“La mia decisione di fare un passo indietro rispetto alla candidatura a presidente della commissione banche non dipende in alcuna misura dalla posizione lavorativa di mio figlio e, men che mai, da un inesistente conflitto di interesse. L’unica ed esclusiva ragione che mi ha spinto a compiere questo passo è stata quella di non fornire più alcun alibi: la commissione deve assolutamente partire, il prima possibile”. Lo ha scritto in un post pubblicato su Facebook il senatore del Movimento 5 Stelle Elio Lannutti.
Si marcia, dunque, verso l’intesa sulla commissione banche. Luigi Di Maio, dopo giorni di polemiche, annuncia il “passo di lato” di Lannutti dalla presidenza della Commissione banche fornendo così il suo volto più dialogante al Pd. E’ il segno di una relativa tregua che, dopo l’arrivo di Beppe Grillo a Roma, sembra caratterizzare la fine dell’anno della maggioranza. E il premier Giuseppe Conte può guardare con una certa fiducia a quell’aggiornamento dell’agenda di governo che, nei piani di Palazzo Chigi, servirà anche a rilanciare la maggioranza.
Difficile, tuttavia, che la vera e propria verifica dell’esecutivo possano avere luogo prima delle elezioni in Emilia-Romagna e Calabria. Diverse fonti della maggioranza si dicono via via più convinte che, fino al 26 gennaio, non ci sarà spazio per il momento della verità. Di Maio annuncia il ritiro di Lannutti in tv, nel salotto di Bruno Vespa. Un ritiro volontario, ci tiene a dire il capo politico, ben consapevole che, tuttavia, con il senatore M5s l’accordo con i Dem era impossibile. E ora gli occhi sono puntati sui secondi più votati dal M5s, il deputato Alvise Maniero e la presidente della commissione Finanze Carla Ruocco. Senza escludere dalla gara il Questore del Senato Laura Bottici e il deputato Raphael Raduzzi. L’accordo con il Pd ora è alla portata. La presidenza resterebbe comunque al M5s e si potrebbe incrociare con una girandola di nuove nomine (in sostituzione di Ruocco o di Bottici) e con l’elezione del presidente della commissione sui fatti di Forteto. Intesa che sarà concretizzata a gennaio, mese comunque decisivo per Conte: all’inizio del 2020 il premier lancerà il decreto sul “cantiere Taranto” – dove si potrebbe recare alla metà del mese – e conta di trovare un punto di caduta anche sul nodo prescrizione. Nelle prossime ore – o venerdì – un vertice di maggioranza sulla giustizia potrebbe invece trovare l’intesa sul dossier intercettazioni: il suo rinvio dovrebbe andare nel milleproroghe, che il Cdm varerà venerdì. Ma sarà un rinvio meramente tecnico, al quale il Pd vuole accompagnare un accordo politico.
Sulla prescrizione, invece, le parti sono lontane, con il ministro Alfonso Bonafede in posizione attendista. Ma, al di là dai malumori Pd, è Iv ad andare all’attacco contro una legge che, secondo Maria Elena Boschi, “fa pezzi lo stato di diritto”. Proprio la posizione di Iv rappresenta l’incognita numerica, al Senato, del prossimo mese. Un Senato dove drappelli di responsabili si muovono parallelamente alle spinte centripete nel M5s. L’arrivo di Grillo forse congela imminenti implosioni. Il fondatore, nelle assemblee notturne con i parlamentari, ha di fatto invitato i suoi a parlare e ad accordarsi con il Pd, cercando di sgombrare il “velo diabolico” con cui, tradizionalmente, nel M5s si guarda ai Dem. E Grillo, pur indicando nettamente la strada da seguire anche a Di Maio – e esortando ad una comunicazione meno aggressiva – ha difeso il capo politico in maniera netta. Senza risparmiarsi – racconta chi era presente – una battuta sui facilitatori: “vediamo se sono facilitatori o complicatori”, avrebbe detto l’ex comico. Poi, l’incontro tra Grillo e il presidente della Camera Roberto Fico: un caffè e un cornetto all’hotel Forum tra i principali e più antichi sostenitori del governo giallorosa.
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