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25 aprile: scontro sulle mozioni, l’opposizione non vota quella della maggioranza

La mozione delle opposizioni sul 25 aprile viene votata dalla maggioranza al completo, ma i gruppi di centrosinistra non ricambiano la mano tesa. Questo l’esito delle votazioni in Senato sul 25 aprile e sulle altre festività civili. 

Manca la parola antifascismo. Lo sostengono a più riprese in aula i parlamentari di Pd, M5s, Az-Iv e battono sul punto che l’antifascismo è il fondamento della nostra Costituzione. Il senatore del Pd Alfredo Bazoli si pronuncia così sulla mozione della maggioranza: “Oggi il ministro Valditara ha scritto parole condivisibili sul significato del fascismo e il valore dell’antifascismo, e Gianfranco Fini ha ricordato come An richiamò in tante occasioni l’antifascismo come valore fondante la nostra democrazia. È un peccato allora che questa parolina così importante, antifascismo, da cui deriva l’impianto della nostra Costituzione, non sia entrata neanche di striscio nella mozione della maggioranza sul 25 aprile. Un’inaccettabile omissione, una grande occasione mancata per dissipare ambiguità e reticenze della destra italiana”. 

Osservazione che la maggioranza rispedisce al mittente. Si scalda l’Aula del Senato quando a prendere la parola sono il capogruppo del Pd Francesco Boccia e il capogruppo FdI Lucio Malan.  A far sussultare i senatori FdI sono le parole di Boccia “ci aspettavamo sostegno senza condizioni”, i meloniani chiedono a gran voce “perché non possiamo presentare una mozione nostra?”. Anche dai banchi del Pd parte un po’ di trambusto. Il presidente La Russa è costretto a intervenire più volte e a richiamare a “un tono accettabile da tutti”. 

Il presidente del Senato Ignazio la Russa

Malan fa notare che “antifascismo” non è scritto in nessuna parte della nostra Carta: “Dite che non votate la nostra mozione perchè non c’è la parola antifascismo: ma c’è scritto che condanniamo tutti i totalitarismi, siamo contro il fascismo, quindi c’è, è la stessa cosa”. “Secondo questo principio – aggiunge – i parlamentari costituenti non avrebbero dovuto votare la Costituzione perchè in quel testo non c’è la parola ‘antifascista’. Siamo stupiti che non la votiate”.

Inoltre i partiti di governo chiedono agli avversari l’abiura dei totalitarismi, anche e soprattutto del comunismo. Ma anche su questo punto le strade non si incontrano. Il Pd risponde: “I comunisti italiani hanno avuto nella nostra storia doppiezze e contraddizioni, ma si sono battuti per la libertà”.  

25 aprile, voto unanime al Senato sulla mozione dell’opposizione

La mozione delle opposizioni è stata illustrata dal senatore del Pd Verini, mentre quella della maggioranza dal senatore di FdI Raffaele Speranzon

La mozione del Pd, il discorso di Walter Verini

“La mozione che tutte le forze di opposizione hanno presentato vuole ricordare e impegnare tutte le istituzioni a celebrare e trasmettere i valori di date nelle quali si fondano la nostra democrazia e la nostra convivenza civile. Sono tante le occasioni che il calendario ci offre, che celebriamo con sincera partecipazione, ma non crediamo possano esserci dubbi sul fatto che il 25 aprile, festa della Liberazione dal nazifascismo, il 1 maggio, festa del lavoro e il 2 giugno, festa della Repubblica, siano quelle che più di tutte costituiscono l’identità nazionale, il ponte tra memoria e futuro, il dna di un paese, di una nazione”. Così Verini ha illustrato la mozione delle opposizioni sul 25 aprile.

“Di una patria – prosegue – come la chiamavano i partigiani che andavano a rischiare la vita e anche a morire per la libertà di tutti. Partigiani comunisti, socialisti, cattolici popolari, azionisti, repubblicani, liberali, monarchici e militari, molti dei quali – come gli internati – rifiutandosi di aderire alla repubblica di Salò, vennero rinchiusi in campi di concentramento. Il cemento comune di quella stagione ha un nome: antifascismo. Nella mozione viene detto chiaramente. Non abbiamo imbarazzo alcuno a ribadire giudizi drasticamente inequivocabili su tragedie della storia del novecento. I lager sovietici, i massacri staliniani. Abbiamo ogni anno reso omaggio alle persone massacrate nelle foibe, ai profughi giuliano-dalmati. Ma nel nostro paese c’è stato un regime fascista. E i comunisti italiani si sono battuti per la libertà. Se oggi tutti noi siamo qui, è perché in Italia ci sono stati la resistenza antifascista e il 25 aprile. Se possiamo lavorare – come abbiamo cercato di fare la scorsa settimana – per superare la stagione dell’odio degli anni settanta è proprio perché in Italia ci sono stati la resistenza antifascista, la liberazione e il 25 aprile, la democrazia e la costituzione”.

Il senatore del Partito Democratico Walter Verini

La mozione di FdI, il discorso di Raffaele Speranzon

“Ci sono delle date fondamentali nella memoria storica del nostro popolo che rappresentano la coscienza nazionale. Qualcosa che va condiviso. Storie di libertà e democrazia che devono eliminare ogni forma di totalitarismo e intolleranza. Sono pagine significative per la nostra unità. Date come il 9 novembre, giorno della libertà che ricorda l’abbattimento del muro di Berlino. E il 25 aprile che deve diventare una festa della riconciliazione, come ci ha insegnato il presidente Ciampi”. Lo dichiara in Aula al Senato il senatore Raffaele Speranzon, vicecapogruppo vicario di Fratelli d’Italia a palazzo Madama, illustrando la mozione di maggioranza sul 25 aprile. “Credo – aggiunge – che l’antifascismo sia stato oggetto di una appropriazione indebita e uno stravolgimento del suo significato originale. Doveva essere il valore unificate tra destra e sinistra, ma è diventato un elemento divisivo. Non perché i moderati di centrodestra sono meno antifascisti, ma perché non sono antifascisti come vorrebbe la sinistra: impegnata a distribuire patenti di libertà. E che nella sua storia ha condotto ad atti di efferata violenza in nome dell’antifascismo come il rogo di Primavalle. Ricordo, infine, la risoluzione del Parlamento Ue non votata dalla sinistra che aveva l’obiettivo di condannare ogni forma di totalitarismo novecentesco. Un comportamento indecente. E noi lezioni da chi difende le dittature non le accettiamo”.

Il senatore di Fratelli d’Italia Raffaele Speranzon

I risultati delle votazioni

Così l’Aula del Senato approva all’unanimità la mozione delle opposizioni sul 25 aprile con 133 voti favorevoli e un astenuto. Roboanti gli applausi dell’Aula, tanto che il presidente La Russa interviene: “anche gli applausi a volte possono sembrare una provocazione”. La mozione di maggioranza invece è approvata con 78 voti favorevoli, 29 contrari e 26 astenuti. Il voto è accolto dai senatori di maggioranza al grido di “vergogna” verso i banchi delle opposizioni. Nessun contrario e un solo astenuto. A cavalcare questa scelta in solitaria è il senatore di Fratelli d’Italia Paolo Marcheschi. Quest’ultimo, a quanto si legge nei tabulati, si astiene anche sulla mozione di maggioranza insieme ai parlamentari di Azione-Italia viva, del Movimento 5 stelle e a Pietro Patton delle Autonomie. Il documento di maggioranza ottiene 78 voti favorevoli, 29 contrari e 26 astenuti. Hanno votato sì FdI, FI, Lega e CI e Dafne Musolino delle Autonomie; votano invece contro Pd e gruppo Misto.

La posizione di Liliana Segre

L’ufficio stampa del Gruppo Misto in Senato rende noto che “la senatrice a vita Liliana Segre precisa di non essere promotrice, né firmataria di alcuna mozione, di quelle oggi in discussione nell’Aula del Senato”. 

Il capogruppo del Pd Francesco Boccia in Aula sottolinea come “la nostra mozione voleva unire idealmente tutte le forze politiche di questa aula nel segno del discorso di Liliana Segre, fatto nel primo giorno di questa legislatura. Quel discorso ci ha ricordato quali sono le date che uniscono la nostra Repubblica e che la nostra è storia antifascista. Noi dobbiamo rinnovare questa memoria per tutti noi e per i nostri figli. Per questo mi sarei aspettato che la maggioranza appoggiasse la nostra mozione senza presentarne un’altra”. 

Il ministro Valditara, il fascismo è stato un male

“Il 25 aprile è una data fondamentale nella storia della nostra Repubblica: segna la sconfitta della dittatura fascista, il ritorno alla libertà, alla democrazia e la fine della guerra. È dunque un giorno di festa che deve essere celebrato nella gioia e nella concordia. Guai a farne un giorno di parte e di divisione adombrando il sospetto che forze democraticamente elette in Parlamento siano fasciste”. E’ quanto scrive Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del merito, in un suo intervento sulle pagine del Corriere della Sera. Per il capo del dicastero di viale Trastevere “il rischio è semmai che con la scusa dell’antifascismo si ritorni agli anni bui della contestazione violenta in cui si tentò di delegittimare tutte le forze democratiche non dichiaratamente di sinistra”. Valditara aggiunge: “noi ci dichiariamo dunque antifascisti perché ci dichiariamo per le libertà individuali, per lo stato di diritto, per la sovranità popolare, per la pari dignità di tutti gli esseri umani – spiega -. Molti elementi del fascismo si ritrovano nel comunismo e in tante altre ideologie e regimi totalitari che hanno insanguinato il ‘900. Oggi l’antisemitismo si respira anche in quelle terre d’Europa dove è sempre più difficile dirsi e comportarsi da ebrei per via di un certo estremismo islamista, il totalitarismo si ritrova in quelle università che non ammettono un pensiero critico rispetto al politicamente corretto, l’intolleranza affiora in quella stampa che distribuisce patenti di fascismo a chiunque non garbi, e in quella politica che considera l’altra parte un nemico da delegittimare e non un avversario con cui dialogare pur da differenti posizioni”. Nel contempo, aggiunge il ministro, “non è fascismo, per esempio, difendere le frontiere, celebrare l’identità di un popolo, considerare positiva l’idea di patria e proteggere gli interessi nazionali. Valori, questi, che sono largamente condivisi e praticati nelle democrazie occidentali. Occorre dunque fare attenzione che non si abusi del concetto di antifascismo considerandolo una patente buona per discriminare gli avversari politici e per evocare il pericolo di un improbabile ritorno alla dittatura”. Per il ministro, quindi, il “25 aprile è festa di tutti noi”.


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