La Russia si prepara a dichiarare l’annessione di quattro regioni nel sud-est dell’Ucraina. Martedì 27 infatti sarà l’ultimo giorno in cui a Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson gli abitanti delle zone occupate saranno chiamati a esprimersi sul referendum pro-Mosca, liquidato come una farsa da Kiev e dagli occidentali: una vittoria disegnata a tavolino da Vladimir Putin per mascherare le difficoltà del suo esercito sul terreno e soprattutto le crescenti proteste in patria contro la mobilitazione per il fronte. Che avrebbero provocato la fuga dal Paese di ben 260mila persone. Tanto che, per tentare di calmare le acque, il Cremlino ha ammesso che sono stati commessi degli “errori” nel reclutamento.
Le autorità filo-russe, nel quarto giorno dei referendum, hanno già cantato vittoria. Affermando che a Zaporizhzhia e Kherson “l’affluenza ha superato il 50%”. L’esito della consultazione verrà comunicato nei prossimi giorni. Quanto all’annuncio dell’adesione alla Russia, secondo il Cremlino, avverrà a “tempo debito”, dopo l’espletamento delle procedure legali del caso, ma a Mosca l’annessione di questa parte del territorio ucraino è considerata di fatto già acquisita, per inquadrare la controffensiva ucraina nell’area come un attacco alla Russia stessa.
Al contrario, i funzionari ucraini delle zone occupate hanno continuato a denunciare il clima di intimidazione a cui sono sottoposti i cittadini. Di voto farsa hanno parlato anche europei e americani, che non ne riconosceranno il risultato. E la Gran Bretagna si è spinta oltre, sanzionando alcuni alti funzionari russi coinvolti nell’organizzazione di un plebiscito pro-Mosca “fittizio, né libero né equo”.
Putin, più che dalle proteste degli alleati di Kiev per il referendum, in questa fase deve guardarsi soprattutto dal clima di crescente protesta interna contro la coscrizione di centinaia di migliaia di persone ordinata dallo zar. Dopo le tensioni e gli arresti a Mosca, la piazza si è fatta sentire anche in alcune regioni abitate dalle minoranze etniche, come il Daghestan. Oltre cento gli arresti dopo gli scontri tra manifestanti e polizia. In Siberia un 25enne ha aperto il fuoco in un ufficio di leva ferendo il comandante. Secondo gli ucraini, le nuove reclute verrebbero inviate direttamente al fronte senza addestramento.
Di fronte a questo caos il Cremlino ha ammesso che sono stati commessi “errori” negli sforzi per la mobilitazione, ma la colpa è stata attribuita alle “autorità di diverse regioni, che non hanno eseguito correttamente gli ordini” convocando molti civili che non avevano i requisiti. Ma la situazione, ha assicurato Dmitry Peskov, “sta migliorando”.
Mosca deve fare i conti anche con le persone in fuga: oltre 260mila da mercoledì a sabato, secondo Novaya Gazeta Europe. La guardia di frontiera finlandese ha comunicato che oltre 8.300 russi hanno attraversato il confine domenica: il doppio rispetto alla settimana precedente. Mentre code di veicoli e di persone a piedi continuano ad allungarsi alla frontiera con la Georgia. In questa situazione si sono fatte sempre più insistenti le voci di un divieto per tutti i russi idonei alla leva di lasciare il Paese. Peskov per ora ha chiarito che “non è stata presa alcuna decisione sulla chiusura delle frontiere”, ma secondo alcuni media indipendenti la stretta potrebbe scattare già il 28 settembre.
Intanto la guerra lascia dietro di sé nuovi orrori. I soldati ucraini avrebbero individuato una fossa comune, l’ultima di una lunga serie, in un allevamento di polli nella regione di Kharkiv, utilizzato dai russi come deposito prima del loro ritiro. Le indagini sono rallentate perché l’area è ancora nel raggio dell’artiglieria del nemico, ma il timore è di trovarvi un centinaio di corpi, tra soldati e civili.
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