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Emanuela Orlandi, 40 anni senza una soluzione

E’ ancora un giallo senza risposte quello di Emanuela Orlandi, la figlia di un alto dipendente del Vaticano scomparsa senza lasciare traccia, un mistero che va avanti da quasi 40 anni. Tanti sono passati da quel 22 giugno 1983 quando Emanuela sparì nel nulla, appena quindicenne. Indagini, illazioni, depistaggi, che hanno portato ad una altalena di speranze e delusioni. La famiglia non si è mai arresa. “E’ un sacrosanto diritto avere verità e giustizia, non ci rinunceremo mai”, ripete da anni il fratello Pietro, persino di recente in occasione della scomparsa del papa emerito Benedetto XVI.
    Dopo l’archiviazione delle indagini da parte della Procura di Roma, Pietro era tornato a chiedere giustizia direttamente al Tribunale Vaticano, presentando una denuncia di scomparsa alla Gendarmeria e al Promotore di Giustizia. Con il Pm vaticano che a gennaio ha dato seguito alla richiesta.
    La famiglia Orlandi aveva presentato un’istanza per la prima volta nel 2017. Il fascicolo era stato aperto “ma da allora non è stato fatto niente, non è stato interrogato nessuno”, ha denunciato più volte l’avvocato di famiglia, Laura Sgro’. Che invano ha anche chiesto che venisse sentito il boss mafioso Pippo Calò. All’epoca dei fatti, nel 1983, era a Roma, era un personaggio a conoscenza “di quello che succedeva”, collegato alla banda della Magliana, ritenuta, nel novero delle ipotesi, coinvolta nella scomparsa della ragazza.
    Emanuela Orlandi, che oggi avrebbe più di cinquant’anni, scompare verso le 19 del 22 giugno 1983, dopo essere uscita dalla scuola di musica sacra che era nelle vicinanze di palazzo Sant’Apollinare. La ragazza è la figlia quindicenne di un messo della prefettura della Casa pontificia ed è cittadina del Vaticano. A maggio era già scomparsa un’altra ragazza romana, Mirella Gregori, coetanea di Emanuela, e i due casi vengono quasi subito collegati. In questi termini – come di “una stessa cosa” – ne ha parlato Ali Agca, l’attentatore del Papa, ma non sono mai emersi elementi concreti che avvalorassero questa pista. Mirella Gregori, figlia dei titolari di un bar di via Volturno, a Roma, studentessa, non conosceva Emanuela Orlandi, né le due ragazze avevano frequentazioni in comune.
    Anche perché il caso di Emanuela, che sembrava la comune scomparsa di una adolescente, si trasforma in un giallo internazionale che coinvolge in pieno la Santa Sede. Il presunto rapimento finisce infatti per intrecciarsi anche con l’attentato di Agca contro Wojtyla. Il Papa polacco interviene con diversi appelli, fatti anche all’Angelus, pochi giorni dopo la scomparsa, quando la questione non era ancora di dominio pubblico.
    La presenza della Orlandi, negli anni, è segnalata in diverse località, anche all’estero, ma le rivelazioni non sono mai risultate attendibili. Senza elementi, la prima inchiesta viene chiusa nel luglio 1997. Poi la banda della Magliana, che spesso era stata tirata in ballo nella vicenda, rientra in primo piano a giugno 2008 con le dichiarazioni di Sabrina Minardi, compagna di Enrico De Pedis, uno dei capi della banda,. Emanuela Orlandi, secondo la Minardi, sarebbe stata uccisa dopo essere stata tenuta prigioniera nei sotterranei di un palazzo vicino all’Ospedale San Camillo. Ma neanche su questa pista emergono prove concrete.
    Nulla di fatto neanche dopo le analisi svolte sulle ossa rinvenute nella cripta di Sant’Apollinare, a Roma, nella quale era stato sepolto, in deroga ad ogni norma, proprio il boss Renatino De Pedis, ucciso in un agguato a via del Pellegrino, sempre nella zona della sparizione di Emanuela.
    Nel 2016 l’archiviazione dell’inchiesta da parte della Procura di Roma, confermata dalla Cassazione. Poi la denuncia alle magistratura vaticana. Nell’ottobre 2018, un altro giallo: il Vaticano dà il via libera all’analisi del dna su alcune ossa ritrovate durante dei lavori nella sede della Nunziatura Vaticana di Via Po a Roma. Ma le indagini accertano che non ci sono legami né con Emanuela Orlandi, né con Mirella Gregori.
    L’11 luglio 2019 si effettua un’ulteriore ispezione ma stavolta in Vaticano, in due tombe del cimitero Teutonico, quelle delle principesse Sofia di Hohenlohe-Waldenburg-Bartenstein e Carlotta Federica di Meclemburgo-Schwerin. Al loro interno non vengono però rinvenuti resti umani; tuttavia, nell’adiacente edificio che ospita il Collegio Teutonico, é stata individuata una grande quantità di ossa, che raccolte in ventisei sacchi, sono poi esaminate da un perito. Terminata tale procedura, gli organi inquirenti del Vaticano chiedono e ottengono l’archiviazione del fascicolo penale da parte del giudice unico, il quale concede agli Orlandi di esaminare privatamente i reperti. Il decreto di archiviazione è stato comunque impugnato dal legale di fiducia della famiglia Orlandi. Gli ulteriori accertamenti, hanno infine escluso la presenza dei resti di Emanuela tra i reperti esaminati. Il caso resta irrisolto.
   


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