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L’Ue sta scommettendo (al buio) sulla nuova leadership in Siria

Bruxelles – L’Unione europea ha scelto di credere che una nuova Siria inclusiva e democratica possa rinascere dalle ceneri della sanguinaria dittatura di Assad e oltre un decennio di guerra civile. Ha cominciato a smantellare il durissimo regime di sanzioni in vigore contro Damasco, nonostante il suo nuovo leader, Ahmed al-Sharaa, fosse a capo di una milizia islamista riconosciuta come organizzazione terroristica dall’Onu, da Washington e dalla stessa Bruxelles. Ora, a pochi giorni dai massacri consumati nell’ovest del Paese fedele ad Assad, l’Ue si prepara ad ospitare la nona conferenza per il sostegno alla Siria. “C’è speranza, ma le sfide sono immense”, ammette un alto funzionario europeo.

In effetti, dopo una prima fase di grande entusiasmo per il crollo del regime di Bashar al-Assad, gli ultimi giorni hanno dimostrato che la nuova leadership non è certo priva di contraddizioni. Venerdì scorso, nella regione a maggioranza alawita rimasta fedele al deposto presidente, nel nord-ovest del Paese, sono scoppiati dei feroci scontri tra le milizie pro-Assad e le forze governative. I combattimenti e le esecuzioni di massa di civili hanno causato quasi 1.500 morti in una settimana. Secondo l’ong Osservatorio siriano per i diritti umani, almeno 973 civili, in maggioranza alawiti, sono stati uccisi “in esecuzioni sommarie e operazioni di pulizia etnica“.

Forze di sicurezza governative a Qardaha, villaggio d’origine della famiglia Assad, nella provincia occidentale di Latakia, 10/03/2025. (Photo by Abdulwajed HAJ ESTEIFI / AFP)

Il presidente ad interim al-Sharaa si è impegnato “a perseguire i responsabili delle uccisioni di civili”. Ed oggi, al palazzo presidenziale di Damasco, ha firmato la dichiarazione costituzionale che sarà applicata durante il lungo periodo di transizione di cinque anni, al termine del quale la nuova leadership si è impegnata a indire elezioni e redigere una nuova Costituzione. Firmando il documento, al-Sharaa si è augurato che segni l’inizio di “una nuova storia per la Siria, dove sostituiamo l’oppressione con la giustizia”.

Segnali contrastanti, di violenze e aperture democratiche. Come l’accordo raggiunto con i curdi delle Forze democratiche siriane (SDF) – che hanno deposto le armi per integrarsi nelle forze di sicurezza governative -, del quale però non si conoscono ancora le conseguenze sui territori amministrati autonomamente dai curdi nel nord-est del Paese. “Sappiamo tutti, e lo sapevamo fin dall’inizio, che la situazione è davvero fragile. Le atrocità dello scorso fine settimana hanno lanciato un forte allarme”, ha ammesso un alto funzionario dell’Ue. Ma per una serie di motivi – geopolitici, economici e non ultimo legati al rimpatrio dei rifugiati siriani – l’Unione europea ha scelto finora di accettare le contraddizioni e di esporsi nel sostegno ad al-Sahraa. La commissaria Ue per la Gestione delle crisi, Hadja Lahbib, ha incontrato il leader siriano a Damasco lo scorso 17 gennaio.

La commissaria Ue per la Gestione delle crisi, Hadja Lahbib, e Ahmed al-Sahraa a Damasco, 17/01/25

In un comunicato a nome dell’Ue, l’Alta rappresentante per gli Affari esteri Kaja Kallas ha condannato “con la massima fermezza” gli attacchi delle milizie pro-Assad contro le forze di sicurezza e “gli orribili crimini commessi contro i civili, incluse le esecuzioni sommarie, molte delle quali presumibilmente perpetrate da gruppi armati che sostengono le forze di sicurezza delle autorità di transizione”. Kallas ha quindi “accolto con favore” l’impegno di al-Sahraa ad avviare un’indagine, chiedendo che sia “rapida, trasparente e imparziale”. Il capo della diplomazia Ue ha sottolineato l’importanza dell’accordo con i curdi delle SDF e l’avvio del dialogo nazionale, “determinante per garantire che la transizione soddisfi le aspirazioni di tutte le componenti della società siriana”.

Lo scorso 24 febbraio i Paesi membri hanno deciso di sospendere le sanzioni contro la Siria in alcuni settori chiave, come energia, trasporti e banche. Una sospensione “graduale e reversibile”, ha ricordato Kallas, chiarendo al contempo che “l’Ue continuerà a esaminare possibili ulteriori sospensioni delle sanzioni sulla base di un attento monitoraggio della situazione nel paese”. Fonti Ue hanno ammesso che è “ancora troppo presto” per dire se lo stop alle sanzioni abbia già fatto una qualche differenza in termini di vitalità economica. “C’è chiaramente interesse” di aziende europee, turche e dei Paesi arabi ad esempio nel settore edile, ma finché la Siria non sarà riammessa al sistema di pagamenti internazionali SWIFT rimarrà “praticamente impossibile fare un pagamento”.

L’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas A Ryiad per colloqui sul futuro della Siria (Ph: Account X Kaja Kallas]

Anche gli eurodeputati si sono uniti all’appello per “cogliere questa opportunità storica per sostenere una transizione politica guidata dalla Siria al fine di unire e ricostruire il paese”, incoraggiando l’Ue e gli Stati membri, in una risoluzione approvata ieri a larghissima maggioranza a Strasburgo, ad aiutare le autorità siriane nella ricostruzione del paese. L’Eurocamera ha suggerito di valutare la possibilità di utilizzare i beni congelati del regime di Assad sul territorio dell’Ue per finanziare la ricostruzione, la riabilitazione e il risarcimento delle vittime.

È in questo contesto che si terrà lunedì 17 marzo a Bruxelles la nona Conferenza sulla Siria, anticipata di qualche mese rispetto al solito proprio per l’urgenza di dare delle basi solide alla nuova Siria prima che risprofondi nel caos. L’obiettivo è “mobilitare il sostegno internazionale per una transizione pacifica e inclusiva e generare impegni per l’assistenza umanitaria e non”. Dalla Conferenza dello scorso anno, erano stati raccolti impegni per 7,5 miliardi di euro, di cui la metà – 3,8 miliardi – dall’Ue e dai Paesi membri. Quest’anno, confermano fonti Ue, sarà presente anche il ministro degli Esteri del governo di transizione di Damasco.

Ora che si parla di ricostruzione, ne servono di più. Stiamo parlando di un Paese che è stato tagliato fuori da tutto per quasi 15 anni, in cui il tasso di distruzione è enorme, la disoccupazione si aggira intorno all’80 per cento, le infrastrutture energetiche e l’approvvigionamento idrico sono scarsissime. Un problema è che – afferma un alto funzionario Ue – il sistema di aiuti umanitari si è basato fino ad oggi “su due pilastri”: da un lato l’Ue e i Paesi membri, dall’altro gli Stati Uniti. E quest’ultimo, dall’arrivo di Trump alla Casa Bianca, “è stato tagliato molto, se non sospeso”. Le stesse fonti fanno sapere che Marco Rubio, segretario di Stato americano, non parteciperà alla Conferenza, ma Washington dovrebbe essere rappresentata dal sottosegretario di Stato per la regione.


Source: https://www.eunews.it/category/politica-estera/feed


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