Inizia lunedì mattina nell’Aula della Camera l’esame del decreto legge che prolunga per tutto il 2023 l’autorizzazione al governo ad inviare armi all’Ucraina, un provvedimento già approvato dal Senato e che dovrebbe ricevere il via libera definitivo da Montecitorio entro giovedì. Si tratta di un passaggio che dovrebbe confermare quanto avvenuto a Palazzo Madama e in Commissione, vale a dire la compattezza della maggioranza sul sì al provvedimento, con la Lega che però solleva dubbi sull’efficacia delle sanzioni alla Russia, e una nuova differenziazione nelle opposizioni, con Pd e Terzo Polo a sostegno dell’appoggio militare a Kiev, e M5s e Avs contrari all’invio di armi, tra le quali – ha confermato il ministro Antonio Tajani – dovrebbero esserci i nuovi missili terra-aria di costruzione franco-italiana.
“Siamo proprio curiosi di vedere come si comporteranno le varie opposizioni, Pd, 5 Stelle, Verdi e gli altri – ha commentato il capogruppo di Fdi Tommaso Foti – con la certezza che quel fronte sia destinato a spaccarsi”. Concetto ripetuto anche da Giovanni Donzelli, Emanuele Loperfido ed Elisabetta Gardini. La “certezza” espressa da Foti si basa anche su quanto avvenuto la scorsa settimana nelle Commissioni Esteri e Difesa: qui M5s, con Marco Pellegrini, ha affermato che “il decreto, prorogando l’invio di armi, allontana l’obiettivo di salvaguardare le vite umane e prolunga la durata di un conflitto”.
Tesi subito contestata dai Dem con Piero Fassino, che ha sottolineato come piuttosto sia la parità militare di Kiev e Mosca a costringere Putin a trattare. Opinione sostenuta anche dagli esponenti del centrodestra. M5s e Nicola Fratoianni hanno presentato due emendamenti, bocciati dalle Commissioni, che chiedevano che ciascun invio di armi sia autorizzato dal Parlamento. Una dialettica, che però non si traduce in una divisione nel voto, si registra nel centrodestra con la Lega che contesta l’efficacia delle sanzioni contro la Russia: lo ha fatto Simone Billi in Commissione così come Massimiliano Romeo in Senato. Ma il problema sarà nel campo delle opposizioni: a fronte, anche oggi, del convinto sì dei due candidati alla segreteria del Pd Stefano Bonaccini ed Elly Schlein al sostegno militare a Kiev, si contrapporrà un nuovo “niet” di Giuseppe Conte che però, come al Senato non farà ostruzionismo. Finora, con altrettanti decreti ministeriali, ci sono stati nel 2022 cinque invii di armi e in una intervista al Corriere della Sera il ministro Tajani ha spiegato che è in preparazione “il sesto pacchetto”, nel quale dovrebbero esserci i missili terra-aria Samp-T, di fabbricazione italo-francese, essenziali per la difesa aerea dell’Ucraina per abbattere i missili russi e i droni forniti dall’Iran” ma anche “altre azioni a cui lavoriamo riservatamente”. L’Italia, del resto “sostiene ogni pista possibile per arrivare a una pace giusta, che significa l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Ucraina”, ha sottolineato osservando che se è vero che “il conflitto deve finire al più presto, allora per i Paesi alleati dell’Ucraina deve essere ben chiaro che dobbiamo fare tutto il possibile per aiutare questa nazione nella sua battaglia per l’indipendenza”. Il Parlamento, ha infine rassicurato, “sarà sempre informato di ogni iniziativa e di ogni eventuale futuro invio di materiale militare. Ricordo che il decreto Ucraina ha esteso al 2023 la possibilità di forniture. Rispetteremo l’impegno preso”.
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