“Vi ringrazio anche per quanto raccontate su ciò che nella Chiesa non va, per quanto ci aiutate a non nasconderlo sotto il tappeto e per la voce che avete dato alle vittime di abuso. Grazie di questo”. Lo ha detto il Papa rivolto ai giornalisti accreditati in Vaticano in occasione della consegna della onorificenza ai ‘decani’ dei vaticanisti Valentina Alazraki e Phil Pullella.
“Grazie per la vostra ricerca della verità perché solo la verità ci rende liberi” ha aggiunto Francesco sottolineando che “la Chiesa non è un’organizzazione politica che ha al suo interno destra e sinistra come accade nei Parlamenti”, “non è una grande azienda multinazionale con a capo dei manager che studiano a tavolino come vendere meglio il loro prodotto. La Chiesa non si auto-costruisce sulla base di un proprio progetto, non trae da sé stessa la forza per andare avanti e non vive di strategie di marketing. Ogni volta che cade in questa tentazione mondana, e tante volte cade o è caduta, la Chiesa, senza rendersene conto, crede di avere una luce propria”.
“Al giornalismo si arriva non tanto scegliendo un mestiere, quanto lanciandosi in una missione, un po’ come il medico, che studia e lavora perché nel mondo il male sia curato. La vostra missione – ha detto – è di spiegare il mondo, di renderlo meno oscuro, di far sì che chi vi abita ne abbia meno paura e guardi gli altri con maggiore consapevolezza, e anche con più fiducia. È una missione non facile. È complicato pensare, meditare, approfondire, fermarsi per raccogliere le idee e per studiare i contesti e i precedenti di una notizia”. “Con l’onorificenza data a Valentina e Phil, oggi io voglio in qualche modo – ha sottolineato Papa Francesco – rendere omaggio a tutta la vostra comunità di lavoro; per dirvi che il Papa vi vuole bene, vi segue, vi stima, vi considera preziosi”.
Ci sono “tre verbi che mi pare possano caratterizzare il buon giornalismo: ascoltare, approfondire, raccontare. Ascoltare è un verbo che vi riguarda come giornalisti, ma che ci riguarda tutti come Chiesa, in ogni tempo e specialmente ora che è iniziato il processo sinodale. Ascoltare, per un giornalista, significa avere la pazienza – ha sottolineato Papa Francesco – di incontrare a tu per tu le persone da intervistare, i protagonisti delle storie che si raccontano, le fonti da cui ricevere notizie. Ascoltare va sempre di pari passo con il vedere, con l’esserci: certe sfumature, sensazioni, descrizioni a tutto tondo possono essere trasmesse ai lettori, ascoltatori e spettatori soltanto se il giornalista ha ascoltato e ha visto di persona. Questo significa sottrarsi, e so quanto è difficile nel vostro lavoro!, sottrarsi alla tirannia dell’essere sempre online, sui social, sul web”.
Un giornalista deve innanzitutto “raccontare” e questo “significa non mettere sé stessi in primo piano, né tanto meno ergersi a giudici, ma significa lasciarsi colpire e talvolta ferire dalle storie che incontriamo, per poterle narrare con umiltà ai nostri lettori.
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