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    Italia e UE spingono per un dialogo diretto tra Russia e Ucraina: “Zelensky ha chiesto un colloquio con Putin”

    Bruxelles – La settimana dell’invasione si è trasformata nella settimana della tensione e delle speranze che tardano a concretizzarsi. “La situazione è uguale a quella di qualche giorno fa, gli episodi che sembravano annunciare una de-escalation al momento non sono stati presi seriamente“, ha dichiarato il premier Mario Draghi, al termine del vertice informale a Bruxelles tra i leader UE sulla questione della crisi al confine orientale dell’Ucraina. “Dobbiamo rimanere pronti a ogni eventualità”, ha avvertito il primo ministro italiano alla stampa, che però ha aperto qualche spiraglio sul fronte del dialogo: “Stiamo spingendo perché Russia e Ucraina si siedano allo stesso tavolo per parlare“.
    Secondo quando dichiarato da Draghi, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, “ha chiesto di poterlo aiutare ad avere un colloquio con il presidente russo, Vladimir Putin“, nel corso della telefonata tra i due leader di martedì (15 febbraio). Il premier ha anche aggiunto che la stessa richiesta è stata fatta anche ad altri capi di Stato e di governo dell’Unione. Nonostante la possibilità di aprire un dialogo tra Russia e Ucraina “non sarà facile”, l’obiettivo condiviso tra i leader UE è che “i due presidenti si siedano allo stesso tavolo”. Draghi ha anche confermato che il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, oggi a Mosca per incontrare l’omologo russo, Sergej Lavrov, si sta accordando per organizzare un suo incontro con il presidente Putin.
    Nel frattempo, “la nostra strategia deve poggiare su tre elementi”. In primo luogo, “riaffermare la nostra unità, forse il fattore che ha più colpito la Russia“. Il premier italiano ha confermato quanto scrivevamo qualche giorno fa: “Inizialmente ci si poteva aspettare che avremmo preso decisioni diverse, invece in questi mesi ci siamo dimostrati sempre più uniti”. Bisogna poi “mantenere una strategia di deterrenza ferma e non mostrare debolezze”. E infine “ribadire che non possiamo rinunciare ai principi fondanti dell’Alleanza Atlantica, tenendo però il dialogo aperto con la Russia”, in particolare su un possibile tavolo con l’Ucraina e attraverso “tutti i canali di dialogo, da utilizzare con la massima determinazione”.
    La questione dei principi fondanti dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord rimane però uno dei temi di maggiore scontro tra l’Occidente e la Russia. “Le porte della NATO rimangono aperte per l’Ucraina, nessuno può decidere al posto degli alleati o al posto degli Stati sovrani sulla propria politica nazionale di sicurezza”, ha ribadito nuovamente il segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, al termine della due-giorni di vertice dei ministri della Difesa NATO. “Siamo preoccupati che la Russia crei un pretesto per attaccare l’Ucraina”, ha avvertito Stoltenberg, rinnovando l’invito a Mosca di “sedersi al tavolo del Consiglio UE-Russia“.
    Ma il Cremlino sembra ancora distante da una posizione di compromesso. O meglio, a cedere su quella che considera la conditio sine qua non: “Non risolveremo tutti i problemi finché non ci metteremo d’accordo su alcuni punti, tra cui il non allargamento della NATO e il non dispiegamento delle forze a est“, ha affermato Lavrov durante il colloquio con il ministro Di Maio. A proposito delle sanzioni economiche UE alla Russia, il ministro degli Esteri russo ha fatto pressione su Roma sostenendo che “l’Italia non dovrebbe essere interessata a fomentare la tensione”. Il Cremlino cerca di dividere il fronte dell’Unione, dal momento in cui basta un solo voto contrario per far saltare la decisione sulle misure restrittive europee. Ma l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, è stato chiaro: “Abbiamo già preparato un intero pacchetto di sanzioni molto dure e, non appena sarà necessario, sono sicuro che il Consiglio le approverà”, perché “l’Unione Europea è unita sul tema”.

    Lo ha dichiarato il premier Mario Draghi al termine del vertice informale tra i leader dell’Unione sulla crisi: “Dobbiamo riaffermare la nostra unità, forse il fattore che ha più colpito la Russia in questi mesi”. Presto forse sarà a Mosca

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    La NATO avverte sul rischio di “una nuova normalità” per la sicurezza europea: “Dalla Russia nessun segno di ritiro”

    Bruxelles – Nonostante i proclami di ieri (martedì 15 febbraio) arrivati dal Cremlino, “le immagini satellitari mostrano che non c’è nessun segno di un ritiro effettivo sul campo di truppe o equipaggiamento militare dal confine orientale dell’Ucraina”. È quanto sostiene il segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, Jens Stoltenberg, in occasione del vertice dei ministri della Difesa NATO, sul tema più spinoso sul tavolo: la crisi con la Russia e la gestione del momento cruciale per una possibile de-esclation.
    “Le truppe sono ancora tutte dispiegate dalla Crimea alla Bielorussia, si tratta del più grande ammassamento di truppe dalla fine della Guerra Fredda”, ha messo in chiaro Stoltenberg, parlando di oltre 100 mila soldati russi al confine con l’Ucraina. È anche vero che “negli ultimi giorni ci sono stati segnali che la diplomazia può continuare“, ha ricordato il segretario generale della NATO, che ha invitato la Russia a “tornare al tavolo della pace e fare un passo indietro dalle minacce della guerra”. I ministri della Difesa dell’Alleanza si aspettano “una risposta sull’invito a riaprire il dialogo al Consiglio UE-Russia”.
    Questa altalena di minacce armate e di segnali di distensione potrebbe però essere “la nuova normalità per la sicurezza europea“, ha avvertito Stoltenberg. “Mi spiace dirlo, ma è evidente che la Russia vuole contestare i principi fondamentali della sicurezza internazionale“, in due modi: “In primis, vorrebbe che li violassimo, impendendo ad altri Stati di scegliere le proprie alleanze”, e poi inviando “una quantità enorme di truppe al confine per intimidire i Paesi vicini e costringerli a rispettare le imposizioni di Mosca”. Non c’è alcuna sicurezza su ciò che accadrà nei prossimi giorni e settimane, ma “se la Russia invaderà l’Ucraina, pagherà enormi conseguenze“, ha tuonato il segretario generale della NATO.
    È per questo motivo che, oltre alle sanzioni economiche, i ministri della Difesa NATO hanno discusso di come sviluppare nuove misure per “rafforzare la preparazione a una possibile escalation militare“. Una decisione finale a livello di comando dell’Alleanza “non è ancora stata presa”, ma – se il dispiegamento militare russo non dovesse cambiare – “i battaglioni NATO guidati dalla Francia stazionerebbero in Romania, che è pronta ad accoglierli, e nella regione del Mar Nero”. La “nuova normalità” di Stoltenberg in realtà potrebbe essere anche un nuovo equilibrio dell’Alleanza: “Il solo fatto che la Russia abbia avuto l’intenzione di ammassare le truppe al confine con l’Ucraina può richiedere aggiustamenti sul lungo periodo nell’Europa sud-orientale”.

    Il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha avvertito che la strategia di Mosca di alternare minacce di invasione dell’Ucraina a distensioni potrebbe portare a un rafforzamento dell’Alleanza nell’Europa sud-est

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    UE pronta alla prova di forza con Mosca, ma il dibattito sull’Ucraina mostra i limiti in politica estera

    dall’inviato Strasburgo – Dalla parte dell’Ucraina, pronti allo scontro con la Russia, nel bel mezzo di una crisi che vede l’Europa riscoprirsi più piccola di quanto immaginato. Il dibattito sulle tensioni lungo la frontiera ucraina vede nell’Aula del Parlamento europeo un misto di preoccupazione, irritazione e frustrazione. In una sessione plenaria che contro ogni previsione vede la presenza della presidente dell’esecutivo comunitario emerge soprattutto l’immagine di un’Europa marginale nell’arena internazionale agli occhi degli stessi europei. Il primo a spiegare i limiti di un blocco dei 27 che fa fatica a trovare una quadra in politica estera è Josep Borrell, l’Alto rappresentante dai poteri limitati in materia.
    “La Russia per settimane ha scritto solo agli Stati Uniti e alla NATO. In un secondo momento ha scritto ventisette lettere per ogni Stato membro, con l’obiettivo di avere ventisette risposte diverse”. L’Alto rappresentante mostra soddisfazione per un’Unione “che non si è mostrata divisa”, ma la condotta russa mostra i limiti di un’UE che fa fatica sulla scena internazionale. I malumori diffusi tra i banchi dell’Aula li esterna Martin Schirdewan, de la Sinistra. “La pace dell’Europa deve essere decisa qui, in Europa, non a Washington né al quartier generale della NATO”.
    La crisi ucraina ripropone una questione annosa, quella della dimensione internazionale dell’Unione europea. Per questo il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, propone di “andare oltre il pacchetto di aiuti” da 1,2 miliardi di euro per l’Ucraina, e di “organizzare una conferenza dei donatori”, facendosi quindi promotore di iniziative internazionali. Senza dimenticare l’azione decisa.
    L’UE auspica il meglio, ma si prepara al peggio. Lo dicono sia Michel sia Ursula von der Leyen. Quest’ultima assicura che in caso di aggressione militare “l’UE saprà rispondere tempestivamente”, e che  “le nostre sanzioni possono colpire duramente la Russia, e il Cremlino lo sa”.  Un’affermazione che offre modo ai Verdi di scagliarsi su Nordstream2. “Dobbiamo essere pronti a sanzioni, che non sono solo sanzioni individuale. Il gasdotto deve rientrare nel pacchetto”, scandisce la co-presidente Ska Keller, che trova una sponda politica nellaa conservatrice Anna Fotyga. “Questo progetto va fermato subito, non solo in caso” in cui la situazione dovesse richiederlo.
    I popolari europei preferiscono parlare d’altro. Manfred Weber rilancia l’idea, sostenuta dal PPE, di “escludere le banche russe dal sistema internazionale”. I socialisti europei insistono sulla diplomazia come via prioritaria da seguire, ma condividono la necessità di un piano B in caso di ulteriore deterioramento. La capogruppo Iratxe Garcia Perez chiama l’Ucraina, l’invita a non cedere a Putin. “Putin ha paura del nostro modello e della nostra democrazia. Il presidente Zelensky deve continuare a impegnarsi per la via della democrazia”, quella europea.
    Di fronte alle preoccupazione per un’Europa che appare bypassata, von der Leyen assicura che il ruolo di coordinamento è stato comunque degno di nota. “I russi hanno inviato un totale di 36 lettere con richieste, le risposte che hanno avuto sono state due”. Rassicurazioni insufficienti a fugare i dubbi di un ruolo non da protagonista. “La Russia non vuole parlare con l’Europa. Putin – lamenta la liberale Hilde Vautmans – ha incontrato Macron, ma a quel lungo tavolo avrebbe dovuto sedersi l’Alto rappresentante Borrell”. Un’altra constatazione dei limiti dell’Europa in politica estera.

    Von der Leyen: “Auspichiamo il meglio, ma ci prepariamo al peggio”. Verdi, Conservatori e Sinistra chiedono lo stop a Nordstream 2, e si lamenta il ruolo secondario dell’UE nei negoziati internazionali

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    La Russia annuncia il ritiro di parte delle truppe dal confine con l’Ucraina. Cauto ottimismo tra i governi europei

    Bruxelles – Alla vigilia del giorno X per l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia – almeno secondo quanto emerso negli ultimi giorni dalle previsioni dell’intelligence statunitense – Mosca sembra essere pronta a ritirare dalla frontiera occidentale alcune delle truppe schierate per esercitazioni militari. A riferirlo è l’agenzia di stampa Tass, citando il portavoce del ministero della Difesa russo: “Considerato che l’addestramento militare sta per terminare, le unità dei distretti militari sud e ovest hanno già iniziato a caricare il personale e l’equipaggiamento sui mezzi di trasporto ferroviario e automobilistico e oggi inizieranno a dirigersi verso le loro basi militari”.
    Nel giorno della visita a Mosca da parte del cancelliere tedesco, Olaf Scholz – che ha ribadito la necessità di “ritirare le truppe dal confine con l’Ucraina” – il ministro degli Esteri della Russia, Sergej Lavrov, ha accusato l’Occidente di “terrorismo mediatico” e ha dichiarato che la parziale smobilitazione delle forze “era pianificata e non dipende dall’isteria delle potenze occidentali”. A frenare gli entusiasmi è stato il segretario della NATO, Jens Stoltenberg, prima dell’incontro di domani (mercoledì 16 febbraio) tra i ministri della Difesa dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord. “Non ci sono segnali sul terreno che confermino la riduzione delle truppe della Russia ai confini dell’Ucraina“, ha messo in chiaro Stoltenberg, senza comunque chiudere ai “segnali da Mosca che la diplomazia deve continuare, un motivo di cauto ottimismo”. Per considerarla una vera e propria de-escalation, la NATO vuole vedere il “ritiro di mezzi pesanti e dell’equipaggiamento, non solo quello dei soldati”, considerato il fatto che il vero problema riguarda il mantenimento delle infrastrutture militari “dalla scorsa primavera”.
    Anche se l’annuncio del ritiro delle truppe dalla frontiera con l’Ucraina deve essere ancora confermato dai fatti, come scrivevamo ieri la minaccia reale alla sicurezza europea portata dalla Russia di Vladimir Putin ha comunque fatto scoprire all’Unione Europea di essere più unita di quanto si potesse immaginare. E ora l’ottimismo (cauto) può essere una chiave su cui impostare le prossime giornate comunque molto tese. “Ogni vero passo di de-escalation sarebbe un motivo di speranza“, ha dichiarato la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, che ha però avvertito che “gli annunci devono ora essere seguiti da azioni”. Sulla stessa linea il governo francese: “Se questa notizia positiva venisse confermata, sarebbe un segnale di de-escalation che chiediamo da settimane“, ha riferito in conferenza stampa il portavoce dell’Eliseo, Gabriel Attal.

    Discussed with Prime Minister of Italy #MarioDraghi the security challenges facing Ukraine and Europe today. Exchanged views on intensifying the work of all negotiation formats and unblocking the peace process. I appreciate 🇮🇹’s support for 🇺🇦!
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) February 15, 2022

    Dall’altra parte della frontiera, il ministro degli Esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba, ha avvertito che “solo quando ci sarà un ritiro effettivo delle truppe della Russia, parleremo di de-escalation”, perché a Kiev “abbiamo una regola, crediamo solo a quello che vediamo”. Parlando alla BBC, Kuleba ha spiegato che l’Ucraina è al lavoro con i partner occidentali per “prevenire un’ulteriore escalation”. Nel frattempo, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha fatto sapere con un tweet di aver avuto uno “scambio di opinioni” con il premier Mario Draghi “sull’intensificazione del lavoro di tutti i formati negoziali e sullo sblocco del processo di pace”. Palazzo Chigi ha reso noto invece che il premier Draghi ha ribadito il sostegno dell’Italia all’integrità territoriale dell’Ucraina. Proprio a Kiev è atteso oggi (martedì 15 febbraio) il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, nel primo appuntamento della missione diplomatica sulla frontiera orientale che giovedì lo dovrebbe portare a Mosca a colloquio con Lavrov.
    Una nuova preoccupazione per l’Unione Europea riguarda però le zone ucraine non controllate dal governo di Kiev, ovvero le regioni di Donetsk e Luhansk: oggi la Duma di Stato russa ha presentato un appello al presiedente Putin perché le riconosca come entità indipendenti. “Si tratterebbe di una chiara violazione degli accordi di Minsk“, ha attaccato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Il sostegno di Bruxelles all’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale ucraina all’interno dei suoi confini “rimane incrollabile” e Borrell ha esortato il Cremlino a “mantenere i suoi impegni in buona fede”. Gli ha fatto eco il cancelliere tedesco Scholz, al termine del colloquio con Putin: “Il riconoscimento da parte di Mosca delle due repubbliche separatiste sarebbe una catastrofe politica“.
    Intanto dal Parlamento UE è arrivato il via libera alla decisione della Commissione UE di stanziare un piano di aiuti da 1,2 miliardi di euro per aiutare l’Ucraina a “coprire il fabbisogno di finanziamento residuo nel 2022”, si legge nel testo approvato con 598 voti a favore, 53 contrari e 43 astenuti. Secondo la relazione, le motivazioni vanno ricercate nelle “crescenti tensioni geopolitiche”, che “stanno avendo effetti negativi sulla già precaria stabilità economica e finanziaria dell’Ucraina“. Più nello specifico, “le persistenti minacce per la sicurezza hanno determinato un sostanziale deflusso di capitali” e “l’impatto negativo sugli investimenti futuri riduce ulteriormente la resilienza del Paese agli shock economici e politici”, sottolineano gli eurodeputati.

    The EU strongly condemns the Russian State Duma’s decision to submit a call to President Putin to recognise the non-government controlled areas of Donetsk and Luhansk oblasts of Ukraine as independent entities. This recognition would be a clear violation of the Minsk agreements.
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) February 15, 2022

    Si attendono segnali sul terreno di una smobilitazione di truppe e infrastrutture dalla frontiera occidentale. Ma intanto preoccupa il possibile riconoscimento di Mosca delle repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk

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    Metsola: “Dalla parte dell’Ucraina”. Parlamento UE lavora a dichiarazione politica

    dall’inviato a Strasburgo – L’Ucraina ridisegna l’ordine dei lavori del Parlamento europeo. Le crescenti tensioni lungo la frontiera, con la Russia che ammassa truppe e minaccia azioni militari, hanno indotto la presidente Roberta Metsola ad aprire la sessione plenaria con una dichiarazione, non prevista in precedenza. Una dichiarazione che serve a ribadire la solidarietà e la vicinanza dell’UE con Kiev, e l’occasione per annunciare che “i presidenti dei gruppi politici sono al lavoro per preparare una dichiarazione comune“. Per questo motivo la tradizionale conferenza dei presidenti del giovedì è stata anticipata a mercoledì (16 febbraio).
    “Le preoccupazioni per quanto sta accadendo in Ucraina caratterizzerà i nostri lavori”, riconosce Metsola. “Stiamo assistendo ad una seria minaccia per la pace” e la stabilità. Nel rinnovare l’invito a “ridurre la tensione”, la presidente dell’Eurocamera invita la comunità internazionale tutta a tenersi pronta “se le cose dovessero precipitare”. Ribadisce la vicinanza e il sostegno per “un Paese indipendente e sovrano” di cui l’Europa riconosce “integrità territoriale”. Un nuovo riferimento alla Crimea, annessa illegalmente e non riconosciuta come parte della federazione russa. “La posizione di quest’Aula è chiara: siamo al fianco dell’Ucraina”.
    Mercoledi mattina l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, è atteso in Aula per discutere degli ultimi sviluppi sul terreno, con i parlamentari europei chiamati a decidere se approvare in via prioritaria il pacchetto di aiuti da 1,2 miliardi di euro per sostenere la crisi economica che deriverebbe da un eventuale attacco da parte della Russia e accrescere la capacità di resistenza delle autorità ucraine.

    Le tensioni crescenti inducono la presidente dell’Eurocamera ad aprire i lavori con un intervento non previsto. Agenda riscritta

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    Singapore potrebbe diventare un partner dell’UE per espandere il commercio nella sfera digitale

    Bruxelles – Nella strategia UE per l’autonomia strategica nella sfera digitale, una parte consistente del lavoro della Commissione Europea riguarda la ricerca di parter affidabili con cui stringere accordi di collaborazione e di commercio. È per questo motivo che assume particolare importanza l’incontro di oggi (lunedì 14 febbraio) tra il commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton, e il ministro per le Relazioni commerciali di Singapore, S Iswaran, che ha portato a un accordo informale sull’accelerazione del progetto di partnership digitale tra l’Unione e la città-Stato del Sudest asiatico entro la fine dell’anno.
    Alla luce della recente proposta dell’esecutivo comunitario sulla strategia UE sui microchip, il commissario Breton ha portato la discussione sul piano della “potenziale cooperazione” con Singapore per quanto riguarda l’approvvigionamento nell’industria dei semiconduttori. Dopo il confronto sulle priorità dell’European Chips Act, le due parti hanno concordato di affrontare la questione all’interno di gruppi di lavoro tecnici. Cooperazione e commercio bilaterale sono stati affrontati anche su altri temi digitali, come il rafforzamento della connettività e l’interoperabilità di mercati e quadri politici. Al centro del confronto ci sono lo sviluppo di infrastrutture sicure, flussi di dati affidabili, innovazione, competenze digitali per i lavoratori, trasformazione digitale di imprese e servizi pubblici.
    Un partenariato digitale tra UE e Singapore porterebbe a un rafforzamento degli investimenti reciproci, alla costruzione di catene di approvvigionamento più solide e alla facilitazione di opportunità imprenditoriali per l’innovazione di piccole e medie imprese e start-up. Breton e Iswaran hanno sottolineato che “il partenariato digitale dovrebbe essere una struttura flessibile che va oltre il dialogo e lo scambio di informazioni”, con l’obiettivo di “fornire risultati concreti” anche sul fronte delle tecnologie emergenti come il 5G e il 6G, l’intelligenza artificiale e l’identità digitale. Con l’obiettivo di siglare un accordo politico entro il 2022, dopo l’eventuale firma si terrà ogni anno una riunione ministeriale presieduta dal commissario Breton e dal ministro Iswaran, per fare il punto sui progressi rispetto alle priorità condivise.

    Today, #Singapore’s Minister S Iswaran and I confirmed our shared ambition to build a comprehensive 🇪🇺🇸🇬#DigitalPartnership!
    Concrete benefits for people and businesses. 5G/6G, AI, data, chips & more to come.
    See our joint statement here👇https://t.co/2uFX7kvdRR pic.twitter.com/9j62yJ9YJ1
    — Thierry Breton (@ThierryBreton) February 14, 2022

    Il commissario per il Mercato interno, Thierry Breton, ha concordato con il ministro del Commercio della città-Stato, S Iswaran, di rafforzare la connettività e l’interoperabilità dei mercati digitali anche sul fronte dei microchip

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    UE e Colombia rafforzano la cooperazione sul clima

    Bruxelles – L’Unione Europea rafforza la cooperazione sul clima, l’ambiente e lo sviluppo sostenibile con la Colombia, considerando il Paese sudamericano “un partner indispensabile nella lotta al cambiamento climatico e nella nostra transizione verso un’azione per l’ambiente”. A sottolinearlo questa mattina (14 febbraio) la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, accogliendo a Bruxelles una delegazione colombiana guidata dal presidente Iván Duque Márquez, che questa settimana prenderà parte anche alla plenaria di Strasburgo del Parlamento europeo.
    E’ in questo contesto che il commissario europeo per l’Ambiente, gli oceani e la pesca Virginijus Sinkevičius ha firmato oggi con l’omologo colombiano Carlos Eduardo Correa, una dichiarazione congiunta UE-Colombia sull’ambiente, l’azione per il clima e lo sviluppo sostenibile, che individua una serie di priorità comuni per l’azione per il clima, dalla conservazione della biodiversità e degli ecosistemi, alla riduzione del rischio di catastrofi, la lotta alla deforestazione, l’economia circolare, l’economia blu sostenibile e l’inquinamento da plastica. “Lavoreremo di pari passo sulla nostra agenda verde e la dichiarazione odierna rappresenta un altro passo importante in tale direzione”, ha dichiarato von der Leyen in un punto stampa.
    “Gli obiettivi globali possono essere raggiunti solo se i paesi di tutto il mondo lavorano insieme”, ha aggiunto Sinkevičius, sottolineando che la dichiarazione consente di fare “un ulteriore passo avanti nella trasformazione verde di cui abbiamo bisogno”. Un impegno che per l’UE è importante alla luce della seconda parte della COP15 di Kunming, in Cina, che si terrà dal 25 aprile all’8 maggio e su cui Bruxelles punta a finalizzare un ambizioso accordo globale sulla biodiversità, sulla scia di quello sul clima di Parigi del 2015.

    Firmata a Bruxelles la dichiarazione congiunta UE-Colombia sull’ambiente, l’azione per il clima e lo sviluppo sostenibile, in vista di un accordo ambizioso sulla biodiversità alla COP15 di Kunming che si terrà tra aprile e maggio

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    La Commissione UE annuncia un pacchetto di investimenti digitali per la Nigeria da 820 milioni di euro

    Bruxelles – È iniziata l’Africa-Europe Week, la settimana che rafforzerà i rapporti di cittadini, imprenditori e politici africani ed europei in vista del vertice UE-Unione Africana di giovedì e venerdì (17-18 febbraio), e sul fronte digitale gli effetti si fanno già sentire. UE e Nigeria hanno siglato un accordo per un nuovo pacchetto di investimenti da almeno 820 milioni di euro nell’economia digitale fino al 2024.
    A comunicarlo sono stati la vicepresidente della Commissione UE per il Digitale, Margrethe Vestager, e il vicepresidente della Repubblica federale della Nigeria, Yemi Osinbajo, in una nota rilasciata questa mattina (lunedì 14 febbraio), dopo l’incontro di ieri nella capitale nigeriana Abuja. “I due vicepresidenti hanno concordato di lavorare insieme su un rinnovato partenariato UE-Nigeria”, nel quadro del pacchetto di investimenti per l’Africa da 150 miliardi di euro annunciato giovedì scorso (10 febbraio) dalla presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen.
    Il pacchetto UE per l’economia digitale della Nigeria – 160 milioni di euro in sovvenzioni e 660 milioni in prestiti – punterà al miglioramento della connettività nel Paese, alla digitalizzazione dei servizi pubblici e al sostegno per l’imprenditorialità, attraverso il delineamento di competenze digitali per i cittadini e lo sviluppo di un quadro di governance democratico e umano-centrico.
    Nello specifico, sarà sostenuta la costruzione di cavi in fibra ottica e centri dati per migliorare l’accesso alla connettività ad alta velocità, con un sostegno di 100 milioni di euro da parte della Banca europea per gli investimenti (BEI) per espandere la rete 4G negli Stati di Lagos e Ogun e per triplicare la capacità di dati nazionale. Sul fronte della digitalizzazione dell’amministrazione pubblica nigeriana, sempre la BEI investirà 250 milioni per rafforzare l’infrastruttura di identità digitale del Paese con alti standard di protezione dei dati, mentre con una sovvenzione da 9,5 milioni di euro al programma di innovazione della Nigeria, l’UE promuoverà l’innovazione e le nuove soluzioni digitali con la priorità della privacy, della sicurezza informatica e dell’Internet aperto.
    È stata prevista anche l’istituzione di un apposito strumento di assistenza tecnica da 2 milioni per condividere le competenze digitali, sostenendo la creazione e lo sviluppo di start-up tecnologiche che spingano lo sviluppo della società e dell’economia della Nigeria. In questo contesto si inserisce anche la sovvenzione da 44 milioni al Nigeria Jubilee Fellowship Programme, per la formazione lavorativa di giovani cittadini nell’ambito delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC).
    Riconoscendo anche l’importanza delle relazioni energetiche reciproche, Vestager e Osinbajo hanno concordato la possibilità di “esplorare tutte le opzioni per aumentare la fornitura di gas naturale liquefatto dalla Nigeria all’UE“, con un incontro tecnico a riguardo che sarà convocato “a breve”.

    Accordo tra Bruxelles e Abuja per un partenariato rinnovato nell’ambito del pacchetto di investimenti per l’Africa da 150 miliardi di euro: al centro connettività e centri dati, sostegno alle start-up e digitalizzazione dell’amministrazione pubblica del Paese