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Malgioglio, l'ex portiere che aiuta i più deboli

Sono due le carriere del piacentino Astutillo Malgioglio, oggi 63enne, che i bambini degli anni ’80 ricordano sicuramente negli album di figurine per il suo nome quantomeno particolare e per i suoi folti baffi: quella da calciatore, durata 16 anni, con 264 gare disputate a difendere la porta tra i professionisti, e quella nell’aiutare i bambini, cominciata quando aveva 19 anni, e mai terminata. Una attività “emozionante e gratificante” quella dell’ex portiere di Brescia, Roma, Lazio e Inter accanto ai più piccoli, che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella gli ha riconosciuto assegnandogli il titolo di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana: “Per il suo costante e coraggioso impegno a favore dell’assistenza e dell’integrazione dei bambini affetti da distrofia”. “Sono imbarazzato, penso di non meritarmi questa onorificenza. Il lavoro che faccio con i bambini già mi gratifica, ringrazio il Signore per questo”, racconta all’ANSA l’ex portiere, che nel 1977, visitando un centro per disabili nel Bresciano, sentì di doversi impegnare per i meno fortunati.
    Insieme alla moglie Raffaella, fonda a Piacenza l’associazione ‘Era 77’ dedicandosi ai bambini distrofici e l’anno successivo con i soldi messi da parte come calciatore apre una palestra, “per farla diventare un punto d’incontro – spiega – e aiutare coloro che sono affetti da problemi psicomotori. Non c’è un motivo particolare che mi ha spinto a farlo, si vede che ero predisposto per queste cose. I miei genitori erano poveri ma si sono sempre impegnati nel sociale e avevano forti valori spirituali, che mi hanno trasmesso”.
    Malgioglio si laurea in medicina e diventa anche assistente all’infanzia, mentre la moglie è insegnante di educazione fisica. “Quando ero calciatore non è stato semplice, tra partite, ritiri e allenamenti non avevo molto tempo, cambiavo spesso città e ogni volta ricominciavamo. Appena potevo però scappavo dai bambini”. Nel 1995 la palestra chiude, e allora la sua attività diventa ‘itinerante’. Insieme alla compagna sviluppa progetti di sporterapia e continua a battersi per l’integrazione nello sport fra disabili e normodotati. Da allora “facciamo tutto con i nostri mezzi e grazie al passaparola andiamo nelle case di chi ha bisogno”. 
   


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