Bruxelles – “Gli europei hanno esitato quando avrebbero potuto sostenere il nostro Paese. Così la Russia ha allungato la mano su di noi”. Le dure parole pronunciate nella plenaria del Parlamento di Strasburgo arrivano da Sergei Tikhanovski, dissidente bielorusso, che per quel tentennamento ha dovuto scontare cinque anni di carcere. Il momento in cui l’Unione Europea avrebbe potuto fare di più risale al 2020, quando il presidente bielorusso Aleksandr Lukašenko arrestò i suoi oppositori politici (tra cui anche il giornalista Premio Sakharov 2025) per impedire regolari elezioni presidenziali. Tikhanovski pagò le conseguenze del suo attivismo politico e fu imprigionato nel mezzo della campagna elettorale. Solo pochi mesi fa ha riottenuto la libertà grazie alla mediazione statunitense.
Di fianco a lui, la moglie Svetlana Tikhanovskaya, che da insegnante d’inglese si è trovata a portare avanti le istanze del marito fino a diventare la principale oppositrice dello status quo bielorusso. Dopo le elezioni del 2020 è stata costretta a fuggire in Lituania per evitare un arresto politico.
La Bielorussia democratica
La storia dei coniugi Tikhanovski e le loro parole, pronunciate oggi, 22 ottobre a Strasburgo, sono state capaci di far riemergere da quel manto di silenzio la parte democratica della Bielorussia. La stessa che, nell’agosto del 2020, aveva affollato le piazze per contrastare l’ennesima vittoria di Lukašenko. “Siamo una nazione splendida, con forti valori dell’Europa occidentale, pronta a diventare membro dell’UE”, afferma Tikhanovski, anche se riconosce che, dopo cinque anni, “la situazione è peggiorata”.
L’appello all’Unione
Non sono venuti qui, però, solo per ricordare quell’orgoglio democratico. I due coniugi si fanno portavoce di un appello deciso verso un’Unione Europea più attiva. “L’Europa non solo deve diventare un attore attivo, continua Tikhanovski, deve diventarlo in Bielorussia. Lukašenko è un sopravvissuto astuto, ma non è immortale. Il trasferimento del potere in Bielorussia è imminente”.
Svetlana Tikhanovskaya risponde con un elenco di priorità per agevolare il processo democratico nella cosiddetta “piccola Russia”: “Vorremmo più contatti e visti per i cittadini bielorussi, un sostegno più forte ai media indipendenti e il rafforzamento dei rapporti con le istituzioni democratiche che stanno nascendo fuori dal Paese (in Lituania, ndr), per rendere possibile un dialogo una volta finita l’era di Lukašenko”.
La proposta avanzata dalla leader dell’opposizione è quella di una doppia morsa occidentale: da una parte gli Stati Uniti, che “si concentrano sul binario umanitario, sulla liberazione delle persone e sulla fine della repressione”; dall’altra, continua la leader, “l’Unione Europea, che deve rimanere ferma e coerente nei suoi principi, mantenendo e rafforzando le sanzioni già in atto”. Le misure punitive restano infatti l’arma più efficace per mettere in difficoltà la nomenklatura bielorussa, ormai a corto di fondi dopo trentuno anni di governo. “Il loro effetto si fa sentire”, conferma senza sé e senza ma Tikhanovskaya.
(foto di Alain ROLLAND, © European Union 2025)
La difesa dei confini
Sul tema dell’azione europea gli fa eco il marito, concentrandosi però più sull’aspetto della difesa dei confini. “Per decenni, gli Stati Uniti vi hanno fatto risparmiare centinaia di miliardi di dollari offrendo l’ombrello di sicurezza” – dichiara Tikhanovski – “ma oggi l’America non può combattere su tre fronti contemporaneamente. Deve essere l’Europa, non gli Stati Uniti, a prendere il ruolo guida sui propri confini orientali. Deve essere l’Europa il principale partner nell’aiutare la Bielorussia a muoversi verso la democrazia. Lo potete fare, siete grandi e forti”.
Il tono fermo non entusiasma i parlamentari, che applaudono di rado nei momenti di pausa. Tikhanovski, però, all’inizio del discorso aveva avvisato gli ascoltatori: “Non sono un diplomatico di professione, sto imparando”. Le sue parole, incisive e dirette, hanno comunque un forte valore simbolico.
La nuova Finlandia
L’idea conclusiva portata avanti dal dissidente e promossa dal movimento democratico bielorusso è quella di rendere il Paese “una nuova Finlandia”, capace di convivere accanto a “un vicino difficile”, ma determinata a “costruire uno Stato indipendente e prospero senza andare in guerra”. La sua fiducia è che l’Unione Europea abbia “le risorse e la forza per renderlo reale”. Resta da capire se ci sia anche la volontà.

