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    L’incaricata d’affari della delegazione Ue in Bielorussia è stata detenuta illegalmente dalla polizia di Lukashenko

    Bruxelles – Una “grave violazione” della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche che garantisce l’inviolabilità personale dei diplomatici. La denuncia arriva direttamente dal portavoce del Servizio europeo per l’Azione estera (Seae), Peter Stano, nel punto quotidiano di oggi (giovedì 8 settembre) con la stampa europea. “Martedì [6 settembre, ndr] è avvenuto un atto inaccettabile e deplorevole di violazione dello status diplomatico”, in cui “la nostra incaricata d’affari ad interim della delegazione Ue in Bielorussia è stata trattenuta dalla polizia per più di due ore“.
    A subire la “detenzione illegale” è stata l’alta diplomatica Evelina Schulz, incaricata d’affari dell’Ue in Bielorussia. L’incaricato d’affari è l’agente diplomatico di minor rango rispetto all’ambasciatore, secondo la gerarchia stabilita proprio dalla Convenzione di Vienna, ed è definito ‘ad interim’ quando sostituisce temporaneamente il capo-missione. “È la seconda volta che accade un incidente del genere contro il corpo diplomatico dell’Ue e abbiamo già convocato l’ambasciatore della Bielorussia a Bruxelles“, ha fatto sapere il portavoce dell’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell.
    La detenzione della diplomatica Ue è iniziata all’uscita di un tribunale a Minsk, dove si era recata per assistere alla lettura pubblica di un processo a porte chiuse contro dieci attivisti politici “condannati a pene severe con prove insufficienti”, ha precisato il portavoce Stano. Dopo il fermo, Schulz è stata trattenuta in una stazione di polizia per circa due ore, prima di essere liberata. L’incaricata d’affari è attualmente a capo della delegazione Ue a Minsk, dopo che nel giugno 2021 il capo delegazione del Seae in Bielorussia, Dirk Schuebel, è stato allontanato dal Paese su richiesta delle autorità che fanno capo all’autoproclamato presidente, Alexander Lukashenko.

    L’alta diplomatica Ue Evelina Schulz è stata trattenuta per due ore dalle forze di polizia dopo aver assistito in tribunale a un processo a porte chiuse contro dieci attivisti politici: “Grave violazione della Convenzione di Vienna sull’inviolabilità personale dei diplomatici”

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    Dalla Turchia all’Ucraina, passando dai Balcani Occidentali. Gli inviti Ue per il summit della Comunità politica europea

    Bruxelles – I preparativi per la nascita della Comunità politica europea non si sono fermati per tutta l’estate e ora è tempo di raccoglierne i frutti. Basterà attendere solo un altro mese per capire come si configurerà e a quali ambizioni potrà ambire il progetto politico – a suo modo storico – la cui paternità è condivisa tra il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e quello della Francia, Emmanuel Macron. In concomitanza con il primo giorno del prossimo vertice informale dei leader Ue in Repubblica Ceca, si terrà il 6 ottobre a Praga la prima riunione della Comunità politica europea, la piattaforma di coordinamento tra i Paesi di tutto il continente sulle questioni di importanza strategica comune.
    A meno di un mese dalla convocazione della riunione nella sede della presidenza di turno ceca del Consiglio dell’Ue, è ora tempo degli inviti. Come fanno sapere funzionari europei, da Bruxelles e da Praga “dovrebbero essere spedite” le partecipazioni a tutti i 27 Paesi membri dell’Unione, i sei dei Balcani Occidentali, Norvegia, Svizzera, Islanda, Lichstenstein, Regno Unito, Ucraina, Moldova, Georgia, Turchia, Armenia e Azerbaigian (eventuali sorprese o rifiuti dell’ultimo minuto saranno comunicati “presto”). Nel corso di un incontro informale con il Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio (Coreper II) il capo di gabinetto del presidente Michel ha riferito ai Ventisette che tra le questioni principali sul tavolo “ci saranno la guerra della Russia contro l’Ucraina, la crisi energetica e la situazione economica“, rendono noto le stesse fonti.
    La coreografia dell’incontro di Praga prevederà una sessione plenaria di apertura, tavole rotonde “su stabilità della sicurezza, energia, mobilità, economia”, incontri bilaterali e una cena plenaria di chiusura. Il tutto riservato esclusivamente ai leader dei Paesi invitati. È interessante notare che da Bruxelles arrivano precisazioni sul fatto che la Comunità politica europea (che ha già un acronimo, Cpe) “non si sostituisce all’allargamento” dell’Unione o alle sue politiche, in risposta ad alcune perplessità emerse nel momento della presentazione ufficiosa del format ai Paesi balcanici, che attendono da anni – se non da decenni – di diventare membri Ue: “Il Cpe sarà un processo inclusivo e garantirà la partecipazione dei leader dell’Unione e dei Paesi terzi”.
    Gli ultimi sviluppi a proposito della Comunità politica europea si fondano sulle conclusioni del vertice dei leader Ue di fine giugno, quando i Ventisette avevano messo nero su bianco la volontà di percorrere una strada che ridisegni la politica di integrazione sul continente, superando l’attuale visione binaria dentro/fuori l’Unione. La proposta era stata avanzata con tutta una serie di dettagli dal leader francese Macron (allora presidente di turno del Consiglio dell’Ue), all’evento conclusivo della Conferenza sul Futuro dell’Europa del 9 maggio. A dimostrazione che il progetto stava prendendo piede a Bruxelles, pochi giorni più tardi il numero uno del Consiglio Michel aveva parlato del bisogno di una nuova cooperazione sul continente attraverso una “comunità geopolitica europea“. In quell’occasione era stata presentata anche la possibilità di riformare il processo di adesione all’Ue – un tema a cui guardano con attenzione i Balcani Occidentali – per renderlo “più rapido, graduale e reversibile”. Ma su questo fronte ancora tutto tace.

    Si terrà il 6 ottobre a Praga la prima riunione del format voluto dal presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, e francese, Emmanuel Macron, per chiudere i ranghi dei leader del continente su questioni strategiche comuni: “Ma non sostituisce la politica di allargamento dell’Unione”

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    L’Ue pronta a dare il via libera alla seconda tranche di sostegno macro-finanziario all’Ucraina da 5 miliardi di euro

    Bruxelles – Sbloccare due terzi dei fondi previsti dal pacchetto di prestiti di assistenza macro-finanziaria Ue all’Ucraina da 9 miliardi di euro annunciato dalla Commissione e approvato dal Consiglio a maggio. È sotto questa spinta che l’esecutivo comunitario ha presentato oggi (mercoledì 7 settembre) la proposta per dare il via libera alla seconda tranche da 5 miliardi di euro, dopo la prima da un miliardo già erogata a inizio agosto (mentre i restanti 3 arriveranno “al più presto”, precisano da Berlaymont).
    “Il sostegno dell’Ue all’Ucraina è incrollabile”, ha assicurato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ricordando che il pacchetto di assistenza macro-finanziaria si pone l’obiettivo di “aiutare l’Ucraina a far fronte alle immediate necessità finanziarie causate dalla brutale invasione russa”. Nel momento dell’intesa con gli Stati membri al vertice dei leader Ue di fine maggio era stata proprio la numero uno dell’esecutivo comunitario a ricordare che “Kiev ha bisogno di 5 miliardi di euro al mese solo per garantire i servizi di base, come salari e pensioni” e Bruxelles deve tenere in considerazione questi bisogni quando promette supporto “incondizionato” al partner sotto attacco. Il pacchetto da 1,2 miliardi approvato a febbraio non è più sufficiente ed è per questo che le istituzioni europee hanno ritenuto necessario ampliarlo con un secondo filone da 9 miliardi totali – di cui 6 saranno presto sul piatto, non appena Parlamento Europeo e Consiglio dell’Ue approveranno la proposta arrivata oggi – sotto forma di “prestiti a lungo termine a condizioni favorevoli, da erogare in un numero ridotto di rate”, spiega la Commissione.
    Con il (quasi) via libera alla seconda tranche di fondi Ue di assistenza macro-finanziaria, sale a 10 miliardi di euro il supporto che Bruxelles ha fornito all’Ucraina in aiuti finanziari, umanitari e militari. Oltre ai 5+1 miliardi del secondo pacchetto e all’1,2 del primo, vanno considerati anche i 335 milioni dell’assistenza umanitaria per aiutare i civili ucraini colpiti dalla guerra e i 2,5 miliardi come finanziamenti militari attraverso l’European Peace Facility, lo strumento fuori bilancio per la prevenzione dei conflitti, la costruzione della pace e il rafforzamento della sicurezza internazionale, attraverso il finanziamento di azioni operative nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (Pesc) che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa.

    The situation in Ukraine requires our full support.
    Today the @EU_Commission proposes an additional €5 billion in macro-financial assistance for the country.
    This is on top of the €10 billion the EU already provided in financial, humanitarian and military aid. pic.twitter.com/B60lueYl0Q
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) September 7, 2022

    La Commissione ha presentato la proposta per sbloccare due terzi dei 9 miliardi promessi a Kiev (uno è già stato approvato). A questi fondi si aggiungono altri 4 miliardi tra i finanziamenti militari dell’European Peace Facility, il supporto umanitario e il piano approvato a febbraio

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    L’Ue vicina allo stop ai visti agevolati per il russi. E non riconoscerà i passaporti rilasciati nei territori occupati

    Bruxelles – È scattata la nuova offensiva diplomatica dell’Unione Europea contro la Russia e, dopo l’intesa informale tra i Ventisette, in meno di una settimana è stata formalizzata la proposta della Commissione Ue. L’accordo di facilitazione dei visti Ue-Russia dovrà essere sospeso per tutti i cittadini russi che richiedono un visto per soggiorni di breve durata nell’area Schengen, tornando alle procedure pre-2007 “più lente, più difficili e più costose”, come ha sintetizzato la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, in conferenza stampa.
    La misura risponde alle pressanti richieste di Paesi di confine come Estonia e Finlandia, per impedire alla propaganda del Cremlino di penetrare nell’Unione attraverso i turisti russi e per far pagare le conseguenze della guerra di aggressione in Ucraina non solo alla cerchia stretta di Putin, ma a tutto il Paese. Rispetto all’intransigenza iniziale, la proposta è stata ammorbidita dalle perplessità di Josep Borrell, alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza: “Ci sono tanti cittadini russi che vogliono fuggire dal regime di Putin e per loro le nostre porte non possono essere chiuse“, aveva fatto notare prima di portare il tema sul tavolo del vertice informale dei ministri degli Esteri dello scorso 31 agosto. Proprio a Praga è stata trovata rapidamente un’intesa di compromesso, per cui è stato deciso di ostacolare il processo di concessione dei visti russi, garantendo allo stesso tempo “priorità per chi viaggia per motivi umanitari“.
    La commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson (6 settembre 2022)
    Nella pratica, i cittadini russi dovranno pagare 80 euro come tassa per il rilascio dei visti (non più 35), saranno sottoposti a tempistiche più lunghe per l’elaborazione della domanda da parte dei consolati (da 10 a 15 giorni, fino a un’estensione massima di 45), ma soprattutto a regole più restrittive per ingressi multipli nell’area Schengen e all’obbligo di presentare l’elenco completo di tutti i documenti giustificativi per soggiorni fino a un massimo di 90 giorni. “Viaggiare in Europa non è un diritto fondamentale”, ha messo in chiaro la commissaria Johansson, riferendosi ai circa 1,3 milioni di ingressi di cittadini russi alle frontiere esterne dell’Unione tra gennaio e luglio di quest’anno. La Commissione si aspetta che il Consiglio adotti la proposta “già questa settimana”, facendo scattare il nuovo regime sui visti con la Russia “da lunedì”. Gli Stati membri potranno anche “riesaminare” il milione di visti Schengen al momento emessi a cittadini russi.
    Come spiegato dalla stessa commissaria per gli Affari interni, non appena arriverà il via libera del Consiglio, saranno adottate anche le linee-guida per l’approccio coordinato. Le precisazioni contenute nelle linee-guida saranno fondamentali per mettere nero su bianco le eccezioni che dovranno rispettare gli Stati membri, per non chiudere completamente il canale di dialogo tra l’Unione e i cittadini russi che in futuro potrebbero voler fuggire dal Paese. “Dobbiamo essere sicuri di rimanere aperti e proteggere giornalisti, dissidenti, attivisti per i diritti umani, studenti e chi viaggia per motivi familiari“, ha avvertito Johansson: “Gli Stati membri devono poter rifiutare alcune categorie che potrebbero essere potenziali minacce per la sicurezza, con più discrezione nella gestione delle procedure, ma non possiamo permetterci di penalizzare tutti”.
    A questo si aggiunge poi una seconda proposta, a suo modo storica. La Commissione ha presentato un approccio comune a livello Ue sul non-riconoscimento dei passaporti russi rilasciati nei territori occupati in Ucraina. La misura punta a contrastare la politica del Cremlino di emettere passaporti russi ordinari nelle aree sottratte a Kiev, non solo in Crimea ma anche nelle regioni di Kherson e Zaporizhzhia. “È la prima volta che presentiamo una proposta legislativa per il non-riconoscimento dei passaporti di un Paese terzo vincolante per tutti gli Stati membri Ue, sono fiduciosa che sarà adottata rapidamente” dai co-legislatori del Parlamento e del Consiglio dell’Ue. In questo modo saranno sostituite le azioni volontarie adottate dai singoli governi europei dopo l’annessione della Crimea alla Russia nel 2014 con un’azione più coerente a livello comunitario, senza danneggiare gli ucraini che vivono nei territori occupati (che potranno invece continuare a beneficiare della protezione temporanea per motivi umanitari).

    La proposta della Commissione prevede la sospensione dell’accordo di facilitazione dei visti Ue-Russia per i soggiorni di breve durata nell’area Schengen. Ma saranno tutelati giornalisti, dissidenti, attivisti per i diritti umani, studenti e chi viaggia per motivi familiari

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    Gas, il Cremlino: le forniture riprenderanno “solo con lo stop alle sanzioni” occidentali

    Bruxelles – L’Unione europea tira dritto sul tetto al prezzo del gas russo, mentre la Russia torna a incolpare Bruxelles e le sanzioni occidentali per l’interruzione dei flussi di gas dal Nord Stream e per aver innescato la peggiore crisi europea dell’approvvigionamento di gas. I problemi con le forniture di gas tramite il gasdotto che collega i giacimenti siberiani direttamente alla Germania “persisteranno fino alla revoca delle sanzioni”, perché impediscono la “manutenzione delle unità dei gasdotti”, ha dichiarato in serata il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, spiegando che il funzionamento del gasdotto “si basa su un’unità che necessita di una seria manutenzione” e le sanzioni ne impediscono la riuscita.
    Il gigante russo del gas Gazprom venerdì ha annunciato che il gasdotto Nord Stream 1, la principale rotta di approvvigionamento in Europa, rimarrà chiuso a data da destinarsi dopo aver riscontrato una perdita di olio in una turbina di una stazione di compressione, facendo salire alle stelle i prezzi del gas. Il messaggio del Cremlino è chiaro: finché ci saranno sanzioni, i flussi del gas non ripartiranno e i prezzi (presumibilmente) continueranno a salire. “Problemi con la fornitura di gas sono sorti a causa delle sanzioni imposte al nostro Paese dagli stati occidentali, tra cui Germania e Gran Bretagna”, ha riferito ai giornalisti Peskov, come riporta Reuters. “Vediamo tentativi incessanti di trasferire responsabilità e incolpare su di noi. Lo rifiutiamo categoricamente e insistiamo sul fatto che l’Occidente collettivo – in questo caso, l’UE, il Canada, il Regno Unito – è responsabile del fatto che la situazione è arrivata al punto in cui è adesso”, ovvero con i prezzi alle stelle e difficoltà con l’approvvigionamento. Alla domanda se il Nord Stream tornerà a pompare gas con un allentamento delle sanzioni, Peskov ha risposto in maniera affermativa.
    Questo significa che le sanzioni occidentali contro Mosca “funzionano”? Fatto è che il Cremlino strumentalizza le sanzioni per incolpare l’Occidente della crisi energetica in corso. Le dichiarazioni del Cremlino arrivano in una Italia in piena campagna elettorale in cui il dibattito politico si è concentrato nel fine settimana sul reale funzionamento delle sanzioni e soprattutto se sia necessario portarle avanti anche di fronte a evidenti ricadute sui consumatori europei e sulle loro bollette. La diatriba è tutta interna alla coalizione di centrodestra, con il leader della Lega Matteo Salvini che insiste sul fatto che le sanzioni avrebbero provocato più danni alle economie europee rispetto a quella russa, e per questo dovrebbero essere ripensate. La posizione di Fratelli d’Italia è più moderata e allineata a quella dei principali partner dell’Ue sull’importanza delle sanzioni contro Mosca per l’invasione dell’Ucraina.
    Gli effetti delle sanzioni occidentali sull’economia del Cremlino si vedranno sul lungo termine ed è proprio di oggi lo scoop di Bloomberg che ha preso visione di un rapporto interno preparato per il governo russo, secondo cui la Russia potrebbe andare incontro alla “recessione più lunga e più profonda man mano che l’impatto delle sanzioni statunitensi ed europee si diffonde”. Il documento, precisa Bloomberg, è frutto di mesi di lavoro da parte di funzionari ed esperti che cercano di valutare il vero impatto dell’isolamento economico della Russia dovuto all’invasione dell’Ucraina voluta da Putin.
    Poco prima delle dichiarazioni del Cremlino, la Commissione ha confermato che una proposta per porre un tetto sul gas russo ci sarà. “Putin usa l’energia come arma, tagliando le forniture e manipolando i nostri mercati energetici. Ma Fallirà e l’Europa prevarrà”, ha avvertito la presidente Ursula von der Leyen, assicurando che la Commissione europea sta preparando proposte per aiutare le famiglie e le imprese vulnerabili a far fronte ai prezzi elevati dell’energia”.

    The @EU_Commission proposal will aim to:
    • Reduce electricity demand (peaks)• Price cap on 🇷🇺 pipeline gas• Help vulnerable consumers & businesses with revenue from the energy sector• Enable support to electricity producers facing liquidity challenges linked to volatility
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) September 5, 2022

    La leader dell’esecutivo si spinge oltre e conferma che le proposte a cui sta lavorando Bruxelles mireranno “a ridurre la domanda di elettricità (picchi)” ma anche “a imporre un tetto al prezzo del gas russo importato da gasdotto, aiutare i consumatori e le imprese vulnerabili con le entrate del settore energetico e consentire il sostegno ai produttori di energia elettrica che devono affrontare problemi di liquidità legati alla volatilità” dei prezzi. Il price-cap sul gas importato dalla Russia e proveniente da gasdotto è una misura richiesta a livello europeo a più riprese dal governo di Mario Draghi, principalmente per ottenere un doppio effetto: affrontare il rincaro sulle bollette elettriche e far valere il potere dell’Unione Europea come principale acquirente dei combustibili fossili importati da Mosca; ma anche imporre una sorta di sanzione indiretta nei confronti della Russia, vista l’impossibilità di stabilire un embargo sul gas russo (che ormai non è neanche tra le ipotesi).
    Dopo mesi di cautela (e, a parere di molti, di ritardo) da parte dell’Esecutivo europeo, un’apertura in questo senso è arrivata alla fine della scorsa settimana dalla stessa von der Leyen, a margine di un evento in Germania. La Commissione europea sta finalizzando il lavoro su un cosiddetto ‘non paper’, un documento interno fatto circolare con le proposte mirate contro il caro-bollette e per una riforma del mercato energetico per presentarlo quanto prima ai governi. L’occasione sarà il Consiglio straordinario per l’energia convocato con urgenza dalla presidenza dell’Ue della Repubblica ceca il prossimo venerdì 9 settembre. Ma a detta del portavoce capo dell’esecutivo europeo, Eric Mamer, il documento sarà “nelle mani” delle Capitali prima di venerdì, in modo da dare un contributo concreto al dibattito in seno alla riunione dei ministri dell’energia.
    Mamer ha annunciato proprio oggi che la presidente von der Leyen parteciperà mercoledì alla riunione degli ambasciatori dell’Ue (nel Coreper, il comitato dei rappresentanti permanenti presso l’Ue), è quindi probabile che le proposte verranno presentate in prima battuta in questa occasione. Nei giorni scorsi è circolata a Bruxelles una prima bozza di proposta che la Commissione avrebbe dovuto presentare, ma senza riferimenti al tetto al prezzo del gas russo. Bruxelles aveva pensato a un’altra misura, ovvero fissare un massimale sul prezzo dell’energia elettrica prodotta da fonti diverse dal gas (ad esempio le rinnovabili) per fornire ai governi risorse con cui ammortizzare i costi delle bollette. La scelta di spingersi oltre e aprire ufficialmente al tetto sul gas probabilmente è da ricondurre in parte all’ennesima dimostrazione di inaffidabilità del colosso russo Gazprom e della Russia come partner energetico per l’Ue, dopo l’annuncio che avrebbe tenuto il gasdotto Nord Stream chiuso “per manutenzione” ben oltre i tre giorni programmati la scorsa settimana (dal 31 agosto al 2 settembre). In parte, è da ricondurre anche alla pressione politica che le Capitali stanno esercitando sulla Commissione europea, accusata nuovamente di risposta lenta e inadeguata alla crisi dei prezzi dell’Energia. Von der Leyen sperava di poter fare gli annunci su come rivedere il mercato energetico dell’Ue al prossimo discorso sullo Stato dell’Unione, che la leader dell’Esecutivo comunitario pronuncerà il prossimo 14 settembre di fronte all’Aula del Parlamento di Strasburgo. Sarà probabilmente costretta ad anticipare i tempi.

    La Russia torna a incolpare l’Occidente per il malfunzionamento del gasdotto Nord Stream e avverte che non ripartiranno i flussi finché ci saranno le sanzioni (che iniziano a far male al Paese)

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    Dal digitale alle dogane, siglati a Bruxelles quattro accordi per rafforzare la cooperazione con l’Ucraina

    Bruxelles –  Da un nuovo sostegno al bilancio ucraino da 500 milioni di euro all’associazione di Kiev al programma Europa digitale, passando per la partecipazione dell’Ucraina ai programmi doganali e fiscali dell’UE. L’ottavo Consiglio di associazione UE-Ucraina che si è svolto oggi (5 settembre) a Bruxelles per discutere l’agenda bilaterale UE-Ucraina è stato sancito dalla sigla tra la Commissione europea e l’Ucraina di quattro nuovi accordi settoriali per rafforzarne ulteriormente la cooperazione, nel contesto della guerra di Russia.
    Bruxelles ha approvato un nuovo programma di sostegno al bilancio ucraino da 500 milioni di euro, come parte degli impegni annunciati dalla Presidente von der Leyen nella campagna “Stand up for Ukraine” che si è tenuta in aprile, che saranno mirati a garantire alloggi e istruzione agli sfollati interni e ai rimpatriati ma anche a sostenere il settore agricolo dell’Ucraina “granaio del mondo”. Via libera, inoltre, a un accordo per associare l’Ucraina al programma Europa digitale, per cui le imprese, le organizzazioni e le amministrazioni pubbliche ucraine potranno accedere ai bandi del programma europeo che per il periodo 2021-2027 prevede un budget complessivo di 7,5 miliardi di euro. In una nota Bruxelles chiarisce che Kiev potrà richiedere finanziamenti e sostegno per progetti in aree come supercalcolo, intelligenza artificiale, competenze digitali avanzate e garantire un ampio uso delle tecnologie digitali nell’economia e nella società, anche attraverso i centri di innovazione digitale dell’Ue.
    “L’Ucraina ha mostrato una notevole resilienza e abilità tecnologica nell’affrontare l’invasione russa, anche nello spazio digitale. Con questo accordo, l’UE e l’Ucraina beneficeranno del reciproco know-how ed amplieranno le nostre capacità digitali”, ha chiarito la vicepresidente esecutiva per un’Europa digitale, Margrethe Vestager. Con gli accordi di oggi la Commissione spiana infine la strada alla partecipazione dell’Ucraina ai programmi doganali (“Dogana”) e fiscali (“Fiscalis”) dell’UE, con cui Kiev potrà partecipare alle attività di entrambi i programmi con gli Stati membri dell’UE e altri paesi partecipanti. Per Bruxelles “un importante impulso alla cooperazione tra l’UE e l’Ucraina in materia doganale e fiscale”.
    “L’Unione europea continuerà a sostenere Kiev: politicamente, finanziariamente e militarmente. Tutto il tempo necessario e quanto necessario”, ha detto l’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, nell’accogliere a Bruxelles il primo ministro ucraino Denys Shmyhal. “Il primo obiettivo è aiutare l’Ucraina a porre fine alla guerra. L’obiettivo a lungo termine è aiutare l’Ucraina a conquistare la pace”. Questa mattina il premier di Kiev è stato accolto dalla presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola, con cui si è discusso anche della ricostruzione del Paese e della situazione economica.
    https://twitter.com/EP_President/status/1566719839581995008?s=20&t=_CCUN_6xvRblx51q7LZ21g

    A margine dell’ottavo Consiglio di associazione UE-Ucraina che si è svolto oggi a Bruxelles per discutere l’agenda bilaterale UE-Ucraina

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    Liz Truss è la nuova leader dei conservatori britannici e (da domani) prima ministra. Ma per l’Ue non è una buona notizia

    Bruxelles – Segretaria di Stato per gli Affari esteri, capa negoziatrice delle relazioni post-Brexit con l’Unione Europea, leader dei conservatori britannici e da domani (martedì 6 settembre) prima ministra del Regno Unito. L’ascesa di Liz Truss nell’ultimo anno sembra essere inarrestabile, suggellata dalla vittoria contro lo sfidante Rishi Sunak, l’ex-cancelliere dello Scacchiere (l’equivalente del ministro dell’Economia), per la leadership dei Tories e del Paese. L’annuncio è arrivato oggi alle ore 12.30 locali da parte del Comitato 1922 – il gruppo parlamentare del Partito Conservatore alla Camera dei Comuni – dopo le dimissioni del leader Boris Johnson a inizio luglio. Truss ha ottenuto 81.326 voti espressi dai militanti conservatori nel corso delle ultime settimane, contro i 60.399 di Sunak.
    La nuova leader dei conservatori britannici e dal 6 settembre 2022 prima ministra del Regno Unito, Liz Truss
    La proclamazione di Truss a numero uno dei Tories fa scattare automaticamente la sua ‘promozione’ a prima ministra del Paese, considerato il fatto che in conservatori possono contare sulla maggioranza a Westminster, e domani è attesa al Castello di Balmoral in Scozia per essere formalmente confermata dalla regina Elisabetta II (non a Buckingham Palace, a causa di problemi di mobilità della sovrana). Sulla carta il programma del governo guidato da Liz Truss spingerà sui tagli delle tasse, in particolare per le classi più abbienti, sul congelamento temporaneo delle bollette energetiche per rispondere al caro-prezzi, sul prosieguo della linea dura di Johnson contro la Russia di Putin, ma anche sul piano della sfida a Bruxelles a proposito del Protocollo sull’Irlanda del Nord. Ecco perché la nomina di Truss a Downing Street 10 per molti aspetti non è una buona notizia per l’Ue, nonostante da Bruxelles il portavoce della Commissione, Eric Mamer, auspichi “un nuovo inizio” nei rapporti tra le due sponde della Manica e nella “piena implementazione di tutti gli accordi siglati“.
    Proprio Truss, in qualità di capa negoziatrice delle relazioni post-Brexit nel gabinetto Johnson, è stata la principale artefice della crisi tra Ue e Regno Unito che dura ormai da metà giugno, quando l’esecutivo comunitario ha scongelato una procedura d’infrazione contro il Regno Unito e ne ha attivate altre due per la decisione di Londra di tentare la strada della modifica unilaterale del protocollo sull’Irlanda del Nord. La proposta di legge è stata presentata proprio dall’allora segretaria di Stato per gli Affari esteri, animata dalla volontà di stralciare quanto concordato nel momento della firma dell’accordo di recesso tra Ue e Regno Unito. Ora a Bruxelles si teme che la nuova premier segua la linea dura dei conservatori intransigenti che hanno sostenuto la sua leadership: un colpo di spugna a tutti i controlli sulle merci trasportate tra la Gran Bretagna e l’Irlanda del Nord, mettendo di fatto fine all’integrità del Mercato Unico dell’Ue sull’isola d’Irlanda.
    Il vicepresidente della Commissione UE per le Relazioni interistituzionali e le prospettive strategiche, Maroš Šefčovič, e la futura premier britannica, Liz Truss
    A indicare la possibilità che venga seguita questa strada, il Financial Times ha riportato che Liz Truss, come prima mossa di politica estera, sarebbe pronta ad attivare l’articolo 16 del Protocollo, che sospenderebbe temporaneamente buona parte dei controlli mentre le due parti negoziano la sua applicazione. Già a metà estate Londra aveva annunciato che esistevano tutte le condizioni previste dall’articolo a cui può ricorrere una parte che ritenga che il Protocollo abbia determinato “gravi difficoltà economiche, sociali o ambientali“. Una volta attivato, iniziano “consultazioni immediate” nel comitato congiunto che regola l’accordo, ma possono anche essere adottate unilateralmente “misure di riequilibrio proporzionate”, se non è possibile raggiungere un’intesa. Ad appesantire la situazione è arrivata la notifica dell’l’HM Revenue & Customs (il dipartimento governativo non ministeriale del Regno Unito responsabile per la riscossione delle imposte) di una tariffa del 25 per cento ai produttori di acciaio britannici che vogliono vendere prodotti da costruzione in Irlanda del Nord, proprio per le “conseguenze negative” del Protocollo.
    Al centro della contesa tra Bruxelles e Londra c’è in particolare la questione del periodo di grazia per il commercio nel Mare d’Irlanda, ovvero la durata della concessione temporanea ai controlli Ue sui certificati sanitari – e non – per il commercio dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord. Il tentativo di prorogare unilateralmente il periodo di grazia da parte del governo guidato da Boris Johnson aveva scatenato lo scontro diplomatico tra le due sponde della Manica, apparentemente risolto tra luglio e ottobre dello scorso anno: l’esecutivo comunitario aveva prima sospeso la procedura d’infrazione contro Londra, per cercare poi delle soluzioni di compromesso su tutti i settori più delicati, ma senza mai mettere in discussione l’integrità della parte dell’accordo di recesso tra Ue e Regno Unito siglato per garantire l’unità sull’isola d’Irlanda. La mossa unilaterale di Downing Street 10 di giugno ha però causato una dura risposta da parte della Commissione, con la riattivazione della procedura d’infrazione del marzo 2021: Londra ha tempo per rispondere entro il 15 settembre (grazie a un mese di proroga concesso da Bruxelles) ma, se non lo farà, l’esecutivo comunitario potrà valutare di deferire il Regno Unito alla Corte di Giustizia dell’Ue, così come previsto dall’accordo di recesso. La strategia di Truss a questo punto potrebbe essere attivare l’articolo 16 del Protocollo nei prossimi 10 giorni, aprendo un capitolo tutto nuovo – e sicuramente non più sereno – nei rapporti tra Londra e l’Unione.
    A cercare di rasserenare l’ambiente, iniziano ad arrivare da Bruxelles messaggi di congratulazioni alla nuova leader dei conservatori per il prossimo incarico a premier del Paese: “L’Ue e il Regno Unito sono amici e alleati naturali, con gli stessi interessi fondamentali, le democrazie devono rimanere unite contro l’autocrazia e l’aggressione”, ha commentato su Twitter la presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, mettendo in risalto i punti di accordo tra le due sponde della Manica e ricordando che l’Eurocamera “sarà sempre un partner del popolo britannico”. La numero uno della Commissione, Ursula von der Leyen, ha esortato a “instaurare un rapporto costruttivo, nel pieno rispetto dei nostri accordi“, dal momento in cui le due parti affrontano “insieme molte sfide, dal cambiamento climatico all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia”. Anche il premier ceco e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Petr Fiala, ha sottolineato che “la Gran Bretagna continuerà a essere un prezioso alleato della Repubblica Ceca e dell’Unione Europea”, mentre il numero uno del Consiglio, Charles Michel, si è richiamato ai Beatles per ricordare che “all we need is… friends“.

    Congratulations to @trussliz, the next Prime Minister of the UK.
    The EU & UK are natural friends & allies, with same core interests at heart.
    Democracies must remain united, in standing against autocracy and aggression.@Europarl_EN will always be a partner to the 🇬🇧 people.
    — Roberta Metsola (@EP_President) September 5, 2022

    La segretaria di Stato per gli Esteri nel gabinetto Johnson è la prima responsabile della lacerazione dei rapporti con Bruxelles per la decisione di modificare unilateralmente il Protocollo sull’Irlanda del Nord. E avrà tempo fino al 15 settembre per rispondere alle azioni legali dell’Ue

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    Gazprom taglia il gas all’Europa via Nord Stream fino a data da destinarsi. L’Ue: “Pretesti fallaci, prova di inaffidabilità”

    Bruxelles – Alla fine i timori si sono rivelati fondati. Nel tardo pomeriggio di oggi (venerdì 2 settembre), a poche ore dall’annunciata fine dei lavori di manutenzione nella stazione di compressione di Portovaya (Russia), con una nota sul suo canale Telegram il colosso energetico russo Gazprom ha annunciato che il flusso di gas verso l’Europa via Nord Stream non riprenderà e sarà posticipato a data da destinarsi: “Durante i lavori di manutenzione ordinaria dell’unità di compressione del gas Trent 60 di Portovaya CS, eseguiti congiuntamente con i rappresentanti di Siemens, è stata rilevata una perdita d’olio con una miscela di sigillante in corrispondenza delle connessioni terminali dei cavi dei sensori di velocità del rotore a bassa e media pressione”.
    È per questa ragione che il trasporto di gas è stato “completamente interrotto”, almeno fino a quando i guasti “non saranno eliminati”, ha precisato Gazprom, senza forniture ulteriori informazioni su previsioni di riapertura. I dettagli sono stati forniti piuttosto sui tecnicismi del problema: “È stato rilevato olio sul connettore del cavo della piastra di connessione Bpe2, che fa parte del motore”, ma anche “nell’area della linea dei cavi nella morsettiera esterna del sistema di controllo automatico della Gcu, al di fuori dell’involucro di isolamento acustico e termico”. Il rapporto di rilevamento delle perdite di olio “è stato firmato anche dai rappresentanti di Siemens”, sottolinea il comunicato.
    Tutto ciò considerato, “è stato ricevuto un avviso dalla Rostechnadzor della Russia in cui si afferma che i guasti e i danni rilevati non consentono di garantire un funzionamento sicuro e privo di incidenti del motore della turbina a gas” e si rende “necessario adottare misure appropriate e sospendere l’ulteriore funzionamento dell’unità Trent 60 a turbina a gas a causa delle gravi violazioni riscontrate”, continua Gazprom. Secondo le informazioni di Siemens, le riparazioni possono essere effettuate solo in un centro di riparazione specializzato e la lettera inviata al presidente e amministratore delegato di Siemens Energy AG, Christian Bruch, sarà analizzata dal costruttore della turbina.
    “L’annuncio di Gazprom di oggi pomeriggio di voler chiudere ancora una volta NorthStream 1 con pretesti fallaci è un’altra conferma della sua inaffidabilità come fornitore“, ha commentato il portavoce-capo della Commissione Ue, Eric Mamer: “È anche la prova del cinismo della Russia, che preferisce bruciare il gas invece di onorare i contratti”.

    Gazprom’s announcement this afternoon that it is once again shutting down NorthStream1 under fallacious pretenses is another confirmation of its unreliability as a supplier.
    It’s also proof of Russia’s cynicism, as it prefers to flare gas instead of honoring contracts.
    — Eric Mamer (@MamerEric) September 2, 2022

    L’ultima interruzione totale del flusso, annunciata lo scorso 22 agosto, era scattata alle 5 di mattina (ora italiana) di mercoledì 31 agosto e sarebbe dovuta durare fino alle 4 di mattina del 3 settembre (non il 2 come precedentemente comunicato). Nord Stream è la principale infrastruttura per il trasporto del gas russo verso il continente, che collega i giacimenti di gas siberiani direttamente alla Germania settentrionale attraverso il Mar Baltico: a capacità massima può trasportare 55 miliardi di metri cubi di gas. A Bruxelles già si temeva che prima o poi i flussi potessero interrompersi definitivamente, come aveva avvisato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen: “L’Ue si deve preparare a una completa interruzione delle forniture dalla Russia”, aveva sottolineato al Bled Strategic Forum con preoccupazione, parlando della necessità di “mettere fine alla nostra sporca dipendenza dalle fonti fossili russe”. Prima del 31 agosto Nord Stream lavorava già al 20 per cento della propria capacità e, se i problemi tecnici non saranno risolti facendo ripartire il flusso, c’è il rischio concreto di un aumento della pressione sui governi europei che stanno cercando di aumentare il livello di riempimento degli stoccaggi nazionali di gas prima dell’inverno.
    Non è la prima volta che si verifica un taglio delle forniture di gas all’Europa da parte di Gazprom. L’infrastruttura Nord Stream era già rimasta ferma per manutenzione programmata a una turbina dall’11 al 21 luglio ed è ripartita a capacità ridotta a circa il 40 per cento rispetto alla norma. A fine luglio il flusso era stato ulteriormente ridotto al 20 per cento, a circa 38 milioni di metri cubi al giorno, rispetto ai 66 delle settimane precedenti alla manutenzione. Ancora prima, a metà giugno, il colosso energetico aveva comunicato che le forniture di gas potevano essere garantite solo fino a un volume di 100 milioni di metri cubi al giorno, invece dei 167 milioni di metri cubi previsti. Tra fine aprile e metà maggio invece erano stati chiusi i rubinetti a Bulgaria, Polonia, Paesi Bassi, Danimarca e Finlandia, per mancati pagamenti in rubli come richiesto dalle autorità russe.

    Il colosso energetico russo Gazprom annuncia che il gasdotto rimarrà fermo per alcune perdita di olio alla stazione di compressione di Portovaya (Russia). Le forniture sarebbero dovute ripartire nella mattina di sabato 3 settembre dopo tre giorni di lavori di manutenzione