Le aspettative e le speranze del centrodestra di una doppia vittoria in Lombardia e Lazio domenica e lunedì prossimi sono palpabili. Anche se la maggioranza che sostiene l’azione del governo Meloni deve fare i conti con i rischi di un eccessivo squilibrio elettorale della coalizione a favore di Fdi: un possibile scenario che metterebbe in ulteriore tensione Fi e Lega, soprattutto nella principale Regione italiana, che storicamente ha determinato la leadership del partito di Matteo Salvini. Il vicepremier si gioca fino in fondo questa partita chiudendo la campagna per le regionali a Brescia e puntando sui cavalli di battaglia dell’autonomia e delle infrastrutture per recuperare il consenso eroso da Fratelli d’Italia nelle ultime elezioni politiche. Una tornata elettorale, quella del 25 settembre scorso, che ha riscritto completamente i rapporti di forza nel centrodestra, con Fdi al 27% e gli altri due alleati poco sopra l’8%. Uno squilibrio che spiega l’attuale nervosismo di Lega e Fi. Con Silvio Berlusconi, che in una campagna elettorale quasi esclusivamente televisiva (se si esclude la kermesse milanese di martedì scorso a Milano) si aggancia al tema dell’autonomia (molto sentito nelle regioni del Nord) ma guarda anche al Sud e parla di infrastrutture come il ponte sullo Stretto.
La Lega nel Lazio è scesa dal 9,9% delle Regionali 2018 al 6,1% delle politiche: un ulteriore arresto spingerebbe verso l’archiviazione l’ipotesi di un partito nazionale, quella Lega per Salvini Premier che aveva perfino abbandonato il colore verde in favore del blu. Ma se anche in Lombardia si ripetesse domenica per Salvini il risultato delle politiche, diventerebbe molto complicato anche un ritorno alla Lega Nord di Bossi e del Carroccio. Il risultato raggiunto da Via Bellerio il 25 settembre è lontanissimo dal 29,6% delle Regionali 2018. Non solo meno consiglieri e meno assessori, ma un indebolimento complessivo del partito e del suo leader. Il Comitato Nord di Bossi alla fine non ha presentato la propria lista a sostegno di Attilio Fontana, che avrebbe sottratto consensi alla Lega; tuttavia potrebbe indirizzare preferenze verso la lista civica del Governatore, che infatti ha dichiarato che Lombardia Ideale punta al 5-6%, mentre cinque anni fa ottenne solo 1,46%. Per Fi il discorso è analogo. In entrambe le Regioni ha visto un crollo dei consensi dal 2018 al 2022 (dal 14,3% al 7,9% in Lombardia e dal 14,6% al 6,8% in Lazio). Le due Regioni sono i feudi delle due correnti interne, guidate da Licia Ronzulli e Antonio Tajani e l’inamovibilità della leadership di Berlusconi potrebbe trasformare il partito in una pentola a pressione.
Per Giorgia Meloni la difficoltà consisterebbe nel gestire una grande vittoria in sede di governo. Dei risultati troppo favorevoli a Fratelli d’Italia nel contesto del centrodestra farebbero aumentare il nervosismo dei due partiti alleati ulteriormente ridimensionati. Poi c’è una questione di profilo politico. Se Fdi confermasse il 27,6% delle politiche in Lombardia, si teme in ambienti politici azzurri e dell’ex Carroccio, si potrebbe parlare a tutti gli effetti di un partito nazionale spinto ad interpretare da una posizione di forza anche il Nord produttivo. Una vocazione che forse spingerebbe Fdi ad una forte ridefinizione del proprio profilo, con una giustificata ambizione anche in vista delle Regionali del Veneto e del Piemonte, qualora Luca Zaia e Alberto Cirio vollessero andare in Europa nel 2024. (ANSA).
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