Bruxelles – È cominciata la reazione a catena dopo le accuse mosse da Israele sul presunto coinvolgimento di 12 dipendenti dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) nell’attacco terroristico di Hamas dello scorso 7 ottobre. Uno dopo l’altro, diversi governi hanno già annunciato la sospensione dei finanziamenti. L’Ue attende l’esito dell’indagine annunciata dall’Onu. E l’Unrwa fa sapere che così non sarà più in grado di garantire l’assistenza a Gaza oltre il mese di febbraio.
Finora sono 13 i Paesi che si sono sfilati dagli impegni con l’Unrwa: Stati Uniti, Canada, Australia, Regno Unito, Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Svizzera, Norvegia, Finlandia, Romania e Giappone. Più cauta invece l’Unione europea, la cui cooperazione con l’Agenzia dell’Onu per la Palestina risale addirittura al 1971. La Commissione europea – che nel 2023 ha mobilitato 92 milioni di euro per l’Unrwa – ha fatto sapere che “attualmente non sono previsti ulteriori finanziamenti fino alla fine di febbraio” e che riesaminerà la questione “alla luce dell’esito dell’indagine annunciata dall’Onu e delle azioni che intraprenderà”.
Nel frattempo, Bruxelles ha richiesto all’Unrwa di “effettuare un audit dell’agenzia che sarà condotto da esperti esterni indipendenti nominati dall’Ue”. In sostanza – ha spiegato il portavoce capo dell’escutivo Ue, Eric Mamer -, quando la Commissione “lavora intensamente come fa con l’Unrwa”, esistono diversi meccanismi di controllo e la possibilità di chiedere un audit “in qualsiasi momento”. Non si tratta di un’indagine sull’accaduto, ma riguarda la “rivalutazione dei pilastri concentrandosi in particolare sui sistemi di controllo con cui l’Unrwa previene il possibile coinvolgimento del suo personale in attività terroristiche”.
Non si è fatta attendere nemmeno la risposta del Palazzo di vetro. L’Onu ha immediatamente lanciato un’indagine da parte dell’Office of Internal Oversight Services (OIOS), il massimo organo investigativo delle Nazioni Unite, anche se il commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, aveva già annunciato l’avvio di un’indagine interna. Delle 12 persone implicate, nove sono state immediatamente identificate e licenziate, uno è stato confermato morto e le identità dei restanti due sono “in fase di chiarimento”.
“Qualsiasi dipendente delle Nazioni Unite coinvolto in atti di terrorismo sarà ritenuto responsabile, anche attraverso procedimenti penali”, ha affermato il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Riconoscendo le preoccupazioni dei paesi che hanno sospeso i fondi ed esprimendo il proprio orrore per le accuse, Guterres ha tuttavia lanciato un forte appello per garantire almeno la continuità delle operazioni dell’Unrwa. “I presunti atti ripugnanti di questi membri dello staff devono avere delle conseguenze. Ma le decine di migliaia di uomini e donne che lavorano per l’Unrwa, molti dei quali si trovano in alcune delle situazioni più pericolose per gli operatori umanitari, non dovrebbero essere penalizzate”, ha affermato. E con loro naturalmente la popolazione civile di Gaza, i cui “disperati bisogni devono essere soddisfatti”.
Secondo i dati dell’Unrwa aggiornati al 27 gennaio, circa 1,7 milioni di sfollati interni stanno trovando riparo nei rifugi di emergenza dell’Agenzia. Delle 21.881 tonnellate metriche di farine distribuite dal 21 ottobre alla popolazione, più della metà (12.987) provenivano dall’Unrwa. Che nello stesso periodo ha consegnato a Gaza medicinali e forniture mediche per un valore totale di oltre 6,2 milioni di dollari, quasi 19 milioni di litri d’acqua, 2,7 milioni di unità di biscotti e biscotti ad alto contenuto energetico, quasi 4,7 milioni di scatole di cibo a base di proteine, oltre 6,5 milioni di unità di prodotti caseari e altri alimenti, tra cui datteri, dolci e succhi di frutta. E quasi 100.000 materassi, 80.000 kit per l’igiene familiare, oltre 3,1 milioni di pannolini, circa 144.000 coperte e oltre 1,9 milioni di articoli per la pulizia.
Ma l’Agenzia ha dichiarato che non sarà in grado di continuare le operazioni a Gaza e in tutta la regione oltre la fine di febbraio, se non riprenderanno i finanziamenti a suo favore. Anche se l’Ue ha già affermato che “gli aiuti umanitari ai palestinesi di Gaza e della Cisgiordania continueranno senza sosta attraverso altre organizzazioni partner”, è difficile immaginare di poter rimpiazzare il lavoro degli oltre 13 mila dipendenti dell’Unrwa residenti a Gaza, in gran parte essi stessi profughi palestinesi.
Tutto questo a pochi giorni dal pronunciamento della Corte di giustizia internazionale, che ha chiesto a Israele che vengano consentite “senza indugi” la fornitura di servizi di base e di assistenza umanitaria “urgentemente necessari per alleviare le difficili condizioni di vita a cui sono sottoposti i palestinesi della Striscia di Gaza”. E che, per le accuse mosse allo 0,09 per cento dell’Unrwa, rischia ora tragicamente di interrompersi.