In Emilia Romagna il centrodestra si è espresso compatto contro la nomina di Stefano Bonaccini a commissario per la ricostruzione dopo l’alluvione. Si è trattato solo di un voto contrario a una mozione del Pd in Consiglio regionale, ma manifesta il malumore montato anche a Roma nei giorni scorsi di fronte all’ipotesi che Palazzo Chigi volesse affidare l’incarico al governatore. Uno scenario sempre più difficile, ammettono fonti dell’esecutivo. È un braccio di ferro che tutti volevano evitare e che invece sta alzando la tensione sull’asse Roma-Bologna, mentre in Regione iniziano a fare una conta dei danni, “oltre i 7 miliardi”, e si preparano ad accogliere la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che giovedì sorvolerà le aree alluvionate con Giorgia Meloni e lo stesso Bonaccini.
Decolleranno da Bologna nel primo pomeriggio e al ritorno è previsto un punto stampa. Poi, mentre Bonaccini e von der Leyen proseguiranno in elicottero verso Cesena e Forlì, la premier (che anche domenica era stata nelle zone alluvionate) tornerà nella Capitale per un Consiglio dei ministri convocato alle 18. Due giorni dopo quello che ha varato misure e aiuti per “oltre due miliardi di euro”. Quel testo è ancora in via di definizione, nelle ultime bozze diversi articoli sono in fase di verifica.
Saranno assegnati fino a 900 euro per le famiglie sfollate, ha annunciato il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci. La nuova riunione “dovrà prendere ulteriori decisioni sulla gestione dell’emergenza nelle zone colpite dal maltempo”, ha reso noto Palazzo Chigi. All’ordine del giorno al momento ci sono solo “varie ed eventuali”. Dovrebbe essere esteso lo stato di emergenza ai comuni di Marche e Toscana colpiti dall’ondata di maltempo, ma c’è chi non esclude nuove misure. Difficile, se non impossibile, che si proceda già con la nomina del commissario per la ricostruzione, anche se si diffonde nel centrodestra l’idea che alla fine si opterà per un tecnico di area. “Non è all’ordine del giorno, siamo ancora nella fase dell’emergenza – ha chiarito in Parlamento Musumeci -. Di solito la fase di emergenza dura un anno, almeno questo è il periodo che ho previsto nell’ordinanza”.
Dal territorio, invece, è forte il pressing, una richiesta di fare in fretta, come dopo il sisma del 2012, quando il governo Monti impiegò dieci giorni per incaricare l’allora governatore Vasco Errani, all’indomani della seconda scossa distruttiva. La vicepresidente dell’Emilia Romagna Irene Priolo, che ha la delega alla protezione civile, in attesa di una stima precisa ha parlato di danni per “oltre 7 miliardi”. I 2 miliardi stanziati dal governo vanno soprattutto alle imprese, ma presto bisognerà pensare alle infrastrutture. Dopo aver ascoltato Meloni ieri a Palazzo Chigi, con al fianco sindaci e parti sociali della regione, esprimendo soddisfazione per le prime risposte fornite dal governo, Bonaccini a Bologna in Consiglio regionale ha usato toni decisamente più perentori. “Servono risorse nell’immediato per ricostruire le strade, bloccare le frane, ripristinare gli argini. Bisogna fare queste cose prima dell’autunno, altrimenti – ha avvertito – non un evento straordinario ma uno ordinario ci metterà nei guai. Con questi tempi e questi livelli di dettaglio è possibile che queste opere possano essere progettate, appaltate e realizzate da un commissario a Roma?”.
Poi il presidente del Pd ha sottolineato che “come commissario in genere viene nominato un presidente di Regione, come dicono colleghi del centrodestra come Zaia, Occhiuto, Toti”. E ha aggiunto: “Bisogna occuparsi della Romagna, non degli equilibri politici delle nomine”. Dalla Lega assicurano che non c’è “nessun veto o antipatia nei confronti di alcuno” e si auspica “che la nomina avvenga al più presto”. Ma più fonti della maggioranza raccontano che è proprio il partito di Matteo Salvini quello più freddo verso Bonaccini, in linea con il fronte romagnolo di FdI. Di certo non la pensano così i governatori di centrodestra. Per quello della Liguria, Giovanni Toti, “i poteri commissariali devono andare a chi ha un mandato popolare per poterlo esercitare con piena legittimità”.
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