Dalle prime settimane del conflitto in Ucraina l’Italia ha fornito mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari a Kiev attraverso una serie di provvedimenti, presi prima dal governo Draghi e poi, a febbraio 2023, da quello di Meloni. Nei primi decreti, tutti secretati, secondo le indiscrezioni emerse sono stati inviati – oltre a contributi economici – dispositivi di protezione come elmetti e giubbotti, munizioni di diverso calibro, sistemi anticarro (Panzerfaust) e antiaereo (Stinger), mortai, lanciarazzi (Milan), mitragliatrici leggere e pesanti (MG 42/59), mezzi Lince, artiglieria trainata (Fh70) e semoventi (Pzh2000).
Escludendo questi ultimi tre elementi, la maggior parte delle forniture inviate non erano più utilizzate dall’esercito italiano.
I prossimi invii, quelli previsti nel sesto pacchetto e contenuti nel decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 2 febbraio scorso, riguardano le armi di difesa missilistica, Samp-T, Skyguard Aspide e Spada: questi ultimi due sono sistemi controaerei di Esercito e Aeronautica basati su missili a guida radar. L’Aspide ha la portata di venti chilometri, un’unità di rilevamento e calcolo, due lanciatori e un veicolo trasportatore-caricatore. Lo Spada invece si avvale di un centro di avvistamento con un radar e tre sezioni di fuoco ognuna, con il lanciatore completo del radar di inseguimento e illuminazione. Il sistema missilistico terra-aria degli Aspide, è a corta portata, utilizzabile alle basse e bassissime quote.
Anche questa è un’arma di vecchia generazione, non più utilizzata dall’Italia ma che potrebbe essere ricondizionata e quindi aggiornata per essere inviata in Ucraina: i missili sono depositati negli hangar di Rivolto (Udine), dove a questo punto potrebbero essere aggiornati i propulsori per renderli utilizzabili. La stessa arma potrebbe essere usata come lanciatore dei missili Sea Sparrow già forniti dagli Usa.
L’invio più importante, già deciso e solo in vista di perfezionamento, riguarda il sistema Samp-T, sviluppato fin dai primi anni 2000 nell’ambito del programma italo-francese della ‘Famiglia di Sistemi Superficie Aria’: è un sistema missilistico a media portata idoneo ad operare in condizioni in cui ci sono ridotti tempi di reazione contro la minaccia aerea, ha elevata mobilità e possibilità di adeguare il dispositivo secondo tempi commisurati alla dinamicità della manovra.
L’attuale versione ha capacità di avanguardia nel contrasto delle minacce aeree e dei missili balistici tattici a corto raggio. Le nostre forze armate – a quanto emerge dalle fonti pubbliche ufficiali dell’Esercito – ne hanno in dotazione cinque batterie.
L’Italia ha anche inviato forniture per i civili, tra cui i generatori, e un nuovo pacchetto di aiuti dovrebbe contenere equipaggiamenti e impianti per la protezione ‘Nbcr’, nucleare biologica chimica e radiologica, in questo caso utilizzabili eventualmente in zone popolate per tutelare la salute di civili e militari. Dagli indumenti protettivi, come le tute e le maschere fino alle pillole per potabilizzare acqua, saranno diversi i kit inviati da Roma per scongiurare gravi danni alle persone in caso di attacchi nucleari o con armi chimiche oppure semplicemente per far fronte ad eventuali incidenti come quelli paventati in passato nei pressi della centrale di Zaporizhzhia.
Tra le valutazioni sulle forniture future è ora entrato nel dibattito politico l’invio dei caccia, anche se al momento il Governo italiano non ne ha mai discusso. Escludendo gli Eurofighter Typhoon ed F35, l’Italia ha nella sua flotta aerea anche Tornado e Amx, più ‘anziani’ e vicini alla dismissione.
Anche solo un’eventuale invio all’Ucraina di aerei Typhoon da parte della Gran Bretagna, uno dei primi Paesi a non aver escluso questa ipotesi, passerebbe comunque per un via libera (quasi scontato) da parte di Roma: il Typhoon è prodotto congiuntamente da Regno Unito, Italia, Germania e Spagna, dunque alle quattro nazioni toccherebbe dare il loro assenso sull’operazione.
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