Bruxelles – Un quarto dei Paesi membri Ue si muove con forza a sostegno della Bosnia ed Erzegovina nel suo percorso di avvicinamento all’Unione Europea, a pochi giorni da un Consiglio Europeo che potrebbe essere l’ultima chiamata per le ambizioni di Sarajevo di accelerare il processo di adesione. Per l’occasione è tornato a muoversi il gruppo ‘Amici dei Balcani Occidentali’, composto dai sette Stati membri più aperturisti per l’integrazione immediata dei Paesi della regione balcanici: Italia, Austria, Croazia, Repubblica Ceca, Grecia, Slovacchia e Slovenia. “Riteniamo che sia essenziale cogliere lo slancio e la finestra attuale di opportunità e decidere di aprire i negoziati di adesione con la Bosnia ed Erzegovina“, si legge in una lettera – ottenuta da Eunews – inviata dai rispettivi ministri degli Affari Esteri (Raffaele Fitto per l’Italia) alla presidenza di turno belga del Consiglio dell’Ue, agli altri 20 colleghi e al commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi.
La lettera è arrivata a pochi giorni dalla raccomandazione della Commissione Europea di aprire i negoziati di adesione con Sarajevo, considerati i “passi impressionanti verso di noi” del partner balcanico (parole della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, davanti all’emiciclo di Strasburgo) e il conseguente raggiungimento dei livelli richiesti di rispetto dei criteri di adesione. “Nelle ultime settimane e negli ultimi mesi la Bosnia ed Erzegovina ha realizzato riforme più sostanziali rispetto agli anni precedenti e il lavoro su ulteriori riforme è in corso”, sottolineano i sette ministri, ricordando la decisione presa durante il Consiglio Europeo di dicembre di avviare i negoziati di adesione proprio “una volta raggiunto il necessario grado di conformità ai criteri di adesione”. Gli esempi dei progressi sono evidenti, come riporta la lettera: l’adozione di emendamenti alla legge sull’Ombudsman, sulla libertà d’informazione e sugli stranieri, l’adeguamento della legge sul Consiglio superiore della magistratura e – “più recentemente” – l’adozione della legge contro il riciclaggio di denaro e il contrasto al finanziamento del terrorismo, sul conflitto di interessi e gli emendamenti alla legge sul servizio civile, oltre al via libera ai negoziati per l’accordo sullo status con Frontex e al Programma per l’integrazione nell’Ue.
Un semaforo verde al Consiglio in programma giovedì e venerdì (21-22 marzo) permetterebbe alla Bosnia ed Erzegovina di “incamminarsi saldamente sulla strada dell’Unione Europea”. In caso contrario, “si indebolirebbe il ruolo dell’Ue nei Balcani Occidentali e si invierebbe un messaggio negativo all’intera regione, alla quale abbiamo promesso che il suo futuro è all’interno dell’Ue più di 20 anni fa”, mettono in guardia gli ‘Amici dei Balcani Occidentali”. In attesa dell’ultima bozza delle conclusioni del vertice dei leader Ue, al momento il capitolo 4 su ‘Allargamento e riforme’ risulta ancora vuoto “in attesa del testo”. Ma l’avvertimento era già arrivato durante il viaggio di fine gennaio di von der Leyen a Sarajevo con i primi ministri della Croazia, Andrej Plenković, e dei Paesi Bassi, Mark Rutte. “Dopo marzo, l’anno sarà pieno di temi come le elezioni e la nuova configurazione del Parlamento e della Commissione”, aveva segnalato la numero uno dell’esecutivo dell’Unione, confermando le parole ancora più esplicite del premier croato Plenković: “Se perdiamo l’occasione a marzo, il resto dell’anno andrà perso e si finirà quasi sicuramente a gennaio 2025“.
Il percorso di adesione Ue della Bosnia ed Erzegovina
Il cammino di avvicinamento della Bosnia ed Erzegovina all’Unione Europea è iniziato il 15 febbraio 2016, con la presentazione ufficiale della domanda di adesione. Per più di sei anni non è arrivata nessuna risposta positiva da parte delle istituzioni comunitarie, proprio per la situazione quasi disastrata del Paese sul fronte delle condizioni-base (i criteri di Copenaghen) per essere considerato un candidato formale. Tuttavia negli ultimi due anni si sono intensificati i segnali di fiducia soprattutto da parte dell’esecutivo comunitario e della sua presidente, anche considerati i rischi di destabilizzazione russa di un Paese e di una regione molto delicati nel cuore dell’Europa.
È così che in occasione della presentazione del Pacchetto Allargamento 2022 è arrivata la raccomandazione al Consiglio di concedere alla Bosnia ed Erzegovina lo status di candidato all’adesione Ue, accompagnata da un discorso particolarmente appassionato a Sarajevo di von der Leyen durante il viaggio nelle capitali balcaniche per annunciare il supporto energetico di Bruxelles. Dopo aver valutato il parere della Commissione, il vertice dei leader Ue del 15 dicembre 2022 ha dato il via libera alla concessione alla Bosnia ed Erzegovina dello status di Paese candidato all’adesione Ue, sottolineando allo stesso tempo la necessità di implementare le riforme fondamentali nei settori dello Stato di diritto, dei diritti fondamentali, del rafforzamento delle istituzioni democratiche e della pubblica amministrazione.
Dopo essere diventata l’ottavo Paese candidato all’adesione nel processo di allargamento Ue, la Bosnia ed Erzegovina ha continuato a spingere sul percorso di avvicinamento all’Unione. Grazie ai progressi (seppur limitati) registrati da Bruxelles, nel Pacchetto Allargamento 2023 la Commissione Ue ha deciso di includere la raccomandazione al Consiglio Europeo di avviare i negoziati di adesione per Sarajevo “una volta raggiunto il necessario grado di conformità ai criteri di adesione”. In altre parole, la raccomandazione c’è, ma era già scontato che la risposta del vertice dei leader avrebbe aspettato nuove notizie positive sul fronte delle 14 priorità indicate dalla Commissione (di cui solo 2 sono state completate). All’ultimo Consiglio Europeo di dicembre è andata esattamente così, con la decisione di avviare i negoziati con la Bosnia ed Erzegovina ma senza indicare un vero momento di inizio.
L’ostacolo Republika Srpska
Eppure il percorso di avvicinamento della Bosnia ed Erzegovina all’Unione è reso particolarmente ostico dal presidente della Republika Srpska, Milorad Dodik, che si è fatto promotore di un progetto secessionista dall’ottobre del 2021. L’obiettivo è quello di sottrarsi dal controllo dello Stato centrale in settori fondamentali come l’esercito, il sistema fiscale e il sistema giudiziario, a più di 20 anni dalla fine della guerra etnica in Bosnia ed Erzegovina. Il Parlamento Europeo ha evocato sanzioni economiche e, dopo la dura condanna dei tentativi secessionisti dell’entità a maggioranza serba in Bosnia (con un progetto di legge per l’istituzione di un Consiglio superiore della magistratura autonomo), a metà giugno del 2022 i leader bosniaci si sono radunati a Bruxelles per siglare una carta per la stabilità e la pace, incentrata soprattutto sulle riforme elettorali e costituzionali nel Paese balcanico.
Ma le preoccupazioni si sono fatte sempre più concrete da fine marzo 2023, quando il governo dell’entità serbo-bosniaca ha presentato un progetto di legge per istituire un registro di associazioni e fondazioni finanziate dall’estero. La è simile a quella adottata da Mosca nel dicembre 2022 ed è stata approvata a fine settembre daltra le apre critiche di Bruxelles. Parallelamente è avanzato anche l’iter per l’adozione degli emendamenti al Codice Penale che reintroducono sanzioni penali per diffamazione. Dopo la proposta – anch’essa a fine marzo – l’entrata in vigore è datata 18 agosto e ora sono previste multe da 5 mila a 20 mila marchi bosniaci (2.550-10.200 euro) se la diffamazione avviene “attraverso la stampa, la radio, la televisione o altri mezzi di informazione pubblica, durante un incontro pubblico o in altro modo”. Il Servizio europeo per l’azione esterna (Seae) e la delegazione Ue a Sarajevo hanno attaccato Banja Luka, mettendo in luce che le due leggi “hanno a
Alle provocazioni secessioniste si è affiancata la questione del rapporto con la Russia post-invasione ucraina. Già il 20 settembre 2022 Dodik aveva viaggiato a Mosca per un incontro bilaterale con Putin, dopo le provocazioni ai partner occidentali sull’annessione illegale delle regioni ucraine occupate dalla Russia. Provocazioni che sono continuate a inizio gennaio 2023 con il conferimento all’autocrate russo dell’Ordine della Republika Srpska (la più alta onorificenza dell’entità a maggioranza serba del Paese balcanico) – come riconoscimento della “preoccupazione patriottica e l’amore” nei confronti delle istanze di Banja Luka – in occasione della Giornata nazionale della Republika Srpska, festività incostituzionale secondo l’ordinamento bosniaco. Come se bastasse, Dodik ha compiuto un secondo viaggio a Mosca il successivo 23 maggio, mentre a Bruxelles sono emerse perplessità sulla mancata reazione da parte dell’Unione con sanzioni. Fonti Ue hanno rivelato a Eunews che esiste già da tempo un quadro di misure restrittive pronto per essere applicato, ma l’Ungheria di Viktor Orbán non permette il via libera. Per qualsiasi azione del genere di politica estera serve l’unanimità in seno al Consiglio.
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