Matteo Salvini sta perdendo la pazienza. A una settimana dalla prima chiama riprende in mano il pallino del centrodestra ponendo Silvio Berlusconi di fronte a un bivio imposto dalla realtà: o chiarisce entro domenica che ha i numeri o lunedì, quando si comincia a votare, “la Lega, come forza responsabile e di governo, farà una proposta che potrà essere convincente per tanti se non per tutti”.
Difficile dire se questi toni decisi, insieme ai tanti distinguo sul Cavaliere, ad esempio da parte di Coraggio Italia, facciano salire le quotazioni di Mario Draghi, sempre ammesso e non concesso che la lotta sia solo tra loro due. Altri rumors riferiscono che nei fitti colloqui di queste ore, tra centrodestra e “giallorossi”, sia tornato in auge, per la seconda volta in poche settimane, il nome di Letizia Moratti. Un nome di cui si sta discutendo, ma certamente non l’unico. Fonti del centrosinistra fanno trapelare che della Moratti si potrebbe parlare a patto che sia frutto di una forte convergenza bipartisan. Quindi, in mancanza di accordo, se Berlusconi fosse realmente in campo, il Pd avrebbe in mente alle prime chiame di salire sull’Aventino, mentre i 5S penserebbero di proporre ai dem di votare un candidato di bandiera, come ad esempio Liliana Segre (ma si fanno anche i nomi di Rosi Bindi e Anna Finocchiaro).
Il Pd, con Enrico Letta, non arretra, però e – in occasione della commemorazione di David Sassoli al Parlamento Europeo – torna a ribadire con forza che “la politica deve sapere guardare oltre: oltre l’apparenza e l’immediatezza. E fare scelte coraggiose”. La cronaca odierna, però, mette in allarme quasi esclusivamente lo stato maggiore azzurro, la cui replica ha un sapore agrodolce. Prima di tutto si cerca di ridurre la portata delle parole del segretario leghista derubricandole a frasi “in linea con gli impegni presi e l’accordo raggiunto alla riunione dei leader del centrodestra di venerdì scorso”. Quindi Forza Italia ribadisce che l’alleanza sarà “unita e saprà esprimere un candidato all’altezza”. Poi la zampata che fa capire quanto il Cavaliere sia determinato ad andare sino in fondo: “Non c’è dubbio – osservano fonti azzurre – che il profilo del presidente Silvio Berlusconi sia quello più autorevole”. Infine, l’ammonimento severo a evitare speculazioni dannose: “Ogni tentativo di creare polemiche o contrapposizioni fittizie, utili sono agli avversari politici, sarà dunque respinto”.
Appello raccolto al volo da Via Bellerio che diffonde poche righe per calmare gli animi: “respingiamo le letture malevoli: Salvini ha ribadito quanto sta sostenendo da settimane ed è in linea con quello che è stato deciso dopo l’ultimo vertice di centrodestra a Villa Grande”. Vittorio Sgarbi, a caldo, dopo questo batti e ribatti, fa sapere di aver consigliato al Cavaliere una risposta diversa da quella che poi avrebbe dato: “L’ uscita di Salvini è un modo per riprendere la guida del centrodestra, che invece dovrebbe avere Berlusconi, se, una volta tramontata la sua candidatura facesse lui un nome. Gli ho consigliato di fare lui una mossa, magari può essere lui a far uscire di colpo Draghi, o anche Mattarella. Ma dalla nota – conclude il noto critico d’arte – si capisce che Silvio è ancora determinato a voler essere lui il candidato”.
Quanto al metodo per la raccolta dei voti, difende il suo operato: “Deve essere Berlusconi a chiamare le singole persone, certo non un uomo del suo staff. Non esiste – scandisce Sgarbi – una via alternativa, una via politica, a quella diretta della voce di Silvio”. Nel frattempo, nel centrosinistra, sembra tornare il sereno tra Pd e Iv. “Le cose che dice Enrico Letta sul patto di legislatura se Draghi va al Colle sono ragionevoli” dichiara Matteo Renzi a Radio Leopolda. Quindi il leader di Italia Viva apre anche all’ipotesi di governo dei leader avanzata da Salvini: “Non è probabile ma ha un senso”, dice al Corriere. Infine in serata Giuseppe Conte riunisce i vertici del Movimento, compresi i ministri 5S Stefano Patuanelli, Luigi Di Maio, Fabiana Dadone e Federico D’Incà, per fare il punto a una settimana dal voto. Un modo, trapela tra i pentastellati, scelto da Conte per rispondere alle polemiche interne di chi lo accusa di confrontarsi e decidere con pochi.
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