“Non fu uno schiaffo, ma un pestaggio degno di teppisti da stadio contro una persona fragile e sottopeso. Di questo stiamo parlando, non di altro”. Lo ha detto il pm Giovanni Musarò, nella sua requisitoria al processo sulla morte di Stefano Cucchi, che vede tre carabinieri indagati per omicidio preterintenzionale. “Ci furono due battibecchi con D’Alessandro. Dopo un calcio e uno spintone Cucchi cade e sbatte a terra il sedere e la nuca, prende un calcio violentissimo in faccia o alla nuca che gli provoca una frattura alla base del cranio”, ha aggiunto Musarò descrivendo il presunto pestaggio.
“Le lesioni più gravi sono state prodotte dalla caduta di Cucchi, dopo un violentissimo pestaggio”, ha sottolineato il Procuratore. “Quella caduta – spiega Musarò – è costata la vita a Stefano Cucchi, si è fratturato due vertebre. Lui stesso, a chi gli chiese cosa fosse successo, disse: ‘Sono caduto'”
“È già stato celebrato un processo nell’ambito del quale sono state pronunciate sentenze definitive che hanno poi visto imputati diversi, come gli agenti della polizia penitenziaria, poi i medici e i paramedici. È stato un processo kafkiano per l’individuazione dei responsabili del pestaggio: non è nella fisiologia di un processo che gli imputati siedano sul banco dei testimoni ed i testimoni al posto degli imputati”, ha osservato il Pm. “Non possiamo fare finta che non sia successo niente, di non sapere e di non capire che quel processo kafkiano è stato frutto di un depistaggio”, ha aggiunto.
“Si sono divertiti a picchiarlo”, ha incalzato Musatò ricordando le parole del detenuto Luigi Lainà. Lainà la notte tra il 16 e il 17 ottobre del 2009 aveva incontrato Cucchi nel centro clinico di Regina Coeli. E nel corso del processo aveva riferito che Cucchi gli aveva detto di “essere stato picchiato da due carabinieri”, ma ha affermato il Pm “Lainà aggiunse che Cucchi gli aveva detto di riferire che le ferite erano “causa di una caduta””.
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