Bruxelles – Basta barriere, basta divisioni e politiche divisorie. Una petizione contro l’Europa che “costruisce duemila chilometri di muri e di fili spinati”, ma soprattutto per un’Europa “che accoglie e include”. L’ha presentata oggi (28 febbraio) la sezione italiana del Movimento Europeo alla commissione per le Petizioni del Parlamento europeo. Partiti, sindacati e associazioni aderenti all’organizzazione puntano il dito contro il recente “mutamento di approccio della Commissione europea rispetto al Migration Pact(il patto per l’immigrazione) del settembre 2020″, che avrebbe sancito il passaggio “dalla priorità del diritto internazionale, dei valori dell’Unione europea e della tutela dei diritti fondamentali ad un’Europa che respinge e che esclude”, e chiedono all’Eurocamera di respingere le conclusioni del Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio, “usando tutti gli strumenti istituzionali di cui l’assemblea dispone”.
Nel mirino del Movimento c’è in particolare un paragrafo di quelle conclusioni, in cui “si chiede alla Commissione di mobilitare immediatamente ingenti fondi e mezzi dell’Ue per sostenere gli Stati membri nel rafforzamento delle capacità e delle infrastrutture di protezione delle frontiere, dei mezzi di sorveglianza — compresa la sorveglianza aerea — e delle attrezzature”.
La rinnovata enfasi posta dai 27 leader Ue sul rafforzamento dell’azione esterna, sulla cooperazione in materia di rimpatri e sul controllo delle frontiere esterne non farebbe che confermare il principio “secondo cui il controllo dei flussi di migranti è essenzialmente un problema di sicurezza”, negando al contempo qualsiasi “valore aggiunto per le economie europee e per la ricchezza delle nostre culture” derivante dall’accoglienza dei migranti economici.
Il Movimento europeo contesta il significato conferito dall’Ue al termine pull factor (fattore di attrazione, letteralmente), che “non deriva dalla mancanza di respingimenti e di rimpatri dei migranti irregolari, ma dalla fuga inarrestabile dai conflitti interni, dalle guerre fra Stati, dalla fame, dai disastri ambientali e dall’espropriazione delle terre”.
Nella petizione viene inoltre sottolineato come all’ultimo vertice europeo “nulla è stato detto sulla necessità di mobilitare risorse umane e finanziarie da mettere a disposizione in particolare dei poteri locali per garantire politiche di inclusione”.
Risorse che invece i governi di Austria, Bulgaria, Danimarca, Estonia, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta e Slovacchia, vorrebbero indirizzare per l’innalzamento di infrastrutture fisiche ai confini dell’Unione: i cittadini contribuenti del Movimento europeo vogliono vederci chiaro e sapere se dal budget comunitario “saranno esclusi finanziamenti per la costruzione di muri e fili spinati, su quale linea di bilancio saranno prelevati questi fondi, se sarà necessario un bilancio suppletivo su cui l’assemblea avrà l’ultima parola e come si verificherà la pertinenza e la necessità delle spese effettuate”.
La petizione, presentata insieme ai movimenti europei in Francia, Polonia e Spagna, ha raccolto l’adesione di Emergency, Eumans, l’associazione Medel dei magistrati democratici europei, l’associazione Last Twenty, Humanfirst Italia, Concorde, Open Arms, la Fondazione Migrantes, cento organizzazioni non governative e partiti politici, esponenti del mondo accademico, mille cittadine e cittadini.