articolato colloquio con il Foglio nel corso del quale rilancia la necessità di un nuovo patto con l’Europa anche per cambiare l’Italia. E ciò nel quadro di una serie di iniziative, a cominciare dalla gestione del fenomeno migratorio per il quale si prevede una potenziale ondata di 900 mila arrivi, di persone pronte a sbarcare sulle coste dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Una situazione che rende necessario – spiega – garantire gli ingressi legali e l’accesso a chi ha diritto all’applicazione dei trattati internazionali. L’Italia deve avere un ruolo attivo in questo quadro spingendo per una una nuova politica migratoria dell’Ue e rilanciando, anche con il supporto degli Usa, una azione per l’Africa. Roma sta mettendo sul tavolo il suo “piano Mattei” al riguardo, ricorda. Nell’intervista, la premier ribadisce con nettezza il sostegno all’Ucraina (che non mancherà mai): questa guerra “ha un impatto multidimensionale, si pensi alla crisi alimentare e delle materie prime, che impatta sul destino di milioni di persone”. Li non è in gioco una astratta libertà ma anche i nostri confini materiali ed ideali, aggiunge tra l’altro.
    Se il Mes si trasforma in un veicolo per la crescita siamo pronti a discuterne. Lo sottolinea la premier Giorgia Meloni nel lungo colloquio con il Foglio nel corso del quale fa anche riferimento alla necessità di un nuovo Patto di Stabilità che punti alla crescita, sennò è un problema. Bisogna investire – rimarca – in ricerca e sviluppo. Nell’intervista la premier attacca i tentativi di “mettere alle spalle” del suo Esecutivo “il peso di scelte sbagliate” in precedenza sul tema del Pnrr: una argomentazione – dice – “che ha il fiato corto”. Parla dei rischi per il Paese della “glaciazione democrafica” in corso e non chiude all’utilizzo del nucleare nel quadro della transizione energetica (“nessuna preclusione”). Chiarisce che al protezionismo di Washington si deve rispondere con nuove partnership commerciali transatlantiche. Un passaggio del colloquio viene dedicato ai temi della giustizia dove la premier conferma l’obiettivo della certezza del diritto e la necessità di limitare la carcerazione preventiva ai casi necessari. Così come, per quanto riguarda le riforme, ribadisce l’obiettivo di arrivare ad un sistema presidenziale per garantire la stabilità di governo.

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    Anna Oxa a Palazzo Chigi da Meloni

    ROMA, 20 APR – Anna Oxa è stata questa mattina a Palazzo Chigi. La cantante, secondo quanto si apprende, ha incontrato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.   

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    Caso Uss, Nordio: ” Stravagante che avrei potuto impugnare la decisione dei magistrati’

    Un’ora di difesa serrata del proprio operato e di attacco ai magistrati. Davanti alla Camera, il ministro della Giustizia Carlo Nordio esclude qualunque sua responsabilità nel caso di Artem Uss, l’uomo d’affari russo evaso il 22 marzo dalla sua lussuosa cascina di Basiglio, dove era detenuto ai domiciliari con braccialetto elettronico, all’indomani del primo via libera alla sua estradizione negli Usa. E rivendica invece la scelta di esercitare l’azione disciplinare contro i giudici della Corte d’appello di Milano che lo hanno fatto uscire dal carcere, respingendo le accuse di interferenza e di lesione dell’autonomia che gli sono venute non solo dall’Anm, ma anche dall’avvocatura e da autorevoli giuristi. L’opposizione resta critica: troppe cose non tornano rispetto a una vicenda che ha esposto il Paese “a una figuraccia internazionale”, dicono Pd e +Europa non convinte nemmeno dalla rassicurazione del ministro degli Esteri Antonio Tajani che il rapporto con gli Usa resta “solido e leale”. E dalla toghe arrivano nuove critiche: anche da Magistratura Indipendente, la corrente più vicina al Guardasigilli.

    Agenzia ANSA

    Concedere i domiciliari fu una ‘grave e inescusabile negligenza’. Domani alla Camera informativa urgente del Governo sulla vicenda . L’Anm: ‘Nordio non può valutare il merito, grave se lo ha fatto’ (ANSA)

    Nordio, che ieri ha incontrato la premier, si sente nella bufera e non lo nasconde. Parla di una “sequenza di critiche e insinuazioni” che lo hanno investito. E risponde ai rilievi che gli sono arrivati dai magistrati e non solo. A partire dalla considerazione che lui stesso avrebbe potuto chiedere ai magistrati il ritorno in carcere di Uss. “Il Ministero della Giustizia non ha alcuna competenza nè oneri di controllo sull’esecuzione di un provvedimento giurisdizionale adottato da una Corte. L’ipotesi contraria -scandisce – confliggerebbe non solo con il principio costituzionale della divisione dei poteri ma con la ripetuta e sacrosanta affermazione dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura”. “Ed è singolare”, nota, che proprio mentre lui viene accusato di ledere questi principi con la sua iniziativa disciplinare, gli si dice che “sarebbe dovuto intervenire per condizionare la libertà di decisione della Corte di Milano”. Sostenere che lui poteva impugnare , insiste il ministro, è “un’eresia”, un “errore da matita blu”. Tant’è che non è “mai accaduto”. La norma del codice citata nella relazione inviata ai suoi ispettori dalla Corte d’appello di Milano, secondo cui il ministro avrebbe potuto chiedere in qualsiasi momento il carcere per Uss, non riguarda, spiega, un caso come questo in cui non era stata ancora formalizzata la richiesta di estradizione. Il suo unico potere era sollecitare entro 10 giorni dall’arresto il mantenimento in carcere ed è quello che ha fatto, rispettando “pienamente” la legge. Chi ha sbagliato, è dunque la posizione del ministro, sono i giudici. L’imprenditore russo figlio di un oligarca vicinissimo a Putin “è stato messo ai domiciliari con un provvedimento di 5 righe”, fa notare Nordio, a fronte del provvedimento di 4 pagine “documentatissimo” e “ampiamente motivato” con il quale la procura generale aveva espresso il proprio “no” facendo presente che Uss aveva “conti bancari in tutto il mondo” e “appoggi internazionali” che lo mettevano ad alto rischio di fuga. Una decisione che non a caso ha lasciato “esterrefatti” gli americani. Nel suo discorso alla Camera, il ministro annuncia che sono in corso verifiche sulla possibilità di congelare i beni di Uss e accertamenti da parte del ministero degli Interni sul braccialetto che si è azionato con ritardo. Quanto all’azione disciplinare, è tutt’altro che “un’interferenza invasiva”: è un dovere “procedere con gli stessi criteri con cui i pm inviano l’informazione di garanzia ai cittadini nei cui confronti svolgono le indagini”, perchè diversamente non sarebbe rispettato il principio di uguaglianza.

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    Ok al ddl Concorrenza, con le norme per gli ambulanti

    Il consiglio dei Ministri ha approvato il ddl Concorrenza.
    Le assegnazioni delle concessioni dei parcheggi del commercio ambulante nelle aree pubbliche saranno messe a gara, salvaguardando il legittimo affidamento degli attuali concessionari che potranno godere di un rinnovo delle attuali concessioni in via eccezionale per 12 anni. E’ una delle novità previste dal Ddl Concorrenza approvato dal Cdm che ha approvato anche norme sul settore farmaceutico e un rafforzamento dei poteri dell’autorità Antitrust sul settore digitale.”Legge annuale sulla concorrenza: fatta! Al servizio dei cittadini e delle imprese”. E’ il primo commento a caldo del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso su Twitter. Il “potenziamento e la pianificazione dello sviluppo della rete elettrica nazionale”, insieme alla “norma incentrata sulla promozione dell’utilizzo dei ‘contatori intelligenti’ (smart meters), allo scopo di favorire il risparmio energetico e il contenimento del prezzo dell’energia elettrica” sono alcune delle misure contenute nel ddl Concorrenza. Lo rende noto un comunicato del Mimit.Arriva una semplificazione per le vendite promozionali e per quelle sottocosto che puntano a favorire le attività commerciali presenti in più comuni, come ad esempio le catene di supermercati, elettronica, elettrodomestici o abbigliamento. Basterà ora inviare un’ unica mail certificata (la Pec) agli sportelli unici delle attività produttive di tutti i comuni interessati, con le date e l’indicazioni degli esercizi commerciali coinvolti. E’ quanto prevede una delle norme contenute nel testo ddl Concorrenza approvato oggi dal Consiglio dei Ministri.

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    Ex compagno di Carlo racconta come il re fu bullizzato a scuola

    (ANSA) – LONDRA, 20 APR – A circa due settimane
    dall’incoronazione solenne di re Carlo III, in programma il 6
    maggio, emergono dettagli sulla travagliata esperienza
    scolastica vissuta dal sovrano negli anni Sessanta, quando su
    insistenza del principe Filippo fu mandato alla Gordonstoun
    School di Elgin, in Scozia, un istituto noto per la dura
    disciplina e le tante attività fisiche obbligatorie per gli
    studenti.   
    Secondo la testimonianza apparsa sul Daily Telegraph di un ex
    compagno di classe del monarca, Johnny Stonborough, il giovane
    Carlo venne sottoposto a un “bullismo spietato” da parte degli
    altri alunni, anche per la sua provenienza familiare da un
    contesto fra i più privilegiati. Un’esperienza per lui
    “orribile”, fra l’altro nota da tempo e raccontata con dovizia
    di particolari nella popolarissima serie ‘The Crown’ di Netflix,
    ma che contribuì anche in modo positivo alla formazione del
    futuro sovrano, capace comunque di superare i momenti più
    difficili. Non solo, lo rese “più gentile” e sensibile a temi
    oggi di grande importanza come l’inclusività e il disagio
    giovanile.   
    Il principe Filippo era stato uno dei primi studenti a
    iscriversi al collegio da 40.000 sterline all’anno nel 1934 e
    voleva che suo figlio maggiore seguisse le sue orme. Carlo
    quando iniziò a frequentarlo era un 13enne “terribilmente
    timido”, ha spiegato Stonborough, ma negli anni di
    quell’esperienza ebbe modo di scoprire anche il suo grande amore
    per la natura e sviluppò una certa empatia con le persone
    visibile ancor oggi. (ANSA).   

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    25 aprile: scontro sulle mozioni, l’opposizione non vota quella della maggioranza

    La mozione delle opposizioni sul 25 aprile viene votata dalla maggioranza al completo, ma i gruppi di centrosinistra non ricambiano la mano tesa. Questo l’esito delle votazioni in Senato sul 25 aprile e sulle altre festività civili. 
    Manca la parola antifascismo. Lo sostengono a più riprese in aula i parlamentari di Pd, M5s, Az-Iv e battono sul punto che l’antifascismo è il fondamento della nostra Costituzione. Il senatore del Pd Alfredo Bazoli si pronuncia così sulla mozione della maggioranza: “Oggi il ministro Valditara ha scritto parole condivisibili sul significato del fascismo e il valore dell’antifascismo, e Gianfranco Fini ha ricordato come An richiamò in tante occasioni l’antifascismo come valore fondante la nostra democrazia. È un peccato allora che questa parolina così importante, antifascismo, da cui deriva l’impianto della nostra Costituzione, non sia entrata neanche di striscio nella mozione della maggioranza sul 25 aprile. Un’inaccettabile omissione, una grande occasione mancata per dissipare ambiguità e reticenze della destra italiana”. 
    Osservazione che la maggioranza rispedisce al mittente. Si scalda l’Aula del Senato quando a prendere la parola sono il capogruppo del Pd Francesco Boccia e il capogruppo FdI Lucio Malan.  A far sussultare i senatori FdI sono le parole di Boccia “ci aspettavamo sostegno senza condizioni”, i meloniani chiedono a gran voce “perché non possiamo presentare una mozione nostra?”. Anche dai banchi del Pd parte un po’ di trambusto. Il presidente La Russa è costretto a intervenire più volte e a richiamare a “un tono accettabile da tutti”. 

    Il presidente del Senato Ignazio la Russa

    Malan fa notare che “antifascismo” non è scritto in nessuna parte della nostra Carta: “Dite che non votate la nostra mozione perchè non c’è la parola antifascismo: ma c’è scritto che condanniamo tutti i totalitarismi, siamo contro il fascismo, quindi c’è, è la stessa cosa”. “Secondo questo principio – aggiunge – i parlamentari costituenti non avrebbero dovuto votare la Costituzione perchè in quel testo non c’è la parola ‘antifascista’. Siamo stupiti che non la votiate”.
    Inoltre i partiti di governo chiedono agli avversari l’abiura dei totalitarismi, anche e soprattutto del comunismo. Ma anche su questo punto le strade non si incontrano. Il Pd risponde: “I comunisti italiani hanno avuto nella nostra storia doppiezze e contraddizioni, ma si sono battuti per la libertà”.  

    25 aprile, voto unanime al Senato sulla mozione dell’opposizione

    La mozione delle opposizioni è stata illustrata dal senatore del Pd Verini, mentre quella della maggioranza dal senatore di FdI Raffaele Speranzon
    La mozione del Pd, il discorso di Walter Verini
    “La mozione che tutte le forze di opposizione hanno presentato vuole ricordare e impegnare tutte le istituzioni a celebrare e trasmettere i valori di date nelle quali si fondano la nostra democrazia e la nostra convivenza civile. Sono tante le occasioni che il calendario ci offre, che celebriamo con sincera partecipazione, ma non crediamo possano esserci dubbi sul fatto che il 25 aprile, festa della Liberazione dal nazifascismo, il 1 maggio, festa del lavoro e il 2 giugno, festa della Repubblica, siano quelle che più di tutte costituiscono l’identità nazionale, il ponte tra memoria e futuro, il dna di un paese, di una nazione”. Così Verini ha illustrato la mozione delle opposizioni sul 25 aprile.
    “Di una patria – prosegue – come la chiamavano i partigiani che andavano a rischiare la vita e anche a morire per la libertà di tutti. Partigiani comunisti, socialisti, cattolici popolari, azionisti, repubblicani, liberali, monarchici e militari, molti dei quali – come gli internati – rifiutandosi di aderire alla repubblica di Salò, vennero rinchiusi in campi di concentramento. Il cemento comune di quella stagione ha un nome: antifascismo. Nella mozione viene detto chiaramente. Non abbiamo imbarazzo alcuno a ribadire giudizi drasticamente inequivocabili su tragedie della storia del novecento. I lager sovietici, i massacri staliniani. Abbiamo ogni anno reso omaggio alle persone massacrate nelle foibe, ai profughi giuliano-dalmati. Ma nel nostro paese c’è stato un regime fascista. E i comunisti italiani si sono battuti per la libertà. Se oggi tutti noi siamo qui, è perché in Italia ci sono stati la resistenza antifascista e il 25 aprile. Se possiamo lavorare – come abbiamo cercato di fare la scorsa settimana – per superare la stagione dell’odio degli anni settanta è proprio perché in Italia ci sono stati la resistenza antifascista, la liberazione e il 25 aprile, la democrazia e la costituzione”.

    Il senatore del Partito Democratico Walter Verini

    La mozione di FdI, il discorso di Raffaele Speranzon
    “Ci sono delle date fondamentali nella memoria storica del nostro popolo che rappresentano la coscienza nazionale. Qualcosa che va condiviso. Storie di libertà e democrazia che devono eliminare ogni forma di totalitarismo e intolleranza. Sono pagine significative per la nostra unità. Date come il 9 novembre, giorno della libertà che ricorda l’abbattimento del muro di Berlino. E il 25 aprile che deve diventare una festa della riconciliazione, come ci ha insegnato il presidente Ciampi”. Lo dichiara in Aula al Senato il senatore Raffaele Speranzon, vicecapogruppo vicario di Fratelli d’Italia a palazzo Madama, illustrando la mozione di maggioranza sul 25 aprile. “Credo – aggiunge – che l’antifascismo sia stato oggetto di una appropriazione indebita e uno stravolgimento del suo significato originale. Doveva essere il valore unificate tra destra e sinistra, ma è diventato un elemento divisivo. Non perché i moderati di centrodestra sono meno antifascisti, ma perché non sono antifascisti come vorrebbe la sinistra: impegnata a distribuire patenti di libertà. E che nella sua storia ha condotto ad atti di efferata violenza in nome dell’antifascismo come il rogo di Primavalle. Ricordo, infine, la risoluzione del Parlamento Ue non votata dalla sinistra che aveva l’obiettivo di condannare ogni forma di totalitarismo novecentesco. Un comportamento indecente. E noi lezioni da chi difende le dittature non le accettiamo”.

    Il senatore di Fratelli d’Italia Raffaele Speranzon

    I risultati delle votazioni
    Così l’Aula del Senato approva all’unanimità la mozione delle opposizioni sul 25 aprile con 133 voti favorevoli e un astenuto. Roboanti gli applausi dell’Aula, tanto che il presidente La Russa interviene: “anche gli applausi a volte possono sembrare una provocazione”. La mozione di maggioranza invece è approvata con 78 voti favorevoli, 29 contrari e 26 astenuti. Il voto è accolto dai senatori di maggioranza al grido di “vergogna” verso i banchi delle opposizioni. Nessun contrario e un solo astenuto. A cavalcare questa scelta in solitaria è il senatore di Fratelli d’Italia Paolo Marcheschi. Quest’ultimo, a quanto si legge nei tabulati, si astiene anche sulla mozione di maggioranza insieme ai parlamentari di Azione-Italia viva, del Movimento 5 stelle e a Pietro Patton delle Autonomie. Il documento di maggioranza ottiene 78 voti favorevoli, 29 contrari e 26 astenuti. Hanno votato sì FdI, FI, Lega e CI e Dafne Musolino delle Autonomie; votano invece contro Pd e gruppo Misto.
    La posizione di Liliana Segre
    L’ufficio stampa del Gruppo Misto in Senato rende noto che “la senatrice a vita Liliana Segre precisa di non essere promotrice, né firmataria di alcuna mozione, di quelle oggi in discussione nell’Aula del Senato”. 
    Il capogruppo del Pd Francesco Boccia in Aula sottolinea come “la nostra mozione voleva unire idealmente tutte le forze politiche di questa aula nel segno del discorso di Liliana Segre, fatto nel primo giorno di questa legislatura. Quel discorso ci ha ricordato quali sono le date che uniscono la nostra Repubblica e che la nostra è storia antifascista. Noi dobbiamo rinnovare questa memoria per tutti noi e per i nostri figli. Per questo mi sarei aspettato che la maggioranza appoggiasse la nostra mozione senza presentarne un’altra”. 
    Il ministro Valditara, il fascismo è stato un male
    “Il 25 aprile è una data fondamentale nella storia della nostra Repubblica: segna la sconfitta della dittatura fascista, il ritorno alla libertà, alla democrazia e la fine della guerra. È dunque un giorno di festa che deve essere celebrato nella gioia e nella concordia. Guai a farne un giorno di parte e di divisione adombrando il sospetto che forze democraticamente elette in Parlamento siano fasciste”. E’ quanto scrive Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del merito, in un suo intervento sulle pagine del Corriere della Sera. Per il capo del dicastero di viale Trastevere “il rischio è semmai che con la scusa dell’antifascismo si ritorni agli anni bui della contestazione violenta in cui si tentò di delegittimare tutte le forze democratiche non dichiaratamente di sinistra”. Valditara aggiunge: “noi ci dichiariamo dunque antifascisti perché ci dichiariamo per le libertà individuali, per lo stato di diritto, per la sovranità popolare, per la pari dignità di tutti gli esseri umani – spiega -. Molti elementi del fascismo si ritrovano nel comunismo e in tante altre ideologie e regimi totalitari che hanno insanguinato il ‘900. Oggi l’antisemitismo si respira anche in quelle terre d’Europa dove è sempre più difficile dirsi e comportarsi da ebrei per via di un certo estremismo islamista, il totalitarismo si ritrova in quelle università che non ammettono un pensiero critico rispetto al politicamente corretto, l’intolleranza affiora in quella stampa che distribuisce patenti di fascismo a chiunque non garbi, e in quella politica che considera l’altra parte un nemico da delegittimare e non un avversario con cui dialogare pur da differenti posizioni”. Nel contempo, aggiunge il ministro, “non è fascismo, per esempio, difendere le frontiere, celebrare l’identità di un popolo, considerare positiva l’idea di patria e proteggere gli interessi nazionali. Valori, questi, che sono largamente condivisi e praticati nelle democrazie occidentali. Occorre dunque fare attenzione che non si abusi del concetto di antifascismo considerandolo una patente buona per discriminare gli avversari politici e per evocare il pericolo di un improbabile ritorno alla dittatura”. Per il ministro, quindi, il “25 aprile è festa di tutti noi”.

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    25 aprile: le mozioni di maggioranza e opposizione

    Le mozioni della maggioranza e delle opposizioni sul 25 aprile hanno in comune le date che ricordano momenti fondamentali della storia dell’Italia: 25 aprile festa della Liberazione; 1° maggio, festa del lavoro e 2 giugno, nascita della Repubblica e elezione dell’Assemblea Costituente.    La mozione di maggioranza chiede anche di non dimenticare: “il 17 marzo, proclamazione del Regno d’Italia; il 4 novembre, Festa dell’unità d’Italia e delle Forze armate” e poi ancora “il 27 gennaio, per le vittime della Shoah; il 10 febbraio, per le foibe e l’esodo giuliano dalmata, e il 18 aprile, quando gli elettori italiani collocarono la nostra Nazione nel mondo libero e democratico, il 9 novembre, Giorno della libertà, quale ricorrenza dell’abbattimento del muro di Berlino”. Inoltre si impegna “ad adottare iniziative perché le pubbliche commemorazioni degli avvenimenti della storia italiana ed europea si svolgano nel rispetto della dovuta accuratezza storica”. E ricorda che la risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 si è “espressa “contro ogni potere totalitario, a prescindere da qualunque ideologia”, “contro il nazismo, il fascismo, il comunismo”. L’impegno è di rappresentare i “momenti di effettiva condivisione e partecipazione di tutte le componenti politiche e culturali che si riconoscono nei valori della libertà e della democrazia” con l’intenzione di rafforzare “i sentimenti di unità nazionale, di inclusione, e di riconciliazione”.    La mozione delle opposizioni fa riferimento al discorso della senatrice Liliana Segre il 13 ottobre 2022, primo giorno della XIX legislatura, quando ha ricordato che “Le grandi Nazioni dimostrano di essere tali anche riconoscendosi coralmente nelle festività civili”. Impegna il Senato “ad adottare le iniziative affinché le commemorazioni delle date fondative della nostra Storia antifascista si svolgano nel rispetto della verità storica condivisa”. Il testo ricorda poi che “le date che scandiscono un patto tra le generazioni, tra memoria e futuro”, rappresentano monito e insegnamento non solo per i giovani, ma per tutti i cittadini. Per questo, si legge, “è necessario che le Istituzioni in primis si adoperino per la trasmissione della conoscenza della Storia, frutto del rigore della ricostruzione storica unitaria e condivisa”.