“L’accoglienza è l’unico messaggio possibile. Chi non ha casa, va accolto. Dobbiamo metterci sempre nei panni degli altri. Chi ha perduto tutto e deve scappare, deve trovare accoglienza. Non ci sono alternative. Quello all’emigrazione era un diritto garantito per tutti gli uomini, prima che sorgessero muri e nascessero paure. Tanto più per chi scappa da guerra, violenza o fame. Mettere in contrapposizione questo con il nostro futuro, significa non volere il futuro. L’accoglienza apre al futuro, la chiusura fa perdere anche il presente”. Così in un’intervista al Sir il card. Matteo M. Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente Cei.
“La Chiesa procede nella direzione tracciata da Benedetto XVI e raccolta da Francesco. Il passaggio è stato l’Anno della fede, iniziato da Ratzinger e concluso da Bergoglio. La prima enciclica ‘Lumen fidei’, scritta a quattro mani, è un chiaro messaggio. Non a caso Francesco ha voluto fare sue le parole del predecessore e aggiungere il suo contributo. È un fatto che non si è verificato di frequente nella storia della Chiesa. È un’indicazione importante di continuità”. Sottolinea il cardinale
“Durante l’Anno della fede, Benedetto XVI si interrogava sulla desertificazione spirituale e ricordava che nel deserto c’è ancora di più il desiderio dell’acqua. Era il suo invito a rimettersi in cammino, senza condannare o prendere le distanze per proteggere la nostra identità chiudendoci in luoghi protetti. Ratzinger ci sfidava a scendere in strada e Francesco ha iniziato a farci vivere questo invito, talora costringendoci. Perché a volte preferiamo le belle dichiarazioni, senza tradurle in fatti concreti”. Secondo il presidente della Cei, “non servono tante scarpe per mettersi in cammino, occorre iniziare a farlo e basta. Papa Francesco, con senso evangelico, ci aiuta a metterci in viaggio. Alcuni possono essere disorientati da questo approccio, ma è un disorientamento sano che ci spinge a mettere al centro Cristo”.
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