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    Ucraina, gli aiuti Ue salgono a 70 miliardi di euro. Finanziamenti militari per 15 miliardi

    Bruxelles – Un totale di 70 miliardi di euro di aiuti. Di questi, 10 miliardi di euro solo per sostegno militare.  La Commissione europea inizia a fare un bilancio di quanto offerto all’Ucraina per far fronte all’aggressione russa e ciò che ne deriva. Cifre che rispondono agli impegni assunti, nel rispetto dei quali l’esecutivo comunitario annuncia un nuovo pacchetto di aiuti da 1,5 miliardi di euro assistenza micro-finanziaria per il governo di Kiev. Saranno sborsati “a giugno”, e serviranno per pagare stipendi e pensioni, oltre che mantenere in funzione i servizi pubblici essenziali come ospedali, scuole e alloggi.
    E’ nell’annunciare questo nuovo contributo che l’esecutivo comunitario offre i dati complessivi. Dall’inizio della guerra il sostegno all’Ucraina e agli ucraini ammonta a circa 70 miliardi di euro. E’ ripartito in aiuti finanziari, umanitari, di emergenza e militari. La parte di assistenza finanziaria per le necessità urgenti, con questo nuovo impegno appena deciso, ammonta a 18 miliardi di euro. Quasi la metà (7,5 miliardi) sono stati resi disponibili nel 2023.
    Questi 18 miliardi sono inclusi nel più ampio programma di assistenza finanziaria e umanitaria. Un totale di 37,8 miliardi di euro, tra fondi Ue (30 miliardi) e prestiti e garanzie degli Stati membri (7,8 miliardi). E’ qui che ricadono i pacchetti umanitari diretto (685 milioni), sostegno per sfollati (330 milioni), sostegno alle riforme (305 milioni).
    Mentre la parte solo militare vale da sola un oltre settimo del totale. Così spiega l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell. “Complessivamente, al momento, grazie allo European Peace Facility, abbiamo incentivato 10 miliardi di euro di sostegno militare all’Ucraina“, dice in occasione della riunione dei ministri delle Difesa. Anche se, alle fine, con i contributi bilaterali il sostegno militare potrebbe arrivare anche 20 miliardi di euro. Allo stato attuale il contributo militare complessivo, tra fondi Ue e dei singoli governi, si aggira a 15 miliardi di euro.
    Il resto del sostegno Ue per gli Ucraini, 17 miliardi di euro, sono il frutto di fondi di coesione non utilizzati e che servono per sostenere donne e bambini ucraini accolti negli Stati membri grazie al meccanismo della protezione temporanea. Riconosciuta subito, è stata concessa a oltre tre milioni di persone.

    Il bilancio fornito in occasione dell’annuncio del nuovo pacchetto di aiuti da 1,5 miliardi per sostegno a stipendi e pensioni, disponibile a giugno

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    Difesa Ue: Il Consiglio accoglie la Danimarca nella Pesco e lancia la quinta ondata di nuovi progetti

    Bruxelles – Il Consiglio ha adottato oggi 23 maggio una decisione che conferma la partecipazione della Danimarca alla Cooperazione strutturata permanente. La Danimarca diventa così il 26° membro della Pesco.
    “La Pesco è al centro della nostra cooperazione in materia di difesa. Con l’ingresso della Danimarca nella famiglia e gli 11 nuovi progetti adottati oggi, stiamo ampliando e approfondendo la nostra cooperazione. Ciò consente agli Stati membri di investire insieme, sviluppare le capacità necessarie e preparare le nostre forze”, ha sottolineato Josep Borrell, Alto Rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza.
    Con il referendum del primo giugno 2022, gli elettori danesi si sono espressi a favore dell’adesione della Danimarca alla politica di sicurezza e di difesa comune dell’Ue, ponendo fine all’opt-out del Paese, durato 30 anni, dalla cooperazione in materia di difesa dell’Unione.
    Di conseguenza, il 1° luglio 2022 la Danimarca ha aderito alla cooperazione dell’Ue in materia di sicurezza e difesa e ha iniziato a contribuire alle missioni e alle operazioni militari Psdc dell’Ue. Il 23 marzo 2023 ha notificato al Consiglio e all’Alto rappresentante la sua intenzione di partecipare alla Pesco e la sua capacità di rispettare gli impegni. La Danimarca ha inoltre aderito all’Agenzia europea per la difesa nel marzo 2023.
    Il Consiglio ha adottato oggi anche una decisione che aggiorna l’elenco dei progetti Pesco. Di conseguenza, 11 nuovi progetti saranno aggiunti all’elenco di quelli esistenti che sono stati sviluppati dal dicembre 2017.
    La Pesco
    La Cooperazione Strutturata Permanente (Pesco) è un’iniziativa chiave dell’Ue in materia di difesa. Fornisce un quadro per la cooperazione in materia di difesa tra gli Stati membri partecipanti che hanno assunto impegni più vincolanti tra loro. Essi sviluppano congiuntamente le capacità di difesa, coordinano gli investimenti, migliorano la prontezza operativa, l’interoperabilità e la resilienza delle loro forze armate e collaborano a progetti.
    Con la decisione odierna, il numero di progetti di collaborazione è salito a 68 e copre vari settori come: strutture di addestramento, sistemi di formazione terrestre, sistemi marittimi e aerei, cyber, servizi multipli congiunti e spazio.
    Ad oggi, i 26 Stati membri che partecipano alla Pesco sono: Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cechia, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria.

    Borrell: Questo programma “è al centro della nostra cooperazione in materia di difesa. Con l’ingresso di Copenaghen nella famiglia e gli 11 nuovi progetti adottati oggi, stiamo ampliando e approfondendo il lavoro”

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    Unione Europea e Corea del Sud hanno siglato un nuovo Partenariato verde su ambiente e transizione energetica

    Bruxelles – Si riparte dalla transizione verde, dopo quella digitale. A sei mesi dall’intesa siglata per stringere i rapporti bilaterali nel campo delle nuove tecnologie, Unione Europea e Corea del Sud hanno dato il via libera oggi (22 maggio) a un nuovo Partenariato verde, per mettere insieme gli sforzi nei campi della lotta ai cambiamenti climatici, della protezione dell’ambiente e della transizione verso energie pulite.
    Da sinistra: il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, il presidente della Corea del Sud, Yoon Suk Yeol, e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (Seul, 22 maggio 2023)
    A siglare l’intesa Ue-Corea del Sud sono stati i presidenti di Consiglio, Charles Michel, e Commissione Ue, Ursula von der Leyen, nel corso del viaggio che li ha portati a Seul per un confronto con il presidente coreano, Yoon Suk Yeol. “La Corea del Sud è uno dei partner più stretti dell’Ue nella regione, oggi compiamo un passo ulteriore nel rafforzamento del nostro partenariato strategico sulle maggiori sfide globali, come clima, salute e sicurezza”, ha sottolineato in conferenza stampa il leader del Consiglio, facendo riferimento non solo al nuovo Partenariato verde siglato oggi, ma anche alle discussioni sull’implementazione di quello digitale “su semiconduttori, quantum computing e intelligenza artificiale” concordato il 28 novembre 2022. A confermare il legame tra le due intese è stata la numero uno della Commissione: “Spingeremo la partnership digitale per permettere ai nostri team di lavoro di concentrarsi su intelligenza artificiale, computer ad alte prestazioni e soprattutto sui semiconduttori“.
    L’intesa messa a terra questa mattina per il Partenariato verde Ue-Corea del Sud prevede una “convergenza in aree-chiave come il prezzo del carbonio, la deforestazione e i prodotti in plastica”, ha aggiunto von der Leyen in conferenza stampa, precisando che “esploreremo progetti comuni nei settori delle energie rinnovabili, dell’efficienza energetica e dell’economia dell’idrogeno“. La base di partenza del confronto coinvolge la necessità di riduzioni “rapide, più profonde e sostenute” delle emissioni di gas a effetto serra per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi centigradi, ma anche la necessità di una “rapida transizione energetica pulita che sia equa e giusta e non lasci indietro nessuno” e sforzi “senza precedenti” per “proteggere, ripristinare e gestire in modo sostenibile la biodiversità per invertire la perdita di biodiversità entro il 2030”. Al centro dell’impegno congiunto c’è lo “sviluppo di modelli circolari in tutti i settori dell’economia“, dal momento in cui “i modelli lineari di produzione e consumo determinano un uso insostenibile delle risorse”. In questo contesto, la cooperazione nell’ambito del Partenariato digitale “contribuirà a raggiungere gli obiettivi del loro Partenariato verde”, si legge nel testo della dichiarazione.
    Il Partenariato verde Ue-Corea del Sud
    Il nuovo Partenariato verde Ue-Corea del Sud si concentra su tre campi d’interesse principali: azione per il clima, protezione dell’ambiente e transizione energetica. Per quanto riguarda il primo capitolo, “entrambe le parti mirano allo scambio e all’apprendimento reciproco sulle modalità di misurazione, rendicontazione e verifica delle emissioni” e alla “definizione di modelli di politiche future alla luce dei rispettivi obiettivi 2030 e 2050 a zero emissioni”. Uno dei focus prevalenti nell’azione per il clima è il sistema di scambio di emissioni e la tariffazione del carbonio, “per contribuire alla crescita economica e per creare incentivi alla riduzione delle emissioni”, anche grazie allo scambio di informazioni e consultazioni tecniche. Si rafforzerà “lo slancio globale per affrontare le emissioni di metano, anche attraverso il Global Methane Pledge” e “l’allineamento dei flussi finanziari con gli obiettivi a lungo termine dell’Accordo di Parigi e con il Quadro globale per la biodiversità”.
    Da sinistra: il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, il presidente della Corea del Sud, Yoon Suk Yeol, e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (Seul, 22 maggio 2023)
    La sezione più corposa della nuova intesa tra Bruxelles e Seul riguarda la protezione dell’ambiente. Ue e Corea del Sud hanno ribadito formalmente l’intenzione di “promuovere la cooperazione nei forum bilaterali e multilaterali” su conservazione della biodiversità, economia circolare, efficienza delle risorse, protezione delle foreste, catene di approvvigionamento agricole sostenibili e inquinamento “in tutti gli ambienti”, dove l’impegno maggiore riguarda il lavoro per “un ambizioso accordo internazionale giuridicamente vincolante per porre fine all’inquinamento da plastica“. Da evidenziare l’impegno congiunto per promuovere “una maggiore sostenibilità delle catene di approvvigionamento”, a partire dalla questione dei prodotti derivanti da deforestazione. Gli sforzi a protezione dell’ambiente si intersecano con quelli dell’azione per il clima per quanto riguarda la visione di inquinamento zero al 2050 – “a livelli che non siano più considerati dannosi per la salute e gli ecosistemi naturali e che rispettino i limiti che il nostro pianeta può sopportare” – che si traduce in “obiettivi forti per il 2030”, hanno messo in chiaro i leader dell’Unione e della Corea del Sud.
    Ultimo, ma non per importanza, il capitolo sulla transizione energetica pulita e giusta. “Entrambe le parti intendono intensificare la cooperazione sulle energie rinnovabili – in particolare quelle offshore – sull’idrogeno, con particolare attenzione all’idrogeno rinnovabile e a basse emissioni di carbonio, e sull’efficienza energetica come futuro motore di crescita e strumento chiave per la de-carbonizzazione”, è quanto si legge nel testo del Partenariato verde Ue-Corea del Sud. Il lavoro si concentrerà sullo sviluppo di tecnologie e politiche “in linea con i rispettivi obiettivi e impegni internazionali”, anche per lo stop al rilascio di nuove autorizzazioni per progetti di produzione di energia elettrica a carbone non smaltita e al finanziamento pubblico di impianti a carbone all’estero. Si rafforzerà la cooperazione sulla cattura, l’utilizzo e lo stoccaggio del carbonio, le batterie e anche sul “funzionamento sicuro dell’energia nucleare“, a cui è dedicato un punto a sé stante nel testo della dichiarazione: ricerca e lo sviluppo di tecnologie avanzate, smaltimento sicuro delle scorie radioattive e smantellamento delle centrali nucleari.

    Dopo l’accordo raggiunto in materia digitale nel novembre 2022, a Seul i presidenti Michel e von der Leyen hanno dato il via libera all’intesa che stringe i rapporti bilaterali con l’alleato orientale nella lotta ai cambiamenti climatici e per la spinta alla decarbonizzazione delle economie

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    Dai caccia F-16 alle tensioni con la Cina, a Hiroshima si chiude il Vertice G7 con il sostegno a Zelensky

    Bruxelles – Sanzioni alla Russia, sostegno militare all’Ucraina e condanna delle pressioni militari alla Cina. Si è chiusa domenica (21 maggio) a Hiroshima, in Giappone, la tre-giorni che ha riunito in Giappone i leader delle sette democrazie più ricche e industrializzate al mondo. Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti e Unione europea riuniti nel formato G7 sono stati raggiunti domenica dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky a cui hanno ribadito la loro determinazione a sostenere l’Ucraina nella guerra di aggressione della Russia.
    E cercando allo stesso tempo il sostegno del cosiddetto ‘Sud globale’, come India e Brasile, che finora hanno mantenuto un atteggiamento neutrale sulla guerra del Cremlino. Assenti (non invitati) la Russia e la Cina, che però sono stati ugualmente al centro della tre giorni che ha visto anche la premier Giorgia Meloni seduta per la prima volta al tavolo del gruppo dei Sette. Nella prima giornata di Summit, i leader hanno concordato di rafforzare le misure restrittive contro la Russia e soprattutto di rafforzare i sistemi anti-elusione dei regimi di sanzioni già in essere. Ma la decisione più importante annunciata dal blocco è forse quella che in realtà è rimasta fuori dalla dichiarazione congiunta adottata ieri al termine della riunione. Sul fronte militare, Kiev ha ottenuto un’apertura dal presidente americano Joe Biden a consentire ai Paesi che lo vorranno di fornire aerei caccia da guerra Made in USA F-16 all’Ucraina. Dopo mesi di richieste da parte di Zelensky, Biden – dopo aver annunciato anche un nuovo  pacchetto di aiuti militari da 375 milioni di dollari all’Ucraina – ha comunicato agli altri leader G7 che gli Stati Uniti sosterranno anche gli sforzi di addestramento dei piloti ucraini sugli F-16, che potrebbero coinvolgere anche l’Italia.
    L’altro grande tema nella stanza era il rapporto dell’Occidente con le mire imperialiste della Cina. E la dichiarazione finale del G7 nella parte relativa ai rapporti con Pechino è, a detta di molti, la più dura mai pubblicata, tanto da aver attirato le critiche della Cina stessa. I leader hanno concordato di collaborare con un approccio unitario alla Cina, chiedendo di diversificare le catene di approvvigionamento per ridurre la dipendenza da materie critiche. Ma la dichiarazione comune è dura soprattutto riguardo alle tensioni diplomatiche che riguardano Taiwan, che la Cina continua a considerare parte del suo territorio. I Paesi G7 confermano di essere “seriamente preoccupati per la situazione nel Mar cinese orientale e nel Mar cinese meridionale”, dove si trova Taiwan, e di opporsi “fermamente a qualsiasi tentativo unilaterale di cambiare lo status quo con la forza o la coercizione”. Nel comunicato si fa esplicito riferimento alle violazioni dei diritti umani in Cina, in particolare la repressione delle minoranze del Tibet e della regione dello Xinjiang. Il comunicato su Pechino ha provocato subito la reazione del ministero degli Esteri cinese che in una nota ha accusato il G7 di aver “interferito nei suoi affari interni, compresa Taiwan”.

    After meeting in Hiroshima, the city of peace, we are moving forward together.
    We agreed that:
    Security in Europe and Asia is indivisible and UN principles must be upheld;
    Climate action will be stepped up;
    Partnerships should be win-win.
    The @G7 is more united than ever. pic.twitter.com/UJ96Jf6OMg
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) May 21, 2023

    Il presidente ucraino ha raggiunto a sorpresa i leader delle sette più importanti economie democratiche al mondo nel G7 trasformando la riunione in un vertice G8

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    Ue al lavoro su F16 all’Ucraina. Borrell: “Finalmente si prepara il terreno per la fornitura”

    Bruxelles – Aerei da combattimento per l’Ucraina, l’Unione europea adesso ci pensa. L’apertura del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ridisegna l’agenda politica a dodici stelle, con la questione della fornitura di F16 che entra nel vivo del dibattito dei ministri degli Esteri. “Una buona idea, un buon segnale quello che arriva dal G7″, scandisce l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell. “Finalmente si è deciso di preparare il terreno per la fornitura degli aerei da combattimento di cui hanno bisogno” in Ucraina. “L’addestramento dei piloti è già iniziato  e auspico che molto presto si potrà rifornire l’Ucraina di questi apparecchi”.
    La fornitura dei cosidetti fighter jets fin qui aveva creato non poche divisioni e non meno remore tra i Paesi dell’Unione. Si guardava all’amministrazione Biden, partner storico e capofila della Nato. Ora che il passo è compiuto l’Unione europea sembra intenzionata a procedere nonostante tutto. “Non credo” questo porrà un problema, scandisce Tobias Billstrom, ministro degli Esteri della Svezia, Paese con la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue. Semmai “accresce la pressione sulla Russia”. Quindi “nessun problema, semmai sarebbe un problema per la Russia, e Biden è stato chiaro”, aggiunge. Un riferimento alle parole del capo della Casa Bianca che conferma una volta di più i limiti di un’Unione europea in materia di affari esteri e difesa, legata alla mosse degli Stati Uniti.
    Forti della svolta a stelle e strisce, i Ventisette aggiungono un ulteriore tassello all’assistenza militare garantita fin qui a Kiev. Dalla fornitura di armi di difesa si è giunti all’armamento pesante dell’Ucraina. Prima i carriarmati tedeschi, adesso i caccia. “Molti F16 arriveranno da Paesi europei“, assicura il ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis. Questo tipo di velivoli militari è detenuto di Italia, Grecia, Paesi Bassi, Danimarca, Romania, Portogallo. Il contributo olandese è garantito, e anche l’Italia potrebbe fornire tornado. “La coalizione degli F16 ha dunque una dimensione europea forte”, continua il ministro lituano, che però insiste. “Non dobbiamo aggiungere nuovi elementi a quanto già concesso, bisogna continuare a fornire quanto già dato“.
    Gli olandesi confermano la loro disponibilità. “Per noi non ci sono tabù“, scandisce Wopke Hoekstra, che però mette in chiaro che per ora si parla di formazione. “Fornitura di F16 e addestramento fanno parte del dibattito ma ci sono decisioni separate” da prendere, e in tal senso i Paesi Bassi iniziano con l’addestramento, così “se decideremo di inviare gli aerei saranno pronti”.
    La Francia avverte: “La formazione richiede mesi”, scandisce Catherine Colonna, ministra degli Esteri francese. “Oggi le necessità dell’Ucraina sono essenzialmente munizioni e veicoli blindati di terra”. Kiev dovrà quindi attendere. “Niente è escluso, ma siamo in una fase di formazione”.

    Ventisette divisi e titubanti, ma l’apertura degli Stati Uniti avvia i dossier. La Lituania: “Importante continuare a fornire anche quanto già dato”

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    Le prime azioni strategiche dell’Ue per stringere i rapporti con il Kazakistan e scalzare la Russia in Asia Centrale

    Bruxelles – L’Unione Europea sta mettendo a terra la propria strategia per scalzare la Russia come partner economico privilegiato dei Paesi dell’Asia Centrale e lo fa partendo dalla pedina centrale di questo progetto: il Kazakistan. È con questo obiettivo che sono state annunciate questa mattina (18 maggio) le prime “azioni concrete” per attuare il Memorandum d’intesa sul partenariato strategico Ue-Kazakistan nel campo delle materie prime, delle batterie e dell’idrogeno rinnovabile.
    Il vicepresidente esecutivo della Commissione Ue per l’Economia, Valdis Dombrovskis, al Forum Economico Ue-Asia Centrale (Almaty, 19 maggio)
    A siglare l’intesa è stato il vicepresidente esecutivo della Commissione Ue per l’Economia, Valdis Dombrovskis, in visita nella città kazaka di Almaty per partecipare al Forum Economico Ue-Asia Centrale, dando un seguito pratico all’intesa raggiunta a inizio settimana tra la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, e il premier del Kazakistan, Alikhan Smailov. Le azioni pratiche si inseriscono nel quadro della tabella di marcia del Memorandum d’intesa definito tra le due parti nel corso della prima giornata del Summit dei leader della Cop27 di Sharm El-Sheikh il 7 novembre dello scorso anno, con l’obiettivo di sviluppare in approvvigionamento sicuro e sostenibile nei tre campi fondamentali per le transizioni gemelle verde e digitale. “L’Ue può sostenere il Kazakistan nella creazione di beni a più alto valore aggiunto che favoriscono lo sviluppo economico e aumentano la prosperità della popolazione, mentre l’Ue può ottenere un accesso affidabile a fattori produttivi chiave“, ha sottolineato lo stesso Dombrovskis, rendendo noti i prossimi passi della tabella di marcia del Memorandum.
    Tra il primo e il 2 giugno il vicepresidente della Commissione Ue per le Relazioni interistituzionali, Maroš Šefčovič, incontrerà il primo ministro e il ministro dell’Industria e dello sviluppo delle infrastrutture, Marat Karabayev, a margine del 13esimo Congresso internazionale delle miniere e della metallurgia di Astana, “per incontrare i leader economici di entrambe le parti”. Si tratta di una delle aree di intervento principali di lavoro nei prossimi mesi, con il coinvolgimento delle parti interessate dell’industria per individuare “progetti di investimento comuni”. Al centro della tabella di marcia c’è anche una “più stretta cooperazione” in materia di esplorazione geologica, ricerca e innovazione, formazione di competenze e sviluppo di capacità – in particolare attraverso il programma Horizon Europe e lo strumento di cooperazione dell’Ue – dove saranno essenziali i trasferimenti di tecnologia e l’aumento di fonti rinnovabili “essenziali per affrontare la crisi climatica”, è quanto mettono in chiaro le due parti.
    Da sinistra: il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e il presidente del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev, ad Astana (27 ottobre 2022)
    Gli sforzi di stringere un partenariato sempre più stretto con il Kazakistan risponde alla strategia di Bruxelles di avvicinare l’intera regione dell’Asia Centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan) alla sfera d’influenza dell’Unione Europea soprattutto in campo economico e climatico. “Il nostro Global Gateway per l’Asia Centrale può spingere iniziative per la gestione delle acque, l’energia e il cambiamento climatico“, ha confermato Dombrovskis nel suo intervento al Forum Economico Ue-Asia Centrale, anticipando la “prima azione dal valore di 20 milioni di euro entro quest’estate“. Il primo obiettivo dell’iniziativa Global Gateway nella regione è quello di “migliorare la gestione delle risorse e aumentare gli investimenti per facilitare la transizione” e per questo motivo il vicepresidente esecutivo della Commissione ha ricordato che “circa il 40 per cento degli iniziali 700 milioni di euro di fondi a supporto di questa iniziativa sono dedicati a investimenti in infrastrutture fisiche”. La credibilità di Bruxelles agli occhi dei Cinque dell’Asia Centrale deriva dall’espansione dei meccanismi di commercio e di investimento per lo sviluppo regionale proprio attraverso la nuova piattaforma del Forum economico.
    Il rapporto Ue-Kazakistan
    Se la strategia dell’Unione è quella di scalzare la Russia come primo partner economico e commerciale (e in futuro forse anche politico) dei cinque Paesi dell’Asia Centrale, la chiave di volta è il Kazakistan. Il presidente della Repubblica kazaka, Kassym-Jomart Tokayev, fino allo scoppio della guerra russa in Ucraina guardava a Mosca come sponda per reprimere le proteste interne attraverso l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (alleanza militare composta da Russia, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan), ma dal 24 febbraio 2022 qualcosa sembra essersi incrinato nella fiducia verso Vladimir Putin. Di fronte al rischio che il Cremlino decida in futuro di scatenare altre guerre per ‘proteggere’ la componente etnica russa negli Stati confinanti, i Paesi della regione non sembrano più così restii a cercare altri alleati e canali di sviluppo in giro per il mondo. E qui è dove cercano di intercettarli i Ventisette.
    “Una cosa è assolutamente certa, il nostro rapporto è forte e sta diventando ancora più forte“, aveva commentato il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, al termine dell’incontro con il presidente kazako ad Astana il 27 ottobre dello scorso anno, in occasione della prima riunione regionale di alto livello dei Cinque dell’Asia Centrale. Il Kazakistan è considerato un “hub per la connettività dei trasporti tra Oriente e Occidente“, su cui Bruxelles è intenzionata a investire attraverso due iniziative Global Gateway: una su acqua, energia e cambiamenti climatici e una sulla connettività digitale. In quell’occasione Michel aveva anticipato la firma “a breve” del Memorandum d’intesa, messo poi a terra nemmeno due settimane dopo dalla presidente della Commissione Ue von der Leyen e dal premier kazako Smailov in Egitto durante la Cop27. Una partnership basata su tre aree di collaborazione: integrazione economica e industriale nelle catene del valore strategico delle materie prime, delle batterie e dell’idrogeno rinnovabile, implementazione della resilienza delle catene di approvvigionamento, e rafforzamento di capacità, competenze, ricerca e innovazione sulla decarbonizzazione della catena del valore delle materie prime critiche.

    Le ha annunciate il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, per l’attuazione del Memorandum d’intesa su materie prime, batterie e idrogeno rinnovabile secondo la tabella di marcia del partenariato. “Entro l’estate” i primi 20 milioni di euro dal Global Gateway

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    Al via il G7 di Hiroshima, i leader uniti per sferrare un altro colpo all’economia russa

    Bruxelles – Le sette economie più avanzate del pianeta unite per sferrare il colpo decisivo a quella russa, motore dello sforzo bellico del Cremlino nella sua guerra d’aggressione all’Ucraina. Per i leader del G7 che si sono riuniti oggi (19 maggio) al vertice che si tiene a Hiroshima, in Giappone, l’elefante nella stanza non poteva che essere il supporto incondizionato alla resistenza di Kiev. Tant’è che è stato confermato l’arrivo del premier ucraino Volodymyr Zelensky per l’ultimo giorno del summit, domenica 21 maggio.
    I Paesi del G7 limiteranno ulteriormente l’accesso della Russia alle loro economie e amplieranno gli sforzi volti a “garantire che le esportazioni di tutti gli elementi critici per l’aggressione russa, compresi quelli utilizzati sul campo di battaglia, siano limitate”. È quanto hanno messo nero su bianco i capi di stato e di governo di Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Germania, Francia, Italia e Giappone – oltre all’Unione Europea rappresentata da Charles Michel e Ursula von der Leyen– nella dichiarazione congiunta redatta a margine della prima giornata di lavori.
    Il G7 contro la Russia: sanzioni economiche e isolamento energetico
    Al fine di “ridurre le entrate” con cui “la Russia finanzia la sua aggressione illegale”, il gruppo dei sette continuerà a muoversi su più fronti. C’è da sciogliere il nodo “evasione delle sanzioni“, dal momento che diversi Paesi partner dell’Ue, come Armenia, Kazakistan e Kirghizistan, ma anche i più decisivi Turchia e Cina, esportano tecnologie occidentali a Mosca, vanificando o ridimensionando l’effetto delle misure sanzionatorie. “Ci stiamo impegnando con i Paesi terzi attraverso i quali beni, servizi o tecnologie del G7 soggetti a restrizioni possono essere forniti alla Russia, per rafforzare la comprensione di tali misure da parte di tali Paesi. Prendiamo atto e incoraggiamo gli impegni assunti da questi Paesi per garantire che le nostre misure non vengano eluse e abbiano l’effetto desiderato”, hanno dichiarato i leader da Hiroshima.
    (Photo by Brendan Smialowski / POOL / AFP)
    Per logorare la macchina bellica di Putin è fondamentale porre fine alla dipendenza dall’energia e dalle materie prime russe: “Siamo determinati a continuare su questa strada in modo che la Russia non sia più in grado di utilizzare come arma l’energia contro di noi. Ridurremo ulteriormente la dipendenza dal nucleare civile e dai relativi beni dalla Russia, anche lavorando per assistere i Paesi che cercano di diversificare le loro forniture”, si legge nel documento. Confermati, in questa stessa direzione, i tetti al prezzo del petrolio russo e dei prodotti petroliferi, “evitando al contempo effetti di ricaduta e mantenendo l’approvvigionamento energetico globale”.
    Tornano nel dibattito, in vista dell’undicesimo pacchetto di sanzioni Ue al Cremlino, i diamanti russi, un commercio che nel 2021 ha portato nelle casse di Mosca circa 4,5 miliardi di euro: “Non sono per sempre”, ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che in Giappone ha presentato un piano, avallato dal G7, per “limitare il commercio e l’utilizzo di diamanti estratti, lavorati o prodotti in Russia” attraverso “tecnologie di tracciamento”.
    Dalla Russia all’Ucraina: “Assicureremo a Kiev il sostegno economico di cui ha bisogno”
    Non solo inibire il più possibile l’aggressore, ma al contempo fornire tutto il supporto necessario alla vittima. Emerge soddisfazione per il via libera dell’Extended Fund Facility (Eff) del Fondo Monetario Internazionale, uno strumento che “contribuirà a stabilizzare la situazione macroeconomica e finanziaria dell’Ucraina, alla sostenibilità economica a lungo termine e a catalizzare ulteriore sostegno finanziario da altri paesi e istituzioni, nonché dal settore privato”. L’erogazione dei 15,6 miliardi approvati lo scorso 31 marzo – parte del pacchetto da 115 miliardi per l’Ucraina-, è condizionata da una rapida attuazione delle riforme sostenute dal programma: è probabile che sarà lo stesso Zelensky ad aggiornare i leader sullo stato dell’arte delle riforme.
    Nella dichiarazione congiunta i Paesi del G7 hanno ribadito con fermezza un altro principio: sarà la Russia a “pagare per la ricostruzione a lungo termine dell’Ucraina”. In particolare i leader hanno “accolto con favore l’istituzione, nel quadro del Consiglio d’Europa e per soddisfare la richiesta dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, di un Registro dei danni causati dall’aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina”. Mosca “deve essere ritenuta responsabile e il registro dei danni può e svolgerà un ruolo importante”, aveva dichiarato la presidente dell’esecutivo Ue, Ursula von der Leyen, al summit del Consiglio d’Europa a Reykjavik, dove è stata annunciata l’istituzione dello strumento per raccogliere prove e informazioni su danni, perdite o lesioni causati dall’aggressione russa contro l’Ucraina. Un passo fondamentale per la creazione di un tribunale ad hoc che, una volta finito questo brutale conflitto, possa giudicare i crimini di guerra compiuti dal Cremlino.

    Nella dichiarazione congiunta la volontà di “ridurre le entrate” con cui “la Russia finanzia la sua aggressione illegale”. Sul tavolo il nodo dell’elusione alle sanzioni e il commercio di diamanti russi. Previsto per domenica l’arrivo di Zelensky: “Assicureremo a Kiev il sostegno economico di cui ha bisogno”

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    I diamanti tornano al centro del dibattito Ue sulle sanzioni contro la Russia. Si ragiona su un sistema di tracciabilità

    Bruxelles – È passato quasi un anno dalla prima volta che la questione dei diamanti russi si è affacciata nel dibattito pubblico europeo a proposito delle sanzioni internazionali contro la Russia, ma da allora questo commercio globale che solo nel 2021 ha portato nelle casse di Mosca circa 4,5 miliardi di euro non è mai entrato in nessuno dei dieci pacchetti di misure restrittive già messi a terra dall’Unione. Si tratta di uno dei punti più critici dei rapporti tra l’Ue e la Russia, in particolare per uno Stato membro (e una sua città) che della lavorazione dei diamanti ha fatto il punto di forza della propria economia. Il Belgio e il porto di Anversa.
    Nonostante tutte le resistenze e le attività di lobby che hanno permesso all’industria belga della lavorazione dei diamanti di non essere coinvolte nei tagli alla macchina di finanziamento indiretto della guerra russa in Ucraina, nel pieno delle discussioni tra i 27 ambasciatori Ue sull’undicesimo pacchetto di sanzioni contro il Cremlino la questione è riemersa con più vigore. Tanto che diverse fonti riferiscono a Eunews una spinta convergente da Bruxelles e Hiroshima (dove è in corso il vertice dei leader del G7) sulla limitazione a questo commercio. Come si legge nella dichiarazione del Gruppo dei Sette sull’Ucraina – in linea con le anticipazioni della vigilia da funzionari europei – “al fine di ridurre le entrate che la Russia ricava dall’esportazione di diamanti, continueremo a collaborare strettamente per limitare il commercio e l’uso di diamanti estratti, lavorati o prodotti in Russia“. La precisazione è un impegno “con i principali partner al fine di garantire l’effettiva attuazione di future misure restrittive coordinate, anche attraverso tecnologie di tracciamento“.
    È proprio sulla questione del tracciamento che l’attenzione ritorna a Bruxelles. Fonti diplomatiche precisano che non ci sarà l’embargo in questa tornata di misure restrittive, ma che Belgio e Commissione Europea stanno mettendo a punto un sistema di tracciabilità, che dovrebbe rendere la misura più efficace rispetto a un semplice divieto di esportazione “difficile da attuare”. In ogni caso questo lavoro richiederà altro tempo per la definizione dei dettagli e della messa a terra e perciò non è atteso all’interno dell’undicesimo pacchetto. Altre fonti però invitano a prestare attenzione alle discussioni tra i leader del G7 e in particolare a quanto messo in chiaro dal presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel. Nel corso di un punto con la stampa a poche ore dall’inizio della riunione, il numero uno del Consiglio ha sottolineato che “ne limiteremo il commercio, i diamanti russi non sono per sempre e spiegheremo apertamente perché queste sanzioni sono necessarie e giustificate”. Ricordando che “non posso parlare a nome del governo belga”, proprio Michel (ex-premier del Paese) ha fatto notare che “sui diamanti c’è una discussione qui al G7 e una in parallelo sulle sanzioni a Bruxelles, faremo in modo che ci sia coerenza tra la dichiarazione e quello che stiamo facendo a livello europeo“.
    Un anno di dibattito su diamanti e sanzioni
    La questione dei diamanti era entrata per la prima volta nelle discussioni tra gli ambasciatori al Coreper (Comitato dei rappresentanti permanenti) nel luglio dello scorso anno, in occasione del settimo pacchetto di sanzioni definito di maintenance and alignement (aggiornamento e allineamento). Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’Ue del 21 luglio era stato deciso di includere anche i gioielli nel divieto di acquistare, importare o trasferire l’oro russo (anche se esportato in un Paese terzo), ma era rimasto fuori il commercio di diamanti, dal momento in cui nella richiesta di allineamento dei leader del G7 in Germania questa azione non era prevista.
    (credits: Alexander Nemenov / Afp)
    Di fronte alla pressione crescente nei mesi successivi a causa dell’escalation della guerra in Ucraina, nelle trattative per l’ottavo pacchetto di sanzioni la proposta della Commissione Ue di un embargo totale ai diamanti grezzi dalla Russia è arrivata a un passo dal via libera da tutti i Paesi membri Ue, prima di essere bloccata da un colpo di coda in extremis. A spingere per l’esclusione del gigante russo dell’estrazione Alrosa dalla lista delle entità colpite era stata l’associazione di categoria Antwerp World Diamond Centre, che aveva denunciato il rischio di disoccupazione per oltre 10 mila lavoratori nella città fiamminga, centro dell’industria mondiale della lavorazione di diamanti. Si è trattata di una vera e propria concessione alle lobby della lavorazione dei diamanti belghe, che nella città portuale di Anversa hanno sede e da dove hanno influenzato la posizione del governo belga per prendere a picconate la proposta del gabinetto von der Leyen.
    Nel corso delle trattative tra gli ambasciatori anche per l’approvazione dei due pacchetti successivi di misure restrittive è passata la linea morbida del Belgio per non sganciarsi dal gigante russo dell’estrazione di diamanti, facendo leva sul timore che una misura restrittiva contro Alrosa possa colpire più l’economia e l’occupazione europea rispetto a quelle di Mosca. La marcia indietro dell’ottobre 2022 aveva segnato una sconfitta per Baltici e Polonia, che hanno sempre appoggiato un embargo totale sui diamanti (non-industriali). Ma, come avevano riferito al tempo fonti diplomatiche a Eunews, gli altri Paesi membri non avevano levato voci contrarie alla posizione del Belgio. Il commercio globale di diamanti grezzi della Russia è stimato dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti come una delle prime dieci esportazioni non energetiche di Mosca, pari al 30 per cento in tutto il mondo.

    Da Hiroshima, dove il vertice G7 ha avallato il dossier, il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, ha messo in chiaro che “ne limiteremo il commercio, i diamanti russi non sono per sempre”. Fonti precisano a Eunews che non ci sarà l’embargo nell’undicesimo pacchetto