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L’UE si è impantanata sugli asset russi congelati. Ma per l’Ucraina il tempo stringe


Bruxelles – Mancano poche ore al vertice dei capi di Stato e di governo dell’UE, l’ultimo dell’anno, il più enigmatico da diverso tempo. “C’è una sola decisione da prendere“, ripetono da giorni a Bruxelles. Quella sul finanziamento da 90 miliardi all’Ucraina per i prossimi due anni. Tutti i leader sono d’accordo: senza quei soldi, Kiev sarà costretta a capitolare. Ma la Commissione europea, insistendo sull’utilizzo degli asset russi congelati, ha infilato tutti in un vicolo cieco. E ora lo stallo sembra totale.

Per sbloccarlo, il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa “è pronto a utilizzare tutti i mezzi a sua disposizione”, garantisce un alto funzionario. Il che significa, da un punto di vista logistico, prolungare a oltranza, almeno fino a venerdì o addirittura a sabato, il vertice. Su come sarà scardinata l’impasse però, nessuno riesce a fare previsioni.

Il fatto è che la proposta giuridica a cui stanno lavorando da giorni le diplomazie dei 27 è solo una, l’unica messa sul tavolo dalla Commissione lo scorso 3 dicembre, che prevede l’utilizzo degli asset russi congelati presso la società belga Euroclear e – in misura molto minore – in diverse banche commerciali in alcuni Paesi UE per finanziare il maxi prestito all’Ucraina. Kiev dovrebbe restituire questo prestito di riparazione, come l’ha definito Ursula von der Leyen, solo una volta che (e nell’ipotesi in cui) Mosca ripagherà le riparazioni della guerra (cosa che nella storia d’Europa sarebbe eccezionale).

Da sinistra: il presidente del Consiglio europeo António Costa, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen (foto: Consiglio europeo)

La Commissione ha scelto di insistere su questa strada – inizialmente le opzioni erano tre e includevano anche sovvenzioni bilaterali e un prestito finanziato dal bilancio dell’UE – per diverse ragioni. Per fare la voce grossa con Mosca, perché l’assistenza a Kiev non gravasse sulle casse dei Paesi membri, ma soprattutto perché ritenuta, alla conta dei voti, l’unica praticabile. Mentre per uno strumento di debito comune servirebbe una modifica del bilancio e dunque un sì unanime dei Paesi membri, per l’utilizzo degli asset russi Bruxelles è pronta a procedere a maggioranza qualificata.

“Fin dall’inizio è stato chiaro che non sarebbe stato possibile raggiungere l’unanimità, quindi il lavoro è proseguito solo sul prestito di riparazione. Non è un segreto che questa sia la soluzione preferita da una maggioranza rilevante degli Stati membri”, ha ammesso una fonte diplomatica. Il problema è che, insieme alla strenua opposizione del Belgio – i 185 miliardi di euro detenuti da Euroclear sono pari a quasi un terzo del PIL del Paese, e dunque il rischio finanziario è enorme -, hanno fatto capolino dubbi e perplessità di altri Paesi membri. Quando la settimana scorsa si è deciso – utilizzando l’articolo 122 del Trattato che scavalca le decisioni all’unanimità – di predisporre il congelamento a tempo indeterminato degli asset russi, Italia, Bulgaria e Malta, insieme al Belgio, hanno firmato una dichiarazione in cui chiedevano nuovamente di esplorare alternative.

Secondo un’altra fonte diplomatica, la vera contrapposizione non è tra il Belgio e gli altri, ma “tra chi è contrario a modelli basati sul debito comune e chi sarebbe favorevole“. E in effetti – incalza ancora – “non è un caso che i maggiori sostenitori del prestito con gli asset russi sono la Germania e i Paesi bassi, e a seguire naturalmente tutti i frugali”. C’è chi mette in dubbio l’interpretazione data dalla Commissione europea su unanimità e maggioranza qualificata: la stessa Christine Lagarde, presidente della BCE, avrebbe suggerito ai ministri dei 27 che se si può ricorrere all’articolo 122 per una decisione sugli asset, allora lo si può invocare anche per modificare lo spazio di manovra del budget comunitario. Una fonte ha ipotizzato che proprio l’applicabilità dell’articolo 122 finirà per essere “una delle discussioni principali di domani”.

Anche perché si sta materializzando un cortocircuito: nessuno vuole procedere senza il Belgio sul prestito di riparazione, ma se il Belgio salisse a bordo con tutte le garanzie richieste dal premier Bart de Wever, allora potrebbero sfilarsi molti altri Paesi. E a quel punto, crollerebbe il sistema di garanzie ipotizzato dalla Commissione. Il Belgio chiede garanzie a tempo indeterminato, “open-ended” anche dal punto di vista della cifra. “Se le ottenesse, sarebbero difficilmente accettabili da molti Paesi”, ammette una fonte diplomatica. Eppure, se il cerino fosse in mano a qualsiasi altra capitale, “probabilmente faremo la stessa cosa”.

Visto lo scenario, poco aggiungono le indiscrezioni su pressioni statunitensi (negate però dai più) sui Paesi più ‘allineati’ (Italia e Ungheria in testa) per mettersi di traverso sugli asset. L’Unione europea si è ingarbugliata da sola, e sciogliere la matassa domani non sarà semplice. “L’unica certezza è che tutti quanti vogliamo trovare una soluzione”, assicura un alto funzionario. Il rischio è che i leader debbano fare tabula rasa e metterci della “creatività”. A quel punto, le certezze sarebbero due: quello che inizia domani, sarà un lunghissimo vertice di fine anno.


Source: https://www.eunews.it/category/politica-estera/feed

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