“Avete tutti scritto che la Moratti era la candidata perfetta per la Lombardia. Il Lazio con un ottimo candidato e coalizione è andato peggio. Sono trent’anni che votiamo e siamo scontenti di chi votiamo. Sostengo da sempre che votiamo per ragioni sbagliate: appartenenza e moda. E basta guardare l’astensione per capirlo. È la ragione per cui abbiamo fondato Azione. Se stamattina volete sostenere che il voto a Fontana è basato sui risultati del buon governo, fatelo. Gli elettori decidono ma non hanno sempre ragione. Altrimenti non saremmo messi così”. Così Carlo Calenda, leader di Azione, rispondendo al post di un cronista su Twitter che definiva la scelta di Letizia Moratti come “un eccesso di tatticismo”.
Fallisce l”impresa’ del Terzo polo, che non spicca nei risultati delle regionali in Lombardia e Lazio, né ruba voti a Pd e 5 Stelle. Flop, in particolare, di Letizia Moratti, che si ferma al 9% e infrange così il sogno di vincere da sola contro il suo ex presidente, Attilio Fontana, riconfermato invece largamente al Pirellone. Ma se Matteo Renzi tace – assente da ogni radar per tutto il giorno – Carlo Calenda è impietoso nel suo mea culpa. “La scelta degli elettori è stata chiara e inequivocabile: vince la destra ovunque”, è l’analisi onesta del leader di Azione. Che poi ammette: “Il centro e la sinistra non sono mai stati in partita, neanche se uniti, neanche nell’ipotetico formato del campo largo”.
Per la lista, nata 5 mesi fa dalla ‘strana coppia’ Calenda-Renzi, che alle politiche aveva sfiorato l’8%, è il debutto alle amministrative. Sul Terzo Polo, come su tutti, si abbatte la scure dell’astensionismo record, ma la prova si rivela un flop. E indipendentemente dalle scelte di campo fatte: sia con Moratti solitaria al nord, sia dove c’è l’unica alleanza con il Pd, nel Lazio, a sostegno di Alessio D’Amato (che arriva al 35,6%, 15 punti in meno del vincente Francesco Rocca).
Così nella regione finora amministrata da Zingaretti, adesso il Terzo polo pesa attorno al 4-5%, in Lombardia quasi il doppio. Uno schiaffo che brucia ancor di più, se si considera che fino a pochi mesi fa era soprattutto nelle grandi città che i renziani-calendiani avevano più appeal. Decisiva era stata la forza trainante dell’ex ministro, che tentò pure la corsa a sindaco di Roma. Ma anche a Firenze si era raggiunta la doppia cifra. Adesso, con i dati disponibili, Moratti vanta il 10,26 a Milano, l’8,34 a Bergamo e il 7,79 a Brescia. Ma oltre non va. E Calenda non lo nega: “Letizia Moratti è stata coraggiosa e si è spesa moltissimo, ma fuori dal bacino di voti del Terzo polo non siamo riusciti ad attrarre consensi”.
Insomma non è riuscito il sorpasso tentato nei confronti dei Dem da un lato, e dei rivali storici del M5s dall’altro. A evidenziare il fallimento è proprio il segretario del Pd. “II tentativo ripetuto di sostituirci come forza principale dell’opposizione non è riuscito. L’Opa contro il Pd ha fatto male a chi l’ha tentata”, sentenzia Enrico Letta. Convinto che il suo partito abbia comunque retto al “vento contro” e alla “sfida” dei due quasi alleati – Terzo polo e M5s – contro di loro lancia l’affondo: “Ci auguriamo che questo risultato dimostri finalmente che l’opposizione va fatta al governo, e non al Pd”. “L’unica opa contro il Pd l’ha fatta Enrico Letta alle elezioni. Francamente sorprende che ne parli ancora”, chiosa amaro il senatore. di Italia Viva Ivan Scalfarotto.
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