Addestrare uomini, fornire mezzi e aiuti finanziari. Sono i possibili obiettivi della visita di fine aprile del ministro dell’Interno Matteo Piatendosi in Tunisia, allo scopo di fermare il vertiginoso aumento delle partenze dallo Stato magrebino, diventato la rotta principale per migliaia di persone verso le coste italiane. Quello di Tunisi sarà quindi il primo viaggio di cooperazione a livello europeo nei confronti dei Paesi di origine dei migranti, dopo la nuova linea europea che sembra trovare convergenze nella posizione dell’Italia: il titolare del Viminale sarà accompagnato dalla commissaria Ue agli Interni Ylva Johansson assieme al ministro francese Gerald Darmanin. E sulla necessità di una stabilizzazione politica del Paese è intervenuto in queste ore anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani: “Non possiamo abbandonare la Tunisia, altrimenti rischiamo di avere i Fratelli musulmani che rischiano di creare instabilità. Non ci possiamo permettere l’islamizzazione del Mediterraneo. Speriamo che tutti quanti sentano le ragioni dell’Italia, che più di tutti si sta interessando alla vicenda per risolvere questo annoso problema”.
Sul tavolo ci sono sicuramente i fondi Ue, anche quelli bloccati, dopo la svolta autoritaria del presidente tunisino Kais Saied oltre al prestito di 1,9 miliardi di dollari destinato a sostenere la Tunisia e sospeso dal Fondo monetario internazionale. Ma nelle prossime settimane l’Europa ascolterà anche le richieste del governo di Tunisi, alle prese con la grave crisi economica e le tensioni interne, per far fronte a due aspetti cruciali: trovare soluzioni operative per fermare le partenze e aumentare i controlli alla frontiere terrestri. Il Paese è infatti solo un territorio di transito per salpare verso il Mediterraneo mentre i profughi che partono sono originari di Congo, Camerun, Nigeria, Costa d’Avorio e Guinea, Sierra Leone, Siria, Tunisia, Marocco e Burkina Faso, in tanti dicono di aver pagato tremila dinari tunisini per la traversata. Tra le attività da finanziare ci sono quindi la lotta ai trafficanti, la gestione dei confini e il rimpatrio forzato di migranti. Del resto l’ultimo memorandum d’intesa tra Italia e Tunisia prevede uno stanziamento di 200 milioni di euro tra il 2021 e il 2023, di cui undici milioni per la cooperazione sulla migrazione.
Così come già successo per la Libia, potrebbero essere fornite alla Tunisia motovedette o – se richiesto – anche droni per potenziare il pattugliamento e mezzi più tecnologici per i controlli. L’Italia e altri Paesi potrebbero anche mettere a disposizione uomini per l’addestramento delle forze di sicurezza locali che saranno impegnate alle frontiere. Grazie agli aiuti, economici e non, il governo potrebbe quindi tornare a stringere la morsa contro i trafficanti e intensificare le verifiche ai confini terrestri e marittimi. Ma anche in queste ore è comunque senza sosta l’attività della Guardia costiera tunisina, la quale ha riferito di aver sventato negli ultimi tre giorni 79 tentativi di partenza, soccorrendo quasi tremila persone a bordo di imbarcazioni in difficoltà al largo di Sfax e Chebba. Il risultato riportato dal portavoce della Guardia nazionale di Tunisi è emblematico: solo nove delle persone soccorse sono di cittadinanza tunisina, le restanti sono originarie di vari territori dell’Africa subsahariana.
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