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Sfida elettorale in Spagna, la destra avanti a Valencia e Siviglia

Si profila una dura battuta d’arresto per il centrosinistra di Pedro Sanchez al governo in Spagna a sei mesi dalle elezioni nazionali. Nel voto amministrativo di oggi in alcune delle principali città spagnole, la destra sente profumo di vittoria. Oltre che nel tradizionale feudo conservatore di Madrid, il Partito Popolare (Pp) e Vox sarebbero infatti in vantaggio a Valencia e Siviglia, due grandi comuni controllati nell’ultima legislatura da formazioni progressiste. A Barcellona, invece, la sindaca di sinistra uscente Ada Colau si contende il primo posto con i socialisti del premier Pedro Sánchez e gli indipendentisti di Junts per Catalunya. Sono le prime indicazioni che emergono da un sondaggio della tv pubblica Tve in chiusura di un’intensa giornata elettorale nel Paese iberico, dove si sono tenute le comunali in quasi tutto il territorio nazionale e le amministrative in 12 regioni su 17. Si tratta di tendenze che, se confermate dai risultati ufficiali, rappresenterebbero un colpo non da poco per Sánchez e i suoi alleati: a soli sei mesi dalle prossime elezioni generali, le forze del centrosinistra rischiano infatti di perdere il controllo di alcuni centri urbani simbolo del loro modello di gestione politica. Nella regione di Madrid, la popolare Isabel Díaz Ayuso assapora un nuovo trionfo, proiettandosi verso un terzo mandato come governatrice addirittura con una maggioranza assoluta. Mentre nella Comunità Valenciana, indicata da molti analisti come un territorio dall’alto valore specifico anche in chiave nazionale, si va verso una lotta all’ultimo voto tra la coalizione di centrosinistra uscente e il blocco conservatore composto da Partito Popolare e Vox, con queste ultime due formazioni date in leggero vantaggio. Ci sono poi altre regioni chiamate al voto in cui i socialisti potrebbero dover cedere il passo alla destra: in particolare, tale scenario è probabile in Aragona e possibile in Castiglia La Mancia. Il doppio appuntamento con le urne di questo 28 maggio è stato largamente annunciato alla vigilia come un test cruciale per i partiti in lizza. Da un lato, i socialisti di Sánchez e i suoi alleati di sinistra hanno affrontato il giudizio degli elettori sulla propria risposta politica in molti territori a tutte le emergenze scoppiate negli ultimi quattro anni, dalla pandemia di Covid alla recente crisi inflazionistica legata alla guerra in Ucraina. Dall’altra, per gli avversari tradizionali del Pp e gli ultraconservatori di Vox è una grande opportunità per testare l’effettiva volontà degli spagnoli di propiziare il “cambiamento di ciclo politico” di cui si dicono promotori. Anche visto che, da diverso tempo a questa parte, nessuna delle due formazioni chiude la porta all’eventualità di dar vita ad un’asse post-elettorali come quello già sperimentato in alcuni territori, ad esempio nella regione della Castiglia e León. Alle ultime elezioni locali, tenutesi nel 2019, il Partito Socialista (Psoe) fu nel complesso la prima forza, con un vantaggio di circa 1,6 milioni di voti rispetto al Partito Popolare: vista anche la contemporanea quasi estinzione politica dei liberali di Ciudadanos, è più che plausibile che questo margine si sia notevolmente assottigliato o anche annullato. Nonostante il maltempo che ha colpito buona parte della Spagna, e contro alcuni pronostici, l’affluenza provvisoria alle urne di questa domenica è stata superiore rispetto alla precedente tornata: alle 18 aveva infatti votato il 51,48% degli aventi diritto mentre quattro anni fa alla stessa ora lo aveva fatto il 49,93%. Non un buon segnale per Sanchez.


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