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Riforma della Giustizia: cosa prevede il ddl Nordio

    L’abuso d’ufficio scompare, mentre si riduce drasticamente la portata del traffico di influenze illecite. Si ampliano i divieti per i giornalisti in materia di intercettazioni. Il pm non potrà più impugnare le sentenze di assoluzione ( a meno che non si tratti di reati particolarmente gravi), mentre sulla richiesta di custodia cautelare in carcere si dovrà pronunciare un giudice collegiale e prima della decisione l’indagato dovrà essere interrogato dal giudice, pena la nullità della misura.

    Sono queste le principali novità contenute nel ddl Nordio approvato in Consiglio dei ministri, assieme a un salvagente per processi su gravissimi reati di mafia e terrorismo, le cui sentenze erano a rischio nullità perchè vi avevano concorso giudici popolari con più di 65 anni.

    – ABUSO D’UFFICIO: Il reato viene cancellato con un tratto di penna perché le modifiche introdotte in questi anni non hanno eliminato lo “squilibrio” tra le iscrizioni nel registro degli indagati e condanne: l’anno scorso sono stati archiviati 3.536 dei 3.938 fascicoli aperti nel 2022. E nel 2021 in primo grado ci sono state solo 18 condanne.

    – TRAFFICO DI INFLUENZE: L’ambito di applicazione viene “limitato a condotte particolarmente gravi”, fuori anche tutti i casi di “millanteria”. Sale la pena minima edittale da un anno e sei mesi a quattro anni e sei mesi.

    – APPELLO DEL PM: Sparirà per le sentenze di assoluzione che riguardano reati di “contenuta gravità”. Una strada già tentata in passato con la riforma Pecorella bocciata dalla Corte costituzionale. Potranno essere impugnate dal pm invece le assoluzioni per i reati più gravi, compresi quelli del Codice Rosso.

    – INTERCETTAZIONI: I giornalisti potranno pubblicare solo le intercettazioni il cui contenuto sia “riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento”. I pm e i giudici dovranno dovranno stralciare dai brogliacci e dai loro provvedimenti i riferimenti alle persone terze estranee alle indagini.

    – CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE: Sarà un collegio di tre giudici, non più un solo magistrato, a decidere, durante le indagini, l’applicazione della custodia cautelare in carcere. E prima di esprimersi dovranno interrogare l’indagato, tranne se ricorre il pericolo di fuga, di inquinamento delle prove o se si tratta di reati gravi commessi con l’uso di armi o con altri mezzi di violenza personale. La novità dei tre giudici, non entrerà in vigore subito per le carenze di organico della magistratura, ma tra 2 anni. Intanto si procederà all’assunzione di 250 magistrati e si velocizzeranno i tempi dei concorsi.

    – INFORMAZIONE DI GARANZIA: dovrà obbligatoriamente contenere una “descrizione sommaria del fatto”, oggi non prevista. E la notificazione dovrà avvenire con modalità che tutelino l’indagato.

    – PROCESSI DI MAFIA E TERRORISMO: il rischio di nullità era legato al fatto che la legge prevede che i giudici popolari non debbano avere più di 65 anni. Il ddl, con una norma di interpretazione autentica, stabilisce che il requisito anagrafico si riferisce solo al momento della nomina.  
   


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